Permettimi una battutaccia:se scrivere un bel libro significa scrivere un ibro per ebeti e da ebeti, io quel lbron on lo scriverò mai. Dico e ripeto: a me di farmi capire dagli imbecilli non va proprio. Ovviamente dico questo ad uno che considero uomo e medico di altissimo ingegno. Ma poi mi dovrei un po' offendere perché di libri su Racalmuto ne ho già scritto due e dicono che suvvia! non sono malaccio, anche sotto il profilo della eleganza espositiva. C'è molto latino, questo è vero, ma come si fa a parlare della storia della chiesa racalmutese senza parlare talora latino. Oltretutto il canonico Mantione fu un latinista coi fiocchi. L'arciprete Tirone non scherzava e gli teneva testa il notaio Savatteri. Perché oltretutto la grandissima intelighentia di Racalmuto si è formata nel seminario vescovile di Agrigento ove ad esempio ai miei tempi insegnava il canonico Vaianella, un gigante in latino e greco pur basso di statura E ciò con buona pace per Sciascia che ci attaccò a noi tutti ex seminaristi ma lui il latino non lo sapeva, in questo era mogliedipendente e la signora di latino ne sapeva e tanto. Mi dispiace, ma la storia della matrice di Racalmuto è per spiriti eletti. Vi ho passato ex professo 30 anni a studiarla e alla fine mi ritrovo al punto di prima perché tutta la storia mondiale, nazionale e siciliana vi passa e c'è proprio da perdersi. Post scriptum: non ho mancato di fornire a padre Puma, mio fraterno e affettuosissimo amico dal 10 ottobre del 1045 sino alla sua morte, ben 300 cartelle dattiloscritte sulla storia della Ecclesia terrae Raclmuti. Glielo ho date naturalmente come appunti e naturalmente ne ho copia e molta roba l'ho pubblicata almeno una ventina di anni fa. Padre Puma non ne fece nulla per ragioni sue. Restò l'incartamento tra le sue cose lasciate senza testamento. Qualche ragazzuolo se ne impossessò; ne pubblica stralci a nome suo e talune pagine - peraltro scritte divinamente - me le trovo in libri firmati e registrati addirittura come se fossero ispirate dal defunto Nalbone, che non posso ovviamente chiamare in un processo di plagio che prima o poi intenterò
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sabato 2 novembre 2013
Permettimi una battutaccia:se scrivere un bel libro significa scrivere un ibro per ebeti e da ebeti, io quel lbron on lo scriverò mai. Dico e ripeto: a me di farmi capire dagli imbecilli non va proprio. Ovviamente dico questo ad uno che considero uomo e medico di altissimo ingegno. Ma poi mi dovrei un po' offendere perché di libri su Racalmuto ne ho già scritto due e dicono che suvvia! non sono malaccio, anche sotto il profilo della eleganza espositiva. C'è molto latino, questo è vero, ma come si fa a parlare della storia della chiesa racalmutese senza parlare talora latino. Oltretutto il canonico Mantione fu un latinista coi fiocchi. L'arciprete Tirone non scherzava e gli teneva testa il notaio Savatteri. Perché oltretutto la grandissima intelighentia di Racalmuto si è formata nel seminario vescovile di Agrigento ove ad esempio ai miei tempi insegnava il canonico Vaianella, un gigante in latino e greco pur basso di statura E ciò con buona pace per Sciascia che ci attaccò a noi tutti ex seminaristi ma lui il latino non lo sapeva, in questo era mogliedipendente e la signora di latino ne sapeva e tanto. Mi dispiace, ma la storia della matrice di Racalmuto è per spiriti eletti. Vi ho passato ex professo 30 anni a studiarla e alla fine mi ritrovo al punto di prima perché tutta la storia mondiale, nazionale e siciliana vi passa e c'è proprio da perdersi. Post scriptum: non ho mancato di fornire a padre Puma, mio fraterno e affettuosissimo amico dal 10 ottobre del 1045 sino alla sua morte, ben 300 cartelle dattiloscritte sulla storia della Ecclesia terrae Raclmuti. Glielo ho date naturalmente come appunti e naturalmente ne ho copia e molta roba l'ho pubblicata almeno una ventina di anni fa. Padre Puma non ne fece nulla per ragioni sue. Restò l'incartamento tra le sue cose lasciate senza testamento. Qualche ragazzuolo se ne impossessò; ne pubblica stralci a nome suo e talune pagine - peraltro scritte divinamente - me le trovo in libri firmati e registrati addirittura come se fossero ispirate dal defunto Nalbone, che non posso ovviamente chiamare in un processo di plagio che prima o poi intenterò
In difesa della Cancelieri
Calogero
Taverna A QUESTO PUNTO CREDO CHE DEBBA GIUSTIFICARMI: Perché MI STO
PRENDENDO LA BRIGA DI DIFENDERE IL BUON NOME DELLA CANCELLIERI. QUANTI
POTREBBERO SUBITO RINFACCIAMI CIò CHE IMPUDENTEMENTE E CON IL MIO STILE ROCOCò
HO SPARATO CONTRO LA MINISTRA CANCELIERI. NON RINNEGO NULLA ED ANCORA RIDO per
il mio invito a non fare pipì al Circolo Unione al fine di evitare di inquinare
l'acqua della Fontana di Racalmuto.
Allora si trattava di
provvedimento amministrativo improvvido, oggi si tratta di una campagna tanto
meschina, fatta di invidia, micragnosa quanto soprattutto gratuita. Se il figlio
della Cancellieri prende tutta quella buona uscita (per anzianità convenzionali,
credo) la madre non ci azzecca NULLA. Se la prendano con Berlusconi e Castelli
che nel 2002 fecero quelle due nicodemiche varianti al codice civile. Ne ho
scritto a raffica nel mio blog. Confermo.
Calogero
Taverna Piccola digressione. il dottor Peluso viene cooptato nell'
alta amministrazione di una primaria società di assicurazione quando la madre
non era nessuno (i prefetti distaccati al Viminale sono merce molto
inflazionata).Perché? Nessuno ancora me
l'ha detto. La chiamata escludo che sia avvenuta perché una signora molto apprezzata
sta in quel colle di fronte al teatro lirico di Roma abbia sparato una
raccomandazione nepotista. E' un
incarico per chiamata fiduciaria. Chi e perché uno dei massimi poteri occulti
del mondo assicurativo ha avuto l'uzzolo
di prescegliere, come Gesù per Matteo, questo giovincello che ora tutti
vogliono sprampazzare? Una cosa ho imparato bruciandomi un po' vicino le stanze
del potere: la fiducanon si accorda per assecondare raccomandazioni nepotiste.
Che c'era dietro? Ma quali colpe poteva avere il Peluso? Che peso aveva allora
la Cancellieri? Indagate e troverete il nulla. Ma i signori propalatori della
Casta sanno bene tutto (ci sono onniscienti servizi che i segreti sanno bene
propalare). Allora? Davvero atanodelle grillate per inventare veità
diffamatorie? Io non ci sto.
Calogero
Taverna Seconda digressione: La Cancellieri per la messa in
commissariamento di Racalmuto non ha colpa alcuna. Prefetto, Regione, Triade di
Diomede. antimafia, (non vi voglio mettere Petralia) avevano ben bene cucinato
la nostra comunità. A torto? Lo grido non da oggi. Ma più passa il tempo, qualche
altra cosuccia vengo a sapere ed il mio convincimento scema di giorno in giorno.
L'anciddruzzu nni ja caggia o canta pi gilusia o canta pi raggia. In gabbia
qualcuno c'è stato tanti altri pare che ogm notte si fanno la barba così se la
mattina prestissimo vengono prelevati, la TV li riprendere sciacquati e puliti.
Mi hanno dato del terrorista per questo. Lo spero davvero che questo sia infondato
e deplorevole mio spargere terrore. Del resto che ci guadagnerei a spargere
terrore? diventare sindaco di Racalmuto? No, grazie. Allora ricordiamo tutti
che quelle indagini più o meno poliziesche inondarono di grida ed allarmi
giornali e gracchiati televisioni locali (quella cove stridula
agrigentina ce l’ho ancora nelle orecchie). Anche i COGNATI si misero a
strillare contro i loro pur autorevoli cognati. RICORDATE? Epoi le alate e neo penne giornalistiche
racalmutesi? e i blog, e gli aspiranti sindaco di Racalmuto? Tanto tuonò che
piovve. Colpa della Cancellieri? Ma mi facciano il pìacere!
DEPLORO E STIGMATIZZO .. IO LA CANCELLIERI NON LA CONDANNO
Sia chiaro: io non condivido un bel nulla. Una volta si sarebbe anzi detto: deploro e stigmatizzo. Se quelli che ricevono in confidenza quello che i confidenti ricevono a loro volta in confidenza e vai giù o sù come ti pare fino ad arrivare dove almeno taluni informati sappiamo, attaccano la povera Cancellieri, questa è bella e bruciata. A suo tempo l'avevano idolatrata come miracolo prefettizio fino quasi a volerla presidentessa del Consiglio, ora invece hanno bisogno di mandarla al macero. Apparentemente tutto per una anodina telefonata una di quelle telefonate che un banale ministro riceve a tutte l'ore. Già, ma qui c'era la questione del figlio? Ma già del figlio la raccomandata diceva cose poco carine per avere pagato (prego dovuto pagare) fior di buonuscita. A me, una volta frequentatore dei meandri della finanza bancaria ambrosiana, la Li Gresti appare una "poveretta" giostrata dai grandi "giochi di potere" - questi sì - come pirla (non so se si possa dire pirla) delle grandi manovre del capitale italiano, meglio ambrosiano, che è molto più intrigante; insomma un altro caso di "utile idiota tanto più utile quanto più idiota" come tutto sommato fu don Michele Sindona che manco lo facevano entrare nel consiglio di amministrazione, di cui sulla carta era presidente, quando si dovevano decidere ad esempio le miliardarie operazioni speculative in cambi (del resto don Michele che ne poteva sapere di outright che si chiudevano per modo di dire con swap i cui spot chiudevano gli outright ma i cui foward invece li riaprivano generando perdite spaventose. Allora i magistrati milanesi nulla ne capirono. crucifissero don Michele e lasciarono libero ed indenne un qualcuno che poi divenne a dir di Geronzi padre padrone della mpsiana AV padovana.) Debbo essere sincero: vedo a naso molte analogie tra la fine di don Michele e la carcerazione della figlia del siculo Li Gresti, a parte la defunzione pseudo suicida e per fortuna l'atto di misericordia di una ministra che ad onta di tutti, sia i miei amici di Racalmuto sia i sospetti signori del quotidiano fatto, comincio ad apprezzare. La faccenda Cancellieri però restare un'altra chiassata diversiva. Ma lo sappiamo tutti che ormai, specie con la faccenda Berlusconi che non ci sta a farsi cacciar via dal Senato a voto palese, il governo Letta è già bello e fritto: vanno tutti a casa, telefonata compiacente o meno della Madre di Tanto Peloso. Quanto a Peloso, torno a ribadire, cretino o non cretino, pacta sunt servanda. Certo erano pacta nati e pasciuti per quelle astutissime e sotterranee modifiche di un paio di articoli del codice civile da parte di due, specie allora, astutissimi e Cicero pro domo sua, Berlusconi e Castelli. Ne scrivo, ne riscrivo nei miei blog e non mi va qui di ritornare a spiegare cosa furono sono e mi auguro non saranno le buoneuscite per anzianità convenzionali. Quel che mi fa specie è che mentre per il Peloso si cerca di fare questi gran can can (un po' tartufescamente da certi miei amici paesani) nulla si dice dei confessati 32 milionì di euro in undici mesi per riliquidare un vero boiardo dello Stato bancario ed assicurativo. Forse perché quello certa stampa la foraggia ancora. Quanto a quell'epiteto di LADRA che spunta purtroppo nella mia bacheca, mandai a suo tempo a quel paese un mio paesano questurino con coda applaudente di una visionaria mariana per una "vacca" affibbiata ad una degna e innocua signora e quindi chissà che dovrei dire ora per questo epiteto abilmente non specificato ma sempre a gentile sigora dovrebbe riferirsi. Deploro e sigmatizzo, comuque.
Commemoro i miei morti
In questa vigilia dei morti sono lontano dai miei cari defunti, qui in questa splendida Roma, rinnegato invero dal mio dolce borgo natio. A mille chilometri lontano non so mandare un fiore ai miei cari. Reitero, a ristoro, questo stralcio di lettera, lettera scritta per il mio genetliaco ormai sovrabbondante di anni:
Un paio di volte, un maschio alle prese con un cuore cavo violaceo ed una femmina mi hanno dato del “gran maleducato”. Poveri miei genitori così ingiustamente maltrattati loro che hanno fatto di tutto per far di me un bimbo modello ed un giovinetto pio e devoto, e fino a vent’anni quasi quasi ci riuscivano, ma dopo deviai e in malo modo per voler disattendere dalla buona educazione impartitami da loro, da codesti integerrimi, correttissimi e persino delicati miei genitori.
Ora giacciono entrambi là a Racalmuto a Santa Maria: tra breve li raggiungerò e stavolta non facendo più il figlio “ca iè un shiuri, ca nesci la matina e ssa ‘rricogli a tri uri”. No cara mia genitrice che senza leggere hai scritto alle elementari un tema tanto bello che era l’orgoglio della maestra – quella buona, quella Vinci cattiva, no – e ti faceva girare per tutte le sgangherate aule delle elementari pre-fasciste. No cara mamma, ti giuro che tra breve la mia bara sarà accanto alla tua e non ti lascerò mai più sola, per tutta la restante eternità. E così anche con te caro papà. Quanto eri orgoglioso di me, facevo furore a scuola, entrai senza raccomandazione tra i “segretari in esperimento” della banca d’Italia, e mi ostentavi come un cimelio di guerra al Mutuo Soccorso destando invidia, malevolenza verso di te e dispetto verso d me. Nemo propheta in patria ed io a Racalmuto non son profeta anche per quella ripulsa del Mutuo Soccorso, quello là sempre a lu chianu castieddru. Ma non ti arrabbiare come solevi fare. Tra breve faccio mettere la mia bara tra te e mamma e ripiglieremo quei discorsi senza senso e senza fine, anche questi per tutta l’eternità.
Un paio di volte, un maschio alle prese con un cuore cavo violaceo ed una femmina mi hanno dato del “gran maleducato”. Poveri miei genitori così ingiustamente maltrattati loro che hanno fatto di tutto per far di me un bimbo modello ed un giovinetto pio e devoto, e fino a vent’anni quasi quasi ci riuscivano, ma dopo deviai e in malo modo per voler disattendere dalla buona educazione impartitami da loro, da codesti integerrimi, correttissimi e persino delicati miei genitori.
Ora giacciono entrambi là a Racalmuto a Santa Maria: tra breve li raggiungerò e stavolta non facendo più il figlio “ca iè un shiuri, ca nesci la matina e ssa ‘rricogli a tri uri”. No cara mia genitrice che senza leggere hai scritto alle elementari un tema tanto bello che era l’orgoglio della maestra – quella buona, quella Vinci cattiva, no – e ti faceva girare per tutte le sgangherate aule delle elementari pre-fasciste. No cara mamma, ti giuro che tra breve la mia bara sarà accanto alla tua e non ti lascerò mai più sola, per tutta la restante eternità. E così anche con te caro papà. Quanto eri orgoglioso di me, facevo furore a scuola, entrai senza raccomandazione tra i “segretari in esperimento” della banca d’Italia, e mi ostentavi come un cimelio di guerra al Mutuo Soccorso destando invidia, malevolenza verso di te e dispetto verso d me. Nemo propheta in patria ed io a Racalmuto non son profeta anche per quella ripulsa del Mutuo Soccorso, quello là sempre a lu chianu castieddru. Ma non ti arrabbiare come solevi fare. Tra breve faccio mettere la mia bara tra te e mamma e ripiglieremo quei discorsi senza senso e senza fine, anche questi per tutta l’eternità.
venerdì 1 novembre 2013
Calogero Taverna Ecco un quadro che sinceramente non capisco ... o troppo osceno o troppo casto. Comunque pieno di ambiguità. La forza dell'arte: ti può anche dire quello che pur ti offenderebbe ed invece ti dà lubrico empito.
Calogero
Taverna Ecco un quadro che sinceramente non capisco ... o troppo
osceno o troppo casto. Comunque pieno di ambiguità. La forza dell'arte: ti può
anche dire quello che pur ti offenderebbe ed invece ti dà lubrico empito.
Oriana: c'è poco da capire Calogero.. una famiglia
credo.
Oriana
moglie marito e figliola..io la vedo cosi.. forse perchè sono donna. e comunque
il tipo di pittura è troppo casto per pensare qualcosa che non si vede
affatto.. ovvero che non suscita.
Calogero Taverna Ho cercato di riportare qui lunghi passi del Genesi .. ma non ci sono riuscito. Fortunatamente perché ci poteva essere il rischo che tanti miei amici intelligenti ma sempre dalla fede ardente mi potevano mandare a quel paese. Allora: mi sono convinto il modo strambo di generare da parte di Adamo qui non c'entra. Ha ragione Oriana. Solo idilliaca foto di famiglia. Magari in un eccessivo abbandono languido
La terra popolata
[1]Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet, ai quali
nacquero figli dopo il diluvio.
[2]I figli di Iafet: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubal, Mesech e Tiras.
[3]I figli di Gomer: Askenaz, Rifat e Togarma.
[4]I figli di Iavan: Elisa, Tarsis, quelli di Cipro e quelli di Rodi.
[5]Da costoro derivarono le nazioni disperse per le isole nei loro
territori, ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie,
nelle loro nazioni.
[6]I figli di Cam: Etiopia, Egitto, Put e Canaan.
[7]I figli di Etiopia: Seba, Avìla, Sabta, Raama e Sàbteca.
I figli di Raama: Saba e Dedan.
[8]Ora Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra.
[9]Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: «Come
Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore». [10]L'inizio del suo
regno fu Babele, Uruch, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. [11]Da
quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive, Recobot-Ir e Càlach [12]e
Resen tra Ninive e Càlach; quella è la grande città.
[13]Egitto generò quelli di Lud, Anam, Laab, Naftuch, [14]Patros,
Casluch e Caftor, da dove uscirono i Filistei.
[15]Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet [16]e il Gebuseo,
l'Amorreo, il Gergeseo, [17]l'Eveo, l'Archita e il Sineo, [18]l'Arvadita,
il Semarita e l'Amatita. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei. [19]Il
confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi
in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Zeboim, fino a Lesa. [20]Questi
furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro
territori e nei loro popoli.
[21]Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber, fratello maggiore di Jafet,
nacque una dicendenza.
[22]I figli di Sem: Elam, Assur, Arpacsad, Lud e Aram.
[23]I figli di Aram: Uz, Cul, Gheter e Mas.
[24]Arpacsad generò
Selach e Selach generò Eber. [25]A Eber nacquero due figli: uno si
chiamò Peleg, perché ai suoi tempi fu divisa la terra, e il fratello si
chiamò Joktan.
[26]Joktan generò Almodad, Selef, Ascarmavet, Jerach, [27]Adòcam,
Uzal, Dikla, [28]Obal, Abimaèl, Saba, [29]Ofir, Avìla e Ibab.
Tutti questi furono i figli di Joktan; [30]la loro sede era sulle
montagne dell'oriente, da Mesa in direzione di Sefar.
[31]Questi furono i figli di Sem secondo le loro famiglie e le loro lingue,
territori, secondo i loro popoli.
[32]Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro generazioni,
nei loro popoli. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il
diluvio.
La torre di Babele
[1]Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. [2]Emigrando
dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi
si stabilirono. [3]Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamoci
mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume
da cemento. [4]Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una
torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci
su tutta la terra». [5]Ma il Signore scese a vedere la città e la
torre che gli uomini stavano costruendo. [6]Il Signore disse: «Ecco,
essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio
della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro
impossibile. [7]Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché
non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». [8]Il Signore li
disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. [9]Per
questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta
la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
I patriarchi postdiluviani
[10]Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando generò
Arpacsad, due anni dopo il diluvio; [11]Sem, dopo aver generato
Arpacsad, visse cinquecento anni e generò figli e figlie.
[12]Arpacsad aveva trentacinque anni quando generò Selach; [13]Arpacsad,
dopo aver generato Selach, visse quattrocentotrè anni e generò figli e
figlie.
[14]Selach aveva trent'anni quando generò Eber; [15]Selach, dopo aver
generato Eber, visse quattrocentotrè anni e generò figli e figlie.
[16]Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg; [17]Eber, dopo
aver generato Peleg, visse quattrocentotrenta anni e generò figli e figlie.
[18]Peleg aveva trent'anni quando generò Reu; [19]Peleg, dopo aver
generato Reu, visse duecentonove anni e generò figli e figlie.
[20]Reu aveva trentadue anni quando generò Serug; [21]Reu, dopo aver generato
Serug, visse duecentosette anni e generò figli e figlie.
