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venerdì 26 ottobre 2012

Divagazioni su due temi: Il vescovo omofobo e il bardassu trucidato a Porta di ponte; Il caso Sole, l’ergastolano ostativo divenuto filosofo.


Nella mia decrepita età mi succede anche di chattare con giovani donne non per tentare senescenti colloqui di un certo tipo (Dio me ne scansi e liberi) ma fornire spunti storici, archeologici, letterari. L’ho detto altre volte e qui lo ripeto, per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo. Le giovani di Sicilia in una cosa continuano a rassomigliare a quelle dei lontanissimi tempi della mia gioventù: una riottosissima riservatezza. Mi hanno fatto promettere che non dovrò in alcun modo divulgare i loro messaggi (peraltro innocentissimi e di buona cultura).
In uno di questi che si dicono colloqui virtuali (non so cosa abbiano di virtuoso) ho affrontato due temi che mi stanno a cuore: l’omofobia della Chiesa Agrigentina del ‘500 ed il caso Sole, l’ergastolano ostativo, filosofo e letterato raffinatissimo. Cassando ogni riferimento alla interlocutrice, rendo qui pubblico ciò che mi appartiene: omertosissimo nelle sue cose, per le mie non credo che sia tenuto al totale riserbo. Taccio ciò che è suo, e divulgo ciò che è mio.
In Vaticano trovo gli atti processuali scabrosissimi di una sporca vicenda omofoba dell’agrigentino. Ne invio alcune fotocopie a chi so io. Gentilmente mi chiede:
- cosa sono quei documenti che mi ha mandato via e-mail? pomeriggio guarderò con attenzione, ne ho aperto uno a caso e ho trovato espressioni non proprio auliche.-
Nel mettere tartufescamente le mani avanti con questo avviso:
'ho detto che non sono per educande.  Sono documenti del Vaticano mandati da un vescovo di Agrigento! Se poi sghignazzavo col prete Acquisto e col contorno delle sue signorine, una qualche ragione ce l'avevo. Non sono io il depravato.
quindi abbandono i convenevoli per precisare:
La vicenda è scabrosa, scabrosissima. Agrigento usciva dal vescovo Haedo, un pezzo da novanta del Santo Ufficio. Si era a ridosso del Concilio di Trento. Quella che si chiamava controriforma, ora più pertinentemente viene considerata dalla più autorevole corrente di pensiero come riforma cattolica. Il re di Spagna piazzava comunque qui ad Agrigento un suo famiglio il vescovo spagnolo Horozco y Cuvarruvias. Pingue, incolto, plagiario, tombarolo anzi tempo, ed altre piacevolezze (pare comunque casto per eccesso di adipe addominale) soprattutto era dedito ai peccati della gola. Peccati che ad esempio consumava nei conventi femminili di Sciacca mentre i suoi palafrenieri riuscivano ad entrare tra le mura della clausura. Fioccavano le lettere anonime e meno anonime che ne richiedevano la rimozione al papa per indegnità. Il fascicolo è in proposito divertente. Vi è uno spaccato della Agrigento del cinquecento.
Fra tanti ribollimenti, scoppia lo scandalo del canonico Babilonia di Cammarata. Omofilo e pedofilo si aggregava la sera con equivoca combriccola a Porta di Ponte. Sceglieva il suo bardasso e andava negli anfratti dell’Agrigento sotterranea per peccati dicevano loro di nefando. Come lo sappiamo? Vi fu un bel processo: un prete notaio Di Marco (se non sbaglio) trascrive “fedelmente” le testimonianze. Il tutto viene raccolto e irritualmente finisce in Vaticano, ove l’ho rinvenuto. Non credo che nessun altro ne sappia qualcosa. A dire il vero ne scrissi pudicamente a padre De Gregorio: non mi risulta che ne abbia mai dato corso.
Emerge dalle testimonianze che il giovine succube della lascivia del canonico fu impietosamente giustiziato in pubblica piazza. Dovette essere un gran bello spettacolo come quello che vi fu a Piazza del Popolo nella Roma di fine potere temporale. 
Ma nessun segno di pietà si coglie nelle carte.
Sono carte di difficile lettura (ma non impossibile). Io ne ho fatto una veloce trascrizione. 
Il tutto però giace nel mio archivio personale, non  credo per molto. Certo non è la paura di andare all’inferno, solo la previsione di quel che succederà dopo (come si dice) la mia dipartita.

