QUESTIONI RELATIVE ALLA BANCA MEDITERRANEA DI POTENZA
Premessa
Il profilo tecnico giuridico ed espositivo della
documentazione ispettiva rispecchia smaccatamente l’intento di supportare
l’obiettivo perseguito dalla vigilanza amministrativa di far confluire la
locale banca del sud nell’alveo del mega gruppo facente capo alla Banca di
Roma. E’ un obiettivo che viene dichiarato persino in una sede impropria quale
è la lettera ufficiale di ritualizzazione delle risultanze ispettive (nota n.
4626 del 16 settembre 1994): vi si legge, infatti. “... la Banca di Roma
dovrebbe acquisire una quota del 30% del capitale di codesta Banca
[Mediterranea] [..]: in tal modo, codesto ente entrerebbe a far parte del
gruppo creditizio Cassa di Risparmio di Roma. Al riguardo, si è qui dell’avviso
che l’accordo debba essere considerato alla luce dei risultati della verifica
ispettiva. In particolare, l’apporto patrimoniale dovrà essere quantificato
tenendo presente la necessità di fronteggiare il deterioramento dell’attivo e
di ripristinare l’equilibrio reddituale [..]: l’intesa dovrà consentire i più
ampi poteri di gestione al partner prescelto, nel cui gruppo creditizio andrà
ricompresa l’azienda ...” (v. pag. 5).
L’obiettivo, come noto, è stato totalmente conseguito.
L’ordito ispettivo doveva quindi essere ridimensionato ed il suo compito andava
considerato esaurito essendo state raggiunte pienamente le finalità perseguite.
Sennonché, si è proceduto ad alimentarne una sorta di ultrattività con la
postulazione di sanzioni amministrative e di investigazioni giudiziarie. Alla
base, abbiamo un taglio ispettivo
sovrabbondante ai predetti fini sanzionatori. Nel contenzioso amministrativo in
corso, le puntuali e ficcanti annotazioni della difesa mettono in risalto
questo eccesso di zelo ispettivo. In sede giudiziaria, la verbosità e
l’aggettivazione persino passionale degli atti ispettivi potrebbero indurre a
valutazioni improprie e devianti. C’è dunque da augurarsi che la saggezza dei
giudici colga appieno l’intento ispettivo e riconduca la strumentalizzazione
nell’ambito suo proprio e non assuma comunque ad apodittica prova quello che
gli ispettori più che dire, insinuano.
Prefigurarsi esaustivamente scenari accusatori è in
questa sede del tutto defatigatorio e forse fuorviante. Ci si limita, quindi,
ad estrapolare dalle carte ufficiali disponibili solo alcuni punti, e
precisamente:
* la questione della corretta
rappresentazione in bilancio del complesso rapporto creditizio con il gruppo
Casillo;
* il tema dell’assistenza alla realtà
consortile e cooperativistica facente capo alla FISVI;
* le pretese agevolazioni a specifici
soggetti, sottoscrittori di azioni della Mediterranea;
* le incidenze economiche lamentate da
piccoli azionisti, adusi ad un’opposizione preconcetta, in ordine alla contrazione di valore delle
azioni della Mediterranea;
* il credito accordato alla defunta
signora Maria Rosa Scozzi.
Questione preliminare.
Snodo dell’intero impianto ispettivo è il rilievo n.
43 e non tanto per la qualificazione dei crediti - dato che classificare
“sofferenza” od “incaglio” un rapporto creditizio rappresenta un giudizio di
valore cui un’assennata magistratura non dovrebbe attribuire soverchia
rilevanza - quanto per la quantificazione delle perdite prevedibili. Qui
abbiamo una contrapposizione tra valutazioni aziendali e quelle ispettive che
coinvolgono la questione della prudente esposizione dei crediti per il loro
presumibile valore di realizzo. Stando alle affermazioni degli ispettori, la
banca si sarebbe limitata a rettifiche di bilancio insufficienti. A loro avviso,
l’importo complessivo delle svalutazioni era da fare ascendere a L. 508,6
miliardi, contro le lit. 102,5 miliardi della previsione della Banca, con una
differenza di Lit. 406,1 miliardi (vedi
All. 3/B). E’ un assunto che va minuziosamente e fondatamente smantellato. La
banca vi ha per il momento provveduto con le sue varie ponderose e ponderate
controdeduzioni all’Organo di Vigilanza. Con note sintetiche di rara efficacia,
ha rintuzzato tali censure nel reclamo prodotto alla Corte di Appello di Roma,
avverso la proposta di sanzioni amministrative. Non vale la pena richiamare qui
siffatta difesa (vedansi in particolare le pagg. 25; 26; 27;28 e 29). Risulta
fornita a supporto degli assunti una vasta documentazione: si è sicuri che
questa copra la quasi totalità dei crediti su cui vi è diversità di
apprezzamento; che essa non venga contraddetta da altra che possa venire
raccolta nel prosieguo delle indagini; che comunque i fascicoli prodotti
comprovano e suffragano le seguenti tesi difensive:
“sono corrette tecnicamente e comunque ragionevoli, e
quindi certamente tali da non consentire di configurare una condotta colposa a
carico di chi le aveva eseguite, le classificazioni e le valutazioni effettuate
dalla Banca Mediterranea” (pag. 26);
“sono viceversa irragionevoli, immotivate e del tutto
fuori della realtà le classificazioni e le valutazioni eseguite dal gruppo
ispettivo” (pag. 27);
“diverse posizioni classificate anomale sono
agevolmente rientrate” (pag. 27);
“in molti casi, le imprese hanno trovato credito
altrove e/o sono state in condizioni di offrire piani di ristrutturazione
(consolidamento) pienamente affidabili” (pag. 28);
“molti affidati, a semplice richiesta, hanno concesso
ulteriori garanzie spesso anche collegate a procure all’incasso nei confronti
di P.A. ovvero a cessioni di credito” (pag. 28);
“per fidi assistiti da garanzie reali e/o personali,
queste non sono state prese in considerazione dagli ispettori nell’ambito delle
previsioni di perdite” (pag. 28);
“anticipazioni su pegno di merci o su crediti sono
state classificate erroneamente tra gli incagli dagli ispettori, i quali delle
menzionate fonti di rimborso non hanno tenuto conto alcuno” (pag. 28);
“a conferma dell’adeguatezza del patrimonio
immobiliare degli affidati e/o dei garanti esistono perizie tecniche che
smentiscono le previsioni di perdita operate dagli ispettori” (pag. 28);
“gli ispettori hanno erroneamente ritenuto un affidato
(valutandolo tra le partite anomale) compreso in un gruppo viceversa del tutto
estraneo” (pag. 29).
La documentazione prodotta è talmente “complessa” da
spingere la difesa alla richiesta di un C.T.U. (o esperto particolarmente
qualificato). Non risulta che sinora quel supporto cartaceo sia stato in alcun
modo soppesato sotto il profilo tecnico e probatorio. Se lo sviluppo
giudiziario lo esigerà, occorrerà naturalmente approntare un memoriale di parte
orientato in tal senso. Al momento non è neppure disponibile il molteplice
sistema contabile ed amministrativo che in vario modo ha attinenza con le
pratiche di fido in questione.