[22]Serug aveva trent'anni quando generò Nacor; [23]Serug, dopo aver
generato Nacor, visse duecento anni e generò figli e figlie.
[24]Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; [25]Nacor, dopo
aver generato Terach, visse centodiciannove anni e generò figli e figlie.
[26]Terach aveva settant'anni quando generò Abram, Nacor e Aran.
La discendenza di Terach
[27]Questa è la posterità di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran: Aran
generò Lot. [28]Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella
sua terra natale, in Ur dei Caldei. [29]Abram e Nacor si presero delle
mogli; la moglie di Abram si chiamava Sarai e la moglie di Nacor Milca,
ch'era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. [30]Sarai era
sterile e non aveva figli.
[31]Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè
del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con
loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a
Carran e vi si stabilirono.
[32]L'età della vita di Terach fu di duecentocinque anni; Terach morì in
Carran.
II. STORIA DI ABRAMO
Vocazione di Abramo
[1]Il Signore disse ad Abram:
«Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria
e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. [2]Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. [3]Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra».
[4]Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì
Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. [5]Abram
dunque prese la moglie Sarai, e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni
che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate
e si incamminarono verso il paese di Canaan. Arrivarono al paese di Canaan [6]e
Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem, presso la Quercia di
More. Nel paese si trovavano allora i Cananei.
[7]Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò
questo paese». Allora Abram costruì in quel posto un altare al Signore che
gli era apparso. [8]Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e
piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un
altare al Signore e invocò il nome del Signore. [9]Poi Abram levò la
tenda per accamparsi nel Negheb.
Abramo in Egitto
[10]Venne una carestia nel paese e Abram scese in Egitto per soggiornarvi,
perché la carestia gravava sul paese.
[11]Ma, quando fu sul punto di entrare in Egitto, disse alla moglie Sarai:
«Vedi, io so che tu sei donna di aspetto avvenente. [12]Quando gli
Egiziani ti vedranno, penseranno: Costei è sua moglie, e mi uccideranno,
mentre lasceranno te in vita. [13]Dì dunque che tu sei mia sorella,
perché io sia trattato bene per causa tua e io viva per riguardo a te».
[14]Appunto quando Abram arrivò in Egitto, gli Egiziani videro che la donna
era molto avvenente. [15]La osservarono gli ufficiali del faraone e ne
fecero le lodi al faraone; così la donna fu presa e condotta nella casa del
faraone. [16]Per riguardo a lei, egli trattò bene Abram, che ricevette
greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asine e cammelli. [17]Ma
il Signore colpì il faraone e la sua casa con grandi piaghe, per il fatto di
Sarai, moglie di Abram. [18]Allora il faraone convocò Abram e gli
disse: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tua moglie? [19]Perché
hai detto: E' mia sorella, così che io me la sono presa in moglie? E ora
eccoti tua moglie: prendila e vàttene!». [20]Poi il faraone lo affidò
ad alcuni uomini che lo accompagnarono fuori della frontiera insieme con la
moglie e tutti i suoi averi.
Separazione di Abramo e di Lot
[1]Dall'Egitto Abram ritornò nel Negheb con la moglie e tutti i suoi averi;
Lot era con lui. [2]Abram era molto ricco in bestiame, argento e oro. [3]Poi
di accampamento in accampamento egli dal Negheb si portò fino a Betel, fino
al luogo dove era stata gia prima la sua tenda, tra Betel e Ai, [4]al
luogo dell'altare, che aveva là costruito prima: lì Abram invocò il nome del
Signore. [5]Ma anche Lot, che andava con Abram, aveva greggi e armenti
e tende. [6]Il territorio non consentiva che abitassero insieme,
perché avevano beni troppo grandi e non potevano abitare insieme. [7]Per
questo sorse una lite tra i mandriani di Abram e i mandriani di Lot, mentre i
Cananei e i Perizziti abitavano allora nel paese. [8]Abram disse a
Lot: «Non vi sia discordia tra me e te, tra i miei mandriani e i tuoi, perché
noi siamo fratelli. [9]Non sta forse davanti a te tutto il paese?
Sepàrati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra,
io andrò a sinistra».
[10]Allora Lot alzò gli occhi e vide che tutta la valle del Giordano era un
luogo irrigato da ogni parte - prima che il Signore distruggesse Sòdoma e
Gomorra -; era come il giardino del Signore, come il paese d'Egitto, fino ai
pressi di Zoar. [11]Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e
trasportò le tende verso oriente. Così si separarono l'uno dall'altro: [12]Abram
si stabilì nel paese di Canaan e Lot si stabilì nelle città della valle e
piantò le tende vicino a Sòdoma. [13]Ora gli uomini di Sòdoma erano
perversi e peccavano molto contro il Signore.
[14]Allora il Signore disse ad Abram, dopo che Lot si era separato da lui:
«Alza gli occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo sguardo verso il settentrione
e il mezzogiorno, verso l'oriente e l'occidente. [15]Tutto il paese
che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza per sempre. [16]Renderò
la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere
della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. [17]Alzati,
percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te». [18]Poi
Abram si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre,
che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore.
La campagna dei quattro re
[1]Al tempo di Amrafel re di Sennaar, di Arioch re di Ellasar, di
Chedorlaomer re dell'Elam e di Tideal re di Goim, [2]costoro mossero
guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra, Sinab re di Adma,
Semeber re di Zeboim, e contro il re di Bela, cioè Zoar. [3]Tutti
questi si concentrarono nella valle di Siddim, cioè il Mar Morto. [4]Per
dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaomer, ma il tredicesimo
anno si erano ribellati. [5]Nell'anno quattordicesimo arrivarono
Chedorlaomer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaim ad
Astarot-Karnaim, gli Zuzim ad Am, gli Emim a Save-Kiriataim [6]e gli
Hurriti sulle montagne di Seir fino a El-Paran, che è presso il deserto. [7]Poi
mutarono direzione e vennero a En-Mispat, cioè Kades, e devastarono tutto il
territorio degli Amaleciti e anche degli Amorrei che abitavano in
Azazon-Tamar. [8]Allora il re di Sòdoma, il re di Gomorra, il re di Adma,
il re di Zeboim e il re di Bela, cioè Zoar, uscirono e si schierarono a
battaglia nella valle di Siddim contro di esso, [9]e cioè contro
Chedorlaomer re dell'Elam, Tideal re di Goim, Amrafel re di Sennaar e Arioch
re di Ellasar: quattro re contro cinque. [10]Ora la valle di Siddim
era piena di pozzi di bitume; mentre il re di Sòdoma e il re di Gomorra si
davano alla fuga, alcuni caddero nei pozzi e gli altri fuggirono sulle
montagne. [11]Gli invasori presero tutti i beni di Sodoma e Gomorra e
tutti i loro viveri e se ne andarono. [12]Andandosene catturarono
anche Lot, figlio del fratello di Abram, e i suoi beni: egli risiedeva
appunto in Sòdoma.
[13]Ma un fuggiasco venne ad avvertire Abram l'Ebreo che si trovava alle
Querce di Mamre l'Amorreo, fratello di Escol e fratello di Aner i quali erano
alleati di Abram. [14]Quando Abram seppe che il suo parente era stato
preso prigioniero, organizzò i suoi uomini esperti nelle armi, schiavi nati
nella sua casa, in numero di trecentodiciotto, e si diede all'inseguimento
fino a Dan. [15]Piombò sopra di essi di notte, lui con i suoi servi,
li sconfisse e proseguì l'inseguimento fino a Coba, a settentrione di
Damasco. [16]Ricuperò così tutta la roba e anche Lot suo parente, i
suoi beni, con le donne e il popolo.
Melchisedek
[17]Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaomer e dei re
che erano con lui, il re di Sòdoma gli uscì incontro nella Valle di Save,
cioè la Valle del re. [18]Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane
e vino: era sacerdote del Dio altissimo [19]e benedisse Abram con
queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra, [20]e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
Abram gli diede la decima di tutto.
[21]Poi il re di Sòdoma disse ad Abram: «Dammi le persone; i beni prendili
per te». [22]Ma Abram disse al re di Sòdoma: «Alzo la mano davanti al
Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: [23]né un
filo, né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non
potrai dire: io ho arricchito Abram. [24]Per me niente, se non quello
che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono
venuti con me, Escol, Aner e Mamre, essi stessi si prendano la loro parte».
Le promesse e l'alleanza
[1]Dopo tali fatti, questa parola del Signore fu rivolta ad Abram in
visione: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà
molto grande». [2]Rispose Abram: «Mio Signore Dio, che mi darai? Io me
ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco». [3]Soggiunse
Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio
erede». [4]Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non
costui sarà il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». [5]Poi
lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci
a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». [6]Egli
credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. [7]E gli
disse: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti
in possesso questo paese». [8]Rispose: «Signore mio Dio, come potrò
sapere che ne avrò il possesso?». [9]Gli disse: «Prendimi una giovenca
di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un
piccione». [10]Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due
e collocò ogni metà di fronte all'altra; non divise però gli uccelli. [11]Gli
uccelli rapaci calavano su quei cadaveri, ma Abram li scacciava. [12]Mentre
il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco un oscuro
terrore lo assalì. [13]Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i
tuoi discendenti saranno forestieri in un paese non loro; saranno fatti
schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. [14]Ma la nazione
che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi
ricchezze. [15]Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai
sepolto dopo una vecchiaia felice. [16]Alla quarta generazione
torneranno qui, perché l'iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il
colmo».
[17]Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un forno
fumante e una fiaccola ardente passarono in mezzo agli animali divisi. [18]In
quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume
d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate; [19]il paese dove abitano
i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, [20]gli Hittiti, i Perizziti, i
Refaim, [21]gli Amorrei, i Cananei, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei».
Nascita di Ismaele
[1]Sarai, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava
egiziana chiamata Agar, [2]Sarai disse ad Abram: «Ecco, il Signore mi
ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò
avere figli». Abram ascoltò la voce di Sarai. [3]Così, al termine di
dieci anni da quando Abram abitava nel paese di Canaan, Sarai, moglie di
Abram, prese Agar l'egiziana, sua schiava e la diede in moglie ad Abram, suo
marito. [4]Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si
accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei. [5]Allora
Sarai disse ad Abram: «L'offesa a me fatta ricada su di te! Io ti ho dato in
braccio la mia schiava, ma da quando si è accorta d'essere incinta, io non
conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». [6]Abram
disse a Sarai: «Ecco, la tua schiava è in tuo potere: falle ciò che ti pare».
Sarai allora la maltrattò tanto che quella si allontanò. [7]La trovò
l'angelo del Signore presso una sorgente d'acqua nel deserto, la sorgente
sulla strada di Sur, [8]e le disse: «Agar, schiava di Sarai, da dove
vieni e dove vai?». Rispose: «Vado lontano dalla mia padrona Sarai». [9]Le
disse l'angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa».
[10]Le disse ancora l'angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua
discendenza e non si potrà contarla per la sua moltitudine». [11]Soggiunse
poi l'angelo del Signore:
«Ecco, sei incinta:
partorirai un figlio e lo chiamarai Ismaele, perché il Signore ha ascoltato la tua afflizione. [12]Egli sarà come un ònagro; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli».
[13]Agar chiamò il Signore, che le aveva parlato: «Tu sei il Dio della
visione», perché diceva: «Qui dunque sono riuscita ancora a vedere, dopo la
mia visione?». [14]Per questo il pozzo si chiamò Pozzo di Lacai-Roi; è
appunto quello che si trova tra Kades e Bered. [15]Agar partorì ad
Abram un figlio e Abram chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva
partorito. [16]Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli partorì
Ismaele.
L'alleanza e la circoncisione
[1]Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse:
«Io sono Dio onnipotente:
cammina davanti a me e sii integro. [2]Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò numeroso molto, molto». [3]Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: [4]«Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli. [5]Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò. [6]E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te nasceranno dei re. [7]Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. [8]Darò a te e alla tua discendenza dopo di te il paese dove sei straniero, tutto il paese di Canaan in possesso perenne; sarò il vostro Dio».
[9]Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e
la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione. [10]Questa
è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua
discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. [11]Vi
lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno
dell'alleanza tra me e voi. [12]Quando avrà otto giorni, sarà
circonciso tra di voi ogni maschio di generazione in generazione, tanto
quello nato in casa come quello comperato con denaro da qualunque straniero
che non sia della tua stirpe. [13]Deve essere circonciso chi è nato in
casa e chi viene comperato con denaro; così la mia alleanza sussisterà nella
vostra carne come alleanza perenne. [14]Il maschio non circonciso, di
cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del membro, sia eliminato dal suo
popolo: ha violato la mia alleanza».
[15]Dio aggiunse ad Abramo: «Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamerai più
Sarai, ma Sara. [16]Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio;
la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli nasceranno da lei».
[17]Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «Ad uno di
cento anni può nascere un figlio? E Sara all'età di novanta anni potrà
partorire?». [18]Abramo disse a Dio: «Se almeno Ismaele potesse vivere
davanti a te!». [19]E Dio disse: «No, Sara, tua moglie, ti partorirà
un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come
alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. [20]Anche
riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò
fecondo e molto, molto numeroso: dodici principi egli genererà e di lui farò
una grande nazione. [21]Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco, che
Sara ti partorirà a questa data l'anno venturo». [22]Dio terminò così
di parlare con lui e, salendo in alto, lasciò Abramo.
[23]Allora Abramo prese Ismaele suo figlio e tutti i nati nella sua casa e
tutti quelli comperati con il suo denaro, tutti i maschi appartenenti al
personale della casa di Abramo, e circoncise la carne del loro membro in
quello stesso giorno, come Dio gli aveva detto. [24]Ora Abramo aveva
novantanove anni, quando si fece circoncidere la carne del membro. [25]Ismaele
suo figlio aveva tredici anni quando gli fu circoncisa la carne del membro. [26]In
quello stesso giorno furono circoncisi Abramo e Ismaele suo figlio. [27]E
tutti gli uomini della sua casa, i nati in casa e i comperati con denaro
dagli stranieri, furono circoncisi con lui.
L'apparizione di Mamre
[1]Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva
all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. [2]Egli alzò
gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li
vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a
terra, [3]dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi,
non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. [4]Si vada a prendere
un pò di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. [5]Permettete
che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo,
potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro
servo». Quelli dissero: «Fà pure come hai detto». [6]Allora Abramo
andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di
farina, impastala e fanne focacce». [7]All'armento corse lui stesso,
Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò
a prepararlo. [8]Prese latte acido e latte fresco insieme con il
vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in
piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.
[9]Poi gli dissero: «Dov'è Sara, tua moglie?». Rispose: «E' là nella tenda».
[10]Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e
allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare
all'ingresso della tenda ed era dietro di lui. [11]Abramo e Sara erano
vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente
alle donne. [12]Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come
sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». [13]Ma
il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero
partorire, mentre sono vecchia? [14]C'è forse qualche cosa impossibile
per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà
un figlio». [15]Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura;
ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso».
L'intercessione di Abramo
[16]Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall'alto,
mentre Abramo li accompagnava per congedarli. [17]Il Signore diceva:
«Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, [18]mentre
Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno
benedette tutte le nazioni della terra? [19]Infatti io l'ho scelto,
perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare
la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore
realizzi per Abramo quanto gli ha promesso». [20]Disse allora il
Signore: «Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato
è molto grave. [21]Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto
tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
[22]Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo
stava ancora davanti al Signore. [23]Allora Abramo gli si avvicinò e
gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l'empio? [24]Forse vi
sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non
perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? [25]Lungi
da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato
come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà
la giustizia?». [26]Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta
giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la
città».
[27]Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che
sono polvere e cenere... [28]Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno
cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la
distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque». [29]Abramo riprese ancora
a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo
farò, per riguardo a quei quaranta». [30]Riprese: «Non si adiri il mio
Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo
farò, se ve ne troverò trenta». [31]Riprese: «Vedi come ardisco
parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la
distruggerò per riguardo a quei venti». [32]Riprese: «Non si adiri il
mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno
dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». [33]Poi
il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo
ritornò alla sua abitazione.
La distruzione di Sodoma
[1]I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava
seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro
incontro e si prostrò con la faccia a terra. [2]E disse: «Miei
signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete
i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada».
Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». [3]Ma egli
insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò
per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono. [4]Non
si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini della città, cioè gli
abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto
il popolo al completo. [5]Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono
quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi,
perché possiamo abusarne!». [6]Lot uscì verso di loro sulla porta e,
dopo aver chiuso il battente dietro di sé, [7]disse: «No, fratelli
miei, non fate del male! [8]Sentite, io ho due figlie che non hanno
ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che
vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all'ombra
del mio tetto». [9]Ma quelli risposero: «Tirati via! Quest'individuo è
venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che
a loro!». E spingendosi violentemente contro quell'uomo, cioè contro Lot, si
avvicinarono per sfondare la porta. [10]Allora dall'interno quegli
uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente; [11]quanto
agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un
abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a
trovare la porta.
[12]Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i
tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo
luogo. [13]Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido
innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha
mandati a distruggerli». [14]Lot uscì a parlare ai suoi generi, che
dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo,
perché il Signore sta per distruggere la città!». Ma parve ai suoi generi che
egli volesse scherzare. [15]Quando apparve l'alba, gli angeli fecero
premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed
esci per non essere travolto nel castigo della città». [16]Lot
indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due
figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo
fecero uscire e lo condussero fuori della città. [17]Dopo averli
condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare
indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere
travolto!». [18]Ma Lot gli disse: «No, mio Signore! [19]Vedi,
il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande
misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul
monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. [20]Vedi questa
città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa!
Lascia che io fugga lassù - non è una piccola cosa? - e così la mia vita sarà
salva». [21]Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non
distruggere la città di cui hai parlato. [22]Presto, fuggi là perché
io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato». Perciò quella città
si chiamò Zoar.
[23]Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, [24]quand'ecco
il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco
proveniente dal Signore. [25]Distrusse queste città e tutta la valle
con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. [26]Ora
la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
[27]Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al
Signore; [28]contemplò dall'alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa
della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una
fornace.
[29]Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo
e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali
Lot aveva abitato.
Origine dei Moabiti e degli Ammoniti
[30]Poi Lot partì da Zoar e andò ad abitare sulla montagna, insieme con le
due figlie, perché temeva di restare in Zoar, e si stabilì in una caverna con
le sue due figlie. [31]Ora la maggiore disse alla più piccola: «Il
nostro padre è veccho e non c'è nessuno in questo territorio per unirsi a
noi, secondo l'uso di tutta la terra. [32]Vieni, facciamo bere del
vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così faremo sussistere una
discendenza da nostro padre». [33]Quella notte fecero bere del vino al
loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne
accorse, né quando essa si coricò, né quando essa si alzò. [34]All'indomani
la maggiore disse alla più piccola: «Ecco, ieri io mi sono coricata con
nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e và tu a
coricarti con lui; così faremo sussistere una discendenza da nostro padre». [35]Anche
quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a
coricarsi con lui; ma egli non se ne accorse, né quando essa si coricò, né
quando essa si alzò. [36]Così le due figlie di Lot concepirono dal
loro padre. [37]La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui
è il padre dei Moabiti che esistono fino ad oggi. [38]Anche la più
piccola partorì un figlio e lo chiamò «Figlio del mio popolo». Costui è il
padre degli Ammoniti che esistono fino ad oggi.
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Abramo a Gerar
[1]Abramo levò le tende di là, dirigendosi nel Negheb, e si stabilì tra
Kades e Sur; poi soggiornò come straniero a Gerar. [2]Siccome Abramo
aveva detto della moglie Sara: «E' mia sorella», Abimèlech, re di Gerar,
mandò a prendere Sara. [3]Ma Dio venne da Abimèlech di notte, in
sogno, e gli disse: «Ecco stai per morire a causa della donna che tu hai
presa; essa appartiene a suo marito». [4]Abimèlech, che non si era
ancora accostato a lei, disse: «Mio Signore, vuoi far morire anche la gente
innocente? [5]Non mi ha forse detto: E' mia sorella? E anche lei ha
detto: E' mio fratello. Con retta coscienza e mani innocenti ho fatto questo».
