A pag. 10 dell'edizione Bardi, Leonardo Siascia pubblica quella che è forse la favola della dittatura più lunga di quella raccolta del 1950. Non ha titolo come al solito e doverla indicare sinteticamente ma esaustivamente non è agevole. Noi la intitoleremmo "L'ordine nuovo delle scimmie.
Così infatti esordisce la favola: "le scimmie predicarono l'ordine nuovo".
A voler seguire Pasolini ad ogni costo e volendo davvero credere che Sciascia scrisse codeste favole ad imitazione di Fedro per una intima contestazione del regime appena tramontato, diciamo allora che quell'ordine nuovo sia la parodia di quello predicato nel regime e per il regime fascista: incipit novus ordo, avevano fatto sillabare anche i parenti di Sciascia sopra la nicchia del Municipio di Racalmuto contenente la bronzea faccia del truce Duce.
Scimmie dunque le popolazioni fasciste. Ed ecco subito la sterzata conservatrice del nostro grande Leonardo Sciascia: l'ordine nuovo si transustanziava nella fallace visione pacifista dell'immediato dopoguerra. quando tutti dovevano illudersi che era iniziato il regno della pace. Ecco la sornioneria pacifista: i fanatici di allora, i Grilli di allora, "i primi entusiasti furono la tigre il gatto il nibbio". Spunta "una fraterna agape vegetariana" e così un topo "si trovò rovesciato sotto le unghie del recente amico"; alle sue rivendicazioni, per il gatto facile grignare: " Sì, ma io sono un fondatore del nuovo regno - e gli affondò i denti nel dorso".
Lezione rondista mirabilmente digerita in Sciascia, la lingua è raffinata, ricercata, qua e là persino ermetica, ma la sintassi limpida rispettosa delle più consolidate regole accademiche. Paratattica? ci dispiace per Pasolini, ci pare di no. Antifascista? Non ne noto traccia alcuna, anzi!
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