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mercoledì 9 gennaio 2013

Altra carne per il mio zibaldone della microstoria racalmutese

Mi ero illuso che io potessi fare blog social-proletari: una mosca bianca per merito di Lillo Mendola e di Piero Carbone e poi disattenzione massima. Colpa mia, s'intende. Devo cambiare tecnica di scrittura. Lo so ed appunto per questo continuerò come prima peggio di prima. Vedo che comunque a scoppio ritardato qualche mio primordiale post viene ora visitato. Dovrei essere conciso e scheletrico. Ma io la morte l'ho cancellata; vivo per dirla con i preti sub specie aeternitatis. Intanto sto pubblicando miei vecchi e specialistici appunti sulla storia di Racalmuto. Sia chiaro, storia: lungi dal coltivare un qual "animo di letterato", privo di "ogni tentazione alla accensione visionaria, fantastica" e se mi imbatto con un documento che manda in frantumi il tenace concetto di un tal chierico Diego La Matina, giammai diacono, giammai finito bruciato a S. Erasmo, non solo lo pubblico ma lo tambureggio, solo perché so essere documento  - anzi numerazione delle anime di Racalmuto dell'anno del Signore 1660 - vero e schietto: mai pubblicherei un "documento falso pur sapendo che è falso". Così come mai dichiarerei mio o di qualche mio prossimo "coroncine" quali mia cognata scoprì nel sottotetto della sua vecchia casa, che pare sia stata del canonico Mantione. Ancora attendo smentite da chi ha fatto appropriazione indebita di ciò che manco aveva: una semplice fotocopia pervenuta a qualcuno per la sciatteria di padre Mattina cui l'avevo fornita per sua esclusiva conoscenza.
Comunque, qui sto facendo un bello zibaldone delle mie non poche perigrinazioni nell'ampio prato della microstoria racalmutese e anche se privo dei sostegni del volpino ufficio comunle, è pur certo che le mie fatiche microstoriche serviranno a chi - non oggi perché troppa presunzione e prevenzione alligna anche in queste minuscole cose a Racalmuto - ma un domani, sì, di certo. Dovrò accontentarmi de plauso post mortem; sai che diletto.

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