Il
contrappunto argomentativo della Mediterranea un qualche segno l’ha di già
lasciato nell’Organo di Vigilanza, se questo si limita ad arroccarsi in una
“non condivisibilità, in generale” (p. 4 della nota n. 4626), omettendo, però,
una puntualizzazione della erroneità e della falsità delle argomentazioni
controdedottegli. Solo per due aspetti, la Vigilanza mostra di potere mantenere
il proprio assunto: valutazioni del gruppo Casillo ed apprezzamento del gruppo
FISVI (v. ibidem pag. 4). Su questi due rapporti si prefigureranno qui alcune
aggiuntive argomentazioni difensive.
Sullo sfondo si staglia l’esimente di responsabilità,
quale discende dal positivo andamento della gestione bancaria, che in atto ha
redditività e forza patrimoniale. Se le analisi e le previsioni ispettive
fossero state vere e fondate, non sarebbe stato sufficiente l’intervento del
Banco di Roma per evitare un dissesto
bancario esiziale. E ciò è tanto più vero quando si fa mente locale che il
nuovo assetto proprietario ha mantenuto nella sostanza la tradizionale
valutazione dei crediti e non si è conformato al catastrofismo ispettivo.
GRUPPO CASILLO
Nel rapporto ispettivo il c.d. “Gruppo Casillo” viene,
nei suoi supporti creditizi, censurato con eccesso di zelo e con prevenzione
oltremodo accentuata.
Il “Gruppo” -
in cui vengono fatti confluire i crediti verso imprese a diversa configurazione
giuridica e con varia rispondenza patrimoniale - viene, con riferimento al
bilancio 1993, giudicato apoditticamente ed indifferenziatamente in
sofferenza, omettendosi ogni considerazione sul comportamento della
banca che aveva prudentemente e con ragionevolezza distinto - s’intende sempre
con riferimento alla fine dell’esercizio 1993 - tra enti societari autonomi (SRL
SILOS CASILLO; EDI GENTILE EDITRICE GENTILE SRL; FA SERBATOI; FOGGIA CALCIO
SRL; ICEM; INVESTIND SPA; ITAL SERVICE SRL; LUIGI LIPPOLIS SPA; SALERNITANA
SPORT SPA; SEMENTIFICIO MOLINO ROVATO; TOP SERVICE SRL) che fondatamente venivano reputati
‘normali’ alla luce degli elementi disponibili all’epoca della redazione di
quel bilancio, ed enti raffigurati in
“incaglio” (CASILLO GRANI SNC; IND. SEMOLERIE MANGIMIFICI; ITALSEMOLE
SRL; PARDINI FLLI SPA; SEICA
- in sofferenza per di più dal 2/94). Per gli ispettori va in sommatoria di un
unico gruppo qualificato dal solo nome del soggetto privato di riferimento la
seguente esposizione creditizia cui si contrappongono le seguenti previsioni di
perdita:
GRUPPO CASILLO
N.°
|
crediti cassa
|
crediti firma
|
totale
|
previsione perdita banca
|
previsione ispettiva di perdita
|
n.° 16
|
L.145.900
mln
|
L.12.783 mln
|
L.158.683mln
|
==
|
L.137.767mln
|
Gli ispettori non ci dicono quale previsione di
perdita è da riferire ai crediti di firma. E’ un dato di grosso risalto,
essendo rilevante la distinzione tra valutazione dei crediti per i quali vi è
stata una variazione numeraria certa o assimilata nello stato patrimoniale (cui
per tanti versi si riferisce la voce 90 del passivo del bilancio bancario) e
gli accantonamenti per spese future tramite i quali si possono rettificare i
crediti di firma (che non hanno alcuna esposizione all’attivo e che danno adito
a movimenti nella voce 80 del passivo nel bilancio di una banca).
Ed è una delle tante carenze tecniche ispettive. Come
diffusamente è stato fatto presente nel reclamo avverso le sanzioni
amministrative, quel che la Banca d’Italia eccepisce in tema di perdite è solo
l’apodittica affermazione della loro sussistenza, quale si desume dall’allegato
3/b al rapporto ispettivo.
Confusi fra loro disparati fatti gestionali in quello
che genericamente l’Organo di Vigilanza indica come “caso del gruppo Casillo”
(v. p. 4 lettera n. 4626 richiamata), scattano nel rapporto ispettivo giudizi
di valore grevi quanto assiomatici e non provati.
Nel rilievo n.°
1 si afferma “... nonostante le informative di volta in volta rese in ordine
alle difficoltà del “gruppo Casillo” (L. 159 miliardi al 31.12.1993) [il
Consiglio d’A. si era] limitato a prendere atto della situazione, senza
esprimere alcun apprezzamento in merito alla congruenza degli interventi di
sostegno proposti e alle reali possibilità di recupero dell’ingente
creditoria.”.
Nel rilevo n.° 3 si legge: “ ... Avevano influito sul
risultato le scelte adottate in materia di valutazione dei crediti, non
improntate a criteri di ragionevole prudenza e di obiettiva considerazione del
rischio; emblematica a tale proposito appariva la circostanza che non si fosse
ritenuto di effettuare alcuna svalutazione dei crediti vantati nei confronti
del menzionato gruppo “Casillo”, nonostante che le diverse ipotesi di
ristrutturazione sottoposte all’esame del ceto bancario fossero tutte fondate
sulla necessità di procedere ad un consistente abbattimento della creditoria in
conto capitale. La soluzione prescelta di costituire accantonamenti per
complessive L. 106,7 miliardi a presidio di eventuali perdite sui crediti dava
luogo ad un improprio accrescimento delle componenti patrimoniali.”
Nel rilievo n.° 7 vi è un ritorno sul caso Casillo:
“il sovrapporsi nel tempo di decisioni - vi si annota - da parte di organi
amministrativi diversi si rifletteva sulla trasparenza e sull’efficacia stessa
del processo di valutazione del merito creditizio, con effetti pregiudizievoli
sul controllo dell’andamento dei rischi”. E qui si fa riferimento - tra l’altro
- “al citato gruppo “Casillo””.
Nel rilievo n.° 9 ci si lascia trasportare in
avventate censure ad un (inesistente) “organo monocratico” che avrebbe - a dire
degli ispettori - concorso ad “elevare la complessiva rischiosità degli
impieghi (cfr. in particolare le posizioni facenti capo ai già menzionati
gruppi “Fisvi” e “Casillo”).”
Nel rilievo n.° 28 il gruppo Casillo è citato come uno
di quelli che avrebbero determinato “l’elevatezza dei rischi assunti”.
Il rilievo n.° 32 è quello che intenderebbe
focalizzare appieno la patologia del rapporto creditizio con il gruppo Casillo.
Ad esso si fa rinvio per l’esplicazione di rilievi tendenti a dimostrare che:
*
“utilizzi
largamente eccedenti le linee di credito concesse” venivano consolidati con
“ripetute concessioni a ripiano” (mutuo alla Casillo Grani snc e fido
temporaneo alla “Industrie Semolerie Mangimifici Casillo srl”);
*
“un
incondizionato e crescente sostegno [...] si concretizzava anche mediante
reiterate concessioni di proroghe di finanziamenti scaduti a fronte di ipotesi
di rientro che non trovavano supporto su documentate analisi istruttorie”;
*
“un
ammontare complessivo dei crediti del “gruppo” contabilizzati in sospeso tra le
partite transitorie si ragguagliava ad oltre L. 18 miliardi”;
*
“talvolta,
il mantenimento in essere degli affidamenti era avvenuto pure attraverso
operazione di sconto di effetti di comodo” ( si fa riferimento all’operazione
ove compare “tale Gnudi Pietro, nominativo risultato sconosciuto”);
*
“ulteriori
sconti .. avevano riguardato effetti .. più volte rinnovati e successivamente
richiamati con addebito tra le partite sospese” (credito alla “Investind”);
*
“in
taluni casi proroghe o erogazioni di nuova finanza si fondavano sulla
acquisizione di garanzie successivamente rivelatesi inesistenti” (finvaluta
alla “Foggia Calcio srl” e finanziamento del giugno 1993 alla “Casillo Grani
s.n.c.”).
