Contra Omnia Racalmuto

...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.

sabato 19 gennaio 2013

matheus del carreto miles baro terre et castrorum Rahalmuti: anno 1398






Sì, è proprio vero, non sono stato io ad andare a Palermo e far fare copia di questo e di tanti altri documenti medievali racalmutesi. Alla Gancia bastava rintracciare questo come altri processi di investitura tutti ben descritti in elenchi d’oggidì e il gioco era fatto. Già fatto? Provate a selezionare un diploma come questo da un folto fascicolo; provate ad inquadrarlo, a capirne il senso. Leggere semincioli d’archivio non è una bazzecola. Coordinare con il contesto storico comporta cultura ed intelligenza.

Ecco perché quando mi dicono che io sarei stato un modesto collaboratore di qualcun altro che si intende sublimare non foss’altro per vincoli di parentela o per sudditanze paesane, mi incazzo. Aver fatto il copista a comando non può chiamarsi collaborazione. Non dico neppure che altri mi ha collaborato. La ricerca nel bene e nel male mi appartiene tutta e tutta la rivendico. Pensate che manoscritti miei, datiostensi per cortesia, sono divenuti pregevoli appunti autografati di altri. Che paese! Una volta stavano in biblioteca, ora sono persino spariti.

Quando Sciandrelli esaltò ed esultò per il gemellaggio di Racalmuto con Finale Ligure sapeva di questo diploma? aveva intravisto che matheus del carreto era miles baro terre et castrorum Rahalmuti?



Matteo del Carretto si guardava bene a fine del ‘300 dallo squadernare ascendenze marchionali finalesi. Quando Sciandrelli ebbe finito di scrivere il suo parto microstorico (e da grande stampatore qual è molto avvenente farà il suo volumetto) incappò nella biblioteca della cittadina ligure nel mio La Signoria Racalmutese dei Del Carretto, che tutto gli sbricilolava il suo costrutto. Che bisogno aveva di sornioneggiare sul mio essere a suo avviso pedantuccio professoretto di campagna? (Invero mai sono stato dietro una cattedra). Così diffuse il malevolo giudizio a spese di questo sbarellato comune, o dell’annessa Fondazione, vacuo monumento del nulla.

Pubblicato da Lillo Taverna alle 17:46 Nessun commento:
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Una vecchia proposta che mi va di reiterare


Il sogno “taverniano”

 

 

È presto detto: il recupero, la ristrutturazione, l’abbellimento del sotto Barona.

Sotto la Barona si dipana una grande radura tripartibile:

-      la zona più alta potrebbe ospitare il paese cinquecentesco dell’ex voto del Monte;

-      la cavea terminale in basso si dovrebbe adattare a teatro greco;

-      la parte a valle, oggi con acque fetide a cielo aperto, si attaglia ad orto botanico con laghetto pluriuso.

 

 

Ecco un bozzetto per chi avesse voglia di meglio afferrare il concetto

 

Zona A


 

Nella parte alta dell’area di risulta del sotto Barona, utilizzando i terrazzamenti costruiti di recenti, dovrebbe sorgere la simulazione del villaggio di Racalmuto come appare al Monte nell’ex voto di destra.

Ne abbiamo scritto tanto. Val la pena però ripeterci.

 

 
 
 
Rassegna Storiografica
 
Chiese e chiese e chiese e conventi e conventi ... Si pensa a chissà chi, ed invece tutto si deve ai rimorsi di Giovanni del Carretto, quello che dominò Racalmuto dal 1520 al 1560 ed alle tante confraternite, nate all'ombra dell'ancora barone, per una grossa speculazione sui morti. Ne morivano tanti a Racalmuto e bisognava seppellirli e seppellirli in chiesa.. Naturalmente a pagamento . Che pacchia per quelle confraternite. Una mafia dei cimiteri ante litteram .. Niente di nuovo sotto il sole.
Pensate che la venuta della Madonna del Monte nient'altro è che una commissione a Palermo da parte della confraternita della già esistente chiesa di Maria di lu Munti di una statua di marmo "una statua di marmaru di nostra signura" dicono le carte. Nessun miracolo. E si era dopo il 1520 (altro che 1503 ed altro che conte o barone Ercole del Carretto. Questo il primo agiografo - padre Cantalamessa - non lo dice).
I colti attuali di Racalmuto - anche quelli atei e marxisti - questa banale verità non sanno accettarla o non vogliono. Chissà quanti voti perderebbero, diversamente. Povera verità!
Frattanto a studiare bene il Trasselli che ebbe a scrivere sui genovesi in Sicilia, è facile arguire che la marmorea statua – tozza, bruttarella ed inespressiva – non è, né può essere, della scuola gaginesca (andatevi a vedere la madonna di Gibilrossa per convenirne) ma del noto scultore genovese Massa, venuto a Palermo con un coltivatore di cave marmoree carraresi, agli ordini dei genovesi, ed i del Carretto erano di sicura origine genovese. Non erano comunque di Finale Ligure – essendo d’uopo sghignazzare sul fallace gemellaggio milionario – ma a tutto concedere, i signori Del Carretto di Racalmuto cominciarono a bleffare vantando un improbabile marchesato su Savona.
 