[6]Gli rispose Dio nel sogno: «Anch'io so che con retta coscienza hai
fatto questo e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho
permesso che tu la toccassi. [7]Ora restituisci la donna di
quest'uomo: egli è un profeta: preghi egli per te e tu vivrai. Ma se tu non
la restituisci, sappi che sarai degno di morte con tutti i tuoi». [8]Allora
Abimèlech si alzò di mattina presto e chiamò tutti i suoi servi, ai quali
riferì tutte queste cose, e quegli uomini si impaurirono molto. [9]Poi
Abimèlech chiamò Abramo e gli disse: «Che ci hai fatto? E che colpa ho
commesso contro di te, perché tu abbia esposto me e il mio regno ad un
peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno». [10]Poi
Abimèlech disse ad Abramo: «A che miravi agendo in tal modo?». [11]Rispose
Abramo: «Io mi sono detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e
mi uccideranno a causa di mia moglie. [12]Inoltre essa è veramente mia
sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia
moglie. [13]Allora, quando Dio mi ha fatto errare lungi dalla casa di
mio padre, io le dissi: Questo è il favore che tu mi farai: in ogni luogo
dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello». [14]Allora Abimèlech
prese greggi e armenti, schiavi e schiave, li diede ad Abramo e gli restituì
la moglie Sara. [15]Inoltre Abimèlech disse: «Ecco davanti a te il mio
territorio: và ad abitare dove ti piace!». [16]A Sara disse: «Ecco, ho
dato mille pezzi d'argento a tuo fratello: sarà per te come un risarcimento
di fronte a quanti sono con te. Così tu sei in tutto riabilitata». [17]Abramo
pregò Dio e Dio guarì Abimèlech, sua moglie e le sue serve, sì che poterono
ancora partorire. [18]Perché il Signore aveva reso sterili tutte le
donne della casa di Abimèlech, per il fatto di Sara, moglie di Abramo.
Nascita di Isacco
[1]Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva
promesso. [2]Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella
vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. [3]Abramo chiamò Isacco il
figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito. [4]Abramo
circoncise suo figlio Isacco, quando questi ebbe otto giorni, come Dio gli
aveva comandato. [5]Abramo aveva cento anni, quando gli nacque il
figlio Isacco. [6]Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato
Dio: chiunque lo saprà sorriderà di me!». [7]Poi disse: «Chi avrebbe
mai detto ad Abramo: Sara deve allattare figli! Eppure gli ho partorito un
figlio nella sua vecchiaia!».
Agar e Ismaele cacciati
[8]Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando
Isacco fu svezzato. [9]Ma Sara vide che il figlio di Agar l'Egiziana,
quello che essa aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. [10]Disse
allora ad Abramo: «Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di
questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco». [11]La
cosa dispiacque molto ad Abramo per riguardo a suo figlio. [12]Ma Dio
disse ad Abramo: «Non ti dispiaccia questo, per il fanciullo e la tua
schiava: ascolta la parola di Sara in quanto ti dice, ascolta la sua voce,
perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. [13]Ma io
farò diventare una grande nazione anche il figlio della schiava, perché è tua
prole». [14]Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre di
acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il
fanciullo e la mandò via. Essa se ne andò e si smarrì per il deserto di
Bersabea. [15]Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora
essa depose il fanciullo sotto un cespuglio [16]e andò a sedersi di
fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: «Non voglio veder
morire il fanciullo!». Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e
pianse. [17]Ma Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò
Agar dal cielo e le disse: «Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la
voce del fanciullo là dove si trova. [18]Alzati, prendi il fanciullo e
tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione». [19]Dio le
aprì gli occhi ed essa vide un pozzo d'acqua. Allora andò a riempire l'otre e
fece bere il fanciullo. [20]E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e
abitò nel deserto e divenne un tiratore d'arco. [21]Egli abitò nel
deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie del paese d'Egitto.
Abramo e Abimèlech a Bersabea
[22]In quel tempo Abimèlech con Picol, capo del suo esercito, disse ad
Abramo: «Dio è con te in quanto fai. [23]Ebbene, giurami qui per Dio che
tu non ingannerai né me né i miei figli né i miei discendenti: come io ho
agito amichevolmente con te, così tu agirai con me e con il paese nel quale
sei forestiero». [24]Rispose Abramo: «Io lo giuro». [25]Ma
Abramo rimproverò Abimèlech a causa di un pozzo d'acqua, che i servi di
Abimèlech avevano usurpato. [26]Abimèlech disse: «Io non so chi abbia
fatto questa cosa: né tu me ne hai informato, né io ne ho sentito parlare se
non oggi». [27]Allora Abramo prese alcuni capi del gregge e
dell'armento, li diede ad Abimèlech: tra loro due conclusero un'alleanza. [28]Poi
Abramo mise in disparte sette agnelle del gregge. [29]Abimèlech disse
ad Abramo: «Che significano quelle sette agnelle che hai messe in disparte?».
[30]Rispose: «Tu accetterai queste sette agnelle dalla mia mano,
perché ciò mi valga di testimonianza che io ho scavato questo pozzo». [31]Per
questo quel luogo si chiamò Bersabea, perché là fecero giuramento tutti e
due. [32]E dopo che ebbero concluso l'alleanza a Bersabea, Abimèlech
si alzò con Picol, capo del suo esercito, e ritornarono nel paese dei
Filistei. [33]Abramo piantò un tamerice in Bersabea, e lì invocò il
nome del Signore, Dio dell'eternità. [34]E fu forestiero nel paese dei
Filistei per molto tempo.
Il sacrificio di Isacco
[1]Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo,
Abramo!». Rispose: «Eccomi!». [2]Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo
unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto
su di un monte che io ti indicherò». [3]Abramo si alzò di buon
mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la
legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva
indicato. [4]Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide
quel luogo. [5]Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con
l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo
da voi». [6]Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul
figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e
due insieme. [7]Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre
mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna,
ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». [8]Abramo rispose: «Dio stesso
provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutt'e due
insieme; [9]così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui
Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose
sull'altare, sopra la legna. [10]Poi Abramo stese la mano e prese il
coltello per immolare suo figlio. [11]Ma l'angelo del Signore lo
chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». [12]L'angelo
disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora
so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». [13]Allora
Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un
cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del
figlio. [14]Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede», perciò
oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede». [15]Poi l'angelo del
Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta [16]e disse:
«Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non
mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, [17]io ti benedirò
con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le
stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza
si impadronirà delle città dei nemici. [18]Saranno benedette per la
tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia
voce».
[19]Poi Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso
Bersabea e Abramo abitò a Bersabea.
La discendenza di Nacor
[20]Dopo queste cose, ad Abramo fu portata questa notizia: «Ecco Milca ha
partorito figli a Nacor tuo fratello»: [21]Uz, il primogenito, e suo
fratello Buz e Kamuèl il padre di Aram [22]e Chesed, Azo, Pildas,
Idlaf e Betuèl; [23]Betuèl generò Rebecca: questi otto figli partorì
Milca a Nacor, fratello di Abramo. [24]Anche la sua concubina,
chiamata Reuma, partorì figli: Tebach, Gacam, Tacas e Maaca.
La tomba dei patriarchi
[1]Gli anni della vita di Sara furono centoventisette: questi furono gli
anni della vita di Sara. [2]Sara morì a Kiriat-Arba, cioè Ebron, nel paese
di Canaan, e Abramo venne a fare il lamento per Sara e a piangerla. [3]Poi
Abramo si staccò dal cadavere di lei e parlò agli Hittiti: [4]«Io sono
forestiero e di passaggio in mezzo a voi. Datemi la proprietà di un sepolcro
in mezzo a voi, perché io possa portar via la salma e seppellirla». [5]Allora
gli Hittiti risposero: [6]«Ascolta noi, piuttosto, signore: tu sei un
principe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel migliore dei
nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire la tua defunta nel
suo sepolcro». [7]Abramo si alzò, si prostrò davanti alla gente del
paese, davanti agli Hittiti e parlò loro: [8]«Se è secondo il vostro
desiderio che io porti via il mio morto e lo seppellisca, ascoltatemi e
insistete per me presso Efron, figlio di Zocar, [9]perché mi dia la
sua caverna di Macpela, che è all'estremità del suo campo. Me la ceda per il
suo prezzo intero come proprietà sepolcrale in mezzo a voi». [10]Ora
Efron stava seduto in mezzo agli Hittiti. Efron l'Hittita rispose ad Abramo,
mentre lo ascoltavano gli Hittiti, quanti entravano per la porta della sua
città, e disse: [11]«Ascolta me, piuttosto, mio signore: ti cedo il
campo con la caverna che vi si trova, in presenza dei figli del mio popolo te
la cedo: seppellisci il tuo morto». [12]Allora Abramo si prostrò a lui
alla presenza della gente del paese. [13]Parlò ad Efron, mentre lo
ascoltava la gente del paese, e disse: «Se solo mi volessi ascoltare: io ti
do il prezzo del campo. Accettalo da me, così io seppellirò là il mio morto».
[14]Efron rispose ad Abramo: [15]«Ascolta me piuttosto, mio
signore: un terreno del valore di quattrocento sicli d'argento che cosa è mai
tra me e te? Seppellisci dunque il tuo morto».
[16]Abramo accettò le richieste di Efron e Abramo pesò ad Efron il prezzo che
questi aveva detto, mentre lo ascoltavano gli Hittiti, cioè quattrocento
sicli d'argento, nella moneta corrente sul mercato. [17]Così il campo
di Efron che si trovava in Macpela, di fronte a Mamre, il campo e la caverna
che vi si trovava e tutti gli alberi che erano dentro il campo e intorno al
suo limite, [18]passarono in proprietà ad Abramo, alla presenza degli
Hittiti, di quanti entravano nella porta della città. [19]Dopo, Abramo
seppellì Sara, sua moglie, nella caverna del campo di Macpela di fronte a
Mamre, cioè Ebron, nel paese di Canaan. [20]Il campo e la caverna che
vi si trovava passarono dagli Hittiti ad Abramo in proprietà sepolcrale.
Matrimonio di Isacco
[1]Abramo era ormai vecchio, avanti negli anni, e il Signore lo aveva
benedetto in ogni cosa. [2]Allora Abramo disse al suo servo, il più
anziano della sua casa, che aveva potere su tutti i suoi beni: «Metti la mano
sotto la mia coscia [3]e ti farò giurare per il Signore, Dio del cielo
e Dio della terra, che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie
dei Cananei, in mezzo ai quali abito, [4]ma che andrai al mio paese,
nella mia patria, a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». [5]Gli
disse il servo: «Se la donna non mi vuol seguire in questo paese, dovrò forse
ricondurre tuo figlio al paese da cui tu sei uscito?». [6]Gli rispose
Abramo: «Guardati dal ricondurre là mio figlio! [7]Il Signore, Dio del
cielo e Dio della terra, che mi ha tolto dalla casa di mio padre e dal mio
paese natio, che mi ha parlato e mi ha giurato: Alla tua discendenza darò
questo paese, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te, perché tu possa
prendere di là una moglie per il mio figlio. [8]Se la donna non vorrà
seguirti, allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non devi
ricondurre là il mio figlio».
[9]Allora il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo, suo padrone, e
gli prestò giuramento riguardo a questa cosa. [10]Il servo prese dieci
cammelli del suo padrone e, portando ogni sorta di cose preziose del suo
padrone, si mise in viaggio e andò nel Paese dei due fiumi, alla città di
Nacor. [11]Fece inginocchiare i cammelli fuori della città, presso il
pozzo d'acqua, nell'ora della sera, quando le donne escono ad attingere. [12]E
disse: «Signore, Dio del mio padrone Abramo, concedimi un felice incontro
quest'oggi e usa benevolenza verso il mio padrone Abramo! [13]Ecco, io
sto presso la fonte dell'acqua, mentre le fanciulle della città escono per
attingere acqua. [14]Ebbene, la ragazza alla quale dirò: Abbassa
l'anfora e lasciami bere, e che risponderà: Bevi, anche ai tuoi cammelli darò
da bere, sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco; da questo
riconoscerò che tu hai usato benevolenza al mio padrone». [15]Non
aveva ancora finito di parlare, quand'ecco Rebecca, che era nata a Betuèl
figlio di Milca, moglie di Nacor, fratello di Abramo, usciva con l'anfora
sulla spalla. [16]La giovinetta era molto bella d'aspetto, era
vergine, nessun uomo le si era unito. Essa scese alla sorgente, riempì
l'anfora e risalì. [17]Il servo allora le corse incontro e disse:
«Fammi bere un pò d'acqua dalla tua anfora». [18]Rispose: «Bevi, mio
signore». In fretta calò l'anfora sul braccio e lo fece bere. [19]Come
ebbe finito di dargli da bere, disse: «Anche per i tuoi cammelli ne
attingerò, finché finiranno di bere». [20]In fretta vuotò l'anfora
nell'abbeveratoio, corse di nuovo ad attingere al pozzo e attinse per tutti i
cammelli di lui. [21]Intanto quell'uomo la contemplava in silenzio, in
attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo
viaggio. [22]Quando i cammelli ebbero finito di bere, quell'uomo prese
un pendente d'oro del peso di mezzo siclo e glielo pose alle narici e le pose
sulle braccia due braccialetti del peso di dieci sicli d'oro. [23]E
disse: «Di chi sei figlia? Dimmelo. C'è posto per noi in casa di tuo padre,
per passarvi la notte?». [24]Gli rispose: «Io sono figlia di Betuèl,
il figlio che Milca partorì a Nacor». [25]E soggiunse: «C'è paglia e
foraggio in quantità da noi e anche posto per passare la notte».
[26]Quell'uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore [27]e disse:
«Sia benedetto il Signore, Dio del mio padrone Abramo, che non ha cessato di
usare benevolenza e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me, il Signore mi
ha guidato sulla via fino alla casa dei fratelli del mio padrone». [28]La
giovinetta corse ad annunziare alla casa di sua madre tutte queste cose. [29]Ora
Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell'uomo
al pozzo. [30]Egli infatti, visti il pendente e i braccialetti alle
braccia della sorella e udite queste parole di Rebecca, sua sorella: «Così mi
ha parlato quell'uomo», venne da costui che ancora stava presso i cammelli
vicino al pozzo. [31]Gli disse: «Vieni, benedetto dal Signore! Perché
te ne stai fuori, mentre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?».
[32]Allora l'uomo entrò in casa e quegli tolse il basto ai cammelli,
fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai
suoi uomini. [33]Quindi gli fu posto davanti da mangiare, ma egli
disse; «Non mangerò, finché non avrò detto quello che devo dire». Gli
risposero: «Dì pure». [34]E disse: «Io sono un servo di Abramo. [35]Il
Signore ha benedetto molto il mio padrone, che è diventato potente: gli ha
concesso greggi e armenti, argento e oro, schiavi e schiave, cammelli e
asini. [36]Sara, la moglie del mio padrone, gli ha partorito un
figlio, quando ormai era vecchio, al quale egli ha dato tutti i suoi beni. [37]E
il mio padrone mi ha fatto giurare: Non devi prendere per mio figlio una
moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito, [38]ma
andrai alla casa di mio padre, alla mia famiglia, a prendere una moglie per
mio figlio. [39]Io dissi al mio padrone: Forse la donna non mi
seguirà. [40]Mi rispose: Il Signore, alla cui presenza io cammino,
manderà con te il suo angelo e darà felice esito al tuo viaggio, così che tu
possa prendere una moglie per il mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa
di mio padre. [41]Solo quando sarai andato alla mia famiglia, sarai
esente dalla mia maledizione; se non volessero cedertela, sarai esente dalla
mia maledizione. [42]Così oggi sono arrivato alla fonte e ho detto:
Signore, Dio del mio padrone Abramo, se stai per dar buon esito al viaggio
che sto compiendo, [43]ecco, io sto presso la fonte d'acqua; ebbene,
la giovane che uscirà ad attingere, alla quale io dirò: Fammi bere un pò
d'acqua dalla tua anfora, [44]e mi risponderà: Bevi tu; anche per i
tuoi cammelli attingerò, quella sarà la moglie che il Signore ha destinata al
figlio del mio padrone. [45]Io non avevo ancora finito di pensare,
quand'ecco Rebecca uscire con l'anfora sulla spalla; scese alla fonte,
attinse; io allora le dissi: Fammi bere. [46]Subito essa calò l'anfora
e disse: Bevi; anche ai tuoi cammelli darò da bere. Così io bevvi ed essa
diede da bere anche ai cammelli. [47]E io la interrogai: Di chi sei
figlia? Rispose: Sono figlia di Betuèl, il figlio che Milca ha partorito a
Nacor. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia. [48]Poi
mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore, Dio del mio
padrone Abramo, il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per
suo figlio la figlia del fratello del mio padrone. [49]Ora, se
intendete usare benevolenza e lealtà verso il mio padrone, fatemelo sapere;
se no, fatemelo sapere ugualmente, perché io mi rivolga altrove».
[50]Allora Làbano e Betuèl risposero: «Dal Signore la cosa procede, non
possiamo dirti nulla. [51]Ecco Rebecca davanti a te: prendila e và e
sia la moglie del figlio del tuo padrone, come ha parlato il Signore».
[52]Quando il servo di Abramo udì le loro parole, si prostrò a terra davanti
al Signore. [53]Poi il servo tirò fuori oggetti d'argento e oggetti
d'oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e
alla madre di lei. [54]Poi mangiarono e bevvero lui e i suoi uomini e
passarono la notte. Quando si alzarono alla mattina, egli disse: «Lasciatemi
andare dal mio padrone». [55]Ma il fratello e la madre di lei dissero:
«Rimanga la giovinetta con noi qualche tempo, una decina di giorni; dopo, te
ne andrai». [56]Rispose loro: «Non trattenetemi, mentre il Signore ha
concesso buon esito al mio viaggio. Lasciatemi partire per andare dal mio
padrone!». [57]Dissero allora: «Chiamiamo la giovinetta e domandiamo a
lei stessa». [58]Chiamarono dunque Rebecca e le dissero: «Vuoi partire
con quest'uomo?». Essa rispose: «Andrò». [59]Allora essi lasciarono
partire Rebecca con la nutrice, insieme con il servo di Abramo e i suoi
uomini. [60]Benedissero Rebecca e le dissero:
«Tu, sorella nostra,
diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti la porta dei suoi nemici!».
[61]Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono, montarono sui cammelli e
seguirono quell'uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì. [62]Intanto
Isacco rientrava dal pozzo di Lacai-Roi; abitava infatti nel territorio del
Negheb. [63]Isacco uscì sul fare della sera per svagarsi in campagna
e, alzando gli occhi, vide venire i cammelli. [64]Alzò gli occhi anche
Rebecca, vide Isacco e scese subito dal cammello. [65]E disse al
servo: «Chi è quell'uomo che viene attraverso la campagna incontro a noi?».
Il servo rispose: «E' il mio padrone». Allora essa prese il velo e si coprì. [66]Il
servo raccontò ad Isacco tutte le cose che aveva fatte. [67]Isacco
introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara; si prese in
moglie Rebecca e l'amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della madre.
La discendenza di Chetura
[1]Abramo prese un'altra moglie: essa aveva nome Chetura. [2]Essa gli
partorì Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach. [3]Ioksan generò
Saba e Dedan e i figli di Dedan furono gli Asurim, i Letusim e i Leummim. [4]I
figli di Madian furono Efa, Efer, Enoch, Abida ed Eldaa. Tutti questi sono i
figli di Chetura.
[5]Abramo diede tutti i suoi beni a Isacco. [6]Quanto invece ai figli
delle concubine, che Abramo aveva avute, diede loro doni e, mentre era ancora
in vita, li licenziò, mandandoli lontano da Isacco suo figlio, verso il
levante, nella regione orientale.
Morte di Abramo
[7]La durata della vita di Abramo fu di centosettantacinque anni. [8]Poi
Abramo spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì
ai suoi antenati. [9]Lo seppellirono i suoi figli, Isacco e Ismaele,
nella caverna di Macpela, nel campo di Efron, figlio di Zocar, l'Hittita, di
fronte a Mamre. [10]E' appunto il campo che Abramo aveva comperato
dagli Hittiti: ivi furono sepolti Abramo e sua moglie Sara. [11]Dopo
la morte di Abramo, Dio benedisse il figlio di lui Isacco e Isacco abitò
presso il pozzo di Lacai-Roi.
La discendenza di Ismaele
[12]Questa è la discendenza di Ismaele, figlio di Abramo, che gli aveva
partorito Agar l'Egiziana, schiava di Sara.
[13]Questi sono i nomi dei figli d'Ismaele, con il loro elenco in ordine di
generazione: il primogenito di Ismaele è Nebaiòt, poi Kedar, Adbeèl, Mibsam, [14]Misma,
Duma, Massa, [15]Adad, Tema, Ietur, Nafis e Kedma. [16]Questi
sono gli Ismaeliti e questi sono i loro nomi secondo i loro recinti e
accampamenti. Sono i dodici principi delle rispettive tribù. [17]La
durata della vita di Ismaele fu di centotrentasette anni; poi morì e si riunì
ai suoi antenati. [18]Egli abitò da Avìla fino a Sur, che è lungo il
confine dell'Egitto in direzione di Assur; egli si era stabilito di fronte a
tutti i suoi fratelli.