Nel rilievo n.° 40 vi è ancora un riferimento al
gruppo Casillo. Questo viene chiamato in causa molto di traverso e per normali
operazioni sulle azioni della Lucania. L’allusione che vi affiora non sembra
avere stretta attinenza con le censure verso “l’erogazione del credito” - cui
s’intitola quella parte del rapporto -, sibbene ad una (non comprovata)
facilitazione per il collocamento di azioni della Mediterranea. Citiamo per una
più puntuale ricognizione della non lineare prosa ispettiva: “Le azioni [della
Lucania] risultavano successivamente cedute a società del gruppo Casillo,
anch’esso detentore di una quota significativa del capitale sociale della
“Lucania”” Vari crediti bancari a privati “venivano estinti anticipatamente
nell’ottobre 1992 con il ricavo della cessione dei titoli “ex Lucania” al
“gruppo Casillo”, che provvedeva al relativo pagamento mediante assegni per
complessive L. 4,6 miliardi tratti sulla “Comit” di Foggia; al riguardo si
rilevava che la “Mediterranea”, in data 15.10.92, aveva concesso alla “Casillo
Grani s.n.c.” un finanziamento per L. 5 miliardi utilizzato con traenza di
assegni per L. 4,3 miliardi, negoziati presso la ridetta “Comit” di Foggia.”
Ad utilizzare un termine caro agli ispettori, è
“emblematico” che si censuri in ben sette rilievi (nn.° 1; 3; 7; 9; 28; 32 e
40), producendo un abbaglio fittiziamente moltiplicativo, un unico rapporto
creditizio. Aggiungasi a ciò, quanto rappresentato nell’allegato 3/b in termini
vaghi e assiomaticamente accusatori (come la banca ebbe a lamentare nel cennato
reclamo avverso le sanzioni amministrative quando obietta che tale elaborato è
improntato ad “eccessivo rigore”, e le valutazioni sono “apodittiche”,
“irragionevoli ed erronee” “inattendibili” “immotivate“ “segno di abusiva
discrezionalità tecnica basata su fantomatiche ed inesistenti regole di
vigilanza”).
Nelle controdeduzioni del Consiglio di Amministrazione
della banca del 15 ottobre 1994, i cennati rilievi sul gruppo Casillo vengono
puntualmente smantellati e contestati.
Quanto al rilievo n.° 1, si nota che il Consiglio di
Amministrazione (e non un qualsiasi presunto organo monocratico) “ha seguito ed
approfondito le cause dell’evoluzione e delle possibili conseguenze sugli
equilibri aziendali: in particolare, ha seguito con puntualità le difficoltà del
gruppo Casillo - assistito dal sistema creditizio nazionale per oltre mille
miliardi - valutando e seguendo anche l’azione in proposito svolta
dall’Associazione Bancaria Italiana (cfr. al riguardo le delibere 5-8-93 e
22-9-93 all. 1.3). Congiuntura sfavorevole, avverse evoluzioni del mercato dei
cambi e sfavorevole andamento dei tassi non hanno certamente favorito la
ripresa del gruppo Casillo, che pur controllava una quota pari al 30% del
mercato nazionale di sua pertinenza. Non va altresì dimenticato che nello
stesso periodo in cui si verificava la crisi delle aziende del citato Gruppo,
maturavano situazioni di estrema difficoltà di altri rilevanti Gruppi nazionali
con rischi per il sistema creditizio di varie migliaia di miliardi” (pagg.
9-10).
Circa le censure di cui al rilievo n.° 3, efficace è
senza dubbio questo passo (pag. 12) delle controdeduzioni: “Premesso che non è
accettabile la generalizzazione, che leggesi nella costatazione, in particolare
su di un argomento così delicato [quello appunto del fido al gruppo Casillo], e
che la Società di revisione Arthur Andersen, nel certificare il bilancio, ha
mostrato di condividere le valutazioni effettuate dal Consiglio di
Amministrazione, la posizione Casillo è stata oggetto di esame approfondito
nelle riunioni dedicate all’approvazione del bilancio ‘93 e sono state assunte
determinazioni responsabili confortate anche dal parere di noti giuristi (cfr.
allegati N. 3.1 e 3.2). La soluzione adottata di costituire accantonamenti per
complessive Lire 109,2 miliardi (non Lire 106,7 miliardi come scritto nella
costatazione) a presidio di eventuali perdite sui crediti è stata assunta
analogamente a quanto praticato da altre Banche, mentre presso l’ABI si
sperimentavano da parte del sistema creditizio e di rappresentanti del Gruppo
Casillo tentativi per la ristrutturazione dell’intera debitoria, tentativi
portati a conoscenza dell’Organo di Vigilanza da parte dell’ABI stessa. Le
riferite circostanze evidenziavano come fosse legittimo e concreto sperare
nella capacità di ripresa del Gruppo e come, in tale situazione, non potesse
che escludersi, coerentemente, ogni ipotesi di insolvenza e/o di perdita certa
anche in considerazione delle gravose conseguenze (azioni revocatorie,
violazione della par condicio creditorum, concorso in bancarotta, bancarotta
preferenziale) in cui i creditori impegnati nelle trattative di rinegoziazione
del debito sarebbero potuti incorrere ove tali prospettive non fossero andate a
buon fine. Per altro verso è da tenere presente che, in ogni operazione di
ristrutturazione del credito, così come in ogni situazione di “incaglio”, è
presente il rischio, l’eventualità, che si verifichino, o meno, fatti che
portano a rivedere e riconsiderare le valutazioni fino a quel momento
effettuate: della possibilità di accadimento di tali fatti il legislatore ha
voluto si tenesse conto in sede di costituzione di un fondo rischi eventuali al
passivo dello stato patrimoniale, fondo che rappresenta una novità rilevante
introdotta dal D. lgs. n. 87/1992. La relazione di certificazione rilasciata
dalla Società Arthur Andersen si sofferma (pag. 1 e 2) sulla costituzione del
“fondo rischi su crediti - voce 90” a fronte di crediti in ristrutturazione e
sottolinea in particolare la difficoltà di valutazione di tali crediti in
presenza di un piano non ancora definito e di una normativa del tutto nuova,
che non consente agevolmente la definizione della categoria dei rischi soltanto
eventuali. La Società conclude ritenendo il fondo in questione “congruo a
fronteggiare le perdite complessive che dovessero emergere dai crediti iscritti
all’attivo”, dopo aver sottolineato che tale fondo “correttamente non (è)
considerato componente il patrimonio netto”. Per tutto quanto si è fin qui
esposto, è da escludere in via assoluta - stante la legittima ed appropriata,
oltre che estremamente chiara e trasparente, scelta valutativa da parte del
Consiglio di Amministrazione - “l’improprio accrescimento delle componenti
patrimoniali” di cui è parola nella parte finale della costatazione. D’altra
parte, il Consiglio dopo le opportune consultazioni, ha evidenziato nella
“Relazione sulla gestione” (cfr. all. 3.3) con assoluta chiarezza e linearità
ogni valutazione e le decisioni adottate sono frutto di analisi sviluppatesi in
tre sedute: 29-3-94, 7-9-94 e 13-4-94 (cfr. all. 3.4).”