 
Immaginarie scene di famigli che picchiano i pacifici buoi a levare le ancore da Racalmuto .. Vani sforzi cominciò a dire nel 1764 il padre Cantalamessa ... in versi siciliani. Almeno quelli erano piacevoli. Ora ci ammanniscono vocianti cicalecci di improbabili recitanti .. ma i soldi se ne vanno a fiumi e non restano neppure a Racalmuto.
 
 
 
Ecco era il palazzotto degli Ugo e della Morreale ... Una donna dei nuovi tempi si direbbe.. Sposò giovanissima un La Licata di Favara ... restò presto vedova e senza figli, giacché quel La Licata favarese era già molto vecchio e subito andò nel suo regno dei cieli. Consumò il matrimonio?  Pensiamo di no.
E la ragazzina Morreale forse rimase vergine. Sicuramente inappagata. Prese una schiava negra. Aveva mammelle portentose. La sbirciavano e le sbirciavano i racalmutesi. Non restò loro altro che dare il nome di minni di sclava a certe voluttuose specie nere di fichi. .. Il vecchio marito, corroso da tanta gelosia, cercò di privarla dei beni con un testamento tutto a favore di santa romana  chiesa. Ma la scaltra vedovella fece finta di niente ed assegnò beni e terreni ai suoi nipoti, compreso un monaco di cognome Salvo. Tardivamente il Santo Uffizio se ne accorse; scattarono i suoi rimedi. Nella sacrestia della Matrice le si intentò un processo. Presidente del santo tribunale un bonario arciprete. La protesse e se non l'assolse le inflisse penalità sopportabilissime. Qualcosa in tasca sicuramente gliene venne. Ecco la nostra storia di Racalmuto. Sta scritta - in latino - nei rolli della confraternita di S. Maria di Giesù che ancora padre Puma conserva. Ma fino a quando?
 
(Calogero Taverna)
continua

 
S. Giuseppe, Castello Fontana .. ecco come erano (almeno a metà del '700). Ed ora come sono? Uomini locali, soprintendenti provinciali, preti e nobilotti hanno ridotto in squallidi edifici questo squarcio architettonico della Racalmuto verace. Che Dio li maledica. Ecco uno squarcio della Venuta di La Bedda madre di lu Munti ....é immagine tarda ... risale alla seconda metà del '700.
 
Il padre Cantalamessa - agostiniano centuripino di S. Giuliano - cantava quella vinuta in versi siciliani non spregevoli. Poi il Caruselli credette di dovere italianizzare il tutto e fu un disastro. Della candida, nostrana saga rimase ben poco. La data fu stabilita:. fine maggio del 1503. Oggi tutti vi credono. Beati loro. Sono riusciti a convincere persino vescovi e monsignori. Di certo i canonici minori, quelli in viola per intenderci. E poi tanti sacrestani, e soprattutto le sacrestane, specie le repentite.
 
Noi non ci crediamo, andremo all'inferno. Intanto fiumi di soldi per festeggiare, anche con pretenziosi convegni, quella vinuta. Che la Madonna ci perdoni tutti. Era un tempio del Signore; ne avete fatto una spelonca di ladri... e qui la spelonca è un monte, a dire il vero un monticello, vezzoso ma fallace come quei preti che si sono messi a duplicare, triplicare e moltiplicare quella buffa statua di marmo che sol perché si erge in quel barocco altare di legno appare bella .. anzi bellissima. Dalla cintola in sù, con qualche innegabile vezzo. Dalla cintola in giù .. tozza più delle antiche contadinotte di Santa Nicola o della Funtana.
 
(Calogero Taverna)
 
- -
  -
 



 

 

I casamenti veri o con materiali moderni, dotati dei dovuti ausili igienici, potrebbero ospitare (ma a giusto prezzo) i mercanti del sabato.

 

Un Hotel de la Ville – alla francese – del Comune potrebbe accogliere le schiere di visitatori pronti magari a fare del turismo a margherita.

 

Vi dovrebbe sorgere la chiesa di Santa Rosalia l’ancor vera ed unica “padrona” di Racalmuto.

 

Zona B

 

Un gran teatro greco all’aperto potrebbe avere ineguagliabile collocazione nell’ultima ansa del sotto Barona, come abbia già prospettato con un fotomontaggio.

 

 


 

Zona C

 

Là dove scorrono acque putride, tutto sommato in mezzo all’abitato, con pericoli incommensurabili per la popolazione, un piccolo depuratore e quindi un laghetto, consentirebbe l’impianto di un singolare orto botaniche con piante ed erbe autoctone.

