Rewind remèo ricordo
L’occaso della Banca d’Italia, che
perdura da quasi un decennio, sembra avviarsi all’ottenebramento della notte
senza alba.
Rimembro l’era gloriosa di Carli, di
Occhiuto, di Ossola: i miei tempi cioè e mi accoro. Troppi errori da allora,
troppi svisamenti, troppe inidoneità anche sindacali.
Se continua così questa grandissima
istituzione che ancora alberga a Palazzo Koch volge al suo epilogo per divenire
una semplice succursale della BCE, senza Vigilanza, senza prediche del mese
mariano, senza fucina di grandi studi giuridici, economici, non più referente
di alcuna Tesoreria nazionale.
A quasi ottant’anni che ho da temere?
Forse ci rimetterò l’integrazione della pensione! Ma trattasi ormai di pensione
senza clausola d’oro, senza rivalutazioni ad abundantiam della
inesistente svalutazione, senza agganci alle prebende dispensate ai miei pari
grado (ed io fino ad un certo punto di carriera ne avevo fatta sollecitamente,
fino a scavalcare coloro che dopo furono direttori generali, capi servizio e se
non ero persino un governatore). Buon per me che a forza di litigare venivo
estromesso dai ranghi dirigenziali e pur di disfarsi di un valentissimo (uno
dei tre soli validi diceva Sarcinelli) mi dirotta nell’istituendo SECIT di
Reviglio e quindi mi fa locupletare, sia pure per via indiretta, qualche
risparmio che mi dura ancora. E di che ti lamenti, allora?
L’istituto di emissione ebbe gli esordi
dalle macerie del secolo XIX. Chi si vuole davvero informare legga Pirandello:
I Vecchi e Giovani. Crisi del ’29, in Italia quota ’90. Il fascismo sarà stato
quel male che tutti diciamo ma aveva sale in zucca. Chiama i massoni, inventa
l’IMI, pensa ad una vigilanza più efficiente. Chi meglio della Banca d’Italia
per attività investigative di sostegno non di repressione o punitiva? Certo
vigeva il ferreo principio “tutto nello Stato, nulla fuori dello Sato. E la
Banca d’Italia non era Stato .. solo una specie di anonima con funzioni di
pubblico interesse. Si inventa un pastrocchio giuspubblicistico per cui nessuno
poteva eccepire avverso l’ “avvalimento” di un organo tecnico, ma rigidamente
controllato dallo Stato, magari con la partecipazione di parapubbliche
Corporazioni.
Siamo nel dopo guerra. Abolire la
vecchia legge bancaria e farne una conforme alla neo costituzione repubblicana?
Manco per sogno. Meglio lasciare il vecchio che nessun guaio aveva causato.
Quindi una Consulenza legale, rifiorita con l’apporto dei più geniali
licenziati delle nostre Facoltà di legge. Oggi se vogliamo capire qualcosa di
diritto bancario pubblico, dobbiamo rivolgerci a Capriglione.
In vent’anni di attività ispettiva e di
vigilanza ho sempre cercato di capirci qualcosa: confesso che giammai ci sono
riuscito. Ad un certo punto, pur di salvare Sarcinelli (ma non ci sono
riusciti) si sono inventati persino la rilevanza costituzionale della BI in
forza della Costituzione Materiale: un obbrobrio giuridico in Italia.
Le traversie di questi ultimi vent’anni
le conosciamo tutti, comunque siamo portate a valutarle.
Ma da un eccesso siamo finiti
nell’esatto opposto. Tremonti annusa un punto debole: il Consiglio Superiore: i
vigilati non possono essere i padroni del Vigilante. Subito una legge per fare
arraffare al Tesoro (e quindi al padrone pro-tempore) la diponibilità
dell’ormai malconcio Istituto di Emissione con incarico della vigilanza
bancaria. La legge però resta dormiente. Berlusconi non può insediare nello
scranno massimo di Via Nazionale 91 la sua protetta. Visco in odore di vetero
comunismo la spunta.
