Ieri mi sono vietato di intromettermi in quel tuo proiettare
arcane foto di arcane donne. Mi sono domandato perché una donna – che non ho mai
vista ma che mi raffiguro bellissima – celia con immagini vagamene saffiche? Mi mostrò al mio primo incontro una elfide gotica
guglia svettante da un dannunziano lavacro ignuda e monda; ora la riveste di
fiori a primavera e ne oscura il volto quasi
perversa Botticelli. E tutto poi deteriora coll’inceppato dire di chissà chi,
che altro che Saffo scivola nolente in
ambiguità espressive da angiporto.
Per portare la stizza all’ira infuocata quale penso sai accendere,
di prima mattina, ricorro alle mie insolenze verbali, dopo molteplici ore aduse
a dire che il papa è nudo, che il suo pauperismo da America latina è solo
folklore in terre opulente quali anche l’Italia; e se, avendo un solo polmone, null’altro sa
comunicare se non biascicar preghiere: un pater un ave e gloria come dopo
infantile confessione quando ci pentivamo in ginocchio da un prete che
lascivamente ci accarezzava il nostro volto ancora angelico il nostro aver peccato
per una innocua bugia, è solo ombra passeggera per occultare gli assetti de
septimo all’IOR.
E visto che non uomo del profondo Sud, ma isolano, ma di
Racalmuto provincia di Agrigento, ma mediterraneo di mare, il mare davvero
africano, riesco talora a fare stizzire una ammaliante vichinga della
godereccia Cento, Nord per Nord, meglio Zanzotto con la poesia:
Nella casa illustre di scolpiti
avori, di stemmi preziosi,
di foglie e fiori di vetro,
un giullare canta lungo
i pallidi conviti
la lode delle mense
su cui di rosee nevi i vasi
gemono colmi,
brilla l’aroma dell’arancio,
il pingue cibo i calici arricchisce.
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Ma i commensali, raccolti
I nobili dolori nel cuore,
per le mirabili trifore
guardano il lontano azzurro
e l’oro dei capelli
consuma le loro sembianze
e gli occhi
in cui sporge la
perla
e le rosse labbra di
figura.
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Braci e spine premono intorno,
le candele
alzano mura di marmo,
sotto le mense
muto splendido cane è la morte.
Mi sono sbilanciato nel mio solito modo di scrivere. Non è
che se voglio non sappia scrivere “semplice”; il guaio è che non voglio, non ci
provo gusto. Perché? L’ho scritto nel presentare
un mio blog. All’inizio – dopo la sparata introduttiva – ho diramato alcuni
post scritti da cristiano. L’ascolto rado e disincantato. Mi sono allora
sbizzarrito e – con mia somma sorpresa – mi vedo seguito da tanti e addirittura
in una quindicina di Stati. Tolta la solita Italia, i soliti Stati Uniti e quindi
Germania ed Inghilterra, mi vedo sbirciato nella Federazione Russa ed in
Turchia, in Grecia e in Spagna, nella Corea del Sud e dopo in Panama, Argentina,
Brasile ed anche in Ucraina, Macedonia, Romania, Olanda ed altre nazioni
ancora. Perché? Non parlo di sesso,
parlo spesso delle mie baruffe chiazzotte con i miei paesani di Racalmuto. Ho
un epistolario con un ergastolano ostativo: cose che non interessano all’estero.
La mia autobiografia non interessa a nessuno. Le mie vicende erotiche sono inesistenti. Solo
che sono stato fatto partecipe di tragici segreti di STATI (sic Stati) quando
facevo l’ispettore BI ed ora quando steccano con il mio dire “desueto” (per due
volte mi sono sentito dare dell’ AULICO, che è però termine improprio) un po’ li ammonisco
e siccome sono SERVIZI SEGRETI – non per nulla il mio romanzo si intitola: La
Donna del Mossad – se ne stanno nascosti nei più disparati angoli del mondo. Empiti
di satiriasi senile i miei? Me lo auguro. Lor signori amano tanto suicidare.
Ultimo caso: la morte di David Rossi del MPS.
Oggi l’Italia è distratta dal bancomat di papa Cicciu. Data
la incultura nazionale basta poco. Mi sforzo nel mio piccolissimo di spingere
qualche anima bella di FB a non bistrattare troppo questa nostra meravigliosa
lingua che non la si può abbassare e svilire con quei segnacci indecifrabili.
La nostra è lingua colta perché l’Italia è terra di millenaria altissima
selettiva cultura. La intelligenza ce l’abbiamo tutti nel nostro DNA, lo studio
purtroppo latita. Ed un “p0verello” argentino finisce con l’incantarci più di
quei tanghi peccaminosi che mi mettono in satiriasi anche .. senile.
Quanto alla pazzia, io faccio ricorso ad una commedia del
mio conterraneo (con DNA stranissimo dimostrano certi recentissimi studi di
specialisti) Luigi Pirandello. La commedia ha uno strano personaggio, LAUDISI:
Questi si mette davanti allo specchio ad altezza d’uomo. Gli punta un dito e
gli rimprovera: Io dico che il pazzo sei tu, e tu mi rispondi che il pazzo sono
io. Vedi costoro, ignari della pazzia che è in loro vanno alla ricerca della
pazzia che sta negli altri. … E il mare può
essere un catino se non e scorgi i limiti.