Guardate questa foto:

 

 

Ecco il suo vero nome:

 

Sternbergia lutea (falso zafferano)

 

L’avevo scambiato per crocus ed invece è pianta medicinale, come piante medicinali sono le seguenti:

 

 

 

 

 

 

 

I vecchi vitigni poi si potrebbero recuperare per un  vino locale quale lo bevevano i nostri più antichi antenati (e se non ebbero mai fame lo si deve a quell’ubriacante liquore).
Pubblicato da Lillo Taverna alle 15:56 Nessun commento:
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vecchi scritti, antiche rabbie ... nuovi ripensamenti




 
 
 
 
Carissimo Sergio.

Prima che mi incavoli per qualche sortita di certi anonimi, mi piace inviarti il recente scambio di corrispondenza con Racalmutese Fiero … ovviamente per l’immediata pubblicazione su REGALPETRA LIBERA, il blog cui tutto sommato voglio bene ed a scorno di qualche persistente incazzato. Credo che me lo devi.



Calogero Taverna



 

 

Buongiorno dott Taverna,

il file allegato al Suo messaggio, "alfano anagrafe", contiene il mio

messaggio precedente. Persevero nella lettura del blog e i Suoi articoli, oltre ad essere

interessanti, rappresentano delle eleganti stoccate di fioretto. Lei non possiede

solamente.....u cuocciu di la littra.

Con stima e ammirazione



 

In informatica sono una schiappa. Ho tentato in vari modi di trasmetterle la copia dell'atto di morte di Salvatore Alfano e mi pare che neanche ora ci riesco. Pazienza. I dati trascritti sono sufficienti per sapere se sono sulla strada giusta, e quindi proseguire.



Grazie per le belle parole che in qualche modo mi rinfrancano. Sa? la voglia di dire: ma andate a quel paese, è tanta. Credo di saperne qualcosina più di tutti: il pessimismo della ragione è totale. Davvero Giove rende folli quelli che vuol perdere. Ma nella mia militanza politica mi imponevano un disperato ottimismo della volontà. Il guaio di Racalmuto è che i grandi cervelli (come quello suo, quello di un Lo Re, di un Giuggiu Liotta, di un Filippo Mustica dei nuovi giovani che non conosco, del notaio Schillaci Ventura, del questore Messana etc.) non essendo lo spazio vitale (quello di cui parla Forsthoff) di Racalmuto adeguato alla latitudine del loro ingegno, quello spazio vitale l'hanno cercato e trovato a Milano, a Roma, forse in Francia, forse non so dove (già gli avventurosi siciliani diceva un tale scrittore, e non tutti vogliono essere il Bell'Antonio di Brancati per tornare nell'accidia di Catania). Racalmuto mai e poi mai può essere il monastero di santa chiara, al massimo quello di santa maria, ma quello può forse destare un qualche interesse in un ottantenne come me. Sciascia è stato tanto fortunato da inventarsi un suo idilliaco spazio vitale alla Noce. Ma quello spazio vitale con nessun racalmutese l'ha voluto condividere: non con Gaetano Savatteri, un potenziale grandissimo scrittore afflosciatosi poi in riduttive denigrazioni del grandissimo Rosso di San Secondo (a mio avviso più grande di Pirandello) o di favolette, esiziali per il turismo, su giovanetti capimafia racalmutesi, con un Felice Cavallaro grintoso ingegno ridotto a capo cronaca sia pure del Corrierone di Palermo, ad un Macaluso che non conosco ma che quando scrive su Malgradotutto (per esaltare l'indifendibile Sciascia contro Berlinguer) la grafia ce l'ha forbita e bella ed in ultimo, forse, con Pierino Carbone, questo prorompente genio della penna che però, mi pare, sbandi un pò troppo forse perché vuol cimentarsi in cifre narrative che non gli sono congeniali. Ma prima o poi rintraccerà se stesso e Racalmuto avrà un'altra gloria letteraria, che diversamente dal modello umanizzerà la calligrafia ipotattica, eviterà la canaglieria politica (e mi lascerà integra la mia ricostruzione microstorica di Racalmuto).

Per converso - torno al mio stile buracratico, da ex ispettore B.I. - Bufalino Di Grado Sciandrelli Caruso il deretano di una editrice il fotografo alla moda, tutti alieni, ebbero accesso, gloria e lancio in quel minuscolo "spazio vitale" controluce rispetto alla vetusta Casina di Matrona, nei cui verzicanti dintorni il Nostro, in una delle pochissime sue pagine lubriche, vedeva culeggiare erici tizianesche. Visioni forse appartenenti alla sua pubertà, come le cartoline a don Pidduzzu fanno pensare, crediamo per quegli "atti impuri" per i quali i preti ti ossessionano nei confessionali dei giovinetti. E le giovinette? Beh! lasciamo perdere. Sapesse quello che mi confidano a proposito di taluni mistici confessori racalmutesi!


