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venerdì 6 dicembre 2013

Chi son io? CACINI

Finalmente ho l'ambitissimo onore di avere non una ma due citazioni  dal giornale di Sciascia. Mi si dichiara a premessa che sarei un ex alto funzionario della Banca d'Italia. Mi ripeto anche per fare scorno mi pare ad uno che si chiama Ignazio Licata. Giovanissimo arrivai all'alto grado dirigenziale di Ispettore (di vigilanza sulle aziende di credito, lo preciso  perché vi sono gli ispettori interni che fanno ridere). Sarcinelli - un nome una storia - mi definì uno dei suoi tre veri ispettori (solo che per gli atri due si sbagliava). Ma il primo febbraio del 1981 tagliai la corda per contrasti nientemeno con una certa mammoletta (così allora si definiva Carlo Azeglio Ciampi). Passai al SECIT di Reviglio, (in un primo tempo mi si disse "distaccato" ma il giorno prima mi si disse "a mia richiesta" per non concedermi un sacco di soldi: non protestai). Il SECIT di quei primi tempi metteva in orgasmo persino gli stessi ministri, persino la stessa guardia di Finanza. Arrivai fin quasi alla fine del mandato, ma non mi andava di farmi valutare da un certo Gava (gli avevo stroncato la sua subalterna Banca Fabbrocini). Rinunciai a prebende stratosferiche che mi offriva Geronzi appena divenuto satrapo di Capitalia. Per arrotondare la magra pensione passai a codirigere la Mediterranea di Faustino Somma. Una rissa immediata, dopo sei mesi me ne tornai sfaccendato a Roma intensificando le mie ricerche sull'antica Racalmuto presso l'Archivio Vaticano Segreto. Una interruzione di undici mesi presso l'allora AIMA di via Palestro 60.Una bella guardiola per dilettarmi di tutte le grani magagne dei racalmutesi protesi a sgraffignare fondi comunitari per grano olio vino vitigni agnelli capretti latte latticini. Tanti che oggi fanno persino i super moralisti e che magari vorrebbero darmi lezioni etiche mi ballano davanti, nei miei fogli elettronici.
Le due menzioni del giornale di Sciascia non colgono proprio il cuore della mia visione elettorale racalmutese. In due parole, io credo che non occorra un sindaco di peso, ma soltanto il vessillo di un intellettuale collettivo formato da personalità ad alto profilo professionale nei vari campi in cui occorre operare "genialmente" per ridare aria ai polmoni di questo corpo dal cuore quasi fermo che ha nome Racalmuto. Esistono queste professionalità? Certo che esistono, Citerei Garlisi di Milano, Nuccio Lo Re magistrato insigne, Giovanni Liotta professore emerito, Lillo Mendola, Piero Carbone, Calogero Taverna, Laura Taverna, Benito Infurnari, il figlio di Enzo Tulumello, il dottore Carmelo Rizzo ed altri ed altri dello stesso livello. E Felice Cavallaro? perché no? Ma vuol fare davvero il sindaco? Mi esponga il suo programma, mi contesti le cose che io propongo, controbatta a tutta una serie di interrogativi che gli proporrei e forse mi deciderei anche a supportarlo. Ma convenga con me. Buttafuoco nel luglio del 2012 sul Foglio lo ha bruciato; apparire come uomo della confindustria (e poi quale confindustria, quella agrigentina), di una istituzione quale  la Camera di commercio (organismo giuspubblicistico che dovrebbe stare super partes) un atro colossale errore, mette in sospetto, portare a Racalmuto la Cancellieri che dice che la notte piange e la mattina firma un vomitevole commissariamento e poi il Bray della Treccani di Amato per una operazione salvifica di una brutta vicenda imprenditoriale .. insomma un antipatico come me salta su tutte le furie. Mi dirà qualcuno: Ma tu chi sei? sommessamente non ho difficoltà a rispondere alla romana: CACINI.

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