Vista così questa epigrafe romana è suadente: bene fanno
quelli di S. Elpidio a volerla tutta per loro, affissa come cimelio di chissà
quale santo locale in alto all’interno di quella che loro considerano una
basilica medievale. La nostra sommessa rilettura – carpendo fior di scienza
epigrafica dalla professoressa universitaria francese Francoise- Hélene Perrault in Massa – ne dà un altro fascin0, di fruibilità
addirittura cosmica.
Riporto: Visto
che siamo in piena estasi erudita, ti dirò: stasera parlavo con una
professoressa universitaria, grande archeologa e francese e mi diceva che non è
proprio certo che Elpidio sia di derivazione greca; è anche nome finnico. Ti
conviene però aderire alla mia ipotesi, così voi di S.Elpidio siete bizanrini e quelli
di Pescorocchiano longobardi (questo è certo): spiegato dunque l'irreversibile
rciproco rigetto. Aggiungo: per la professoressa
quello della vostra epigrafe è un edile romano nominato per la quinta volta
(ecco spiegata la Q) Carcurin (abbreviazione di Carcurinus) è piuttosto inusuale e pertanto difficilmente
rinvenibile nei testi di prosopografia romana. Taronia
dovrebbe essere la moglie dell'Edile e tert (TERTIA)
il nome. Se lapide funerea sarebbe la committente, se lapide votiva o
commemorativa, la finanziatrice. Essere edile nella civitas romana ove oggi sorge S. Elpidio significa che si
trattava anche allora di centro abitato molto rilevante: motivo ulteriore per
esaltare l'odierna S. Elpidio e quindi il dovere di fare approfondite ricerche
storiche ed archeologiche. Guarda comunque che per legge la epigrafe dovrebbe
andare al museo dell'Aquila (ma posso sbagliarmi) comunque giammai in chiesa.
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