E Consolo? Questo me lo conservo per ultimo. Io sono un pessimo lettore, leggo la prima pagina, capisco la musica, mi annoio, e passo oltre .... a pag. 27, mi annoio, a pag. 50 così via. Se mi si chiede dopo qualche tempo se ho letto quel libro, risponderò: mai letto. In totale buonafede: lo giuro. Dopo l'orgia commemorativa di REGALPETRA LIBERA, sfoglio Vincenzo Consolo: le pietre di Pantalica, anno 1988. E sfogliando sfogliando, mi soffermo a pag. 93. Oddio! mi son detto, se pubblico il mio romanzetto LA DONNA DEL MOSSAD ed il mio censore arriva alla parte finale del capitolo terzo "cavatieddi cu sucu di cunigliu sirvaggiu e sanzizza aggliannariata e antri cosi bboni", se non la galera per plagio almeno la causa per danni non me la toglie nessuno. Vero è che il mio ES s'incazzò gridandomi: ma chi cazzu dici Calì, il tuo è un passo sublime. Sì, ccia arrispunniu il mio EGO, vaglielo a raccontare a "Genitore incazzato".

Per questo non Le mando il file del romanzetto. No! Mi incute rispetto il Suo taglio ad alta cifra etica (direi giansenista). Peraltro mia moglie non vuole che io firmi quelle sconcezze (non lo nego) che vi stanno. Ed io il disgusto di mia moglie e l'altero cipiglio che mi sembra Lei assuma in materia de sesto e de nono, mi mettono in imbarazzo. Quanto alla droga - e Lei, mi pare ultimamente, vi è ritornato - anni fa, avendone gli accessi, ho scandagliato il cash flow dei racalmutesi quale inesorabilmente passa per le banche (e la posta) di Racalmuto e sappesse cosa ho scoperto? I veri ricchi non stanno a Milano ma a Racalmuto: qualcuno importando - quanto regolarmente, non so - bici cinesi (sic!). Ma crede davvero Lei che le mille e più auto che servono anche per andare da San Griguoli a lu Culleggiu ( e tante sono nuove e potenti) sono state comprate con la pensioncina della nonna (che il passaggio alla moneta unica ha polverizzato) o ai magri proventi dei "Socialmente Inutili"? Se le dico che il nero della DROGA si aggira a qualche miliardo (di Euro, sì), mi dirà che sono troppo esagerato? E sono franco! certo che poi qualcuno è costretto a girarsi dall'altra parte se in macchina a farsi è la propria ormai forse poco verginella figlioletta (un mio carissimo amico si è suicidato per cose del genere) e non meravigliamoci troppo se ai signori della Caserma ........ [autocensurato]

Non c’entra niente, ma nell'ora di ricreazione ho visto passare bustine (naturalmente di magnesia) alle ragazzine dell'istituto professionale davanti la mia casa paterna.



Poco cari "anonimi" (non Lei perché so benissimo chi è) genitori incazzati (per burla), don qui, don Là che cazzo ne sapete di tutto ciò? E se lo sapete che cazzo ci capite?


Mi si dice che debbo essere più chiaro. Ovvio che non posso, e racconto un aneddoto. Dopo avere ispezionato Sindona nel 1974, dopo che Occhiuto, per fottere Ciampi, ha spedito l'unico ispettore capace a Livorno, il sottoscritto ebbe l'anima dei guai suoi nel cercare di far capire quello che avevo scritto (facile facile) ai signori magistrati che avendo già belli e confezionati i loro teoremi finché non riuscivano per lo meno a non farsi dichiarare cazzate i loro arzigogoli (secondo le vulgatae dell'interessata stampa del momento) non mi lasciavano andare. Ed io avevo mia moglie che mi aspettava fuori la porta perché dovevamo prendere l'aereo per la doverosa visita pasquale ai miei vecchi genitori di Racalmuto.


Naturale che dopo quelle esperienze il mio affetto per i signori magistrati è nullo. Arrivo al SECIT di REVIGLIO (oggi inesistente, ma all'epoca fu cosa molto seria) e per mia scelta (il mio ruolo me ne dava facoltà) accedo alla Cassa di Risparmio di Cacciafesta. Guardo il credito cinematografico. Di che mi accorgo? all'epoca furoreggiava una certa Chelo (forse poco dotata artisticamente; forse molto generosa in altri campi - de sesto e de nono, appunto). Costei, oltretutto lesbica, consentiva anche i favori retrostanti a prestanti produttori, ma nel durante lei telefonicamente doveva ragguagliare la gelosissima amica. Chi pagava? Il credito cinematografico. Come faceva la banca? Deliberava il credito: scriveva in contabilità: dare crediti attivi - avere debitori diversi. Subito: dare sofferenze - avere crediti attivi. Quindi - dopo qualche tempo - dare conto economico (perdite) - avere sofferenze. Naturalmente era avvenuta la scrittura più importante: dare debitori diversi - avere cassa; ed i soldi si erano volatilizzati.


Per inciso sa che cosucce del genere (molto meno raffinate, parva materia, in definitiva) mi sembra di averle subodorate a Racalmuto una decina di anni fa con Giler, aiutandomi il bravissimo informatico Fofò lo Sardo?