III. STORIA DI ISACCO E DI GIACOBBE
Nascita di Esaù e di Giacobbe
[19]Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva
generato Isacco. [20]Isacco aveva quarant'anni quando si prese in
moglie Rebecca, figlia di Betuèl l'Arameo, da Paddan-Aram, e sorella di
Làbano l'Arameo. [21]Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché
essa era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne
incinta. [22]Ora i figli si urtavano nel suo seno ed essa esclamò: «Se
è così, perché questo?». Andò a consultare il Signore. [23]Il Signore
le rispose:
«Due nazioni sono nel tuo seno
e due popoli dal tuo grembo si disperderanno; un popolo sarà più forte dell'altro e il maggiore servirà il più piccolo».
[24]Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco due gemelli erano
nel suo grembo. [25]Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello
di pelo, e fu chiamato Esaù. [26]Subito dopo, uscì il fratello e
teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe. Isacco aveva
sessant'anni quando essi nacquero.
[27]I fanciulli crebbero ed Esaù divenne abile nella caccia, un uomo della
steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che dimorava sotto le tende. [28]Isacco
prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto, mentre Rebecca
prediligeva Giacobbe.
Esaù cede il diritto di primogenitura
[29]Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra di lenticchie; Esaù arrivò
dalla campagna ed era sfinito. [30]Disse a Giacobbe: «Lasciami
mangiare un pò di questa minestra rossa, perché io sono sfinito» - Per questo
fu chiamato Edom -. [31]Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua
primogenitura». [32]Rispose Esaù: «Ecco sto morendo: a che mi serve
allora la primogenitura?». [33]Giacobbe allora disse: «Giuramelo
subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. [34]Giacobbe
diede ad Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi
si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura.
Isacco a Gerar
[1]Venne una carestia nel paese oltre la prima che era avvenuta ai tempi di
Abramo, e Isacco andò a Gerar presso Abimèlech, re dei Filistei. [2]Gli
apparve il Signore e gli disse: «Non scendere in Egitto, abita nel paese che
io ti indicherò. [3]Rimani in questo paese e io sarò con te e ti
benedirò, perché a te e alla tua discendeza io concederò tutti questi
territori, e manterrò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre. [4]Renderò
la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e concederò alla tua
discendenza tutti questi territori: tutte le nazioni della terra saranno
benedette per la tua discendenza; [5]per il fatto che Abramo ha
obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei
comandamenti, le mie istituzioni e le mie leggi».
[6]Così Isacco dimorò in Gerar. [7]Gli uomini del luogo lo
interrogarono intorno alla moglie ed egli disse: «E' mia sorella»; infatti
aveva timore di dire: «E' mia moglie», pensando che gli uomini del luogo lo
uccidessero per causa di Rebecca, che era di bell'aspetto.
[8]Era là da molto tempo, quando Abimèlech, re dei Filistei, si affacciò
alla finestra e vide Isacco scherzare con la propria moglie Rebecca. [9]Abimèlech
chiamò Isacco e disse: «Sicuramente essa è tua moglie. E perché tu hai detto:
E' mia sorella?». Gli rispose Isacco: «Perché mi son detto: io non muoia per
causa di lei!». [10]Riprese Abimèlech: «Che ci hai fatto? Poco ci
mancava che qualcuno del popolo si unisse a tua moglie e tu attirassi su di
noi una colpa». [11]Abimèlech diede quest'ordine a tutto il popolo:
«Chi tocca questo uomo o la sua moglie sarà messo a morte!».
[12]Poi Isacco fece una semina in quel paese e raccolse quell'anno il
centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. [13]E l'uomo divenne
ricco e crebbe tanto in ricchezze fino a divenire ricchissimo: [14]possedeva
greggi di piccolo e di grosso bestiame e numerosi schiavi e i Filistei
cominciarono ad invidiarlo.
I pozzi tra Gerar e Bersabea
[15]Tutti i pozzi che avevano scavati i servi di suo padre ai tempi del padre
Abramo, i Filistei li avevano turati riempiendoli di terra. [16]Abimèlech
disse ad Isacco: «Vàttene via da noi, perché tu sei molto più potente di
noi». [17]Isacco andò via di là, si accampò sul torrente di Gerar e vi
si stabilì. [18]Isacco tornò a scavare i pozzi d'acqua, che avevano
scavati i servi di suo padre, Abramo, e che i Filistei avevano turati dopo la
morte di Abramo, e li chiamò come li aveva chiamati suo padre. [19]I
servi di Isacco scavarono poi nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua
viva. [20]Ma i pastori di Gerar litigarono con i pastori di Isacco,
dicendo: «L'acqua è nostra!».
Allora egli chiamò Esech il pozzo, perché quelli
avevano litigato con lui. [21]Scavarono un altro pozzo, ma quelli
litigarono anche per questo ed egli lo chiamò Sitna. [22]Allora si
mosse di là e scavò un altro pozzo, per il quale non litigarono; allora egli
lo chiamò Recobòt e disse: «Ora il Signore ci ha dato spazio libero perché
noi prosperiamo nel paese». [23]Di là andò a Bersabea. [24]E in
quella notte gli apparve il Signore e disse:
«Io sono il Dio di Abramo, tuo padre;
non temere perché io sono con te. Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abramo, mio servo».
[25]Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome del Signore;
lì piantò la tenda. E i servi di Isacco scavarono un pozzo.
Alleanza con Abimèlech
[26]Intanto Abimèlech da Gerar era andato da lui, insieme con Acuzzat, suo
amico, e Picol, capo del suo esercito. [27]Isacco disse loro: «Perché
siete venuti da me, mentre voi mi odiate e mi avete scacciato da voi?». [28]Gli
risposero: «Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia un
giuramento tra di noi, tra noi e te, e concludiamo un'alleanza con te: [29]tu
non ci farai alcun male, come noi non ti abbiamo toccato e non ti abbiamo
fatto se non il bene e ti abbiamo lasciato andare in pace. Tu sei ora un uomo
benedetto dal Signore». [30]Allora imbandì loro un convito e
mangiarono e bevvero. [31]Alzatisi di buon mattino, si prestarono
giuramento l'un l'altro, poi Isacco li congedò e partirono da lui in pace. [32]Proprio
in quel giorno arrivarono i servi di Isacco e lo informarono a proposito del
pozzo che avevano scavato e gli dissero: «Abbiamo trovato l'acqua». [33]Allora
egli lo chiamò Sibea: per questo la città si chiama Bersabea fino ad oggi.
Le donne hittite di Esaù
[34]Quando Esaù ebbe quarant'anni, prese in moglie Giudit, figlia di Beeri
l'Hittita, e Basemat, figlia di Elon l'Hittita. [35]Esse furono causa
d'intima amarezza per Isacco e per Rebecca.
Giacobbe carpisce la benedizione di Isacco
[1]Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci
vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: «Figlio mio». Gli
rispose: «Eccomi». [2]Riprese: «Vedi, io sono vecchio e ignoro il
giorno della mia morte. [3]Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra
e il tuo arco, esci in campagna e prendi per me della selvaggina. [4]Poi
preparami un piatto di mio gusto e portami da mangiare, perché io ti benedica
prima di morire». [5]Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al
figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a
casa. [6]Rebecca disse al figlio Giacobbe: «Ecco, ho sentito tuo padre
dire a tuo fratello Esaù: [7]Portami la selvaggina e preparami un
piatto, così mangerò e poi ti benedirò davanti al Signore prima della morte. [8]Ora,
figlio mio, obbedisci al mio ordine: [9]Và subito al gregge e prendimi
di là due bei capretti; io ne farò un piatto per tuo padre, secondo il suo
gusto. [10]Così tu lo porterai a tuo padre che ne mangerà, perché ti
benedica prima della sua morte». [11]Rispose Giacobbe a Rebecca sua
madre: «Sai che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia. [12]Forse
mio padre mi palperà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò
sopra di me una maledizione invece di una benedizione». [13]Ma sua
madre gli disse: «Ricada su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu
obbedisci soltanto e vammi a prendere i capretti». [14]Allora egli
andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto
secondo il gusto di suo padre. [15]Rebecca prese i vestiti migliori
del suo figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece
indossare al figlio minore, Giacobbe; [16]con le pelli dei capretti
rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. [17]Poi mise in
mano al suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato.
[18]Così egli venne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei
tu, figlio mio?». [19]Giacobbe rispose al padre: «Io sono Esaù, il tuo
primogento. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Alzati dunque, siediti e mangia
la mia selvaggina, perché tu mi benedica». [20]Isacco disse al figlio:
«Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!». Rispose: «Il Signore me l'ha
fatta capitare davanti». [21]Ma Isacco gli disse: «Avvicinati e lascia
che ti palpi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o
no». [22]Giacobbe si avvicinò ad Isacco suo padre, il quale lo tastò e
disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di
Esaù». [23]Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose
come le braccia di suo fratello Esaù, e perciò lo benedisse. [24]Gli
disse ancora: «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». [25]Allora
disse: «Porgimi da mangiare della selvaggina del mio figlio, perché io ti
benedica». Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve. [26]Poi
suo padre Isacco gli disse: «Avvicinati e baciami, figlio mio!». [27]Gli
si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l'odore degli abiti di lui e lo
benedisse:
«Ecco l'odore del mio figlio
come l'odore di un campo che il Signore ha benedetto. [28]Dio ti conceda rugiada del cielo e terre grasse e abbondanza di frumento e di mosto. [29]Ti servano i popoli e si prostrino davanti a te le genti. Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto!».
[30]Isacco aveva appena finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era
allontanato dal padre Isacco, quando arrivò dalla caccia Esaù suo fratello. [31]Anch'egli
aveva preparato un piatto, poi lo aveva portato al padre e gli aveva detto:
«Si alzi mio padre e mangi la selvaggina di suo figlio, perché tu mi
benedica». [32]Gli disse suo padre Isacco: «Chi sei tu?». Rispose: «Io
sono il tuo figlio primogenito Esaù». [33]Allora Isacco fu colto da un
fortissimo tremito e disse: «Chi era dunque colui che ha preso la selvaggina
e me l'ha portata? Io ho mangiato di tutto prima che tu venissi, poi l'ho
benedetto e benedetto resterà». [34]Quando Esaù sentì le parole di suo
padre, scoppiò in alte, amarissime grida. Egli disse a suo padre: «Benedici
anche me, padre mio!». [35]Rispose: «E' venuto tuo fratello con
inganno e ha carpito la tua benedizione». [36]Riprese: «Forse perché
si chiama Giacobbe mi ha soppiantato gia due volte? Gia ha carpito la mia
primogenitura ed ecco ora ha carpito la mia benedizione!». Poi soggiunse:
«Non hai forse riservato qualche benedizione per me?». [37]Isacco
rispose e disse a Esaù: «Ecco, io l'ho costituito tuo signore e gli ho dato
come servi tutti i suoi fratelli; l'ho provveduto di frumento e di mosto; per
te che cosa mai potrò fare, figlio mio?». [38]Esaù disse al padre:
«Hai una sola benedizione padre mio? Benedici anche me, padre mio!». Ma
Isacco taceva ed Esaù alzò la voce e pianse. [39]Allora suo padre
Isacco prese la parola e gli disse:
«Ecco, lungi dalle terre grasse
sarà la tua sede e lungi dalla rugiada del cielo dall'alto. [40]Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma poi, quando ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo».
[41]Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato.
Pensò Esaù: «Si avvicinano i giorni del lutto per mio padre; allora ucciderò
mio fratello Giacobbe». [42]Ma furono riferite a Rebecca le parole di
Esaù, suo figlio maggiore, ed essa mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe
e gli disse: «Esaù tuo fratello vuol vendicarsi di te uccidendoti. [43]Ebbene,
figlio mio, obbedisci alla mia voce: su, fuggi a Carran da mio fratello
Làbano. [44]Rimarrai con lui qualche tempo, finché l'ira di tuo
fratello si sarà placata; [45]finché si sarà palcata contro di te la
collera di tuo fratello e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto.
Allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due
in un sol giorno?».
Isacco manda Giacobbe da Làbano
[46]Poi Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa di queste
donne hittite: se Giacobbe prende moglie tra le hittite come queste, tra le
figlie del paese, a che mi giova la vita?».
[1]Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando:
«Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. [2]Su, và in Paddan-Aram,
nella casa di Betuèl, padre di tua madre, e prenditi di là la moglie tra le
figlie di Làbano, fratello di tua madre. [3]Ti benedica Dio
onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi, sì che tu divenga una
assemblea di popoli. [4]Conceda la benedizione di Abramo a te e alla
tua discendenza con te, perché tu possieda il paese dove sei stato
forestiero, che Dio ha dato ad Abramo». [5]Così Isacco fece partire
Giacobbe, che andò in Paddan-Aram presso Làbano, figlio di Betuèl, l'Arameo,
fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e di Esaù.
Altro matrimonio di Esaù
[6]Esaù vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e l'aveva mandato in
Paddan-Aram per prendersi una moglie di là e che, mentre lo benediceva, gli
aveva dato questo comando: «Non devi prender moglie tra le Cananee». [7]Giacobbe
aveva obbedito al padre e alla madre ed era partito per Paddan-Aram. [8]Esaù
comprese che le figlie di Canaan non erano gradite a suo padre Isacco. [9]Allora
si recò da Ismaele e, oltre le mogli che aveva, si prese in moglie Macalat,
figlia di Ismaele, figlio di Abramo, sorella di Nebaiòt.
Il sogno di Giacobbe
[10]Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. [11]Capitò
così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese
una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. [12]Fece
un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il
cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. [13]Ecco
il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo
tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a
te e alla tua discendenza. [14]La tua discendenza sarà come la polvere
della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a
mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le
nazioni della terra. [15]Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque
tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò
senza aver fatto tutto quello che t'ho detto». [16]Allora Giacobbe si
svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo
sapevo». [17]Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo!
Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». [18]Alla
mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come
guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. [19]E
chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. [20]Giacobbe
fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che
sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, [21]se
ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. [22]Questa
pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai
io ti offrirò la decima».
Giacobbe arriva presso Làbano
[1]Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli orientali. [2]Vide
nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame, accovacciati
vicino, perché a quel pozzo si abbeveravano i greggi, ma la pietra sulla
bocca del pozzo era grande. [3]Quando tutti i greggi si erano radunati
là, i pastori rotolavano la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano il
bestiame; poi rimettevano la pietra al posto sulla bocca del pozzo. [4]Giacobbe
disse loro: «Fratelli miei, di dove siete?». Risposero: «Siamo di Carran». [5]Disse
loro: «Conoscete Làbano, figlio di Nacor?». Risposero: «Lo conosciamo». [6]Disse
loro: «Sta bene?». Risposero: «Sì; ecco la figlia Rachele che viene con il
gregge». [7]Riprese: «Eccoci ancora in pieno giorno: non è tempo di
radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!». [8]Risposero:
«Non possiamo, finché non siano radunati tutti i greggi e si rotoli la pietra
dalla bocca del pozzo; allora faremo bere il gregge».
[9]Egli stava ancora parlando con loro, quando arrivò Rachele con il
bestiame del padre, perché era una pastorella. [10]Quando Giacobbe
vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il
bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, rotolò
la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di
sua madre. [11]Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce. [12]Giacobbe
rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di
Rebecca. Allora essa corse a riferirlo al padre. [13]Quando Làbano
seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo
abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano
tutte le sue vicende. [14]Allora Làbano gli disse: «Davvero tu sei mio
osso e mia carne!». Così dimorò presso di lui per un mese.
I due matrimoni di Giacobbe
[15]Poi Làbano disse a Giacobbe: «Poiché sei mio parente, mi dovrai forse
servire gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario». [16]Ora
Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si
chiamava Rachele. [17]Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era
bella di forme e avvenente di aspetto, [18]perciò Giacobbe amava
Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia
minore». [19]Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un
estraneo. Rimani con me». [20]Così Giacobbe servì sette anni per
Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei. [21]Poi
Giacobbe disse a Làbano: «Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto
e voglio unirmi a lei». [22]Allora Làbano radunò tutti gli uomini del
luogo e diede un banchetto. [23]Ma quando fu sera, egli prese la
figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei. [24]Làbano diede
la propria schiava Zilpa alla figLia, come schiava. [25]Quando fu
mattina... ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: «Che mi hai fatto?
Non è forse per Rachele che sono stato al tuo servizio? Perché mi hai
ingannato?». [26]Rispose Làbano: «Non si usa far così nel nostro
paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore. [27]Finisci
questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest'altra per il servizio che
tu presterai presso di me per altri sette anni». [28]Giacobbe fece
così: terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la
figlia Rachele. [29]Làbano diede alla figlia Rachele la propria
schiava Bila, come schiava. [30]Egli si unì anche a Rachele e amò
Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni.
I figli di Giacobbe
[31]Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda,
mentre Rachele rimaneva sterile. [32]Così Lia concepì e partorì un
figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia
umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà». [33]Poi concepì ancora
un figlio e disse: «Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato
anche questo». E lo chiamò Simeone. [34]Poi concepì ancora e partorì
un figlio e disse: «Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho
partorito tre figli». Per questo lo chiamò Levi. [35]Concepì ancora e
partorì un figlio e disse: «Questa volta loderò il Signore». Per questo lo
chiamò Giuda. Poi cessò di avere figli.
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[1]Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe,
divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io
muoio!». [2]Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io
il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?». [3]Allora
essa rispose: «Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca
sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei». [4]Così
essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei. [5]Bila
concepì e partorì a Giacobbe un figlio. [6]Rachele disse: «Dio mi ha
fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio». Per
questo essa lo chiamò Dan. [7]Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì
ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio. [8]Rachele disse: «Ho
sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!». Perciò lo chiamò
Nèftali.
[9]Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria
schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe. [10]Zilpa, la schiava
di Lia, partorì a Giacobbe un figlio. [11]Lia disse: «Per fortuna!» e
lo chiamò Gad. [12]Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo
figlio a Giacobbe. [13]Lia disse: «Per mia felicità! Perché le donne
mi diranno felice». Perciò lo chiamò Aser.
[14]Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che
portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: «Dammi un pò delle mandragore di
tuo figlio». [15]Ma Lia rispose: «E' forse poco che tu mi abbia
portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio
figlio?». Riprese Rachele: «Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in
cambio delle mandragore di tuo figlio». [16]Alla sera, quando Giacobbe
arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: «Da me devi venire,
perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio».
Così egli si coricò con lei quella notte. [17]Il Signore esaudì Lia,
la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. [18]Lia disse:
«Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio
marito». Perciò lo chiamò Issacar. [19]Poi Lia concepì e partorì
ancora un sesto figlio a Giacobbe. [20]Lia disse: «Dio mi ha fatto un
bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei
figli». Perciò lo chiamò Zàbulon. [21]In seguito partorì una figlia e
la chiamò Dina.
[22]Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. [23]Essa
concepì e partorì un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore». [24]E
lo chiamò Giuseppe dicendo: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio!».
Come si è arricchito Giacobbe
[25]Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano:
«Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese. [26]Dammi le
mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu
conosci il servizio che ti ho prestato». [27]Gli disse Làbano: «Se ho
trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi
ha benedetto per causa tua». [28]E aggiunse: «Fissami il tuo salario e
te lo darò». [29]Gli rispose: «Tu stesso sai come ti ho servito e
quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia. [30]Perché il poco
che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha
benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?». [31]Riprese
Làbano: «Che ti devo dare?». Giacobbe rispose: «Non mi devi nulla; se tu
farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a
custodirlo. [32]Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte
ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato
tra le capre: sarà il mio salario. [33]In futuro la mia stessa onestà
risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che
non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le
pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato». [34]Làbano
disse: «Bene, sia come tu hai detto!». [35]In quel giorno mise da
parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate,
ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li
affidò ai suoi figli [36]e stabilì una distanza di tre giorni di
cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di
Làbano.
[37]Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne
intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami. [38]Poi
egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua,
dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si
accoppiavano quando venivano a bere. [39]Così le bestie si
accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati,
punteggiati e chiazzati. [40]Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e
fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti
quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così
costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano.
[41]Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami
nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami. [42]Quando
invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli
erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe. [43]Egli si arricchì
oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi,
cammelli e asini.
Fuga di Giacobbe
[1]Ma Giacobbe venne a sapere che i figli di Làbano dicevano: «Giacobbe si è
preso quanto era di nostro padre e con quanto era di nostro padre si è fatta
tutta questa fortuna». [2]Giacobbe osservò anche la faccia di Làbano e
si accorse che non era più verso di lui come prima. [3]Il Signore
disse a Giacobbe: «Torna al paese dei tuoi padri, nella tua patria e io sarò
con te». [4]Allora Giacobbe mandò a chiamare Rachele e Lia, in
campagna presso il suo gregge [5]e disse loro: «Io mi accorgo dal
volto di vostro padre che egli verso di me non è più come prima; eppure il
Dio di mio padre è stato con me. [6]Voi stesse sapete che io ho
servito vostro padre con tutte le forze, [7]mentre vostro padre si è
beffato di me e ha cambiato dieci volte il mio salario; ma Dio non gli ha
permesso di farmi del male. [8]Se egli diceva: Le bestie punteggiate
saranno il tuo salario, tutto il gregge figliava bestie punteggiate; se
diceva: Le bestie striate saranno il tuo salario, allora tutto il gregge
figliava bestie striate. [9]Così Dio ha sottratto il bestiame a vostro
padre e l'ha dato a me. [10]Una volta, quando il piccolo bestiame va
in calore, io in sogno alzai gli occhi e vidi che i capri in procinto di
montare le bestie erano striati, punteggiati e chiazzati. [11]L'angelo
di Dio mi disse in sogno: Giacobbe! Risposi: Eccomi. [12]Riprese: Alza
gli occhi e guarda: tutti i capri che montano le bestie sono striati,
punteggiati e chiazzati, perché ho visto quanto Làbano ti fa. [13]Io
sono il Dio di Betel, dove tu hai unto una stele e dove mi hai fatto un voto.
