Non si può seriamente far storia su Racalmuto se non cercando negli archivi e carte antiche su Racalmuto che sono sperse per il mondo. Ve ne sono alcune molto importanti a Vienna: non mi risulta che qualcuno le abbia indagate. Anche in Ispagna e qui a iosa. Russi Sciuti qualcuna è andata a cercarla. Leonardo Sciascia fu in corrisponednza ma non credo che abbia raccolto alcunché. Credo che persino negli Stati Uniti vi dovrebbe essere tanto, specie per quanto attiene all'immigrazione dei racalmutesi della fine dell'Ottocento e dell'inizio del Novecento.
Ma quel che abbonda e sovrabbonda ce l'abbiamo a portata di mano, in Matrice, al Monte e qualcosa dovrebbe esserci a San Giuliano,alla Madonna della Rocca ed al Carmine.
La ritrosia dei preti a mettere a disposizione degli studiosi i loro archivi (anche per rispettare Leone XIII)), che un po' si era diradata col mai sufficientemente lodato PADRE PUMA ,oggi, carenti anche le vocazioni, è ritornata persino ottusa.
Lodando sempre padre Puma tanta riproduzione personale la posseggo. Guardate ad esempio queste due foto; potrebbero apparire a prima vista come insignificanti note contabili ed invece - a saper leggere - sono squarci sul grande passaggio tra il Settecento e l'Ottocento dell'assetto economico racalmutese, di una Racalmuto insomma che cessa di essere feudo agricolo per far dissipare a conti e principi gaudenti in Palermo terraggi e terraggioli vari e si consolida invece, effervescente, una società dall'incipiente solerte borghesia spiccatamente mineraria e solfifera.
"Raziocinij d'introito ed Esito dell'Opera di Santa Maria di Gesù, cominciando dall'anno del Signore 1804-1806 ..." principia il quinterno. L'amministratore e respondabile è un rappresentnte appunto della nuova borghesia mineraria, il sacerdote D. Pasquale Mantia.
Si dotano orfane fortunate: Calogera Troisi che sposa Simone Terrana; Giuseppa Franco che sposa Calogero Diana. Sarà stato per un fortunato "bussolo", ma noi che maligni lo siamo per inveterata professione ispettiva vi sentiamo puzzo di particolarità. Distrazione di fondi per noi poi sono certe presenze retribuite del notaio Francesco Nalbone, chiamato a rediere una superflua "apoca" in data 12 Novembre 1806. Il Vicario Foraneo, figura che ebbe ad impressionare Sciascia, così per un suo ordine fa dirottare una buona "carità" a "due peregrini". Certo, il procuratore prete d. Mantia non presta servizi per nulla: un'onza, 14 tarì e 5 picciuli se li riserva per sè per quelle non tante annotazioni contabili. Da dove provengono quelle consitenti renndite distribuite? da una bella tenuta sita in contrada Celso di cui è affittuario CALOGERO SFERRAZZA GRECA.
Il povero affittuario deve sborsare 12 onze, 15 tarì e 3 picciuli per l'annata agraria del 1804 e onze 17 per l'anno in corso a titolo di gabella; di questi introiti vanno alle due orfane citate solo 16 onze al lordo di quanto dovuto a due ontai operanti allora a Racalmuto, il notaio Cristoforo Pomo e il Nalbone che abbiamo menzionato.
E tutte queste notizie che non ci paiono inezie ma squarci sulla vera vicenda storica di Racalmuto si possono cogliere solo dando uno squardo al primo foglio del qunterno che un tempo padre Puma teneva gelosamente ma non retrivamente in Matrice. Grazie padre Puma!.
Ma quel che abbonda e sovrabbonda ce l'abbiamo a portata di mano, in Matrice, al Monte e qualcosa dovrebbe esserci a San Giuliano,alla Madonna della Rocca ed al Carmine.
La ritrosia dei preti a mettere a disposizione degli studiosi i loro archivi (anche per rispettare Leone XIII)), che un po' si era diradata col mai sufficientemente lodato PADRE PUMA ,oggi, carenti anche le vocazioni, è ritornata persino ottusa.
Lodando sempre padre Puma tanta riproduzione personale la posseggo. Guardate ad esempio queste due foto; potrebbero apparire a prima vista come insignificanti note contabili ed invece - a saper leggere - sono squarci sul grande passaggio tra il Settecento e l'Ottocento dell'assetto economico racalmutese, di una Racalmuto insomma che cessa di essere feudo agricolo per far dissipare a conti e principi gaudenti in Palermo terraggi e terraggioli vari e si consolida invece, effervescente, una società dall'incipiente solerte borghesia spiccatamente mineraria e solfifera.
"Raziocinij d'introito ed Esito dell'Opera di Santa Maria di Gesù, cominciando dall'anno del Signore 1804-1806 ..." principia il quinterno. L'amministratore e respondabile è un rappresentnte appunto della nuova borghesia mineraria, il sacerdote D. Pasquale Mantia.
Si dotano orfane fortunate: Calogera Troisi che sposa Simone Terrana; Giuseppa Franco che sposa Calogero Diana. Sarà stato per un fortunato "bussolo", ma noi che maligni lo siamo per inveterata professione ispettiva vi sentiamo puzzo di particolarità. Distrazione di fondi per noi poi sono certe presenze retribuite del notaio Francesco Nalbone, chiamato a rediere una superflua "apoca" in data 12 Novembre 1806. Il Vicario Foraneo, figura che ebbe ad impressionare Sciascia, così per un suo ordine fa dirottare una buona "carità" a "due peregrini". Certo, il procuratore prete d. Mantia non presta servizi per nulla: un'onza, 14 tarì e 5 picciuli se li riserva per sè per quelle non tante annotazioni contabili. Da dove provengono quelle consitenti renndite distribuite? da una bella tenuta sita in contrada Celso di cui è affittuario CALOGERO SFERRAZZA GRECA.
Il povero affittuario deve sborsare 12 onze, 15 tarì e 3 picciuli per l'annata agraria del 1804 e onze 17 per l'anno in corso a titolo di gabella; di questi introiti vanno alle due orfane citate solo 16 onze al lordo di quanto dovuto a due ontai operanti allora a Racalmuto, il notaio Cristoforo Pomo e il Nalbone che abbiamo menzionato.
E tutte queste notizie che non ci paiono inezie ma squarci sulla vera vicenda storica di Racalmuto si possono cogliere solo dando uno squardo al primo foglio del qunterno che un tempo padre Puma teneva gelosamente ma non retrivamente in Matrice. Grazie padre Puma!.
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