Alla cassa glielo fatta pagare con un condono tombale e di miliardi ne ha dovuto dare al FISCO. C'era da punire quei disgraziati che per la pagnotta (o per la carriera) quelle diaboliche scritture le avevano pensate ed effettuate. Non ne avevo nessuna voglia. Mai ho perseguitato i lavoratori: la mia fede politica me lo impedisce. Certo conoscevo bene l'art. 321 c.p. I fatti obiettivi, come dice la legge, io li ho riferiti "a chi di dovere". Chi di dovere erano signori magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti (che legulei amano definirsi i ragionieri dello Stato) e naturalmente non ci capirono nn' 'mato tubo. Mi chiamarono domandandomi che volevo dire. Esattamente quello che ho detto, né una virgola in più né una virgola in meno. Ma non si capisce niente? Ma che volete farci, mica son togato come voi, io povero ragioniere sono (naturalmente non era vero).



Ecco perché adesso a REGALPETRA LIBERA faccio qualche volta l'oscuro. Ora forse solo ioci causa. I vecchi vivono solo di rimembranze. Ed ecco perché sono stato esagerato nel nostro primo scontro. Ma Lei è persona degnissima e non se l'è presa più di tanto.


Con comprovata (spero) stima


Calogero Taverna

Pubblicato da Lillo Taverna alle 14:11 Nessun commento:
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NIENTE TARSU 2006.... SONO TUTTI ATTI NULLI IN RADICE DELL'UFFICIO TRIBUTI DI RACALMUTO

Cari compaesani,

vi stanno prendendo per i fondelli e mi sembrate felici di farvi fuorviare.
Se fossi cattolico, se fossi credente, se pensassi che davvero era ispirato dallo spirito santo un certo giovanni quando scrisse l’apocalisse griderei: la fine del mondo è vicina.
Girano falsi profeti e tutti lì proni pronti a plaudire.

Entro in un’aula sorda e grigia, quella di lu Cannuni; con mia somma meraviglia noto che un accesso alla torre di tramontana si praticava attraverso un arco che ho ora imparato in una gita in Toscana essere né a tutto sesto né a sesto acuto né semi circolare ma semplicemente a foggia ARABA.
Come mai? Hanno speso miliardi e nulla mi dicono (forse mi è sfuggito).
Vedo avvicendarsi bravi avvocati e tecnici che però non si riesce in fondo a sentire.
Stendono insulse bandiere nella cappella carrettesca dall’acustica meravigliosa e vogliono fare sale di riunioni in quel rimaneggiamento di sale sovrapposte e dalle mura aggiranti che impediscono ogni corretta propagazione del suono.
Si sa, codesti splendidi manieri carretteschi (i Chiaramonte mi dovranno spiegare cosa c’entrano) sono consegnate a mani pittoriche il cui grado culturale e conoscitivo è quello che è e magari in duplicazione di incarichi incompatibili. Sentissero almeno quelli che qualcosa sanno, non per altro per ricerche trentennali.

Meno male che all’ultimo momento si è evitata una incetta di incarichi avvocateschi quasi malversatorie in locali di pubblica appartenenza. Trasformare il castello in recapito di falsi profeti a caccia di deleghe legali oltretutto in zona non di competenza, oh! che bella idea. Chi ci guadagna?

Diciamo che già non si comprende che l’autotutela è l’atto della pubblica amministrazione, nessuno può congegnare privatamente un atto amministrativo di pubblica attribuzione.
Il privato quando si accorge di avere sbagliato nei confronti della pubblica amministrazione tenta semmai di conseguire un beneficio per ravvedimento operoso. Solo la pubblica amministrazione può sbilanciarsi in un atteggiamento di autotutela aggirando la doverosità costituzionale dell’andare sino in fondo quando ha adottato un provvedimento.
Si disse e in un certo qual senso si codificò che anche la pubblica amministrazione può sbagliare – essendo fatta di uomini – e quindi per evitare più gravi danni all’erario può ravvedersi, fermare, revocare un provvedimento illegittimo o abnorme.

Qui in questa pretesa riesumazione di TARSU dovuta per il 2006 le illegittimità trasudano da tutti i pori come credo di avere ampiamente dimostrato in tanti post qui pubblicati. E non ho voglia di ripetermi.

A fronte di atti NULLI in radice l’ente sovraordinato – nel nostro caso solo e soltanto l’ufficio TRIBUTI del Comune di Racalmuto affidato alla totale responsabilità di un dirigente con tutte le prerogative della legge Bassanini – ha l’irrefutabile dovere di AUTOTUTELARSI dichiarando nulle tutte queste migliaia di pseudo ACCERTAMENTI per TARSU che si vuole evasa senza alcuna doverosa verifica. L’ho già illustrato e non mi ripeto.