Invero c’era stata un’ interlocuzione:

- caspita! ci sono tutti gli elementi per un romanzo! ma io prima le chiedevo info sulla storia di Sole, cosa la intenerisce? cosa scuote i suoi sentimenti? Lei crede che tutti a questo mondo abbiano diritto di un riscatto? - 

La storia di Sole ha tre tempi. Primo tempo: gli avvenimenti feroci, disumani imperdonabili d'esordio sono quelli narrati da Gaetano Savatteri in I RAGAZZI DI REGALPETRA: per taluni aspetti ho cognizioni diverse appena appena abbozzati nel mio RACALMUTO NEI MILLENNI, pag. 198 e ss. La mia razionalità mi porta ad invocare uno cento mille ergastoli. La pena di morte sarebbe insufficiente; accetto la volontà del legislatore dell'ergastolo, anche in carcere duro (art. 41 bis) e poi se del caso ostativo. Alfredo consuma i suoi orrendi crimini quando ha appena 21 anni. Secondo tempo: l'antimafia reagisce, diviene efficiente, a ventitre anni Sole viene incarcerato. Ha già un figlio (che sarà l'ulteriore vittima del tutto innocente). E' un duro, non parla "non collabora", persino insolente si crede un giustiziere: ha la sconfinata ammirazione di quelli suoi simili dannati alle più inflessibili carcerazioni. E' pressoché un analfabeta. Gli infliggono due ergastoli ma di quelli duri. Lo relegano in una cella per 22 ore al giorno. Per non fargli vedere il figlio lo rinchiudono in carceri lontanissimi, in modo che sia difficoltoso raggiungerlo. Le visite settimanali accordategli così si vanificano. Frattanto gli giustiziano quelli della cosca contraria, egemone, il padre, un fratello, altri della famiglia. Sole ora è davvero un capo, antagonista ma capo. Per le regole di quello strano ordinamento alla Santi Romano dovrebbe e potrebbe imporre le faide omicide. Ma qui comincia il cambiamento di Alfredo. Ferma le faide. Ma resta omertoso. Se parla coinvolge parenti o amici e lui ha quello strano senso dell'onore perché è (e si sente) uomo d'onore. Per qualche beneficio non sacrificherà mai il suo sangue, non tradirà, non può tradire: tacere e penare è la sua nuova cifra etica, il suo intimo orgoglio. Non collabora ed allora la giustizia si accanisce contro di lui, diviene disumana, barbara, inflessibilmente dura. I dettami costituzionali della redenzione del reo si attenuano nel trattamento verso questo membro deleterio del consorzio civile. Del resto sembra non dare segni di "resipiscenza". Terzo Tempo: inizia a leggere. Dostoevskij , libri ardui, studia, prima è solo un modo di passare il tempo, poi arriva il tempo della riflessione, del dubbio, delle inquietudini dello spirito. Si ingolfa nello studio della filosofia greca. Fa esami esterni per un diploma, e poi una laurea; non studia legge come un suo compagno di ergastolo, siciliano pure lui ed oggi ergastolano ostativo non pentito, battagliero, estroso, avvincente che attira su di sé persino la simpatia di Veronesi. Quello di Sole ha un taglio umanista. Uno dei primi miei contrappunti con lui ebbe a snodarsi su una mia confusione tra la parresia di San Paolo e la parusia dei tragediografi sommi della Grecia classica. Legge testi di filosofia. Se deve divagare con me sull'Antigone di Sofocle, mi cita passi e giudizi del Cacciari  filosofo. Intanto scrive e poi scrive: affina penna, pensiero, idee, snodo narrativo. Amici miei raffinatissimi critici riconoscono in lui un grandissimo talento letterario. Savatteri riporta nel suo libro una pagina di grande fascino calligrafico. Tiene una sorta di rubrica informatica. Ragazzine, giovani donne, belle anime femminili se ne invaghiscono. E Alfredo nelle sue risposte è garbato, suadente, consolatore. Ovvio che un cuore arido come il mio ha interni empiti ironici. Ma io ho avuto tardi tra le mani il libro di Savatteri: mi irrita; v'è una denigrazione sia pure inconsapevole del mio paese, del paese dei miei avi, di una stirpe come tante altre racalmutesi intemerata, ligia alle leggi, lontanissima da tutte ste escrescenze che si dicono mafiose e sono bubboni delinquenziali che investono piccole ed insignificanti frange del vivere civile di questa terra, forgiata dall'attaccamento a valori umani "come erba abbarbicata alla roccia" avrebbe soggiunto Sciascia.


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