Circa l’appunto - incidentale - contenuto nel rilievo
n.° 7, la banca replica che dalla disciplina delle competenze per l’erogazione
del credito - sempre comunque rispettosa delle norme di Vigilanza e, in ogni
caso, rientrante, nell’autonomia dell’impresa - è abnorme far derivare
“conseguenze negative in ordine alla posizione del Gruppo Casillo” (pag. 21).
Il rilievo n. 9 viene - per la parte che qui interessa
- così ribattuto: “agli interventi presidenziali si fa risalire l’origine della
pretesa elevata rischiosità dell’attivo della Banca, richiamando sempre e
ripetutamente i casi Casillo e FISVI. All’osservazione [...] può agevolmente
replicarsi che i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 27, ultima alinea,
dello Statuto, riguardano affidamenti già deliberati dal Consiglio e dal
Comitato Esecutivo (i quali negli anni 1991, 1992 e 1993 sono intervenuti sul
caso Casillo con 68 deliberazioni [...],
come si evidenzia dal prospetto all. sub 9.1).”
Quanto al rilievo n.° 28, si lamenta il fatto che
vengono chiamate in causa “le posizioni, sempre le stesse più volte citate dal
gruppo ispettivo, concernenti i gruppi “Casillo”” ed altri cinque: questi
ultimi, comunque, “non sono affatto connotate da “elementi di pesante immobilizzo””.
Per il gruppo Casillo è, per altro verso, la stessa banca a considerarlo “in
crisi”, non omettendo la dovuta trasparenza e le cautele del caso.
Quanto al basilare rilievo n.° 32, le controdeduzioni
della parte sono ampie ed esaustive: “Replicare - si premette (v. pag. 82) - su
relazioni creditizie che hanno avuto esiti negativi può apparire vano ed
inconcludente. Del senno del poi son piene le fosse. Tuttavia come in ogni
operazione creditizia finita con perdite per il sistema creditizio è fuori dubbio
che sono intervenute evoluzioni negative, rischi questi che fanno comunque
parte dell’attività dell’imprenditore bancario. Buona parte del sistema
creditizio nazionale, era esposto per L. 1.000 miliardi ca. Il Gruppo è
comunque incappato in una crisi valutaria che ha inciso sull’intera situazione
finanziaria del Paese. Quanto, in particolare, allo sconto di effetti, ritenuti
dal gruppo ispettivo di comodo, per Lit. 2 miliardi, si fa presente che il Sig.
Gnudi Pietro, all’epoca di effettuazione dell’operazione era il maggiore
esponente della società Calcistica Bologna Calcio, partecipante al Campionato
Nazionale di Calcio serie B. In ordine allo sconto di effetti all’Adriatica
Ionica di Costruzioni si fa rimando a quanto si dirà, cfr. sub cost. 43, sull’emittente
gli effetti stessi. Relativamente al finvaluta di L. 7,6 miliardi al Foggia
Calcio si fa presente quanto segue:
- nell’anno 1991 la Società ha fatto registrare sul proprio conto
corrente movimenti dare per complessive Lit. 26,1 miliardi e movimenti avere
per complessive Lit. 25,6 miliardi, con saldo liquido massimo avere di Lit. 1,6
miliardi e massimo dare di Lit. 2 miliardi ca;
- nel corso del 1992 ha fatto registrare movimenti dare e movimenti avere
per Lit. 40 miliardi ca. per colonna;
- nel corso del ‘92 e sino al 31-3-93 ha depositato somme fino a Lit.
1.541 milioni.
Non risponde a realtà l’osservazione secondo la quale
l’erogazione alla Società di nuova finanza si fondava su garanzie rivelatesi
inesistenti: il finanziamento di Lit. 7,6 miliardi è stato accordato
originariamente a fronte di procura all’incasso per crediti verso la Lega
Nazionale Calcio relativi alla campagna acquisti 92/93; la Lega con nota del 27
- 1 - 93 confermava i crediti in Lit. 5,8 miliardi. La Lega, a seguito di
richiesta Mediterranea del 21.1.94, ha ribadito che l’anzidetta procura doveva
intendersi limitata alla stagione calcistica 92/93, non a quella 93/94. Ciò
nonostante la Mediterranea ha ottenuto ulteriori cessioni di crediti in data
25-8-94 registrando i primi conseguenti incassi per Lit. 853 milioni in data
8-9-94, portate a deconto dell’esposizione verso il “Foggia Calcio”. Il merito
creditizio della Società trova riscontro nel bilancio al 30-6-93. Cfr. su tutto
quanto precede all. 32.1. Della circostanza richiamata per il pegno di azioni
della Banca Popolare dell’Irpinia, la Banca è rimasta vittima di un
comportamento fraudolento della Casillo Grani s.n.c.”
Circa il rilievo n.° 40, nel contraddittorio la banca
non reputa di scendere nel dettaglio dell’operazione Casillo, facendo notare:
“In via incidentale, per quanto possa occorrere si sottolinea che secondo la
giurisprudenza consolidata le operazioni non comportano violazione diretta od
indiretta della disciplina in materia di azioni (all. 40.1)”.
* * *
Non è irrilevante il fatto che dei sette rilievi
riguardanti specificatamente il caso Casillo, la Banca d’Italia non ne abbia
ritenuto alcuno passibile di sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 145
T.U. in materia bancaria e creditizia (cfr. Contestazione formale della Filiale
di Potenza del 16/9/94). Quanto al coinvolgimento incidentale di cui al rilievo
n.° 43 ed all. 3/B, la Mediterranea ha già proceduto ad una contestazione
riccamente articolata ed oltremodo convincente, come più diffusamente si dirà
appresso.
Quel che è certo è che la Banca d’Italia conosceva
perfettamente la questione Casillo, non foss’altro che per i riferimenti che
l’intero sistema creditizio coinvolto ebbe a fornire anche tramite l’ABI (ed in
proposito esaustiva ci sembra la cennata controdeduzione della banca).