Ora alzati, parti da questo paese e torna nella tua patria!». [14]Rachele
e Lia gli risposero: «Abbiamo forse ancora una parte o una eredità nella casa
di nostro padre? [15]Non siamo forse tenute in conto di straniere da
parte sua, dal momento che ci ha vendute e si è anche mangiato il nostro
danaro? [16]Tutta la ricchezza che Dio ha sottratto a nostro padre è
nostra e dei nostri figli. Ora fà pure quanto Dio ti ha detto».
[17]Allora Giacobbe si alzò, caricò i figli e le mogli sui cammelli [18]e
condusse via tutto il bestiame e tutti gli averi che si era acquistati, il
bestiame che si era acquistato in Paddan-Aram, per ritornare da Isacco, suo
padre, nel paese di Canaan. [19]Làbano era andato a tosare il gregge e
Rachele rubò gli idoli che appartenevano al padre. [20]Giacobbe eluse
l'attenzione di Làbano l'Arameo, non avvertendolo che stava per fuggire; [21]così
potè andarsene con tutti i suoi averi. Si alzò dunque, passò il fiume e si
diresse verso le montagne di Gàlaad.
Labano insegue Giacobbe
[22]Al terzo giorno fu riferito a Làbano che Giacobbe era fuggito. [23]Allora
egli prese con sé i suoi parenti, lo inseguì per sette giorni di cammino e lo
raggiunse sulle montagne di Gàlaad. [24]Ma Dio venne da Làbano
l'Arameo in un sogno notturno e gli disse: «Bada di non dir niente a
Giacobbe, proprio nulla!». [25]Làbano andò dunque a raggiungere
Giacobbe; ora Giacobbe aveva piantato la tenda sulle montagne e Làbano si era
accampato con i parenti sulle montagne di Gàlaad. [26]Disse allora
Làbano a Giacobbe: «Che hai fatto? Hai eluso la mia attenzione e hai condotto
via le mie figlie come prigioniere di guerra! [27]Perché sei fuggito
di nascosto, mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avrei congedato
con festa e con canti, a suon di timpani e di cetre! [28]E non mi hai
permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Certo hai agito in modo
insensato. [29]Sarebbe in mio potere di farti del male, ma il Dio di
tuo padre mi ha parlato la notte scorsa: Bada di non dir niente a Giacobbe,
né in bene né in male! [30]Certo, sei partito perché soffrivi di
nostalgia per la casa di tuo padre; ma perché mi hai rubato i miei dei?». [31]Giacobbe
rispose a Làbano e disse: «Perché avevo paura e pensavo che mi avresti tolto
con la forza le tue figlie. [32]Ma quanto a colui presso il quale tu
troverai i tuoi dei, non resterà in vita! Alla presenza dei nostri parenti
riscontra quanto vi può essere di tuo presso di me e prendilo». Giacobbe non
sapeva che li aveva rubati Rachele. [33]Allora Làbano entrò nella
tenda di Giacobbe e poi nella tenda di Lia e nella tenda delle due schiave,
ma non trovò nulla. Poi uscì dalla tenda di Lia ed entrò nella tenda di
Rachele. [34]Rachele aveva preso gli idoli e li aveva messi nella
sella del cammello, poi vi si era seduta sopra, così Làbano frugò in tutta la
tenda, ma non li trovò. [35]Essa parlò al padre: «Non si offenda il
mio signore se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho quello che
avviene di regola alle donne». Làbano cercò dunque il tutta la tenda e non
trovò gli idoli.
[36]Giacobbe allora si adirò e apostrofò Làbano, al quale disse: «Qual è il
mio delitto, qual è il mio peccato, perché ti sia messo a inseguirmi? [37]Ora
che hai frugato tra tutti i miei oggetti, che hai trovato di tutte le robe di
casa tua? Mettilo qui davanti ai miei e tuoi parenti e siano essi giudici tra
noi due. [38]Vent'anni ho passato con te: le tue pecore e le tue capre
non hanno abortito e i montoni del tuo gregge non ho mai mangiato. [39]Nessuna
bestia sbranata ti ho portato: io ne compensavo il danno e tu reclamavi da me
ciò che veniva rubato di giorno e ciò che veniva rubato di notte. [40]Di
giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo e il sonno fuggiva dai miei
occhi. [41]Vent'anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici
anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge e tu hai cambiato il
mio salario dieci volte. [42]Se non fosse stato con me il Dio di mio
padre, il Dio di Abramo e il Terrore di Isacco, tu ora mi avresti licenziato
a mani vuote; ma Dio ha visto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e
la scorsa notte egli ha fatto da arbitro».
Accordo tra Giacobbe e Labano
[43]Làbano allora rispose e disse a Giacobbe: «Queste figlie sono mie figlie
e questi figli sono miei figli; questo bestiame è il mio bestiame e quanto tu
vedi è mio. E che potrei fare oggi a queste mie figlie o ai figli che esse
hanno messi al mondo? [44]Ebbene, vieni, concludiamo un'alleanza io e
te e ci sia un testimonio tra me e te». [45]Giacobbe prese una pietra
e la eresse come una stele. [46]Poi disse ai suoi parenti:
«Raccogliete pietre», e quelli presero pietre e ne fecero un mucchio. Poi
mangiarono là su quel mucchio. [47]Làbano lo chiamò Iegar-Saaduta,
mentre Giacobbe lo chiamò Gal-Ed. [48]Làbano disse: «Questo mucchio
sia oggi un testimonio tra me e te»; per questo lo chiamò Gal-Ed [49]e
anche Mizpa, perché disse: «Il Signore starà di vedetta tra me e te, quando
noi non ci vedremo più l'un l'altro. [50]Se tu maltratterai le mie
figlie e se prenderai altre mogli oltre le mie figlie, non un uomo sarà con
noi, ma bada, Dio sarà testimonio tra me e te». [51]Soggiunse Làbano a
Giacobbe: «Ecco questo mucchio ed ecco questa stele, che io ho eretta tra me
e te. [52]Questo mucchio è testimonio e questa stele è testimonio che
io giuro di non oltrepassare questo mucchio dalla tua parte e che tu giuri di
non oltrepassare questo mucchio e questa stele dalla mia parte per fare il
male. [53]Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di
noi». Giacobbe giurò per il Terrore di suo padre Isacco. [54]Poi offrì
un sacrificio sulle montagne e invitò i suoi parenti a prender cibo. Essi
mangiarono e passarono la notte sulle montagne.
[1]Alla mattina per tempo Làbano si alzò, baciò i figli e le figlie e li
benedisse. Poi partì e ritornò a casa.
[2]Mentre Giacobbe continuava il viaggio, gli si fecero incontro gli angeli
di Dio. [3]Giacobbe al vederli disse: «Questo è l'accampamento di Dio»
e chiamò quel luogo Macanaim.
Giacobbe prepara l'incontro con Esaù
[4]Poi Giacobbe mandò avanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaù, nel
paese di Seir, la campagna di Edom. [5]Diede loro questo comando:
«Direte al mio signore Esaù: Dice il tuo servo Giacobbe: Sono stato
forestiero presso Làbano e vi sono restato fino ad ora. [6]Sono venuto
in possesso di buoi, asini e greggi, di schiavi e schiave. Ho mandato ad
informarne il mio signore, per trovare grazia ai suoi occhi». [7]I
messaggeri tornarono da Giacobbe, dicendo: «Siamo stati da tuo fratello Esaù;
ora egli stesso sta venendoti incontro e ha con sé quattrocento uomini». [8]Giacobbe
si spaventò molto e si sentì angosciato; allora divise in due accampamenti la
gente che era con lui, il gregge, gli armenti e i cammelli. [9]Pensò
infatti: «Se Esaù raggiunge un accampamento e lo batte, l'altro accampamento
si salverà». [10]Poi Giacobbe disse: «Dio del mio padre Abramo e Dio
del mio padre Isacco, Signore, che mi hai detto: Ritorna al tuo paese, nella
tua patria e io ti farò del bene, [11]io sono indegno di tutta la
benevolenza e di tutta la fedeltà che hai usato verso il tuo servo. Con il
mio bastone soltanto avevo passato questo Giordano e ora sono divenuto tale
da formare due accampamenti. [12]Salvami dalla mano del mio fratello
Esaù, perché io ho paura di lui: egli non arrivi e colpisca me e tutti, madre
e bambini! [13]Eppure tu hai detto: Ti farò del bene e renderò la tua
discendenza come la sabbia del mare, tanto numerosa che non si può contare». [14]Giacobbe
rimase in quel luogo a passare la notte. Poi prese, di ciò che gli capitava
tra mano, di che fare un dono al fratello Esaù: [15]duecento capre e
venti capri, duecento pecore e venti montoni, [16]trenta cammelle
allattanti con i loro piccoli, quaranta giovenche e dieci torelli, venti
asine e dieci asinelli. [17]Egli affidò ai suoi servi i singoli
branchi separatamente e disse loro: «Passate davanti a me e lasciate un certo
spazio tra un branco e l'altro». [18]Diede questo ordine al primo:
«Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: Di chi sei tu? Dove
vai? Di chi sono questi animali che ti camminano davanti?, [19]tu
risponderai: Del tuo fratello Giacobbe: è un dono inviato al mio signore
Esaù; ecco egli stesso ci segue». [20]Lo stesso ordine diede anche al
secondo e anche al terzo e a quanti seguivano i branchi: «Queste parole voi
rivolgerete ad Esaù quando lo troverete; [21]gli direte: Anche il tuo
servo Giacobbe ci segue». Pensava infatti: «Lo placherò con il dono che mi
precede e in seguito mi presenterò a lui; forse mi accoglierà con
benevolenza». [22]Così il dono passò prima di lui, mentr'egli
trascorse quella notte nell'accampamento.
La lotta con Dio
[23]Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i
suoi undici figli e passò il guado dello Iabbok. [24]Li prese, fece
loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi averi. [25]Giacobbe
rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora. [26]Vedendo
che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e
l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare
con lui. [27]Quegli disse: «Lasciami andare, perché è spuntata
l'aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». [28]Gli
domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». [29]Riprese: «Non ti
chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli
uomini e hai vinto!». [30]Giacobbe allora gli chiese: «Dimmi il tuo
nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. [31]Allora
Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché - disse - ho visto Dio faccia a
faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». [32]Spuntava il sole,
quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca. [33]Per questo gli
Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra
l'articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l'articolazione del
femore di Giacobbe nel nervo sciatico.
L'incontro con Esaù
[1]Poi Giacobbe alzò gli occhi e vide arrivare Esaù che aveva con sé
quattrocento uomini. Allora distribuì i figli tra Lia, Rachele e le due
schiave; [2]mise in testa le schiave con i loro figli, più indietro
Lia con i suoi figli e più indietro Rachele e Giuseppe. [3]Egli passò
davanti a loro e si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi
al fratello. [4]Ma Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò
al collo, lo baciò e piansero. [5]Poi alzò gli occhi e vide le donne e
i fanciulli e disse: «Chi sono questi con te?». Rispose: «Sono i figli di cui
Dio ha favorito il tuo servo». [6]Allora si fecero avanti le schiave
con i loro figli e si prostrarono. [7]Poi si fecero avanti anche Lia e
i suoi figli e si prostrarono e infine si fecero avanti Rachele e Giuseppe e
si prostrarono. [8]Domandò ancora: «Che è tutta questa carovana che ho
incontrata?». Rispose: «E' per trovar grazia agli occhi del mio signore». [9]Esaù
disse: «Ne ho abbastanza del mio, fratello, resti per te quello che è tuo!». [10]Ma
Giacobbe disse: «No, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, accetta dalla mia
mano il mio dono, perché appunto per questo io sono venuto alla tua presenza,
come si viene alla presenza di Dio, e tu mi hai gradito. [11]Accetta
il mio dono augurale che ti è stato presentato, perché Dio mi ha favorito e
sono provvisto di tutto!». Così egli insistette e quegli accettò.
Giacobbe si separa da Esaù
[12]Poi Esaù disse: «Leviamo l'accampamento e mettiamoci in viaggio: io
camminerò davanti a te». [13]Gli rispose: «Il mio signore sa che i
fanciulli sono delicati e che ho a mio carico i greggi e gli armenti che
allattano: se si affaticano anche un giorno solo, tutte le bestie moriranno. [14]Il
mio signore passi prima del suo servo, mentre io mi sposterò a tutto mio
agio, al passo di questo bestiame che mi precede e al passo dei fanciulli,
finché arriverò presso il mio signore a Seir». [15]Disse allora Esaù:
«Almeno possa lasciare con te una parte della gente che ho con me!». Rispose:
«Ma perché? Possa io solo trovare grazia agli occhi del mio signore!». [16]Così
in quel giorno stesso Esaù ritornò sul suo cammino verso Seir. [17]Giacobbe
invece si trasportò a Succot, dove costruì una casa per sé e fece capanne per
il gregge. Per questo chiamò quel luogo Succot.
Arrivo a Sichem
[18]Giacobbe arrivò sano e salvo alla città di Sichem, che è nel paese di Canaan,
quando tornò da Paddan-Aram e si accampò di fronte alla città. [19]Poi
acquistò dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento,
quella porzione di campagna dove aveva piantato la tenda. [20]Ivi
eresse un altare e lo chiamò «El, Dio d'Israele».
Violenza fatta a Dina
[1]Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, uscì a vedere le
ragazze del paese. [2]Ma la vide Sichem, figlio di Camor l'Eveo,
principe di quel paese, e la rapì, si unì a lei e le fece violenza. [3]Egli
rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; amò la fanciulla e le rivolse
parole di conforto. [4]Poi disse a Camor suo padre: «Prendimi in
moglie questa ragazza». [5]Intanto Giacobbe aveva saputo che quegli
aveva disonorato Dina, sua figlia, ma i suoi figli erano in campagna con il
suo bestiame. Giacobbe tacque fino al loro arrivo.
Accordo matrimoniale con i Sichemiti
[6]Venne dunque Camor, padre di Sichem, da Giacobbe per parlare con lui. [7]Quando
i figli di Giacobbe tornarono dalla campagna, sentito l'accaduto, ne furono
addolorati e s'indignarono molto, perché quelli aveva commesso un'infamia in
Israele, unendosi alla figlia di Giacobbe: così non si doveva fare!
[8]Camor disse loro: «Sichem, mio figlio, è innamorato della vostra figlia;
dategliela in moglie! [9]Anzi, alleatevi con noi: voi darete a noi le
vostre figlie e vi prenderete per voi le nostre figlie. [10]Abiterete
con noi e il paese sarà a vostra disposizione; risiedetevi, percorretelo in
lungo e in largo e acquistate proprietà in esso». [11]Poi Sichem disse
al padre e ai fratelli di lei: «Possa io trovare grazia agli occhi vostri; vi
darò quel che mi direte. [12]Alzate pure molto a mio carico il prezzo
nuziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete, ma datemi la
giovane in moglie!».
[13]Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e
parlarono con astuzia, perché quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. [14]Dissero
loro: «Non possiamo fare questo, dare cioè la nostra sorella ad un uomo non
circonciso, perché ciò sarebbe un disonore per noi. [15]Solo a questa
condizione acconsentiremo alla vostra richiesta, se cioè voi diventerete come
noi, circoncidendo ogni vostro maschio. [16]Allora noi vi daremo le
nostre figlie e ci prenderemo le vostre, abiteremo con voi e diventeremo un
solo popolo. [17]Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra
circoncisione, allora prenderemo la nostra figlia e ce ne andremo».
[18]Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem, figlio di Camor. [19]Il
giovane non indugiò ad eseguire la cosa, perché amava la figlia di Giacobbe;
d'altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre. [20]Vennero
dunque Camor e il figlio Sichem alla porta della loro città e parlarono agli
uomini della città: [21]«Questi uomini sono gente pacifica: abitino
pure con noi nel paese e lo percorrano in lungo e in largo; esso è molto
ampio per loro in ogni direzione. Noi potremo prendere per mogli le loro
figlie e potremo dare a loro le nostre. [22]Ma solo ad una condizione
questi uomini acconsentiranno ad abitare con noi, a diventare un sol popolo:
se cioè noi circoncidiamo ogni nostro maschio come loro stessi sono
circoncisi. [23]I loro armenti, la loro ricchezza e tutto il loro
bestiame non saranno forse nostri? Accontentiamoli dunque e possano abitare
con noi!». [24]Allora quanti avevano accesso alla porta della sua
città ascoltarono Camor e il figlio Sichem: tutti i maschi, quanti avevano
accesso alla porta della città, si fecero circoncidere.
Vendetta di Simeone e di Levi
[25]Ma il terzo giorno, quand'essi erano sofferenti, i due figli di Giacobbe,
Simeone e Levi, i fratelli di Dina, presero ciascuno una spada, entrarono
nella città con sicurezza e uccisero tutti i maschi. [26]Passarono
così a fil di spada Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa
di Sichem e si allontanarono. [27]I figli di Giacobbe si buttarono sui
cadaveri e saccheggiarono la città, perché quelli avevano disonorato la loro
sorella. [28]Presero così i loro greggi e i loro armenti, i loro asini
e quanto era nella città e nella campagna. [29]Portarono via come
bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini e le loro donne e
saccheggiarono quanto era nelle case. [30]Allora Giacobbe disse a
Simeone e a Levi: «Voi mi avete messo in difficoltà, rendendomi odioso agli
abitanti del paese, ai Cananei e ai Perizziti, mentre io ho pochi uomini;
essi si raduneranno contro di me, mi vinceranno e io sarò annientato con la
mia casa». [31]Risposero: «Si tratta forse la nostra sorella come una
prostituta?».
Giacobbe a Betel
[1]Dio disse a Giacobbe: «Alzati, và a Betel e abita là; costruisci in quel
luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi Esaù, tuo fratello». [2]Allora
Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dei
stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti. [3]Poi
alziamoci e andiamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha
esaudito al tempo della mia angoscia e che è stato con me nel cammino che ho
percorso». [4]Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dei stranieri che
possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi; Giacobbe li sotterrò sotto
la quercia presso Sichem.
[5]Poi levarono l'accampamento e un terrore molto forte assalì i popoli che
stavano attorno a loro, così che non inseguirono i figli di Giacobbe. [6]Giacobbe
e tutta la gente ch'era con lui arrivarono a Luz, cioè Betel, che è nel paese
di Canaan. [7]Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo
«El-Betel», perché là Dio gli si era rivelato, quando sfuggiva al fratello. [8]Allora
morì Dèbora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al disotto di Betel, ai
piedi della quercia, che perciò si chiamò Quercia del Pianto.
[9]Dio apparve un'altra volta a Giacobbe, quando tornava da Paddan-Aram, e
lo benedisse. [10]Dio gli disse:
«Il tuo nome è Giacobbe.
Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele sarà il tuo nome».
Così lo si chiamò Israele. [11]Dio gli disse:
«Io sono Dio onnipotente.
Sii fecondo e diventa numeroso, popolo e assemblea di popoli verranno da te, re usciranno dai tuoi fianchi. [12]Il paese che ho concesso ad Abramo e a Isacco darò a te e alla tua stirpe dopo di te darò il paese».
[13]Dio scomparve da lui, nel luogo dove gli aveva parlato. [14]Allora
Giacobbe eresse una stele, dove gli aveva parlato, una stele di pietra, e su
di essa fece una libazione e versò olio. [15]Giacobbe chiamò Betel il
luogo dove Dio gli aveva parlato.
Nascita di Beniamino e morte di Rachele
[16]Poi levarono l'accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino
per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. [17]Mentre
penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere: anche questo è un
figlio!». [18]Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo,
essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. [19]Così
Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Efrata, cioè Betlemme. [20]Giacobbe
eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba di Rachele esiste
fino ad oggi.
Incesto di Ruben
[21]Poi Israele levò l'accampamento e piantò la tenda al di là di
Migdal-Eder. [22]Mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò a
unirsi con Bila, concubina del padre, e Israele lo venne a sapere.