Il Sindacato
Io lasciai una UNIONE guerresca, saggia,
incisiva. Capace di spingere il pallido Berlinguer ad un grido di dolore in
Piazza san Giovanni in difesa della Banca d’Italia. Rammento: tutti quei
destrorsi di dirigenti subito accorsi in via Panisperna a prendersi la tessera
del PCI. Era un sindacato non rivoluzionario, compiacente per quanto attiene
alle provvidenze del personale. Ma Turchetti, De Mattia, Fulfaro, Petrone e
Onelli (già ONELLI) e Rubens Ricci e Ciucci e Balla ed ALTRI SAPEVANO IMPORSI,
COSTRINGERE PERSINO L’OSTICO Occhiuto a sagge decisioni. Furono gli anni d’oro
per la compagine impiegatizia della Banca d’Italia. Oggi tanti sono smemorati,
dileggiano e sono soltanto INGRATI.
Ma vice direttori acuti e avvinghianti,
dopo che me ne sono andato, spappolarono il sindacato rosso e favorirono fino a
farli divenire egemoni quelli gialli, giallognoli, giallastri. Ce n’era uno
bianco fiore: faceva bene il suo mestiere. Mi dava ai nervi. Oggi non lo
ritrovo più.
Sul che dire abbiamo detto anche troppo.
Ora parliamo sul CHE FARE.
La vecchia Unione deve risorgere: è la
sola salvezza che resta ad un personale destinato se no, ad essere opachi appartenenti
ad una decentrata filiale della BCE, già pronta a dismettere persino
l’americanino Draghi.
Aduniamo le forze: in primis le giovani
leve che nulla sanno del passato per questioni anagrafiche, che il presente lo
stanno vivendo nell’accidia istituzionale del momento, che il futuro
difficilmente lo potranno forgiare senza radici senza forza politica senza
esperienza; in secundis quelle generazioni di mezzo che mi paiono demotivate
senza mordente senza ideali (impressione generica s’intende). Dato il mio vezzo
di essere caustico, dadaista ma con lingua alla Zarathustra, vorrei offenderli
per definirli PIPISTRELLI mezzi topo e mezzi uccelli. Ad ogni modo che
abbandonino ogni sospetto roditorio e si librino in alto, che volino con le
possenti ali che pur posseggono. Si sono forgiati alla scuola della Banca
d’Italia che è una grande scuola, l’unica vera grande scuola del settore che
esiste in Italia. Guardate quelli che magari eretici oggi stiamo altrove,
dall’accademia dei lincei, alle presidenze delle banche, alla direzione di
novelle agenzie di controllo pubblico e magari (con mio scorno) a presidio dei
bilanci del più grande comune d’Italia, Roma Capitale.
Non mi dimentico il TERZO LUOGO: siamo
noi vecchi, vecchissimi, alcuni saggi, altri iconoclasti; taluni onorati, gli
altri come me del tutto dimenticati. Abbiamo tanto da dare e in cambio nulla
chiediamo se non la resurrezione della nostra amata o odiata Banca d’Italia.
Siamo vecchi il cui ruolo forse è solo quello degli anziani dell’Iliade quelli
che Omero così tratteggiava:
sedevano – gli Anziani – presso le porte
Scee:
per la vecchiaia avevano smesso la
guerra, ma parlatori
nobili erano, simili alle cicale, che in
mezzo al bosco
stando sopra una pianta mandano voce
fiorita:
così sedevano i capi dei Troiani presso
la torre.
Ma abbiamo una cosa che gli altri non
hanno: una lunga esperienza nel settore. Siamo quelli che in ultima analisi
diciamo ai sapientoni: sì voi sapete anche scrivere meglio degli altri il
Kamasutra ma fate un errore credete che quella cosa lì sia orizzontale quando è
verticale: i vostri algoritmi, i vostri modelli econometrici, le vostre
Basilee, le vostre politiche monetarie hanno questo piede di Achille. Sbagliate
perché? Quella cosa lì non l’avete mai vista.
Noi vecchi oltre che qualche bella
parola, forse qualche provocazione costruttiva potremmo darvela: ma nel
sindacato, che diventa fenice risorgente. E per me, che sia soprattutto un
sindacato “ROSSO”.
Calogero
Taverna
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