Escluso quindi che vi sia stato nel caso occultamento
di condizioni economiche o ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza,
quel che si può temere in via di mera ipotesi è che si possa pensare ad una
fraudolenta esposizione di fatti non rispondenti al vero in sede di bilancio
1993. Va innanzitutto rimarcato che per quell’esercizio nessun utile è stato
distribuito, ed anzi appare ufficialmente una perdita di Lit. 62.633.378.006,
peraltro correttamente fronteggiata. Siffatto disvalore tra costi e ricavi - è
bene sottolinearlo - viene determinato, non certo per il verificarsi di fatti
gestionali connaturantisi in valori numerari certi o assimilati, sibbene per il
processo meramente estimativo e prudenziale di accantonamenti stimati a
copertura di temute ma eventuali spese future per perdite su crediti. Se
analizziamo il Conto Economico, riscontriamo le seguenti voci di oneri passivi
al 31/12/1993:
Voci
|
Denominazione
|
importo
|
90
|
Rettifiche di valore su
immobilizazzioni immateriali e materiali
|
11.549.462.907
|
100
|
Accantonamenti per rischi ed oneri
|
8.544.066.793
|
140
|
Accantonamenti ai fondi rischi su crediti
|
106.763.898.373
|
150
|
Rettifiche di valore su immobilizzazioni finanziarie
|
5.931.848.192
|
|
TOTALE COMPLESSIVO
|
132789276265
|
Bastava dunque essere meno ragionevoli (ed era
possibile), per contrarre siffatti valori di mera stima (realtà soltanto
pensate, direbbe l’Onida) ed avere risultati di gestione favorevoli. Ma per
prudenza gli esponenti aziendali se ne sono astenuti. Ovviamente, avendo
dichiarato una perdita, hanno avuto la necessità di ben spiegare ai propri soci
quanto si era verificato nella loro azienda. In definitiva, sol perché era
entrato in crisi il coacervo di imprese Casillo si era dovuto fare
quell’accantonamento ‘prudenziale’ di Lit. 106.763.898.373 eccedente di Lit.
51.957 milioni la perdita dichiarata (82,95%).
In più sedi e con esaurienti informazioni, la banca ha
ponderato i fatti gestionali negativi e ne ha ragguagliato i soci, ben oltre il
dovuto.
A tutto concedere ad eventuali censori, rimarca il
fatto che l’elemento psicologico della fraudolenza è non solo in alcun modo non
documentato né documentabile ma obiettivamente del tutto assente: circostanza
questa, sì, abbondantemente acclarabile.
Soprattutto, non v’è dato o accenno nelle dispersive
carte ispettive che possa in qualche modo suffragare una siffatta fraudolenza.
Per converso, in varie e pertinenti sedi vengono
illustrate le traversie del Gruppo Casillo. Ai fini del ragionevole
apprezzamento dei crediti vantati dalla banca, si tiene conto di quello che si
è verificato tra la chiusura dell’esercizio 1993 e la data di approvazione del
bilancio (aprile 1994). Non si tiene certo conto, perché nessuno è profeta, di
quello che si è verificato dopo. Ciò, correttamente, viene acquisito con
coerenza nell’esercizio di pertinenza, cioè in quello successivo del 1994.
Senza indugio, quindi. Quanto viene contestato dagli ispettori poggia, e per di
più solo in parte, su sviluppi negativi verificatisi tra l’aprile e la data di
chiusura della verifica di Vigilanza, ovverosia quando il bilancio bancario del
1993 era definitivamente chiuso e non più modificabile. Ridotto all’essenza, il
dissidio tra ispettori e banca sul caso Casillo si riduce al formale aspetto se
il pesante sviluppo post 1993 era prevedibile nella sua interezza in sede di
approvazione del bilancio di quell’esercizio o era prevedibile solo parzialmente
(come ebbe a fare la banca). Per converso nel bilancio successivo del 1994, la
questione non sorge più essendosi proceduto alla totale espunzione dall’attivo
dei crediti verso il Gruppo Casillo a seguito della crisi divenuta
irreversibile solo nella secondo metà del 1994. Per il principio della
‘competenza’ e della ’autonomia’ di ogni singolo esercizio, l’operato bancario
è tecnicamente ineccepibile e per niente censurabile, specie sotto il profilo
sanzionatorio in materia di società.
Atti e documenti invocabili a supporto di una tale
difesa sono sovrabbondanti. Ci limitiamo qui a richiamarne solo alcuni di
grossa valenza probatoria ed esplicativa.
Se, come sembra, sono stati acquisiti di recente il
verbale del consiglio di amministrazione della Banca del 29.3.1994 ed il
verbale di assemblea del 30.41994, vi si possono cogliere sottolineature
difensive che investono gli aspetti che
qui si richiamano.
Le pagine 301-333 del verbale del Consiglio di
Amministrazione del 29 marzo 1994 documentano il travaglio degli esponenti
aziendali in ordine alla vexata quaestio della valutazione dei crediti,
delle rettifiche occorrenti, delle modalità di esposizione in bilancio ed, in
particolare e diffusamente, del valore dei crediti col grande gruppo Casillo
appalesatosi nel frattempo in crisi. L’arrovellato dibattito, schietto e
persino eccessivo, dimostra l’assenza di ogni intento fraudolento.
Il presidente invita il Direttore Generale a
relazionare in merito alla “valutazione dei crediti” e questi si dilunga
richiamando l’attenzione del Consiglio sulla complessità e novità della nuova
disciplina di settore (pag. 301). E’ la base per una dialettica coinvolgente i
singoli componenti l’organo collegiale, portatori come noto di vari e spesso
contrapposti interessi; è il segno che il presidente si guarda bene dal
monopolizzare l’informativa su questioni tanto scottanti; è un elemento di
prova che siamo lontani da atteggiamenti di monocratismo.
Il Direttore generale si avvale del parere di un
qualificato esperto per rendere edotti tutti i membri del Consiglio di
amministrazione su:
*
i criteri di valutazione nella nuova
disciplina dei bilanci bancari;
*
i criteri di valutazione in generale;
*
i criteri di valutazione dei crediti;
*
il fondo rischi su crediti e le problematiche
connesse alla nozione di “perdita” su crediti. (pagg. 302-315).
Da riportare il seguente passo per lo stretto
riferimento al caso del Gruppo Casillo:
“Quando si tratti poi, in particolare, di crediti
verso grandi imprese in difficoltà per i quali siano in corso di elaborazione
piani di ristrutturazione (nel caso di codesta Banca, si tratta
dell’esposizione verso il Gruppo Casillo), detto apprezzamento offre profili di
particolare complessità e delicatezza. Per un verso non appare a mio avviso
sufficiente fare riferimento esclusivamente a schemi tradizionali (indicati ad
es. da Giordano, op. cit., pag. 278 e ss.), ma bisogna tener conto del fatto
che sia o meno intervenuto un accordo che sancisca in via (ragionevolmente)
definitiva la perdita (nel caso Casillo, ciò non è avvenuto); occorre poi
effettuare un apprezzamento generalizzato delle varie proposte di
ristrutturazione del credito, delle prospettive che le stesse vadano a buon
fine, dell’impossibilità obiettiva di prevedere e quantificare oggi possibili
perdite anche con riferimento ad eventuali proposte di tramutamento del credito
in assunzione di partecipazioni, e di altre eventuali circostanze ritenute
rilevanti. Per altro verso, non può trascurarsi di tener presente che una
valutazione avventata ed unilaterale potrebbe innescare una reazione a catena
tale da determinare la crisi dell’impresa affidata, venendo ad incidere essa (e
non viceversa) sulla recuperabilità del credito. Qualunque sia la scelta degli
amministratori, della relativa motivazione andrebbe lasciata traccia certa. In
particolare, qualora gli amministratori, nell’esercizio della loro particolare
prudenza, ritengano ragionevole costituire un accantonamento a “fondo rischi su
crediti” perché si tratta di rischio soltanto eventuale (ovvero optino per la
combinazione tra la svalutazione parziale diretta del credito e
l’accantonamento per la restante parte, ritenendo che ricorrano le condizioni
per tale scelta), va tenuto presente che non sembra sia configurabile un
obbligo specifico di motivazione nella nota integrativa al punto dove si
descrive la voce “90”, essendo richiesto che ivi si indichino soltanto le
motivazioni.. [..]” (pagg. 313-315).