Questo leggevo e succhiavo a quindici anni. E avevo anche la
presunzione i averlo capito. Quindi a mia giustificazione ripeto qui l’escatollo
nell’esordio del mio CONTRA OMNIA RACALMUTO
Una cosa è
certa: non piacerò giammai a Michel Montaigne. Dicono che Montaigne disse: il
linguaggio che mi piace è un linguaggio semplice e spontaneo, tale sulla carta
quale sulle labbra.
Pasolini
infilzò un giovane Sciascia con una figura retorica: ipotassi. Sciascia ne fu
stizzito ma per amore della gloria s’inchinò.
Tutti dicono che divennero amici per la
pelle. Non ci credo .. non foss’altro per diversità di gusti sessuali.
Anche alla Maraini, a
Racalmuto ,volevano estorcere un atto di grande empatia con lo scorbutico
siculo. Maraini fu abile e glissò. Fresca era nella memoria di tanti l’isterica
aggressione della nobile di Sicilia per una faccenda di matriarcato, qui da
noi: cosa verissima ma che sovvertiva ossificati giudizi sul nostro essere
maschi imperiosi.
Non sono
ipotattico, sono peggio. Reduce dagli sberleffi dell’altro ieri per il mio modo
di scrivere, debbo rammentare chi nel darmi del “desueto” e dell’ “antiquato”
si proclamava Racalmutese fiero. Qualche altro, anonimamente, prima invocava
l’’albatro, che poteva significare anche corbezzolo, quell’arbusto circondante
il giardino dei sogni erotici di Sciascia per visionarie traspunzioni dal
lubrico Tiziano alle nude e pingui ericine danzanti oltre la siepe della Noce,
avanti il maniero di un Matrona al maschile, ma troppo maschile, e poi vittima
di autoschediasmi avrebbe avuto l’ardire di insegnarmi le leggi dell’assennato
pensare.
Comico, solo
comico, un mancato pastore mi rimproverava velleitarismi attingenti a spocchie
della Crusca. Parla comu ti nzignà to pà e to mà: dialettale
imperio di un anonimo senza acume.
Io non ho
voglia di piacere a Montaigne: mi piace la contorsione, l’ellissi, la
prolissità, l’iperbole, il desueto, meglio il vetusto, il cacofonico, l’imo
della volgarità, nominare apertis verbis parti infami che Dio creò in
libertà e preti coprirono di vegogna, e se una copula invereconda mi attrae a
dispiegamento di un mio uzzolo, di una mia allegoria, di un mio sogno represso,
perché obnubilarla? Divengo pornograficamente esplicito, con l’accortezza di
dirlo in qualche mio oscuro libro, chissà in qualche romanzetto dal giallognolo
titolo come La Donna del Mossad.
Approdo al
teologo in braghe, Vito di nome, cognominato Mancuso, per convivere con
Siracide (consulto in fretta e furia wikipedia: Il Libro del Siracide (greco
Σοφία Σειράχ, sofía seirách , "sapienza di Sirach"; latino Siracides)
o più raramente Ecclesiastico (da non confondere con l'Ecclesiaste o Qoelet) è
un testo contenuto nella Bibbia cristiana (Settanta e Vulgata) ma non accolto
nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è
considerato ispirato nella tradizione cattolica e ortodossa, (mentre la
tradizione protestante lo considera apocrifo.) e salmodiare:
La fornace
prova gli oggetti del vasaio
La prova
dell’uomo si ha nella conversazione.
Il frutto
dimostra come è coltivato l’albero,
così la parola
rivela il sentimento dell’uomo.
Non lodare un
uomo prima che abbia parlato,
poiché questa è
la prova degli uomini.
Per celia dico
sussurro e ammicco: sono un eretico: Impossibile a nulla credendo. Se fossi
Scalfari mi dichiarerei “laico non credente” e persino il signor arcivescovo di
Giorgenti mi darebbe udienza. Anch’io come Scalfari salii scale lapidee in quel
di Giorgenti, non volli piegarmi dinanzi a un’ostia esposta che ipostatizzava
tutto intero Jehovah: Il padre di Tanu subito si genuflesse, seguì lungo lungo
l’evanescente presidente del circolo unione, padre Puma dovette. Di là un
vescovo rubeo non ebbe sussiego: finì a schifiu.
Eretico io? No,
solo dadaista (non nel senso di dar plauso ad un vaso per piscio, ma come dire
“vi sommergeremo in un mare di ridicolo”). E negletta la lingua gesticolare dei
padri, arraffo in ALSO SPRACH ZARARHUSTRA. Naturalmente ignoro il tedesco.
Naturalmente
orde di erinni di religiosa fattura mi azzannano: signorine in sacrestia,
maritate all’anagrafe fraintendono e mi latrano con riservato messaggio: Come
osi? Bestemmi lo spirito santo, il soffiatore fecondo della vergine maria? E
già, sì. Ma non perché ami la giustizia solo perché rispetto i parti delle
vergini in capillis.
Quando son
umile, rarissimamente, canto con Omero i versi dei vecchioni che dicono di
essere ormai solo frivoli uccellini (non i riddilii di Totò) che sulle cime
degli alberi cinguettano saggezza vetusta, dopo scarnificanti aggressività
dell’età che si dice matura. Ma di ciò in altro tempo. Spero nel mio blog,
tutto mio, senza censori, senza censure.