I dodici figli di Giacobbe
I figli di Giacobbe furono dodici. [23]I
figli di Lia: il primogenito di Giacobbe, Ruben, poi Simeone, Levi, Giuda,
Issacar e Zàbulon. [24]I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino. [25]I
figli di Bila, schiava di Rachele: Dan e Nèftali. [26]I figli di
Zilpa, schiava di Lia: Gad e Aser. Questi sono i figli di Giacobbe che gli
nacquero in Paddan-Aram.
Morte di Isacco
[27]Poi Giacobbe venne da suo padre Isacco a Mamre, a Kiriat-Arba, cioè
Ebron, dove Abramo e Isacco avevano soggiornato come forestieri. [28]Isacco
raggiunse l'età di centottat'anni. [29]Poi Isacco spirò, morì e si
riunì al suo parentado, vecchio e sazio di giorni. Lo seppellirono i suoi
figli Esaù e Giacobbe.
Mogli e figli di Esaù in Canaan
[1]Questa è la discendenza di Esaù, cioè Edom. [2]Esaù prese le mogli
tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, l'Hittita; Oolibama, figlia
di Ana, figlio di Zibeon, l'Hurrita; [3]Basemat, figlia di Ismaele,
sorella di Nebaiòt. [4]Ada partorì ad Esaù Elifaz, Basemat partorì
Reuel, [5]Oolibama partorì Ieus, Iaalam e Core. Questi sono i figli di
Esaù, che gli nacquero nel paese di Canaan.
Migrazione di Esaù
[6]Poi Esaù prese le mogli e i figli e le figlie e tutte le persone della
sua casa, il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva
acquistati nel paese di Canaan e andò nel paese di Seir, lontano dal fratello
Giacobbe. [7]Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi perché
essi potessero abitare insieme e il territorio, dove essi soggiornavano, non
poteva sostenerli per causa del loro bestiame. [8]Così Esaù si stabilì
sulle montagne di Seir. Ora Esaù è Edom.
Discendenza di Esaù in Seir
[9]Questa è la discendenza di Esaù, padre degli Idumei, nelle montagne di
Seir. [10]Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifaz, figlio di Ada,
moglie di Esaù; Reuel, figlio di Basemat, moglie di Esaù. [11]I figli
di Elifaz furono: Teman, Omar, Zefo, Gatam, Kenaz. [12]Elifaz, figlio
di Esaù, aveva per concubina Timna, la quale ad Elifaz partorì Amalek. Questi
sono i figli di Ada, moglie di Esaù. [13]Questi sono i figli di Reuel:
Naat e Zerach, Samma e Mizza. Questi furono i figli di Basemat, moglie di
Esaù. [14]Questi furono i figli di Oolibama, moglie di Esaù, figlia di
Ana, figlio di Zibeon; essa partorì a Esaù Ieus, Iaalam e Core.
I capi di Edom
[15]Questi sono i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di
Esaù: il capo di Teman, il capo di Omar, il capo di Zefo, il capo di Kenaz, [16]il
capo di Core, il capo di Gatam, il capo di Amalek. Questi sono i capi di
Elifaz nel paese di Edom: questi sono i figli di Ada.
[17]Questi i figli di Reuel, figlio di Esaù: il capo di Naat, il capo di
Zerach, il capo di Samma, il capo di Mizza. Questi sono i capi di Reuel nel
paese di Edom; questi sono i figli di Basemat, moglie di Esaù.
[18]Questi sono i figli di Oolibama, moglie di Esaù: il capo di Ieus, il capo
di Iaalam, il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibama, figlia di Ana,
moglie di Esaù.
[19]Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Egli è Edom.
Discendenza di Seir l'Hurrita
[20]Questi sono i figli di Seir l'Hurrita, che abitano il paese: Lotan,
Sobal, Zibeon, Ana, [21]Dison, Eser e Disan. Questi sono i capi degli
Hurriti, figli di Seir, nel paese di Edom. [22]I figli di Lotan furono
Ori e Emam e la sorella di Lotan era Timna. [23]I figli di Sobal sono
Alvan, Manacat, Ebal, Sefo e Onam. [24]I figli di Zibeon sono Aia e
Ana; questo è l'Ana che trovò le sorgenti calde nel deserto, mentre pascolava
gli asini del padre Zibeon. [25]I figli di Ana sono Dison e Oolibama,
figlia di Ana. [26]I figli di Dison sono Emdam, Esban, Itran e Cheran.
[27]I figli di Eser sono Bilan, Zaavan e Akan. [28]I figli di
Disan sono Uz e Aran. [29]Questi sono i capi degli Hurriti: il capo di
Lotan, il capo di Sobal, il capo di Zibeon, il capo di Ana, [30]il
capo di Dison, il capo di Eser, il capo di Disan. Questi sono i capi degli
Hurriti, secondo le loro tribù nel paese di Seir.
I re di Edom
[31]Questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che regnasse un
re degli Israeliti. [32]Regnò dunque in Edom Bela, figlio di Beor, e
la sua città si chiama Dinaba. [33]Poi morì Bela e regnò al suo posto
Iobab, figlio di Zerach, da Bosra. [34]Poi morì Iobab e regnò al suo
posto Usam, del territorio dei Temaniti. [35]Poi morì Usam e regnò al
suo posto Adad, figlio di Bedad, colui che vinse i Madianiti nelle steppe di
Moab; la sua città si chiama Avit. [36]Poi morì Adad e regnò al suo
posto Samla da Masreka. [37]Poi morì Samla e regnò al suo posto Saul
da Recobot-Naar. [38]Poi morì Saul e regnò al suo posto Baal-Canan,
figlio di Acbor. [39]Poi morì Baal-Canan, figlio di Acbor, e regnò al
suo posto Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chiamava Meetabel,
figlia di Matred, da Me-Zaab.
Ancora i capi di Edom
[40]Questi sono i nomi dei capi di Esaù, secondo le loro famiglie, le loro
località, con i loro nomi: il capo di Timna, il capo di Alva, il capo di
Ietet, [41]il capo di Oolibama, il capo di Ela, il capo di Pinon, [42]il
capo di Kenan, il capo di Teman, il capo di Mibsar, [43]il capo di
Magdiel, il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel
territorio di loro proprietà. E' appunto questo Esaù il padre degli Idumei.
[1]Giacobbe si stabilì nel paese dove suo padre era stato forestiero, nel
paese di Canaan.
IV. STORIA DI GIUSEPPE
Giuseppe e i suoi fratelli
[2]Questa è la storia della discendenza di Giacobbe.
Giuseppe all'età di diciassette anni pascolava il
gregge con i fratelli. Egli era giovane e stava con i figli di Bila e i figli
di Zilpa, mogli di suo padre. Ora Giuseppe riferì al loro padre i
pettegolezzi sul loro conto. [3]Israele amava Giuseppe più di tutti i
suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una
tunica dalle lunghe maniche. [4]I suoi fratelli, vedendo che il loro
padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non potevano
parlargli amichevolmente. [5]Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò
ai fratelli, che lo odiarono ancor di più. [6]Disse dunque loro:
«Ascoltate questo sogno che ho fatto. [7]Noi stavamo legando covoni in
mezzo alla campagna, quand'ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i
vostri covoni vennero intorno e si prostrarono davanti al mio». [8]Gli
dissero i suoi fratelli: «Vorrai forse regnare su di noi o ci vorrai
dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole.
[9]Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò al padre e ai fratelli e
disse: «Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle
si prostravano davanti a me». [10]Lo narrò dunque al padre e ai
fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai
fatto! Dovremo forse venire io e tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci
fino a terra davanti a te?».
[11]I suoi fratelli perciò erano invidiosi di lui, ma suo padre tenne in
mente la cosa.
Giuseppe venduto dai fratelli
[12]I suoi fratelli andarono a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. [13]Israele
disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni,
ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!». [14]Gli disse: «Và
a vedere come stanno i tuoi fratelli e come sta il bestiame, poi torna a
riferirmi». Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron ed egli arrivò a
Sichem. [15]Mentr'egli andava errando per la campagna, lo trovò un
uomo, che gli domandò: «Che cerchi?». [16]Rispose: «Cerco i miei
fratelli. Indicami dove si trovano a pascolare». [17]Quell'uomo disse:
«Hanno tolto le tende di qui, infatti li ho sentiti dire: Andiamo a Dotan».
Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. [18]Essi
lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono di
farlo morire. [19]Si dissero l'un l'altro: «Ecco, il sognatore arriva!
[20]Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna! Poi diremo:
Una bestia feroce l'ha divorato! Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». [21]Ma
Ruben sentì e volle salvarlo dalle loro mani, dicendo: «Non togliamogli la
vita». [22]Poi disse loro: «Non versate il sangue, gettatelo in questa
cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»; egli
intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. [23]Quando
Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua
tunica, quella tunica dalle lunghe maniche ch'egli indossava, [24]poi
lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota,
senz'acqua. [25]Poi sedettero per prendere cibo. Quando ecco, alzando
gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Galaad,
con i cammelli carichi di resina, di balsamo e di laudano, che andavano a portare
in Egitto. [26]Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c'è ad
uccidere il nostro fratello e a nasconderne il sangue? [27]Su,
vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è
nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli lo ascoltarono.
[28]Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero
Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d'argento vendettero Giuseppe agli
Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto. [29]Quando Ruben
ritornò alla cisterna, ecco Giuseppe non c'era più. Allora si stracciò le
vesti, [30]tornò dai suoi fratelli e disse: «Il ragazzo non c'è più,
dove andrò io?». [31]Presero allora la tunica di Giuseppe, scannarono
un capro e intinsero la tunica nel sangue. [32]Poi mandarono al padre
la tunica dalle lunghe maniche e gliela fecero pervenire con queste parole:
«L'abbiamo trovata; riscontra se è o no la tunica di tuo figlio». [33]Egli
la riconobbe e disse: «E' la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l'ha
divorato. Giuseppe è stato sbranato». [34]Giacobbe si stracciò le
vesti, si pose un cilicio attorno ai fianchi e fece lutto sul figlio per
molti giorni. [35]Tutti i suoi figli e le sue figlie vennero a
consolarlo, ma egli non volle essere consolato dicendo: «No, io voglio scendere
in lutto dal figlio mio nella tomba». E il padre suo lo pianse. [36]Intanto
i Madianiti lo vendettero in Egitto a Potifar, consigliere del faraone e
comandante delle guardie.
Storia di Giuda e di Tamar
[1]In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un
uomo di Adullam, di nome Chira. [2]Qui Giuda vide la figlia di un Cananeo
chiamato Sua, la prese in moglie e si unì a lei. [3]Essa concepì e
partorì un figlio e lo chiamò Er. [4]Poi concepì ancora e partorì un
figlio e lo chiamò Onan. [5]Ancora un'altra volta partorì un figlio e
lo chiamò Sela. Essa si trovava in Chezib, quando lo partorì.
[6]Giuda prese una moglie per il suo primogenito Er, la quale si chiamava
Tamar. [7]Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il
Signore lo fece morire. [8]Allora Giuda disse a Onan: «Unisciti alla
moglie del fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così
una posterità per il fratello». [9]Ma Onan sapeva che la prole non
sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del
fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. [10]Ciò
che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui. [11]Allora
Giuda disse alla nuora Tamar: «Ritorna a casa da tuo padre come vedova fin
quando il mio figlio Sela sarà cresciuto». Perché pensava: «Che non muoia
anche questo come i suoi fratelli!». Così Tamar se ne andò e ritornò alla
casa del padre.
[12]Passarono molti giorni e morì la figlia di Sua, moglie di Giuda. Quando
Giuda ebbe finito il lutto, andò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge
e con lui vi era Chira, il suo amico di Adullam. [13]Fu portata a
Tamar questa notizia: «Ecco, tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo
gregge». [14]Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili, si coprì con il
velo e se lo avvolse intorno, poi si pose a sedere all'ingresso di Enaim, che
è sulla strada verso Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto,
ma che lei non gli era stata data in moglie. [15]Giuda la vide e la
credette una prostituta, perché essa si era coperta la faccia. [16]Egli
si diresse su quella strada verso di lei e disse: «Lascia che io venga con
te!». Non sapeva infatti che quella fosse la sua nuora. Essa disse: «Che mi
darai per venire con me?». [17]Rispose: «Io ti manderò un capretto del
gregge». Essa riprese: «Mi dai un pegno fin quando me lo avrai mandato?». [18]Egli
disse: «Qual è il pegno che ti devo dare?». Rispose: «Il tuo sigillo, il tuo
cordone e il bastone che hai in mano». Allora glieli diede e le si unì. Essa
concepì da lui. [19]Poi si alzò e se ne andò; si tolse il velo e rivestì
gli abiti vedovili. [20]Giuda mandò il capretto per mezzo del suo
amico di Adullam, per riprendere il pegno dalle mani di quella donna, ma
quegli non la trovò. [21]Domandò agli uomini di quel luogo: «Dov'è
quella prostituta che stava in Enaim sulla strada?». Ma risposero: «Non c'è
stata qui nessuna prostituta». [22]Così tornò da Giuda e disse: «Non
l'ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: Non c'è stata qui
nessuna prostituta». [23]Allora Giuda disse: «Se li tenga! Altrimenti
ci esponiamo agli scherni. Vedi che le ho mandato questo capretto, ma tu non
l'hai trovata».
[24]Circa tre mesi dopo, fu portata a Giuda questa notizia: «Tamar, la tua
nuora, si è prostituita e anzi è incinta a causa della prostituzione». Giuda disse:
«Conducetela fuori e sia bruciata!». [25]Essa veniva gia condotta
fuori, quando mandò a dire al suocero: «Dell'uomo a cui appartengono questi
oggetti io sono incinta». E aggiunse: «Riscontra, dunque, di chi siano questo
sigillo, questi cordoni e questo bastone». [26]Giuda li riconobbe e
disse: «Essa è più giusta di me, perché io non l'ho data a mio figlio Sela».
E non ebbe più rapporti con lei.
[27]Quand'essa fu giunta al momento di partorire, ecco aveva nel grembo due
gemelli. [28]Durante il parto, uno di essi mise fuori una mano e la
levatrice prese un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo:
«Questi è uscito per primo». [29]Ma, quando questi ritirò la mano,
ecco uscì suo fratello. Allora essa disse: «Come ti sei aperta una breccia?»
e lo si chiamò Perez. [30]Poi uscì suo fratello, che aveva il filo
scarlatto alla mano, e lo si chiamò Zerach.
Primi successi di Giuseppe in Egitto
[1]Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere del faraone
e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che
l'avevano condotto laggiù. [2]Allora il Signore fu con Giuseppe: a lui
tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone. [3]Il
suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che quanto egli
intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue mani. [4]Così
Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale;
anzi quegli lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi.
[5]Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti
i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano per causa di
Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, in casa e nella
campagna. [6]Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di
Giuseppe e non gli domandava conto di nulla, se non del cibo che mangiava.
Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto.
Giuseppe e la seduttrice
[7]Dopo questi fatti, la moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e
gli disse: «Unisciti a me!». [8]Ma egli rifiutò e disse alla moglie
del suo padrone: «Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella
sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi. [9]Lui stesso non
conta più di me in questa casa; non mi ha proibito nulla, se non te, perché
sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?».
[10]E, benché ogni giorno essa ne parlasse a Giuseppe, egli non
acconsentì di unirsi, di darsi a lei.
[11]Ora un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non c'era
nessuno dei domestici. [12]Essa lo afferrò per la veste, dicendo:
«Unisciti a me!». Ma egli le lasciò tra le mani la veste, fuggì e uscì. [13]Allora
essa, vedendo ch'egli le aveva lasciato tra le mani la veste ed era fuggito
fuori, [14]chiamò i suoi domestici e disse loro: «Guardate, ci ha
condotto in casa un Ebreo per scherzare con noi! Mi si è accostato per unirsi
a me, ma io ho gridato a gran voce. [15]Egli, appena ha sentito che
alzavo la voce e chiamavo, ha lasciato la veste accanto a me, è fuggito ed è
uscito».
[16]Ed essa pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne a casa.
[17]Allora gli disse le stesse cose: «Quel servo ebreo, che tu ci hai
condotto in casa, mi si è accostato per scherzare con me. [18]Ma
appena io ho gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed è
fuggito fuori». [19]Quando il padrone udì le parole di sua moglie che
gli parlava: «Proprio così mi ha fatto il tuo servo!», si accese d'ira.
[20]Il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise nella prigione, dove erano
detenuti i carcerati del re.
Giuseppe in prigione
Così egli rimase là in prigione. [21]Ma il
Signore fu con Giuseppe, gli conciliò benevolenza e gli fece trovare grazia
agli occhi del comandante della prigione.
[22]Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che
erano nella prigione e quanto c'era da fare là dentro, lo faceva lui. [23]Il
comandante della prigione non si prendeva cura più di nulla di quanto gli era
affidato, perché il Signore era con lui e quello che egli faceva il Signore
faceva riuscire.
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Giuseppe interpreta i sogni degli
ufficiali del Faraone
[1]Dopo queste cose il coppiere del re d'Egitto e il panettiere offesero il
loro padrone, il re d'Egitto. [2]Il faraone si adirò contro i suoi due
eunuchi, contro il capo dei coppieri e contro il capo dei panettieri, [3]e
li fece mettere in carcere nella casa del comandante delle guardie, nella
prigione dove Giuseppe era detenuto. [4]Il comandante delle guardie
assegnò loro Giuseppe, perché li servisse. Così essi restarono nel carcere
per un certo tempo.
[5]Ora, in una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d'Egitto,
che erano detenuti nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, ciascuno il
suo sogno, che aveva un significato particolare.
[6]Alla mattina Giuseppe venne da loro e vide che erano afflitti. [7]Allora
interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa del
suo padrone e disse: «Perché quest'oggi avete la faccia così triste?». [8]Gli
dissero: «Abbiamo fatto un sogno e non c'è chi lo interpreti». Giuseppe disse
loro: «Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni? Raccontatemi
dunque».
[9]Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse:
«Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite, [10]sulla quale erano
tre tralci; non appena essa cominciò a germogliare, apparvero i fiori e i
suoi grappoli maturarono gli acini. [11]Io avevo in mano il calice del
faraone; presi gli acini, li spremetti nella coppa del faraone e diedi la
coppa in mano al faraone».
[12]Giuseppe gli disse: «Eccone la spiegazione: i tre tralci sono tre giorni.
[13]Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti restituirà
nella tua carica e tu porgerai il calice al faraone, secondo la consuetudine
di prima, quando eri suo coppiere. [14]Ma se, quando sarai felice, ti
vorrai ricordare che io sono stato con te, fammi questo favore: parla di me
al faraone e fammi uscire da questa casa. [15]Perché io sono stato
portato via ingiustamente dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto
nulla perché mi mettessero in questo sotterraneo».
[16]Allora il capo dei panettieri, vedendo che aveva dato un'interpretazione
favorevole, disse a Giuseppe: «Quanto a me, nel mio sogno mi stavano sulla
testa tre canestri di pane bianco [17]e nel canestro che stava di
sopra era ogni sorta di cibi per il faraone, quali si preparano dai panettieri.
Ma gli uccelli li mangiavano dal canestro che avevo sulla testa».
[18]Giuseppe rispose e disse: «Questa è la spiegazione: i tre canestri sono
tre giorni. [19]Fra tre giorni il faraone solleverà la tua testa e ti
impiccherà ad un palo e gli uccelli ti mangeranno la carne addosso».
[20]Appunto al terzo giorno - era il giorno natalizio del faraone - egli fece
un banchetto a tutti i suoi ministri e allora sollevò la testa del capo dei
coppieri e la testa del capo dei panettieri in mezzo ai suoi ministri. [21]Restituì
il capo dei coppieri al suo ufficio di coppiere, perché porgesse la coppa al
faraone, [22]e invece impiccò il capo dei panettieri, secondo
l'interpretazione che Giuseppe aveva loro data. [23]Ma il capo dei
coppieri non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.
I sogni del Faraone
[1]Al termine di due anni, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo. [2]Ed
ecco salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse e si misero a
pascolare tra i giunchi. [3]Ed ecco, dopo quelle, sette altre vacche
salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle
prime vacche sulla riva del Nilo. [4]Ma le vacche brutte di aspetto e
magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si
svegliò.
[5]Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano
da un unico stelo, grosse e belle. [6]Ma ecco sette spighe vuote e
arse dal vento d'oriente spuntavano dopo quelle. [7]Le spighe vuote
inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Poi il faraone si svegliò: era
stato un sogno.
[8]Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli
indovini e tutti i saggi dell'Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma
nessuno lo sapeva interpretare al faraone.
[9]Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le
mie colpe. [10]Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li
aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie, me e il capo dei
panettieri. [11]Noi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ma
avemmo ciascuno un sogno con un significato particolare. [12]Ora era
là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli
raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno
spiegazione del suo sogno. [13]Proprio come ci aveva interpretato,
così avvenne: io fui restituito alla mia carica e l'altro fu impiccato».