Non è da addebitare un’assenza di dialettica in seno
al Consiglio: “sulla base delle [predette] osservazioni - si legge a pag. 315 -
si sviluppa un ampio dibattito; vengono formulati quesiti di ordine
tecnico-giuridico e fiscale, ai quali il Direttore Generale fornisce puntuali
precisazioni.”
Lo stato dei crediti viene quindi sviscerato (pagg.
315-329) per addivenire alla seguente delibera (pag. 329):
fare propri i metodi di valutazione dei
crediti aziendali proposti ed i risultati di dubbio esito che ne derivino;
consentire le appostazioni contabili con
rettifica diretta dell’attivo patrimoniale per 102.554 milioni (comprensivo
delle quote già registrate e rettificate delle sofferenze in precedente
delibera);
consentire l’iscrizione al passivo di apposito
“fondo per rischi ed oneri” ove riportare le poste relative a svalutazione
impegni di firma 2.328 mln.;
consentire la iscrizione al passivo di
apposito fondo Rischi su crediti per lit. 61.574/mln. a presidio di eventuali
deterioramenti dell’attivo patrimoniale (del totale impieghi);
delegare il Direttore Generale all’esecuzione
del deliberato apportando le eventuali modifiche di imputazione contabile che
si dovessero rendere necessarie.
Al n.° 7 (pag.320 e pag. 324) risulta sottoposta ad
analisi analitica l’esposizione verso il Gruppo Casillo: in proposito
testualmente si annota (pag. 320):
“Le esposizioni complessive per cassa sommano a Lit. 145.534/milioni. Al
riguardo si osserva che sono in corso di elaborazione piani di ristrutturazione
e di cessione ad imprenditori dotati dei necessari mezzi. Per siffatte partite,
a prescindere da una rideterminazione del tasso applicato tendente a porre gli
affidati in più favorevoli condizioni finanziarie, non è stato possibile
escludere l’eventualità di perdite future, né d’altra parte è stata raggiunta
la ragionevole certezza della perdita, atteso che al riguardo non sono stati
ancora raggiunti accordi definitivi. Si è riscontrata, quindi, l’impossibilità
obiettiva di prevedere e quantificare perdite certe o presumibili anche con
riferimento a possibili proposte di tramutamento del credito in assunzioni di
partecipazioni. E’ stato altresì necessario tener presente che una valutazione
avventata ed unilaterale avrebbe potuto innescare una reazione a catena tale da
determinare la crisi definitiva del prenditore del credito. Per una quota pari
a Lit. 3.940.933.340 di interessi maturati sulle posizioni Casillo, ricorda
inoltre il Direttore Generale, si è avuta imputazione di rettifica al conto
economico.”
Non resta occulto o riservato il ponderato processo
interno della valutazione dei crediti. Nel verbale assembleare del 30 aprile
1994, la questione è resa pubblica con esaustive esplicitazioni e con puntualizzazione
delle ragioni operative. Mette qui conto richiamarne i punti chiave:
“Negli incagli - avverte il C.d’A. - sono presenti
crediti verso grandi imprese in difficoltà per le quali sono in corso di
elaborazione piani di ristrutturazione e di cessione ad imprenditori dotati dei
mezzi necessari. Per siffatte partite, a prescindere da una rideterminazione
del tasso applicato tendente a porre gli affidati in più favorevoli condizioni
finanziarie, non è stato possibile escludere l’eventualità di perdite future,
né d’altra parte è stata raggiunta la ragionevole certezza della perdita,
atteso che anche al riguardo non sono stati ancora raggiunti accordi
definitivi. Si è riscontrata quindi l’impossibilità obiettiva di prevedere e
quantificare perdite certe anche con riferimento a possibili proposte di
tramutamento del credito in assunzioni di partecipazioni. E’ stato altresì
necessario tener presente che una valutazione avventata ed unilaterale avrebbe
potuto innescare una reazione a catena tale da determinare la crisi definitiva
del prenditore del credito, venendo essa (e non viceversa) ad incidere sul
piano della recuperabilità del credito. In siffatta situazione di incertezza,
acuita dalla circostanza che quella da applicare al settore bancario è certamente
una normativa nuova, nel senso che le norme in materia di bilancio bancario
costituiscono un’organica disciplina di settore prima inesistente e che con la
stessa si è operato un ampio adeguamento del diritto interno all’ordinamento
europeo mediante il recepimento di principi e regole (in parte) diversi da
quelli propri della prassi e tradizione giuridica del nostro Paese, gli
Amministratori hanno ritenuto prudente, anche al fine di salvaguardare in modo
inequivocabile la stabilità e la solidità della Vostra Azienda, di procedere
all’accantonamento a “fondo rischi su crediti” di un importo di lit. 109
miliardi. La dimensione dell’accantonamento deve essere, allo stato considerata
prudente e comunque opportuna per un’Azienda di credito, in considerazione del
fatto che la sua stabilità è affidata anche alla fiducia riscossa presso i
risparmiatori, fiducia che deve trovare un radicamento soprattutto nei mezzi
patrimoniali dell’intermediario creditizio stesso. Ulteriore accantonamento di
Lit. 2.328 milioni al “fondo rischi su crediti” è stato effettuato in relazione
alla circostanza che non è stato possibile escludere l’eventualità di perdita
nei c.d. crediti di firma.”
Nel bilancio a stampa vien quindi ribadito:
“Il valore dei crediti in bilancio, comprensivo dell’ammontare
degli interessi contrattuali e di mora maturati, coincide con quello del loro
presumibile realizzo. Tale valore è ottenuto deducendo dall’ammontare
complessivamente erogato le stime di perdita in linea capitale e per interessi,
definite sulla base di specifiche analisi dei crediti in sofferenza ed
incagliati, nonché del rischio forfettario di perdite che potrebbero
manifestarsi in futuro sugli altri crediti.” (pag. 10).
“Fondi rischi su crediti. I fondi rappresentano
gli stanziamenti, effettuati nell’esercizio ed in esercizi precedenti destinati
a fronteggiare le perdite eventuali che possono emergere dal comparto crediti e
che non presentano caratteristiche tali da comportare la svalutazione diretta
del credito nell’attivo.” (pag. 12).
A pag. 20 viene incluso nella partite incagliate un
“grande gruppo in crisi” con una esposizione per Lit.145.534 milioni” [alias:
Gruppo Casillo] e dopo si specifica che “i crediti verso grandi gruppi in crisi
sono quelli vantati nei confronti di società appartenenti a grandi gruppi
industriali e finanziari anch’essi in situazione di difficoltà.”