Non si è più nominato il DIFENSORE CIVICO per stoltezza politica: a quanto sopra doveva sopperire il DIFENSORE CIVICO (sempreché all’altezza). Allora che provvedano le associazioni e gli organi di stampa responsabili e seri a a supplire all’opera del mancante difensore civico e si facciano portatori di istanze di giustizia e di correttezza amministrativa presso questi nostri ultra titolati COMMISSARI.
Si congegni ben bene codesta petizione. Si mandino al diavolo i falsi profeti, vengano pure da Palermo.
Quanti ex altissimi funzionari fiscali ispettivi togati ci stiamo a Racalmuto?
Se ne chieda la collaborazione. I commissari a dir poco ne dovrebbero tenere conto, pena disastrose responsabilità per omissione di atti dovuti.
Pubblicato da Lillo Taverna alle 13:48 Nessun commento:
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I misteri del SEICENTO racalmutese

Calogero Taverna ha aggiunto 4 foto.
Riporto qui di seguito le foto dell'intero documento del Bonincontro, vescovo di Girgenti, che nel 1608 s'induce a dividere la Terra RACALMUTI in due parrocchie, forzando il codice canonico. Perché l'abbia fatto resta un mistero. Forse il fatto che un parroco è il fratello di Pietro d'Asaro e l'altro il figlio illegittimo di Giovanni del Carretto può essere chiave di lettura plausibile. Fino a quando qualche storico più fortunato di me non trova documenti esplicativi, tutto rimane a livello di congettura. Comunque questo ed altri documenti della curia agrigentina dissolvono tante tesi del Tinebra e quindi di Sciascia.
Riporto qui di seguito le foto dell'intero documento del Bonincontro, vescovo di Girgenti, che nel 1608 s'induce a dividere la Terra RACALMUTI in due parrocchie, forzando il codice canonico. Perché l'abbia fatto resta un mistero. Forse il fatto che un parroco è il fratello di Pietro d'Asaro e l'altro il figlio illegittimo di Giovanni del Carretto può essere chiave di lettura plausibile. Fino a quando qualche storico più fortunato di me non trova documenti esplicativi, tutto rimane a livello di congettura. Comunque questo ed altri documenti della curia agrigentina dissolvono tante tesi del Tinebra e quindi di Sciascia.
Riporto qui di seguito le foto dell'intero documento del Bonincontro, vescovo di Girgenti, che nel 1608 s'induce a dividere la Terra RACALMUTI in due parrocchie, forzando il codice canonico. Perché l'abbia fatto resta un mistero. Forse il fatto che un parroco è il fratello di Pietro d'Asaro e l'altro il figlio illegittimo di Giovanni del Carretto può essere chiave di lettura plausibile. Fino a quando qualche storico più fortunato di me non trova documenti esplicativi, tutto rimane a livello di congettura. Comunque questo ed altri documenti della curia agrigentina dissolvono tante tesi del Tinebra e quindi di Sciascia.
Riporto qui di seguito le foto dell'intero documento del Bonincontro, vescovo di Girgenti, che nel 1608 s'induce a dividere la Terra RACALMUTI in due parrocchie, forzando il codice canonico. Perché l'abbia fatto resta un mistero. Forse il fatto che un parroco è il fratello di Pietro d'Asaro e l'altro il figlio illegittimo di Giovanni del Carretto può essere chiave di lettura plausibile. Fino a quando qualche storico più fortunato di me non trova documenti esplicativi, tutto rimane a livello di congettura. Comunque questo ed altri documenti della curia agrigentina dissolvono tante tesi del Tinebra e quindi di Sciascia.
Riporto qui di seguito le foto dell'intero documento del Bonincontro, vescovo di Girgenti, che nel 1608 s'induce a dividere la Terra RACALMUTI in due parrocchie, forzando il codice canonico. Perché l'abbia fatto resta un mistero. Forse il fatto che un parroco è il fratello di Pietro d'Asaro e l'altro il figlio illegittimo di Giovanni del Carretto può essere chiave di lettura plausibile. Fino a quando qualche storico più fortunato di me non trova documenti esplicativi, tutto rimane a livello di congettura. Comunque questo ed altri documenti della curia agrigentina dissolvono tante tesi del Tinebra e quindi di Sciascia.
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Continua la trascrizione del documento divisorio di Racalmuto del 1608 ad opera del vescovo BONINCONTRO



Comincia la Parrocchia di San Giuliano dalla chiesa ovverossia dal convento dei frati carmelitani sita e posta nella parte di mezzogiorno della detta terra e in luogo disabitato distante dall’abitato di detta terra un lancio di pietra e proseguendo sino alla fonte o come volgarmente si dice fontana o biviratura sita e posta dalla parte di Aquilone ove terminano le abitazioni di detta terra.