[14]Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal
sotterraneo ed egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone. [15]Il
faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno lo sa interpretare;
ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per
interpretarlo subito».
[16]Giuseppe rispose al faraone: «Non io, ma Dio darà la risposta per la
salute del faraone!». [17]Allora il faraone disse a Giuseppe: «Nel mio
sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo. [18]Quand'ecco salirono dal
Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i
giunchi. [19]Ed ecco sette altre vacche salirono dopo quelle, deboli,
brutte di forma e magre: non ne vidi mai di così brutte in tutto il paese
d'Egitto. [20]Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette
vacche, quelle grasse. [21]Queste entrarono nel loro corpo, ma non si
capiva che vi fossero entrate, perché il loro aspetto era brutto come prima.
E mi svegliai.
[22]Poi vidi nel sogno che sette spighe spuntavano da un solo stelo, piene e
belle. [23]Ma ecco sette spighe secche, vuote e arse dal vento
d'oriente, spuntavano dopo quelle. [24]Le spighe vuote inghiottirono
le sette spighe belle. Ora io l'ho detto agli indovini, ma nessuno mi dà la
spiegazione».
[25]Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo:
quello che Dio sta per fare, lo ha indicato al faraone. [26]Le sette
vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni: è un
solo sogno. [27]E le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo
quelle, sono sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d'oriente,
sono sette anni: vi saranno sette anni di carestia. [28]E' appunto ciò
che ho detto al faraone: quanto Dio sta per fare, l'ha manifestato al
faraone. [29]Ecco stanno per venire sette anni, in cui sarà grande
abbondanza in tutto il paese d'Egitto. [30]Poi a questi succederanno
sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quella abbondanza nel paese
d'Egitto e la carestia consumerà il paese. [31]Si dimenticherà che vi
era stata l'abbondanza nel paese a causa della carestia venuta in seguito,
perché sarà molto dura. [32]Quanto al fatto che il sogno del faraone
si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si
affretta ad eseguirla.
[33]Ora il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a
capo del paese d'Egitto. [34]Il faraone inoltre proceda ad istituire
funzionari sul paese, per prelevare un quinto sui prodotti del paese d'Egitto
durante i sette anni di abbondanza. [35]Essi raccoglieranno tutti i
viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano
sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. [36]Questi
viveri serviranno al paese di riserva per i sette anni di carestia che
verranno nel paese d'Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla
carestia».
Promozione di Giuseppe
[37]La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. [38]Il
faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia
lo spirito di Dio?». [39]Poi il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento
che Dio ti ha manifestato tutto questo, nessuno è intelligente e saggio come
te. [40]Tu stesso sarai il mio maggiordomo e ai tuoi ordini si
schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te».
[41]Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco, io ti metto a capo di tutto il paese
d'Egitto». [42]Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla
mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo
un monile d'oro. [43]Poi lo fece montare sul suo secondo carro e
davanti a lui si gridava: «Abrech». E così lo si stabilì su tutto il paese
d'Egitto. [44]Poi il faraone disse a Giuseppe: «Sono il faraone, ma
senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutto il
paese d'Egitto». [45]E il faraone chiamò Giuseppe Zafnat-Paneach e gli
diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe uscì per
tutto il paese d'Egitto. [46]Giuseppe aveva trent'anni quando si
presentò al faraone re d'Egitto.
Poi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse
tutto il paese d'Egitto. [47]Durante i sette anni di abbondanza la
terra produsse a profusione. [48]Egli raccolse tutti i viveri dei
sette anni, nei quali vi era stata l'abbondanza nel paese d'Egitto, e ripose
i viveri nelle città, cioè in ogni città ripose i viveri della campagna
circostante. [49]Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in
grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era
incalcolabile.
I figli di Giuseppe
[50]Intanto nacquero a Giuseppe due figli, prima che venisse l'anno della
carestia; glieli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. [51]Giuseppe
chiamò il primogenito Manasse, «perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare
ogni affanno e tutta la casa di mio padre». [52]E il secondo lo chiamò
Efraim, «perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia
afflizione».
[53]Poi finirono i sette anni di abbondanza nel paese d'Egitto [54]e
cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu
carestia in tutti i paesi, ma in tutto l'Egitto c'era il pane.
[55]Poi tutto il paese d'Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò
al faraone per avere il pane. Allora il faraone disse a tutti gli Egiziani:
«Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». [56]La carestia
dominava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi
era grano e vendette il grano agli Egiziani, mentre la carestia si aggravava
in Egitto. [57]E da tutti i paesi venivano in Egitto per acquistare
grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra.
Primo incontro di Giuseppe con i suoi
fratelli
[1]Ora Giacobbe seppe che in Egitto c'era il grano; perciò disse ai figli:
«Perché state a guardarvi l'un l'altro?». [2]E continuò: «Ecco, ho
sentito dire che vi è il grano in Egitto. Andate laggiù e compratene per noi,
perché possiamo conservarci in vita e non morire». [3]Allora i dieci
fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento in Egitto. [4]Ma
quanto a Beniamino, fratello di Giuseppe, Giacobbe non lo mandò con i
fratelli perché diceva: «Non gli succeda qualche disgrazia!». [5]Arrivarono
dunque i figli d'Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure
erano venuti, perché nel paese di Canaan c'era la carestia.
[6]Ora Giuseppe aveva autorità sul paese e vendeva il grano a tutto il
popolo del paese. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si
prostrarono davanti con la faccia a terra. [7]Giuseppe vide i suoi
fratelli e li riconobbe, ma fece l'estraneo verso di loro, parlò duramente e
disse: «Di dove siete venuti?». Risposero: «Dal paese di Canaan per comperare
viveri». [8]Giuseppe riconobbe dunque i fratelli, mentre essi non lo
riconobbero. [9]Si ricordò allora Giuseppe dei sogni che aveva avuti a
loro riguardo e disse loro: «Voi siete spie! Voi siete venuti a vedere i
punti scoperti del paese». [10]Gli risposero: «No, signore mio; i tuoi
servi sono venuti per acquistare viveri. [11]Noi siamo tutti figli di
un solo uomo. Noi siamo sinceri. I tuoi servi non sono spie!». [12]Ma
egli disse loro: «No, voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese!».
[13]Allora essi dissero: «Dodici sono i tuoi servi, siamo fratelli,
figli di un solo uomo, nel paese di Canaan; ecco il più giovane è ora presso
nostro padre e uno non c'è più». [14]Giuseppe disse loro: «Le cose
stanno come vi ho detto: voi siete spie. [15]In questo modo sarete
messi alla prova: per la vita del faraone, non uscirete di qui se non quando
vi avrà raggiunto il vostro fratello più giovane. [16]Mandate uno di
voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete prigionieri. Siano così
messe alla prova le vostre parole, per sapere se la verità è dalla vostra
parte. Se no, per la vita del faraone, voi siete spie!». [17]E li
tenne in carcere per tre giorni.
[18]Al terzo giorno Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita;
io temo Dio! [19]Se voi siete sinceri, uno dei vostri fratelli resti
prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame
delle vostre case. [20]Poi mi condurrete qui il vostro fratello più
giovane. Allora le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete». Essi
annuirono. [21]Allora si dissero l'un l'altro: «Certo su di noi grava
la colpa nei riguardi di nostro fratello, perché abbiamo visto la sua
angoscia quando ci supplicava e non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci è
venuta addosso quest'angoscia». [22]Ruben prese a dir loro: «Non ve lo
avevo detto io: Non peccate contro il ragazzo? Ma non mi avete dato ascolto.
Ecco ora ci si domanda conto del suo sangue». [23]Non sapevano che
Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro vi era l'interprete.
[24]Allora egli si allontanò da loro e pianse. Poi tornò e parlò con essi.
Scelse tra di loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi.
Ritorno dei figli di Giacobbe in Canaan
[25]Quindi Giuseppe diede ordine che si riempissero di grano i loro sacchi e
si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e si dessero loro provviste
per il viaggio. E così venne loro fatto.
[26]Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. [27]Ora in
un luogo dove passavano la notte uno di essi aprì il sacco per dare il
foraggio all'asino e vide il proprio denaro alla bocca del sacco. [28]Disse
ai fratelli: «Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!».
Allora si sentirono mancare il cuore e tremarono, dicendosi l'un l'altro: «Che
è mai questo che Dio ci ha fatto?».
[29]Arrivati da Giacobbe loro padre, nel paese di Canaan, gli riferirono
tutte le cose che erano loro capitate: [30]«Quell'uomo che è il
signore del paese ci ha parlato duramente e ci ha messi in carcere come spie
del paese. [31]Allora gli abbiamo detto: Noi siamo sinceri; non siamo
spie! [32]Noi siamo dodici fratelli, figli di nostro padre: uno non
c'è più e il più giovane è ora presso nostro padre nel paese di Canaan. [33]Ma
l'uomo, signore del paese, ci ha risposto: In questo modo io saprò se voi
siete sinceri: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli, prendete il grano
necessario alle vostre case e andate. [34]Poi conducetemi il vostro
fratello più giovane; così saprò che non siete spie, ma che siete sinceri; io
vi renderò vostro fratello e voi potrete percorrere il paese in lungo e in
largo».
[35]Mentre vuotavano i sacchi, ciascuno si accorse di avere la sua borsa di
denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di
denaro, furono presi dal timore. [36]E il padre loro Giacobbe disse:
«Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c'è più, Simeone non c'è più e
Beniamino me lo volete prendere. Su di me tutto questo ricade!».
[37]Allora Ruben disse al padre: «Farai morire i miei due figli, se non te lo
ricondurrò. Affidalo a me e io te lo restituirò». [38]Ma egli rispose:
«Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli
è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete
fare, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi».
I figli di Giacobbe ripartono con
Beniamino
[1]La carestia continuava a gravare sul paese. [2]Quando ebbero
finito di consumare il grano che avevano portato dall'Egitto, il padre disse
loro: «Tornate là e acquistate per noi un pò di viveri». [3]Ma Giuda
gli disse: «Quell'uomo ci ha dichiarato severamente: Non verrete alla mia
presenza, se non avrete con voi il vostro fratello! [4]Se tu sei
disposto a lasciar partire con noi nostro fratello, andremo laggiù e ti
compreremo il grano. [5]Ma se tu non lo lasci partire, noi non ci
andremo, perché quell'uomo ci ha detto: Non verrete alla mia presenza, se non
avrete con voi il vostro fratello!». [6]Israele disse: «Perché mi
avete fatto questo male, cioè far sapere a quell'uomo che avevate ancora un
fratello?». [7]Risposero: «Quell'uomo ci ha interrogati con insistenza
intorno a noi e alla nostra parentela: E' ancora vivo vostro padre? Avete
qualche fratello? e noi abbiamo risposto secondo queste domande. Potevamo
sapere ch'egli avrebbe detto: Conducete qui vostro fratello?».
[8]Giuda disse a Israele suo padre: «Lascia venire il giovane con me;
partiremo subito per vivere e non morire, noi, tu e i nostri bambini. [9]Io
mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo
ricondurrò, se non te lo riporterò, io sarò colpevole contro di te per tutta
la vita. [10]Se non avessimo indugiato, ora saremmo gia di ritorno per
la seconda volta». [11]Israele loro padre rispose: «Se è così, fate
pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti del paese e portateli
in dono a quell'uomo: un pò di balsamo, un pò di miele, resina e laudano,
pistacchi e mandorle. [12]Prendete con voi doppio denaro, il denaro
cioè che è stato rimesso nella bocca dei vostri sacchi lo porterete indietro:
forse si tratta di un errore. [13]Prendete anche vostro fratello,
partite e tornate da quell'uomo. [14]Dio onnipotente vi faccia trovare
misericordia presso quell'uomo, così che vi rilasci l'altro fratello e Beniamino.
Quanto a me, una volta che non avrò più i miei figli, non li avrò più...!».
L'incontro presso Giuseppe
[15]Presero dunque i nostri uomini questo dono e il doppio del denaro e anche
Beniamino, partirono, scesero in Egitto e si presentarono a Giuseppe.
[16]Quando Giuseppe ebbe visto Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo:
«Conduci questi uomini in casa, macella quello che occorre e prepara, perché
questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». [17]Il maggiordomo
fece come Giuseppe aveva ordinato e introdusse quegli uomini nella casa di
Giuseppe. [18]Ma quegli uomini si spaventarono, perché venivano
condotti in casa di Giuseppe, e dissero: «A causa del denaro, rimesso nei
nostri sacchi l'altra volta, ci si vuol condurre là: per assalirci, piombarci
addosso e prenderci come schiavi con i nostri asini».
[19]Allora si avvicinarono al maggiordomo della casa di Giuseppe e parlarono
con lui all'ingresso della casa; [20]dissero: «Mio signore, noi siamo
venuti gia un'altra volta per comperare viveri. [21]Quando fummo
arrivati ad un luogo per passarvi la notte, aprimmo i sacchi ed ecco il
denaro di ciascuno si trovava alla bocca del suo sacco: proprio il nostro
denaro con il suo peso esatto. Allora noi l'abbiamo portato indietro [22]e,
per acquistare i viveri, abbiamo portato con noi altro denaro. Non sappiamo
chi abbia messo nei sacchi il nostro denaro!». [23]Ma quegli disse:
«State in pace, non temete! Il vostro Dio e il Dio dei padri vostri vi ha
messo un tesoro nei sacchi; il vostro denaro è pervenuto a me». E portò loro
Simeone.
[24]Quell'uomo fece entrare gli uomini nella casa di Giuseppe, diede loro
acqua, perché si lavassero i piedi e diede il foraggio ai loro asini. [25]Essi
prepararono il dono nell'attesa che Giuseppe arrivasse a mezzogiorno, perché
avevano saputo che avrebbero preso cibo in quel luogo. [26]Quando
Giuseppe arrivò a casa, gli presentarono il dono, che avevano con sé, e si
prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. [27]Egli domandò loro
come stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre, di cui mi avete
parlato? Vive ancora?». [28]Risposero: «Il tuo servo, nostro padre,
sta bene, è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi. [29]Egli
alzò gli occhi e guardò Beniamino, suo fratello, il figlio di sua madre, e
disse: «E' questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?» e
aggiunse: «Dio ti conceda grazia, figlio mio!». [30]Giuseppe uscì in
fretta, perché si era commosso nell'intimo alla presenza di suo fratello e
sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. [31]Poi
si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: «Servite il pasto». [32]Fu
servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a
parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò
sarebbe per loro un abominio. [33]Presero posto davanti a lui dal
primogenito al più giovane, ciascuno in ordine di età ed essi si guardavano
con meraviglia l'un l'altro. [34]Egli fece portare loro porzioni prese
dalla propria mensa, ma la porzione di Beniamino era cinque volte più
abbondante di quella di tutti gli altri. E con lui bevvero fino all'allegria.
La coppa di Giuseppe nel sacco di Beniamino
[1]Diede poi questo ordine al maggiordomo della sua casa: «Riempi i sacchi
di quegli uomini di tanti viveri quanti ne possono contenere e metti il
denaro di ciascuno alla bocca del suo sacco. [2]Insieme metterai la
mia coppa, la coppa d'argento, alla bocca del sacco del più giovane, con il
denaro del suo grano». Quegli fece secondo l'ordine di Giuseppe. [3]Al
mattino, fattosi chiaro, quegli uomini furono fatti partire con i loro asini.
[4]Erano appena usciti dalla città e ancora non si erano allontanati,
quando Giuseppe disse al maggiordomo della sua casa: «Su, insegui quegli
uomini, raggiungili e dì loro: Perché avete reso male per bene? [5]Non
è forse questa la coppa in cui beve il mio signore e per mezzo della quale
egli suole trarre i presagi? Avete fatto male a fare così». [6]Egli li
raggiunse e ripetè loro queste parole. [7]Quelli gli dissero: «Perché
il mio signore dice queste cose? Lungi dai tuoi servi il fare una tale cosa! [8]Ecco,
il denaro che abbiamo trovato alla bocca dei nostri sacchi te lo abbiamo
riportato dal paese di Canaan e come potremmo rubare argento od oro dalla
casa del tuo padrone? [9]Quello dei tuoi servi, presso il quale si
troverà, sarà messo a morte e anche noi diventeremo schiavi del mio signore».
[10]Rispose: «Ebbene, come avete detto, così sarà: colui, presso il
quale si troverà, sarà mio schiavo e voi sarete innocenti». [11]Ciascuno
si affrettò a scaricare a terra il suo sacco e lo aprì. [12]Quegli li
frugò dal maggiore al più piccolo, e la coppa fu trovata nel sacco di
Beniamino. [13]Allora essi si stracciarono le vesti, ricaricarono
ciascuno il proprio asino e tornarono in città. [14]Giuda e i suoi
fratelli vennero nella casa di Giuseppe, che si trovava ancora là, e si
gettarono a terra davanti a lui. [15]Giuseppe disse loro: «Che azione
avete commessa? Non sapete che un uomo come me è capace di indovinare?». [16]Giuda
disse: «Che diremo al mio signore? Come parlare? Come giustificarci? Dio ha
scoperto la colpa dei tuoi servi... Eccoci schiavi del mio signore, noi e
colui che è stato trovato in possesso della coppa». [17]Ma egli
rispose: «Lungi da me il far questo! L'uomo trovato in possesso della coppa,
lui sarà mio schiavo: quanto a voi, tornate in pace da vostro padre».
L'intervento di Giuda
[18]Allora Giuda gli si fece innanzi e disse: «Mio signore, sia permesso al
tuo servo di far sentire una parola agli orecchi del mio signore; non si
accenda la tua ira contro il tuo servo, perché il faraone è come te! [19]Il
mio signore aveva interrogato i suoi servi: Avete un padre o un fratello? [20]E
noi avevamo risposto al mio signore: Abbiamo un padre vecchio e un figlio
ancor giovane natogli in vecchiaia, suo fratello è morto ed egli è rimasto il
solo dei figli di sua madre e suo padre lo ama. [21]Tu avevi detto ai
tuoi servi: Conducetelo qui da me, perché lo possa vedere con i miei occhi. [22]Noi
avevamo risposto al mio signore: Il giovinetto non può abbandonare suo padre:
se lascerà suo padre, questi morirà. [23]Ma tu avevi soggiunto ai tuoi
servi: Se il vostro fratello minore non verrà qui con voi, non potrete più
venire alla mia presenza. [24]Quando dunque eravamo ritornati dal tuo
servo, mio padre, gli riferimmo le parole del mio signore. [25]E
nostro padre disse: Tornate ad acquistare per noi un pò di viveri. [26]E
noi rispondemmo: Non possiamo ritornare laggiù: se c'è con noi il nostro
fratello minore, andremo; altrimenti, non possiamo essere ammessi alla
presenza di quell'uomo senza avere con noi il nostro fratello minore. [27]Allora
il tuo servo, mio padre, ci disse: Voi sapete che due figli mi aveva
procreato mia moglie. [28]Uno partì da me e dissi: certo è stato
sbranato! Da allora non l'ho più visto. [29]Se ora mi porterete via
anche questo e gli capitasse una disgrazia, voi fareste scendere con dolore
la mia canizie nella tomba. [30]Ora, quando io arriverò dal tuo servo,
mio padre, e il giovinetto non sarà con noi, mentre la vita dell'uno è legata
alla vita dell'altro, [31]appena egli avrà visto che il giovinetto non
è con noi, morirà e i tuoi servi avranno fatto scendere con dolore negli
inferi la canizie del tuo servo, nostro padre.
[32]Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre: Se non
te lo ricondurrò, sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita. [33]Ora,
lascia che il tuo servo rimanga invece del giovinetto come schiavo del mio
signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! [34]Perché,
come potrei tornare da mio padre senz'avere con me il giovinetto? Ch'io non
veda il male che colpirebbe mio padre!».
Giuseppe si fa riconoscere
[1]Allora Giuseppe non potè più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò:
«Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessuno presso di
lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli. [2]Ma diede
in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa
nella casa del faraone. [3]Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono
Giuseppe! Vive ancora mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano
rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza. [4]Allora Giuseppe
disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io
sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto. [5]Ma
ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché
Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. [6]Perché
gia da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi
sarà né aratura né mietitura. [7]Dio mi ha mandato qui prima di voi,
per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita
di molta gente. [8]Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio
ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e
governatore di tutto il paese d'Egitto. [9]Affrettatevi a salire da
mio padre e ditegli: Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore
di tutto l'Egitto. Vieni quaggiù presso di me e non tardare. [10]Abiterai
nel paese di Gosen e starai vicino a me tu, i tuoi figli e i figli dei tuoi
figli, i tuoi greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. [11]Là io
ti darò sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non
cadrai nell'indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi. [12]Ed
ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello
Beniamino: è la mia bocca che vi parla! [13]Riferite a mio padre tutta
la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre
quaggiù mio padre». [14]Allora egli si gettò al collo di Beniamino e
pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. [15]Poi baciò
tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. Dopo, i suoi fratelli si misero
a conversare con lui.
