Come al solito, i missi del ministro Cancellieri vengono a farci i
salamelecchi ma poi tutto come prima peggio di prima.
Intanto certo linguaggio
paragiornalistico non mi piace. Non è una pièce teatrale che va reclamizzata.
Mi piacerebbe sapere cosa sono queste "scelte impopolari".
Avere sul gozzo una dissennata politica clientelare semisecolare comporta
serietà competenza saggezza (e ciò i signori commissari lo posseggono in modo
perspicuo) ma anche ingegnosità manageriale ( e qui casca l'asino: non sono politici!).
Vediamo: ci dicono che a fronte
di un organico massimo di 65 dipendenti abbiamo 84+1 a ruolo (mi piace quel +
uno); 76 a
contratto e quindi a tempo determinato che nessuno può trasformare in tempo
indeterminato e 72 LSU a carico della Regione. 65 contro 233 (se non
sbagliamo). Costo: 5.000 euro per i 72 (e se la Regione fa forfait?); 1.519.294
euro per i 76 e 2.017.876 per i "perenni": totale 4.441.160 con il
rischio di dovere aggiungere altri 1.500 mila euro se la Regione fa crack (come
si dice che abbia già fatto).
Orbene un carico di sei milioni di euro all'anno il Comune di Racalmuto
non potrebbe mai sopportare anche a tassare i morti.
Ed allora? Mandare a casa i
lavoratori?: no, assolutamente no! Gettare famiglie sul lastrico? saremmo i primi
a metterci a capo di una rivolta popolare. Quindi?
A dispetto di lor signori commissari, sono aduso a ben altre più ardue
ingegnerie finanziarie per non avere idee risolutrici.
Ma lor signori neppure
leggono le mie missive. Le ritengono solo vituperose sol perché non li prendo
sul serio.
Perché, dovrei? Si pensi: (e qui a dire il vero non è proprio colpa loro salvo a non volere estendere la culpa in
vigilando come lor signori sono adusi), tanta congerie impiegatizia trasformando
la mia richiesta di residenza in richiesta di domicilio coatto mi rifiuta il
ritorno a casa a quasi ottant'anni dalla mia nascita a Racalmuto e perde
l'addizionale IRPEF sulla mia gravosa denuncia dei redditi.
Bazzecola: tanto il
comune naviga nell'oro quanto a bilancio.
Dovrei continuare, ma sarà per
un'altra volta.