 

arimenti nello stesso modo procede la parrocchia dell’Annunciazione per la parte che resta della terra dello Carmino alla Fontana; per la parte di levante  resta  per la parrocchia di San Giuliano e tutto…..
Pubblicato da Lillo Taverna alle 00:32 Nessun commento:
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venerdì 18 gennaio 2013

Dello zafferano giallo di Racalmuto ne parla STRABONE in epoca augustea.

domenica 13 gennaio 2013

lo ZAFFERANO GIALLO RACALMUTESE

Questo è lo zaffereno giallo che fiorisce in autunno nelle nostre plaghe racalmutesi, specie nei territori ove più accentuata è la presenza zolfifera. Io l'ho trovato sotto la grotta di Fra Diego e l'ho anche filmato nella trasmissione di una decina di anni fa di Studio 98 dal titolo LE PARROCCHIE DI REGALPETRA.
Lo ZAFFERANO GIALLO ha ben tre grandi doti, innanzitutto i suoi pistilli essiccati al sole producono quel condimento raffinato a tutti noto e molto remunerativo sul mercato. Poi la coltivazione dei bulbi è molto lucrosa ed ha facili sbocchi di mercato. Terzo: la sua caratteristica cromatica dovuta alla presenza dello zolfo nel sottosuolo lo rende spettacolare e peculiare aggiungendo pregio al pregio per la sua collocazione sul mercato. Motivi questi che consentono provvidenze comunitarie e nazionali di grande momento.
Non mi si dica che questo è fiore raro da preservare nascondendone la conoscenza per evitare razzie e scarso rispetto per la natura.
Premetto che è la natura è stata creata da chi si vuole per essere a disposizione dell'uomo, questo che o figlio di Dio o assurto al vertice della scala dell'evoluzione delle specie possiede superiorità intellettuali che altri essere viventi non hanno. Ma, quando ho scoperto in STRABONE che la coltura dello zafferano era al terzo posto nelle nostre terre al tempo della Roma augustea, ho provato fastidio per i fanatismi di cosiddetti ambientalisti. La ricerca di risorse naturali a Racalmuto si rende sempre più impellemte proprio a causa della crisi economica e lavorativa di questi giorni. Se vogliamo salvare Racalmuto, dobbiamo creare occasioni di lavoro specializzato e quello della cultura dello zaffereno è una occasione d'oro. Pensiamoci, consultiamoci ed agiamo. Racalmuto lo merita.
Pubblicato da Lillo Taverna alle 23:40 Nessun commento:
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Invito alla salvezza... Si autotuteli il COMUNE, ammetta la nullità dei suoi ACCERTAMENTI degli arretrati al 2006 della TARSU


Cari compaesani,

vi stanno prendendo per i fondelli e mi sembrate felici di farvi fuorviare.
Se fossi cattolico, se fossi credente, se pensassi che davvero era ispirato dallo spirito santo un certo giovanni quando scrisse l’apocalisse griderei: la fine del mondo è vicina.

Girano falsi profeti e tutti lì proni pronti a plaudire.

Entro in un’aula sorda e grigia, quella di lu Cannuni; con mia somma meraviglia noto che un accesso alla torre di tramontana si praticava attraverso un arco che ho ora imparato in una gita in Toscana essere né a tutto sesto né a sesto acuto né semi circolare ma semplicemente a foggia ARABA.

Come mai? Hanno speso miliardi e nulla mi dicono (forse mi è sfuggito).

 Vedo avvicendarsi bravi avvocati e tecnici che però non si riesce in fondo a sentire.

 Stendono insulse bandiere nella cappella carrettesca dall’acustica meravigliosa e vogliono fare sale di riunioni in quel rimaneggiamento di sale sovrapposte e dalle mura aggiranti che impediscono ogni corretta propagazione del suono.

Si sa, codesti splendidi manieri carretteschi (i Chiaramonte mi dovranno spiegare cosa c’entrano) sono consegnate a mani pittoriche il cui grado culturale e conoscitivo è quello che è e magari in duplicazione di incarichi incompatibili. Sentissero almeno quelli che qualcosa sanno, non per altro per ricerche trentennali.

Meno male che all’ultimo momento si è evitata una incetta di incarichi avvocateschi quasi malversatorie in locali di pubblica appartenenza. Trasformare il castello in recapito di falsi profeti a caccia di deleghe legali oltretutto in zona non di competenza, oh! che bella idea. Chi ci guadagna?

Diciamo che già non si comprende che l’autotutela è l’atto della pubblica amministrazione, nessuno può congegnare privatamente un atto amministrativo di pubblica attribuzione.

Il privato quando si accorge di avere sbagliato nei confronti della pubblica amministrazione tenta semmai di conseguire un beneficio per ravvedimento operoso. Solo la pubblica amministrazione può sbilanciarsi in un atteggiamento di autotutela aggirando la doverosità costituzionale dell’andare sino in fondo quando ha adottato un provvedimento.

Si disse e in un certo qual senso si codificò che anche la pubblica amministrazione può sbagliare – essendo fatta di uomini – e quindi per evitare più gravi danni all’erario può ravvedersi, fermare, revocare un provvedimento illegittimo o abnorme.

Qui in questa pretesa riesumazione di TARSU dovuta per il 2006 le illegittimità trasudano da tutti i pori come credo di avere ampiamente dimostrato in tanti post qui pubblicati. E non ho voglia di ripetermi.

A fronte di atti NULLI in radice l’ente sovraordinato – nel nostro caso solo e soltanto l’ufficio TRIBUTI del Comune di Racalmuto affidato alla totale responsabilità di un dirigente con tutte le prerogative della legge Bassanini – ha l’irrefutabile dovere di AUTOTUTELARSI dichiarando nulle tutte queste migliaia di pseudo ACCERTAMNTi per TARSU che si vuole evasa  senza alcuna doverosa verifica. L’ho già illustrato e non mi ripeto.

