FRA
TECLOLOGIA E NATURA, L’UOMO
Per Agato
Bruno
Questa non è una presentazione né, tanto meno, un saggio
critico, vuole essere solo una lettera ad un amico che si accinge ad inaugurare
una mostra.
Ho proprio pensato a te in questi giorni di primavera, mentre,
curioso, scrutavo il giornaliero germinare delle foglie del mio giardinetto; mi
sono tornati alla mente i tuoi girasoli sempre più protesi nel loro divenire
vegetale, con quei petali rotanti verso spazi che si moltiplicano e si
distendono, che inglobano nel continuo ritmo di crescita le testimonianze di
una civiltà ogni giorno più fossile.
Ed ecco che acquistano significato le rotelline e gli
ingranaggi delle macchine ormai inutili mentre il cigolio diviene flebile in
questo strano cambio di natura e tecnologia. Ma riaffiora, a questo punto, la
mano dell’uomo tesa ad annodare funi e gomene quasi a voler imbrigliare il
mondo nella volontà dell’azione, per riportarlo a valori ancora possibili per
un recupero civile dell’umanità.
Cos’ questi nodi mi sembrano diventare emblemi anche di un
modo di agire, del quotidiano scontro della realtà, di una insoddisfazione di
fondo che ha bisogno della tela o del foglio di carta per tramutarsi in
linguaggio e verifica di se stessi.
Venezia,
aprile 1977
Marcello
Colusso
.. E la
pittura che non muove da empirismi critici o letterari, ma invita alla
contemplazione, indicando al pensiero di chi guarda remote forme che per forza
del colore si identificano in oggetti; essi formano il quadro in quella sola
calma atmosfera di chi persegue in un linguaggio comune agli altri, l’unica
linea chiara per una più ampia comprensione.
Anche
uscendo da un linguaggio comune, farsi capire dai più come oltre che far
pittura fosse un messaggio interiore per un suo preciso scopo: queste sue
ultime cose denunciano chiaramente questa sua volontà e i non pochi punti
raggiunti.
1976
Mario
Abis
Agato Bruno
è la dimostrazione, nella sua più recente produzione, di come sia possibile
fondere due culture regionali e di come da tale fusione possa nascere un
prodotto pittorico sicuramente interessante. Infatti la acquisizione del colore
veneto dà un calore via via sempre più caldo alla tematica che il Bruno ha
assorbito dalla scuola di Napoli.
Forse è per
questo che il fiore esce ad invadere la superficie e domina nella sua
“traamutazione”, qui ancora in fase di religiosa o “freudiana” iniziazione, il
groviglio, la confusione e la esasperazione della “prima morte ecologica”;
ovvero, cioè, l’essere umano che prima è sempre presente nell’opera (partecipe
o contrito – in Primis-, o rappresentato
dalla materia meccanica, ora sostituita dalla forza sconosciuta che “il grande fiore nuovo”
emana, o dalla farfalla: simbolo fallico, se vogliamo, ma simbolo di un bisogno
amoroso che sia concettualmente amorale, nel sens di negazione del presente…
1976
Mario Marconato
Al di là
della presenza plastica e cromatica, al di là delle forme perentorie che si
situano nello spazio con il loro connotato preciso e comune, c’è un discorso
che Bruno si impegna a sviluppare con coerenza e decisione; cioè un discorso
che travolge/supera il senso grafico, l’aspetto coloristico, l’epidermide di
quanto sostanzia laa realtà – la realtà fisica.
In effetti
la ricerca di Agato Bruno è essenzialmente
un puntuale (e puntiglioso) confronto con il mondo di oggi, meglio una
investigazione della realtà. E l’operatore che conserva una notevole carica di
umanità, non può assumere, è chiaro, se non una posizione polemica: muovendosi
attraverso la visualizzazione di momenti – elementi tipologici della civiltà
delle macchine, della civiltà dei consumi, così ricche di abbaglianti presenze,
tanto prodighe di miti…
1975
Vincenzo Perna
* i testi di
Marconato e Perna sono estratti di precedenti presentazioni
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