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domenica 9 giugno 2013

mulo e cavallo ora rappacificati a Racalmuto

 
Favola sciasciana di pag. 28 Edizione Bardi. Il nobile cavallo e il concreto mulo beffardo.
 
Bucolico, sereno Agato Bruno. Animali quieti in prati freschi di verdura, in radure solatie ma senza stoppie, in una Racalmuto satura di limpida luce.
 
Quando Sciascia compone i galantuomini del Circolo Unione - quello all'epoca frequentato da Nanà con giovanile sornioneria - persa l'antica boria fan quasi ora la fame; manco il bramato gioco d'azzardo possono più permettersi, quello si pratica ormai al Mutuo Soccorso di Angilu Cuddura - così dice Sciascia, ma stavolta si sbaglia.
 
La rivolta sociale in fermento a Racalmuto. I contadini emigrano: le terre dei galantuomini restano abbandonate: per questi quasi l'indigenza; per li jurntara, per i figli o i nipoti dei carusi di un tempo quasi l'agiatezza: se tornano per la Festa del Monte dal Belgio o dalla Germania ti può anche capitare di vederli pavoneggiare su auto della dismisura americana, sia pure d'anteguerra. Una beffa una rabbia. 
 
Sciascia coglie quegli umori. "Il cavallo non si avvicinava alla mangiatoia se non quando il mulo se ne allontanava  .. Sì la tua razza è pura - pensava il mulo - ma il fieno che mangi è quella che io ti lascio".
 
 
Agato Bruno, ora a distanza di un sessantennio, ha altra ispirazione: gioiosa, giocosa. Abbagliato dal rappreso cromatismo dello Zaccanello, vede solo pacifici animali beati in radure che in vero  sono magari stopposi con i ruderi delle vecchie cadenti ville che un tempo furono dei grandi signori di Racalmuto, ora decaduti, i baroni, i Tulumello, i Matrona. Ma Bruno ha occhi ormai veneti per badare a siffatti rigurgiti della antica rivolta paesana .
 
Sciascia invece la viveva.  

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