Non si è più nominato il DIFENSORE CIVICO per stoltezza politica: a quanto sopra doveva sopperire il DIFENSORE CIVICO (sempreché all’altezza). Allora che provvedano le associazioni e gli organi di stampa responsabili e seri a a supplire all’opera del mancante difensore civico e si facciano portatori di istanze di giustizia e di correttezza amministrativa presso questi nostri ultra titolati COMMISSARI.

 Si congegni ben bene codesta petizione. Si mandino al diavolo i falsi profeti, vengano pure da Palermo.

Quanti ex altissimi funzionari fiscali ispettivi togati ci stiamo a Racalmuto?

Se ne chieda la collaborazione. I commissari a dir poco ne dovrebbero tenere conto, pena disastrose responsabilità per omissione di atti dovuti.
Pubblicato da Lillo Taverna alle 23:19 Nessun commento:
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A futura memoria ...... per mia personale giustizia: So perchè lo so e sanno purtroppo che so.


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Perché pubblico questo scambio di post tra due intelligenze opposte, credo anche tra due miscredenze antitetiche, tra due linguaggi astrusi ed intelletualistici un po' senza costrutto molto per celie di spiriti irrequieti, per ironie che i benpensanti non apprezzano. Sia io sia questo misterioso Vittorio Arfinengo   in una cosa siamo totalmente simili: entrambi pensiamo che l'unica lingua nobile seria e quella delle astruserie sfottenti, è l'umica griglia che ci salva dall'essere capiti dagli imbecilli che è come dire essere o altrettanto cretini o dire adeguate imebecillità. Orgoglio? Tanto. Cumunque il mio dire è a futura memoria, perché la memoria è proprio futuro: il presente non si ricorda, il passato viene mistificato per effetto di ciò che si chiama incomunicabilità: filosofia moderna ma filosofia per alti ingegni da Camus a Sartre. A confronto Sciascia si riduce a gnomo. Se mi succede quello che temo che mi succederà, ho già qui scritto il mio ammonimento. 
Vittorio Arfinengo
20 ore fa ·
  • IL MERCATO VIVE SEMPRE UN MOMENTO CHE CAMBIERA' L'EPOCA:

    - Democraticamente antidemocratici, sfruttati da democratici, diplomaticamente dittatori di mercati oppurtuni per far vivere l'opportunita' democratica! Hasta la democraçia, siempre. -
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    • A 3 persone piace questo elemento.
    • Calogero Taverna Pirotecniche girandole dei contrari ammalianti. La verità? banale. I mercati non tollerano dittarori: orde di speculatori aggrediscono; banche centrali avvalendosi di controspeculatori contrattaccano; un parco buoi abbocca ... il capitalismo finanziario prospera e noi con loro. Forse non lo sappiamo, ma questo è il bello della democrazia .. ci permettono persino di non sapere e persino di pontificare..
      18 ore fa · Mi piace · 1
    • Vittorio Arfinengo @Calogero = 2009 da l'Espresso: oggi dove siamo arrivati...punto a capo!?

      - Profitti in nome di Maometto: la finanza islamica cresce del 10% l'anno, con le rigorose visioni religiose che la rendono singolarmente il plurale dell'evoluzione nel centro e
      conomico dell'Europa Londra. E in Italia ha un valore potenziale di 4,5 miliardi, sono passati 3 anni....a che punto siamo!? Londra ha aperto le porte valutando una nuova gestione economica ed un controllo democraticamente antidemocratico di "FAMIGERATI TERRORISTI E DI AZIONI DERIVANTI", il resto dell'Europa vedi Francia ha bocciato il progetto in Parlamento....Differenza dell'evoluzione tra i veri cittadini del mondo ed i cittadini di Paeselli. -
      8 ore fa · Mi piace
    • Calogero Taverna Forse pochi sanno che l'immane finanza cinese passa oggi per Dubai per le "trabsazioni invisibili" dell'approvvigionamento petrolifero extra contingentamento imposto dalle lobbie americane di religione che non voglio precisare. Troppi "suicidi" in Italia di legali impiccioni. Le inchieste se le arroga il ministero degli esteri che impedisce persino alla nostra Benemerita di fare gli accessi di competenza. Come lo so? Lo so! Povero me ora sanno che so. Leggere il mio LA DONNA DEL MOSSAD per avere lumi. Se verrò suicidato, pazienza ho già vissuto a lungo. L'ho fatta franca con Sindona. Si sappia però sin d'ora e tramite questa rubrica di superiore intelligenza, cose quasi da iperuranio, che non ho alcuna voglia né intenzione di "suicidarmi". E credo questa bacheca aperta anche là dove "si puote".
      36 minuti fa · Mi piace
Pubblicato da Lillo Taverna alle 22:22 Nessun commento:
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