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mercoledì 30 gennaio 2013


Mia Carissima cugina Marianna, eccoti intanto un preludio della documentazione sulla tua famiglia racalmutese che non mancherò di completare.

 

Foglio 193 n. progr. 59 die 9) Julii 1882

Decussis praescriptis tribus diebus festivis 23 30 aprilis et 7 Maii ’82 nulloque  legitimo vel canonico impedimento detecto , ego sacerdos Joannes Calamera,  ex Parrochi licentia publice interrogavi Joannem SACCOMANNO liberum, filium legitimum et naturalem quondam Calogeri et Rosariae  Corvo (?) Civitatis NARI, hic a 5 annis domiciliatum; et Carmelam TIRONE schettam filiam legitimam et naturalem quondam Vincentii et Salvatricis Rosina habitantis huius Communis, eorumque consensu solemniter expesso per verba de praesentia juxta tridentina forma, matrimonio coniunxi coram testibus Carmelo Facciponti et Josepho Macaluso. Inde ex ritu benedicti.

 

Traduzione dal latino in italiano (per l’inglese mi avvarrò dopo del traduttore automatico di Bing: ovviamente non ne rispondo non conoscendo appunto l’inglese).

Trascorsi i prescritti tre giorni festivi: 23 e 30 aprile nonché 7 maggio ’82, e nessun impedimento né legittimo né canonico emerso, io sacerdote don Giovanni Calamera ,   avutane licenza dal parroco, ho pubblicamente interrogato Giovanni Saccomanno schietto figlio legittimo e naturale del fu Calogero e Rosaria Corvo, della città di Naro ma qui residente da cinque anni, e Carmela Tirone, schietta figlia legittima e naturale del fu Vincenzo e Salvatrice Rosina, di questo Comune. Ottenuto il loro consenso espresso in modo solenne di presenza secondo la forma del Concilio Tridentino, li ho uniti in matrimonio di fronte ai testi Carmelo Facciponti e Giuseppe Farrauto. Quindi ho impartito loro la benedizione di rito.

 

Nota Bene: Non so perché il prete Calamera chiami mio nonno Giovanni e non Giacomo (Johannis et non Jacobus). Questa Carmela Tirone non è tua nonna ma la sorella: mio nonno nella sua  non lunga vita (morì cinquantenne) ebbe tre mogli. La terza, mia nonna gli sopravvisse ed a lungo ma pur madre di sette figli di suo non si sposò più. Ma veniva da un matrimonio durato pochi mesi. Il primo marito le morì in miniera, vittima del lavoro.  Così andavano allora le cose a Racalmuto.

Queste e ben altre notizie si desumono dal portentoso archivio della Matrice di Racalmuto. L’archivio civile di Racalmuto è stato gravissimamente vulnerato nel 1862 per una rivolta popolare contro la leva dei Savoia.

L’intero archivio parrocchiale di Racalmuto l’ho potuto fotografare e masterizzare per concessione dell’arciprete Alfonso Puma cui va ogni mio fraterno affetto e tanta stima. Mi è costato un occhio della testa. L’ho varie volte messo a disposizione del Comune (e ne avrebbe tanta necessità) ma la miopia o l’invidia dei maggiorenti locali mi è stata sempre ostile ed ostativa. Voi figli o figli di figli racalmutesi potreste dalle vostre lontane case navigare in questi dilettantissimi archivi e cercare e trovare le vostre radici sino al 1554.Ora l’attuale parroco è talmente misticheggiante che sta facendo ulteriormente deperire questi insostituibili registri ed atti. Perché dall’America, da Buffalo, da New York, dal Canada non reclamate il doveroso adempimento ai signori del Comune di Racalmuto, all’attuale Commissario Prefettizio dott. Romano – che oltretutto mi pare persona ammodo? Scrivete, esigete: voi otterreste. Per risparmiare poca spesa si può mandare al macero un siffatto tesoro archivistico?.

 

 

 

 

 

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