A pag. 21 si è quindi inequivocabilmente chiari:
“I crediti nei confronti dei grandi gruppi in crisi
sono stati valutati analiticamente, definendo per ciascuna posizione l’entità
della perdita attesa sia in linea capitale che in linea interessi, sulla base
delle informazioni disponibili. [...] Il processo di valutazione dei crediti
vantati dalla Banca verso la clientela, sopra descritto, si è sviluppato
secondo criteri di prudenza che hanno tenuto conto della ragionevole certezza
della perdita al fine di adeguare il valore contabile al valore di presumibile
realizzo dei crediti stessi per capitali ed interessi. Peraltro dal comparto
crediti non è possibile escludere l’eventualità di ulteriori perdite future per
le quali ad oggi non è stata raggiunta la ragionevole certezza della perdita
stessa. Si è riscontrata quindi l’impossibilità obiettiva di prevedere e
quantificare al momento perdite certe e presumibili per tener conto del
particolare momento dell’economia, ancor più accentuato in termini negativi,
nelle nostre aree meridionali ed anche con riferimento a possibili proposte di
tramutamento di alcuni crediti in assunzioni di partecipazioni ed a gruppi che
manifestano sintomi di difficoltà. E’ stato altresì necessario tener presente
che una valutazione avventata ed unilaterale potrebbe innescare una reazione a
catena tale da determinare la crisi definitiva dei prenditori di credito,
venendo essa (e non viceversa) ad incidere sul piano della recuperabilità del
credito. In tale situazione la Banca ritiene che i presidi costituiti in
bilancio, rappresentati dai fondi rischi su crediti a voce 90 del passivo (Lit.
109.242 milioni) e dai benefici fiscali futuri connessi con l’eventuale
utilizzo dei fondi rischi tassati, presenti sia alla voce 90 (lire 61.575
milioni) che associati con le rettifiche di valore operate sui crediti
all’attivo, che non hanno ancora le caratteristiche di deducibilità fiscale
(lire 25.157 milioni), siano congrui a fronteggiare le perdite solo eventuali
che dovessero emergere dal comparto crediti e che non presentano oggi
caratteristiche tali da comportare la svalutazione diretta del credito
all’attivo.”
A pag. 46 viene ritualizzato il prospetto de: “il capitale,
le riserve, il fondo per rischi bancari e le passività subordinate” con
esclusione dei “fondi rischi su crediti” in qualche modo impegnati. L’allegato
2 “prospetto riserve ed altri fondi” è ancora più esplicito in proposito.
Il laborioso processo della redazione del bilancio
1993 ha avuto il qualificato avallo della autorevole società di revisione
“Arthur Andersen”. Quel bilancio è stato assoggettato a revisione contabile e
certificato. Nella nota del 31 maggio 1994 può leggersi:
“A nostro giudizio, il soprammenzionato bilancio nel
suo complesso è stato redatto con chiarezza e rappresenta in modo veritiero e
corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico
della Banca Mediterranea S.p.A: per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 1993
[..];
“Per una migliore comprensione del bilancio
d’esercizio, di seguito richiamiamo l’informativa rilevante già fornita dagli
Amministratori nella nota integrativa:
*
a carico del conto economico 1993 la Banca ha
effettuato un accantonamento di lire 106.763 milioni, di cui Lire 61.575
milioni tassati, con contropartita contabile alla voce 90 “Fondi rischi su
crediti”. L’ammontare complessivamente iscritto a tale voce, pari a Lire
109.242 milioni al 31 dicembre 1993, intende fronteggiare rischi eventuali
connessi alle esposizioni creditizie in ristrutturazione e/o in transitorie
difficoltà finanziarie. In particolare, la valutazione dei rischi effettivi
insiti nei crediti in parola ha presentato notevoli difficoltà anche perché il
relativo piano di ristrutturazione non è stato ancora definito. A motivo di
tale difficoltà e tenuto conto delle incertezze interpretative della normativa
vigente circa la definizione dei rischi solo eventuali, sentiti qualificati
consulenti legali, la Banca ha ritenuto di non portare il fondo così costituito
a diretta decurtazione del valore dei crediti bensì di esporre il medesimo alla
voce 90 del passivo quale fondo a copertura di rischi solo eventuali e di darne
informativa nella nota integrativa. Tale fondo rischi su crediti, correttamente
non considerato componente il patrimonio netto, unitamente ai benefici fiscali
futuri connessi con l’eventuale utilizzo degli accantonamenti e rettifiche di
valore già assoggettati a tassazione, è ritenuto congruo a fronteggiare le perdite
complessive che dovessero emergere dai crediti iscritti nell’attivo. Una
diversa classificazione contabile del fondo rischi su crediti iscritto nel
passivo non avrebbe, comunque, prodotto effetti sul risultato d’esercizio e sul
patrimonio netto al 31 dicembre 1993.”
In sede di certificazione di bilancio, nessun rilievo
viene dunque mosso, in particolare per quanto attiene alla valutazione dei
crediti verso il gruppo Casillo.
La negativa evoluzione del Gruppo Casillo, quale si è
fattualmente registrata nella seconda metà del 1994, viene - ripetesi - senza
indugio fronteggiata dalla Banca. A riprova valga il seguente passo di pag. 50
del bilancio a stampa al 31.12.1994:
“A seguito della visita ispettiva la Banca ha ceduto
alla controllata General Factor S.p.A: una parte del credito nei confronti del
Gruppo Casillo, pari a Lit. 72 miliardi circa, ed al valore simbolico di Lit.
9. La posizione è stata ulteriormente ammortizzata per circa Lit. 23 miliardi.
A fronte di tale cessione e passaggio a perdite la Banca ha utilizzato
contestualmente il fondo rischi su crediti - voce 90 - preesistente; l’utilizzo
è risultato pari a Lit. 95 miliardi. La posizione stessa ha subito ulteriori
rettifiche di valore e accantonamenti (voce 80) per Lit. 35,4 miliardi.” Si
perviene ad un valore complessivo di Lit. 130,4 miliardi collimante, nella
sostanza, con le catastrofiche previsioni ispettive di cui all’allegato 3/B.
Inoltre, (cfr. ibidem) “ulteriori rettifiche di valore ed accantonamenti (voce
80) per Lit. 44 miliardi circa hanno interessato esposizioni verso gruppi
“incagliati” o “in sofferenza”.” Alla data di chiusura del bilancio 1993, pur
considerando i quattro mesi disponibili prima dell’approvazione, la valutazione
della Mediterranea era ragionevole allo stato dei fatti. I rilievi ispettivi,
resi noti a fine giugno, non erano condivisibili, ma sono stati seriamente e
responsabilmente presi in considerazione. Il comportamento della banca è
consequenziale e rispettoso persino del catastrofismo valutativo cui indulge,
in sede di soggettiva e non giuspubblicistica discrezionalità tecnica, il
gruppo ispettivo. Solo a bilancio approvato, la Banca acquisisce gli elementi
di valutazione del gruppo ispettivo. Solo il successivo bilancio del 1994 è
quello “di competenza” per le rettifiche suggerite dal gruppo ispettivo. E nel
bilancio 1994, ciò viene puntualmente recepito. Nessuna irragionevolezza
valutativa dunque, nessuna scorrettezza, nessuno occultamento di fatti, neppure
colposo, figuriamoci doloso.
Va rimarcato che gli appunti critici degli ispettori
avverso l’esposizione Casillo, pur diluiti in sette rilievi, non aggrediscono
la sostanza delle cose. Trattasi di aspetti marginali, di anomalie scarsamente
significative e comunque di risalto solo tecnico, di sottolineature fattuali
risultate non rispondenti al vero, di opinabilissime valutazioni poggianti su
una dilatazione degli alvei della discrezionalità tecnica, di assunti non
condivisibili.