L'invito del faraone
[16]Intanto nella casa del faraone si era diffusa la voce: «Sono venuti i
fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri. [17]Allora
il faraone disse a Giuseppe: «Dì ai tuoi fratelli: Fate questo: caricate le
cavalcature, partite e andate nel paese di Canaan. [18]Poi prendete
vostro padre e le vostre famiglie e venite da me e io vi darò il meglio del
paese d'Egitto e mangerete i migliori prodotti della terra. [19]Quanto
a te, dà loro questo comando: Fate questo: prendete con voi dal paese
d'Egitto carri per i vostri bambini e le vostre donne, prendete vostro padre
e venite. [20]Non abbiate rincrescimento per la vostra roba, perché il
meglio di tutto il paese sarà vostro».
Il ritorno di Canaan
[21]Così fecero i figli di Israele. Giuseppe diede loro carri secondo
l'ordine del faraone e diede loro una provvista per il viaggio. [22]Diede
a tutti una muta di abiti per ciascuno, ma a Beniamino diede trecento sicli
d'argento e cinque mute di abiti. [23]Allo stesso modo mandò al padre
dieci asini carichi dei migliori prodotti dell'Egitto e dieci asine cariche
di grano, pane e viveri per il viaggio del padre. [24]Poi congedò i
fratelli e, mentre partivano, disse loro: «Non litigate durante il viaggio!».
[25]Così essi ritornarono dall'Egitto e arrivarono nel paese di Canaan, dal
loro padre Giacobbe [26]e subito gli riferirono: «Giuseppe è ancora
vivo, anzi governa tutto il paese d'Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo,
perché non poteva credere loro. [27]Quando però essi gli riferirono
tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che
Giuseppe gli aveva mandati per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre
Giacobbe si rianimò. [28]Israele disse: «Basta! Giuseppe, mio figlio,
è vivo. Andrò a vederlo prima di morire!».
Partenza di Giacobbe per l'Egitto
[1]Israele dunque levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea,
dove offrì sacrifici al Dio di suo padre Isacco. [2]Dio disse a
Israele in una visione notturna: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!». [3]Riprese:
«Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché
laggiù io farò di te un grande popolo. [4]Io scenderò con te in Egitto
e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi».
[5]Giacobbe si alzò da Bersabea e i figli di Israele fecero salire il loro
padre Giacobbe, i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva
mandati per trasportarlo. [6]Essi presero il loro bestiame e tutti i
beni che avevano acquistati nel paese di Canaan e vennero in Egitto; Giacobbe
cioè e con lui tutti i suoi discendenti; [7]i suoi figli e i nipoti,
le sue figlie e le nipoti, tutti i suoi discendenti egli condusse con sé in
Egitto.
La famiglia di Giacobbe
[8]Questi sono i nomi dei figli d'Israele che entrarono in Egitto: Giacobbe
e i suoi figli, il primogenito di Giacobbe, Ruben. [9]I figli di
Ruben: Enoch, Pallu, Chezron e Carmi. [10]I figli di Simeone: Iemuel,
Iamin, Oad, Iachin, Socar e Saul, figlio della Cananea. [11]I figli di
Levi: Gherson, Keat e Merari. [12]I figli di Giuda: Er, Onan, Sela,
Perez e Zerach; ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan. Furono figli di
Perez: Chezron e Amul. [13]I figli di Issacar: Tola, Puva, Giobbe e
Simron. [14]I figli di Zàbulon: Sered, Elon e Iacleel. [15]Questi
sono i figli che Lia partorì a Giacobbe in Paddan-Aram insieme con la figlia
Dina; tutti i suoi figli e le sue figlie erano trentatrè persone.
[16]I figli di Gad: Zifion, Agghi, Suni, Esbon, Eri, Arodi e Areli. [17]I
figli di Aser: Imma, Isva, Isvi, Beria e la loro sorella Serach. I figli di
Beria: Eber e Malchiel. [18]Questi sono i figli di Zilpa, che Làbano
aveva dato alla figlia Lia; essa li partorì a Giacobbe: sono sedici persone.
[19]I figli di Rachele, moglie di Giacobbe: Giuseppe e Beniamino. [20]A
Giuseppe nacquero in Egitto Efraim e Manasse, che gli partorì Asenat, figlia
di Potifera, sacerdote di On. [21]I figli di Beniamino: Bela, Becher e
Asbel, Ghera, Naaman, Echi, Ros, Muppim, Uppim e Arde. [22]Questi sono
i figli che Rachele partorì a Giacobbe; in tutto sono quattordici persone.
[23]I figli di Dan: Usim. [24]I figli di Nèftali: Iacseel, Guni, Ieser
e Sillem. [25]Questi sono i figli di Bila, che Làbano diede alla
figlia Rachele, ed essa li partorì a Giacobbe; in tutto sette persone.
[26]Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, uscite dai suoi
fianchi, senza le mogli dei figli di Giacobbe, sono sessantasei. [27]I
figli che nacquero a Giuseppe in Egitto sono due persone. Tutte le persone
della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, sono settanta.
L'accoglienza di Giuseppe
[28]Ora egli aveva mandato Giuda avanti a sé da Giuseppe, perché questi desse
istruzioni in Gosen prima del suo arrivo. Poi arrivarono al paese di Gosen. [29]Allora
Giuseppe fece attaccare il suo carro e salì in Gosen incontro a Israele, suo
padre. Appena se lo vide davanti, gli si gettò al collo e pianse a lungo
stretto al suo collo. [30]Israele disse a Giuseppe: «Posso anche
morire, questa volta, dopo aver visto la tua faccia, perché sei ancora vivo».
[31]Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: «Vado
ad informare il faraone e a dirgli: I miei fratelli e la famiglia di mio
padre, che erano nel paese di Canaan, sono venuti da me. [32]Ora
questi uomini sono pastori di greggi, si occupano di bestiame, e hanno
condotto i loro greggi, i loro armenti e tutti i loro averi. [33]Quando
dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: Qual è il vostro mestiere?, [34]voi
risponderete: Gente dedita al bestiame sono stati i tuoi servi, dalla nostra
fanciullezza fino ad ora, noi e i nostri padri. Questo perché possiate risiedere
nel paese di Gosen». Perché tutti i pastori di greggi sono un abominio per
gli Egiziani.
L'udienza del faraone
[1]Giuseppe andò ad informare il faraone dicendogli: «Mio padre e i miei
fratelli con i loro greggi e armenti e con tutti i loro averi sono venuti dal
paese di Canaan; eccoli nel paese di Gosen». [2]Intanto prese cinque
uomini dal gruppo dei suoi fratelli e li presentò al faraone. [3]Il
faraone disse ai suoi fratelli: «Qual è il vostro mestiere?». Essi risposero
al faraone: «Pastori di greggi sono i tuoi servi, noi e i nostri padri». [4]Poi
dissero al faraone: «Siamo venuti per soggiornare come forestieri nel paese
perché non c'è più pascolo per il gregge dei tuoi servi; infatti è grave la
carestia nel paese di Canaan. E ora lascia che i tuoi servi risiedano nel
paese di Gosen!».
Altro racconto
[5]Allora il faraone disse a Giuseppe: «Tuo padre e i tuoi fratelli sono
dunque venuti da te. [6]Ebbene, il paese d'Egitto è a tua
disposizione: fà risiedere tuo padre e i tuoi fratelli nella parte migliore
del paese. Risiedano pure nel paese di Gosen. Se tu sai che vi sono tra di
loro uomini capaci, costituiscili sopra i miei averi in qualità di
sovrintendenti al bestiame». [7]Poi Giuseppe introdusse Giacobbe, suo
padre, e lo presentò al faraone e Giacobbe benedisse il faraone. [8]Il
faraone domandò a Giacobbe: «Quanti anni hai?». [9]Giacobbe rispose al
faraone: «Centotrenta di vita errabonda, pochi e tristi sono stati gli anni
della mia vita e non hanno raggiunto il numero degli anni dei miei padri, al
tempo della loro vita nomade». [10]Poi Giacobbe benedisse il faraone e
si allontanò dal faraone.
[11]Giuseppe fece risiedere suo padre e i suoi fratelli e diede loro una
proprietà nel paese d'Egitto, nella parte migliore del paese, nel territorio
di Ramses, come aveva comandato il faraone. [12]Giuseppe diede il
sostentamento al padre, ai fratelli e a tutta la famiglia di suo padre,
fornendo pane secondo il numero dei bambini.
Politica agraria di Giuseppe
[13]Ora non c'era pane in tutto il paese, perché la carestia era molto grave:
il paese d'Egitto e il paese di Canaan languivano per la carestia. [14]Giuseppe
raccolse tutto il denaro che si trovava nel paese d'Egitto e nel paese di
Canaan in cambio del grano che essi acquistavano; Giuseppe consegnò questo
denaro alla casa del faraone.
[15]Quando fu esaurito il denaro del paese di Egitto e del paese di Canaan,
tutti gli Egiziani vennero da Giuseppe a dire: «Dacci il pane! Perché
dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Infatti non c'è più denaro». [16]Rispose
Giuseppe: «Cedetemi il vostro bestiame e io vi darò pane in cambio del vostro
bestiame, se non c'è più denaro». [17]Allora condussero a Giuseppe il
loro bestiame e Giuseppe diede loro il pane in cambio dei cavalli e delle
pecore, dei buoi e degli asini; così in quell'anno li nutrì di pane in cambio
di tutto il loro bestiame.
[18]Passato quell'anno, vennero a lui l'anno dopo e gli dissero: «Non
nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso
del bestiame è passato al mio signore, non rimane più a disposizione del mio
signore se non il nostro corpo e il nostro terreno. [19]Perché
dovremmo perire sotto i tuoi occhi, noi e la nostra terra? Acquista noi e la
nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi con la
nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire
e il suolo non diventi un deserto!». [20]Allora Giuseppe acquistò per
il faraone tutto il terreno dell'Egitto, perché gli Egiziani vendettero
ciascuno il proprio campo, tanto infieriva su di loro la carestia. Così la
terra divenne proprietà del faraone. [21]Quanto al popolo, egli lo
fece passare nelle città da un capo all'altro della frontiera egiziana. [22]Soltanto
il terreno dei sacerdoti egli non acquistò, perché i sacerdoti avevano
un'assegnazione fissa da parte del faraone e si nutrivano dell'assegnazione
che il faraone passava loro; per questo non vendettero il loro terreno.
[23]Poi Giuseppe disse al popolo: «Vedete, io ho acquistato oggi per il
faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno. [24]Ma
quando vi sarà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro
parti saranno vostre, per la semina dei campi, per il nutrimento vostro e di
quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini». [25]Gli
risposero: «Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovar grazia
agli occhi del mio signore e saremo servi del faraone!». [26]Così
Giuseppe fece di questo una legge che vige fino ad oggi sui terreni d'Egitto,
per la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei
sacerdoti non divennero del faraone.
Ultime volontà di Giacobbe
[27]Gli Israeliti intanto si stabilirono nel paese d'Egitto, nel territorio
di Gosen, ebbero proprietà e furono fecondi e divennero molto numerosi.
[28]Giacobbe visse nel paese d'Egitto diciassette anni e gli anni della sua
vita furono centoquarantasette. [29]Quando fu vicino il tempo della
sua morte, Israele chiamò il figlio Giuseppe e gli disse: «Se ho trovato
grazia ai tuoi occhi, metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà e
fedeltà: non seppellirmi in Egitto! [30]Quando io mi sarò coricato con
i miei padri, portami via dall'Egitto e seppelliscimi nel loro sepolcro».
Rispose: «Io agirò come hai detto». [31]Riprese: «Giuramelo!». E
glielo giurò; allora Israele si prostrò sul capezzale del letto.
Giacobbe adotta e benedice i due figli di
Giuseppe
[1]Dopo queste cose, fu riferito a Giuseppe: «Ecco, tuo padre è malato!».
Allora egli condusse con sé i due figli Manasse ed Efraim. [2]Fu
riferita la cosa a Giacobbe: «Ecco, tuo figlio Giuseppe è venuto da te».
Allora Israele raccolse le forze e si mise a sedere sul letto. [3]Giacobbe
disse a Giuseppe: «Dio onnipotente mi apparve a Luz, nel paese di Canaan, e
mi benedisse [4]dicendomi: Ecco, io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò
e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questo paese alla tua
discendenza dopo di te in possesso perenne. [5]Ora i due figli che ti
sono nati nel paese d'Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto,
sono miei: Efraim e Manasse saranno miei come Ruben e Simeone. [6]Invece
i figli che tu avrai generati dopo di essi, saranno tuoi: saranno chiamati
con il nome dei loro fratelli nella loro eredità. [7]Quanto a me, mentre
giungevo da Paddan, Rachele, tua madre, mi morì nel paese di Canaan durante
il viaggio, quando mancava un tratto di cammino per arrivare a Efrata, e l'ho
sepolta là lungo la strada di Efrata, cioè Betlemme». [8]Poi Israele
vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono questi?». [9]Giuseppe
disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dati qui». Riprese: «Portameli
perché io li benedica!». [10]Ora gli occhi di Israele erano offuscati
dalla vecchiaia: non poteva più distinguere. Giuseppe li avvicinò a lui, che
li baciò e li abbracciò. [11]Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo
più di vedere la tua faccia ed ecco, Dio mi ha concesso di vedere anche la
tua prole!». [12]Allora Giuseppe li ritirò dalle sue ginocchia e si
prostrò con la faccia a terra. [13]Poi li prese tutti e due, Efraim
con la sua destra, alla sinistra di Israele, e Manasse con la sua sinistra,
alla destra di Israele, e li avvicinò a lui. [14]Ma Israele stese la
mano destra e la pose sul capo di Efraim, che pure era il più giovane, e la
sua sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse
fosse il primogenito. [15]E così benedisse Giuseppe:
«Il Dio, davanti al quale hanno camminato
i miei padri Abramo e Isacco, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino ad oggi, [16]l'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovinetti! Sia ricordato in essi il mio nome e il nome dei miei padri Abramo e Isacco e si moltiplichino in gran numero in mezzo alla terra!».
[17]Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di Efraim e
ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di
Efraim e porla sul capo di Manasse. [18]Disse al padre: «Non così,
padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo capo!». [19]Ma
il padre ricusò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so: anch'egli diventerà un
popolo, anch'egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di
lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni». [20]E
li benedisse in quel giorno:
«Di voi si servirà Israele
per benedire, dicendo: Dio ti renda come Efraim e come Manasse!».
Così pose Efraim prima di Manasse.
[21]Poi Israele disse a Giuseppe: «Ecco, io sto per morire, ma Dio sarà con voi
e vi farà tornare al paese dei vostri padri.
[22]Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che
io ho conquistato dalle mani degli Amorrei con la spada e l'arco».
Benedizioni di Giacobbe
[1]Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi, perché io vi annunzi
quello che vi accadrà nei tempi futuri.
[2]Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe,
ascoltate Israele, vostro padre! [3]Ruben, tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! [4]Bollente come l'acqua, tu non avrai preminenza, perchè hai invaso il talamo di tuo padre e hai violato il mio giaciglio su cui eri salito. [5]Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di violenza sono i loro coltelli. [6]Nel loro conciliabolo non entri l'anima mia, al loro convegno non si unisca il mio cuore. Perchè con ira hanno ucciso gli uomini e con passione hanno storpiato i tori. [7]Maledetta la loro ira, perché violenta, e la loro collera, perché crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. [8]Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. [9]Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi oserà farlo alzare? [10]Non sarà tolto lo scettro da Giuda nè il bastone del comando tra i suoi piedi, finchè verra colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. [11]Egli lega alla vite il suo asinello e a scelta vite il figlio della sua asina, lava nel vino la veste e nel sangue dell'uva il manto; [12]lucidi ha gli occhi per il vino e bianchi i denti per il latte. [13]Zàbulon abiterà lungo il lido del mare e sarà l'approdo delle navi, con il fianco rivolto a Sidòne. [14]Issacar è un asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto. [15]Ha visto che il luogo di riposo era bello, che il paese era ameno; ha piegato il dorso a portar la soma ed è stato ridotto ai lavori forzati. [16]Dan giudicherà il suo popolo come ogni altra tribù d'Israele. [17]Sia Dan un serpente sulla strada, una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo e il cavaliere cade all'indietro. [18]Io spero nella tua salvezza, Signore! [19]Gad, assalito da un'orda, ne attacca la retroguardia. [20]Aser, il suo pane è pingue: egli fornisce delizie da re. [21]Nèftali è una cerva slanciata che dà bei cerbiatti. [22]Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, i cui rami si stendono sul muro. [23]Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno perseguitato i tiratori di frecce. [24]Ma è rimasto intatto il suo arco e le sue braccia si muovon veloci per le mani del Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore, Pietra d'Israele. [25]Per il Dio di tuo padre - egli ti aiuti! e per il Dio onnipotente - egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall'alto, benedizioni dell'abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo. [26]Le benedizioni di tuo padre sono superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli eterni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli! [27]Beniamino è un lupo che sbrana: al mattino divora la preda e alla sera spartisce il bottino.
[28]Tutti questi formano le dodici tribù d'Israele, questo è ciò che disse
loro il loro padre, quando li ha benedetti; ognuno egli benedisse con una
benedizione particolare.
Ultimi momenti e morte di Giacobbe
[29]Poi diede loro quest'ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati:
seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron
l'Hittita, [30]nella caverna che si trova nel campo di Macpela di
fronte a Mamre, nel paese di Canaan, quella che Abramo acquistò con il campo
di Efron l'Hittita come proprietà sepolcrale. [31]Là seppellirono
Abramo e Sara sua moglie, là seppellirono Isacco e Rebecca sua moglie e là
seppellii Lia. [32]La proprietà del campo e della caverna che si trova
in esso proveniva dagli Hittiti.
[33]Quando Giacobbe ebbe finito di dare questo ordine ai figli, ritrasse i
piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi antenati.
Funerali di Giacobbe
[1]Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre, pianse su di lui e lo
baciò. [2]Poi Giuseppe ordinò ai suoi medici di imbalsamare suo padre.
I medici imbalsamarono Israele [3]e vi impiegarono quaranta giorni,
perché tanti ne occorrono per l'imbalsamazione. Gli Egiziani lo piansero
settanta giorni. [4]Passati i giorni del lutto, Giuseppe parlò alla
casa del faraone: «Se ho trovato grazia ai vostri occhi, vogliate riferire
agli orecchi del faraone queste parole: [5]Mio padre mi ha fatto
giurare: Ecco, io sto per morire: tu devi seppellirmi nel sepolcro che mi
sono scavato nel paese di Canaan. Ora, possa io andare a seppellire mio padre
e tornare». [6]Il faraone rispose: «Và e seppellisci tuo padre
com'egli ti ha fatto giurare». [7]Allora Giuseppe andò a seppellire
suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della
sua casa, tutti gli anziani del paese d'Egitto, [8]tutta la casa di
Giuseppe e i suoi fratelli e la casa di suo padre. Soltanto i loro bambini e
i loro greggi e i loro armenti essi lasciarono nel paese di Gosen. [9]Andarono
con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana
imponente. [10]Quando arrivarono all'Aia di Atad, che è al di là del
Giordano, fecero un lamento molto grande e solenne ed egli celebrò per suo
padre un lutto di sette giorni. [11]I Cananei che abitavano il paese
videro il lutto alla Aia di Atad e dissero: «E' un lutto grave questo per gli
Egiziani». Per questo la si chiamò Abel-Mizraim, che si trova al di là del
Giordano. [12]Poi i suoi figli fecero per lui così come aveva loro
comandato. [13]I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo
seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva
acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efron l'Hittita, e che si trova di
fronte a Mamre. [14]Dopo aver sepolto suo padre, Giuseppe tornò in
Egitto insieme con i suoi fratelli e con quanti erano andati con lui a
seppellire suo padre.
Dalla morte di Giacobbe alla morte di
Giuseppe
[15]Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro
padre era morto, e dissero: «Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e
non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?». [16]Allora
mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest'ordine:
[17]Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro
peccato, perché ti hanno fatto del male! Perdona dunque il delitto dei servi
del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. [18]E
i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero:
«Eccoci tuoi schiavi!». [19]Ma Giuseppe disse loro: «Non temete. Sono
io forse al posto di Dio? [20]Se voi avevate pensato del male contro
di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che
oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. [21]Dunque non temete,
io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini». Così li
consolò e fece loro coraggio. [22]Ora Giuseppe con la famiglia di suo
padre abitò in Egitto; Giuseppe visse centodieci anni. [23]Così
Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione e anche i figli
di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. [24]Poi
Giuseppe disse ai fratelli: «Io sto per morire, ma Dio verrà certo a
visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese ch'egli ha promesso
con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe». [25]Giuseppe fece
giurare ai figli di Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi
porterete via di qui le mie ossa».
[26]Poi Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto
in un sarcofago in Egitto.
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