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venerdì 25 gennaio 2013

Lettera aperta .. Caro Totò, la tarsu è un disastro annunciato da anni, non scherziamoci sù


Carissimo ex sindaco professore Totò Petrotto,

sai quanto ti apprezzo e sai anche che sono stato l’unico a spezzare una lancia in tuo favore. Se ti dico che questa tua ultima sortita sul regalo di massa delle case racalmutesi alla povera Ministra in gonnella mi ha sconcertato, spero che non te ne adonti. Purtroppo la faccenda”monnezza” è cosa grave assai. E’ un disastro che non viene adeguatamente soppesato. Si crede ai tanti sicofanti del diritto tributario versione ad usum mei e non si comprende che se passa la versione Gesa Ato sono cavoli acidi non tanto per il 2006 quanto per i successivi sei (dico sei) anni successivi (o come dicevamo noi ispettori del Fisco: esercizi).

Travolge l’assenso o l’accomodamento cui tanti si stanno inducendo e si finisce in implicazioni disastrose: sia per i sei futuri esercizi e penso anche per il corrente anno ancora pipistrello mezzo topo e mezzo uccello come dire forse ancora TARSU o TIA forse già Tares, e sia per le ripercussioni sull’IMU, sull’IRPEF, e Dio nni sanca e libberi se davvero dovesse scattare l’imposta patrimoniale (invero in gestione a Roma). Altro che tremila euro, come vai celiando.

La faccenda è dunque molto preoccupante per celiarci sopra. Certo, il tuo stile è scintillante, sa essere paratattico senza essere noiosamente scolastico e mi superi anche in guizzi blasfemi o dadaisti. Ma si può far sprofondare in un mare di ridicolo una cosa così devastante?

Sono venuto da Roma convinto che Ato Gesa e firmatario comunale avessero il 100% di colpa in sbadataggine impositiva. Lunedì me ne torno a Roma e tolgo il disturbo. Certo i commissari che pare mi vogliono querelare stando alle insinuazione di qualche giovane redattore di Malgradotutto riusciranno a scovarmi pure in via L. Rocci. Quasi quasi me lo auguro così per difesa personale potrò svuotare il sacco senza passare per quel delatore che ad onta di una vita omertosa al massimo vorrebbe far credere che io sia, sia tramite un certo fiero sia tramite una certa regalpetra libera.

Devo però ammettere che studia e ristudia, controlla e ricontrolla, convincersi e riconvincersi, credere e ricredersi, mi sono smarrito anche perché subodoro che un trenta per cento di torto ce l’abbia CESA-UFFICIO tributi racalmutese; un trenta per cento di torto ce l’abbiano (mi dispiace doverlo dire) i racalmutesi ed un trenta per cento di torto (ma sono benevolo) ce l’abbiano amministratori e uffici tributari locali , passati, trapassati e presenti.

Mi sono addottrinato e ho sostenuto un esame di finanza locale con una mia superlativa nipote venuta da Roma, ove signoreggia nella nuova versione dell’Agenzia delle Entrate: con mio scorno mi ha promosso con un bel trenta e lode. Avrei tanto gradito essere bocciato. A me di avere ragione non va, il guaio è che ho quasi sempre ragione .. e mi dispiace.

Mi pare che tutta la procedura, che tutta la asserita attività accertativa, che tutto questo dispensare pretese tributarie afflittive non si reggano alla luce della mia esperienza che poi tanto spregevole non è avendo anche fatto per sette anni (encomiabilmente) il superispettore del SECIT di REVIGLIO.

Ma amo dire (e qui ripeto) per avere ragione occorrono tre condizioni: prima avere veramente ragione; secondo averla riconosciuta e terzo dopo che è stata riconosciuta non esserci organo superiore che te la tolga.

Nel nostro caso non si sa neppure chi potrebbe darti o non darti ragione, ma è certo che subentrerebbero organi di controllo o amministratori più agguerriti che farebbero piazza pulita di tutti gli accomodamenti o ammiccanti interpretazioni di favore.

Se si seguiva il mio suggerimento a fare immediatamente un ricorso giurisdizionale contro la facile sortita del Viminale di metterci in castigo come infiltrati mafiosi, oggi ci starebbero nel salone del Matrona politici  locali, che per quanto sprovvediti o inquinati, questa terribile piaga di una TARSU evasa da sette anni l’avrebbero sanata anche perché avrebbero saputo delle colpe del passato degli amministratori e quindi dell’innocenza dei cittadini accertati alla leggera  come evasori.

Rammento che mi ero offerto a fare il difensore civico gratis. No! L’incarico si doveva dare a pagamento ad una incapace perché solo così il consigliere parente non faceva saltare l’amministrazione. E con l’entrata della nuova sindacatura Petrotto per risolvere l’inquietante dilemma tra opposti interessi si cassa la figura del difensore civico. Oggi, nessuna remora a difesa dei cittadini sussiste e così si va allo sbaraglio allegramente, incontrastatamente.

Mi offro di fare difesa civica gratuita, assolutamente gratuita: chi vuole può mandarmi a Roma le sue carte; me le studierei, mi confronterei con chi so io (il massimo della scienza tributaria e degli organi di controllo) e dopo darei un responso che sarebbe asettico. Chi lo dovesse ricevere potrebbe seguirne i suggerimenti, potrebbe dare materia al suo avvocato, potrebbe buttare tutto nel fuoco. Non gli costerebbe nulla. Ed io perché lo farei? Per certa cifra etica e per certo impegno politico che non debbo qui confessare.  

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