In dettaglio, si può controbattere (andando oltre le
valide osservazioni della banca):
quanto al rilievo n. 1:
si ammette che informative vengono di volta in volta
rese in ordine alle difficoltà del “gruppo Casillo”, ma non si precisa la data
d’inizio di tali difficoltà (da altre fonti sappiamo che essa era recente e
risaliva al settembre del 1993). Nella sostanza, l’appunto viene rivolto al
Consiglio di Amministrazione è quello di limitarsi a “prendere atto”. Ma
scattate le difficoltà - che sappiamo essere dovute ad un fatto incontrollabile
ed imprevedibile come lo sconquasso del mercato dei cambi - non si comprende
quale “apprezzamento in merito alla congruenza degli interventi di sostegno
proposti e alle reali possibilità di recupero” l’organo consiliare “fosse in
grado di esprimere”. Non c’è comunque alcun anomalo comportamento, nessun atto
dovuto che venga pretermesso; solo una pretesa ispettiva di sovrumana saggezza.
Ad impossibilia nemo tenetur. Nessuna portata censoria ha dunque
l’appunto, ne può averla. Non vi è culpa in vigilando. Il rilievo si
riduce ad un generico invito ad essere più espliciti e formali nelle
ponderazioni demandate all’organo consiliare. In merito, la Banca d’Italia non
ha attivato nessuna procedura sanzionatoria.
Quanto al rilievo n. 3:
non è vero che “non si fosse ritenuto di effettuare
alcuna svalutazione dei crediti vantati nei confronti del Gruppo Casillo”:
quanto precede smentisce pienamente tale addebito. Si persegue, per
inoppugnabili ragioni, una via equipollente ma molto più consona alla natura di
“perdite eventuali” che a quel tempo era possibile presupporre per
l’esposizione creditizia de qua. La sconfessione matura nell’ambito
dello stesso rilievo quando subito dopo si afferma: “la soluzione prescelta di
costituire accantonamenti per complessive L. 106,7 miliardi a presidio di
eventuali perdite sui crediti dava luogo ad un improprio accrescimento delle
componenti patrimoniali.” E nello smentire se stesso, l’ispettore incappa in
una vistosa topica. Gli atti ufficiali di bilancio - che prima sono stati
citati - escludono tale posta “dalle componenti patrimoniali”. Ciò non sfugge
ai certificatori di bilancio dell’Arthur Andersen (v. sopra). Soprassiede la
Banca d’Italia tanto è vero che nessun provvedimento viene adottato (che
sarebbe stato ineludibile, se l’ispettore avesse avuto ragione).
Quanto al rilievo n.° 7:
il richiamo del tutto incidentale - “oltre al citato
“gruppo Casillo” ” - solleva palesemente dall’onere di una qualche
controdeduzione. Ma tutto può dirsi, non certo che “fosse mancata trasparenza
.. nel processo di valutazione del merito creditizio, con effetti
pregiudizievoli sul controllo dell’andamento dei rischi”, almeno nel caso
Casillo. Basterebbe acquisire la voluminosissima documentazione istruttoria disponibile
presso la banca per dimostrare il contrario. Pertinentemente la banca fa notare
nelle sue controdeduzioni che tale rapporto creditizio venne sottoposto al
vaglio dei massimi organi collegiali per n. 68 volte (a pag. 26 si annota
infatti: il Consiglio ed il Comitato esecutivo “negli anni 1991, 1992 e 1993
sono intervenuti sul caso Casillo con 68 deliberazioni ..”).
Quanto al rilievo n. 9:
le posizioni
facenti capo al gruppo Casillo non discendono certo dalla mancanza di
“qualsiasi confronto dialettico” fra presidenza e organi collegiali. Che cosa poi sia questo
preteso “confronto dialettico” è arduo definire sotto un profilo fattuale,
impossibile concretizzare ai fini di una fondata censura. Nel caso siamo dunque
in presenza di una mera raccomandazione che lascia il tempo che trova.
Quanto al rilievo n.° 28:
siamo qui in presenza di una singolare
“contestazione”. Il Gruppo Casillo viene aggregato ad altri n.° 6 rapporti sol
perché tutti “rilevano per l’elevatezza dei rischi assunti”. Ma questo era stato
detto ufficialmente dalla Banca in sede di bilancio. Di per sé l’elevatezza del
rischio non dà adito a censure. Altra cosa sono gli “elementi di pesante
immobilizzo e le gravi anomalie nella
gestione dei singoli rapporti”. Per saperne qualcosa in proposito dobbiamo però
attendere, per il Gruppo Casillo, il rilievo n.° 32, che, come vedremo, non
contiene alcunché di probante in ordine alle preannunciate censure ispettive.
Quanto al rilievo n.° 32:
la sua articolazione va decriptata. Nella sostanza e
nel dettaglio, tutte le affermazioni ispettive vengono documentatamente
contestate dalla banca nelle sue già citate controdeduzioni, cui qua si fa
rinvio. Quanto alla genericità ed incongruenza del rilievo, si può ora notare
che in definitiva gli appunti attengono alle seguenti circostanze che nulla
hanno di quel “pesante immobilizzo” e di
quelle “gravi anomalie” preannunciate nel rilievo n.° 28. Ecco in sintesi gli
aspetti messi in luce dagli ispettori:
*
nei rapporti con due società del gruppo si
erano manifestate inadeguatezze di fido - in tempi in cui la crisi dell’intero
gruppo Casillo non si era ancora verificata - palesatesi con debordi degli
utilizzi; la banca, correttamente e nell’ambito delle competenze statutarie, vi
aveva provveduto, in un caso con un mutuo chirografario (con forma tecnica cioè
molto più sicura patrimonialmente di un C/C e, comunque, non suscettibile di
debordi nell’utilizzo), e nell’altro caso
con un conto corrente “temporaneo”, legato dunque ad effettive esigenze
di liquidità;
*
si afferma, ma non si precisa neppure in
termini generici, che ipotesi di rientro non trovavano supporto su documentate
analisi istruttorie. Un fugace sguardo alla ponderosa documentazione dimostra
l’esatto contrario. S’intende in modo realistico e non secondo le scolastiche
visioni ispettive;
*
il fatto che L. 18 miliardi (l’11,39%
dell’intera esposizione Casillo) dimorassero nelle “partite transitorie” ha
poco rilievo se non se ne precisano le eventuali anomalie. L’intensa attività,
anche di natura finanziaria e commerciale, del gruppo in questione ben
legittima il verificarsi di ‘sospesi’, ‘ritorni’, ‘richiami’, ‘partite in
attesa di imputazione’ e simili. Ciò è del tutto fisiologico nella prassi
bancaria ed, in ispecie, nell’articolata assistenza ai grandi gruppi.
*
gli effetti di comodo (limitati comunque a
Lit. 2 miliardi, pari all’1,26 dell’esposizione totale) lamentati riguardano il
signor Gnudi Pietro, chissà perché definito dagli ispettori “nominativo
sconosciuto”, mentre trattasi di personalità notoria del mondo del calcio, come
puntualmente emerge dalle controdeduzioni della banca;
*
l’operazione per Lit. 3,1 (pari all’1,97%
c.s.) in favore dell’Investind riguarda la rispondenza patrimoniale della
“Adriatica Ionica di Costruzioni” appartenente all’estraneo Gruppo Marroccoli,
come annotato dagli stessi ispettori, e trattasi di impresa in ordine alla
quale neppure il catastrofico pessimismo ispettivo ha da muovere appunti circa
la totale recuperabilità dell’esposizione bancaria (Lit. 22.582/milioni con
previsione di perdite 0, secondo l’all. 3/B);
*
la pretesa inesistenza di garanzie a sostegno
del ‘finvaluta’ al “Foggia Calcio” - una società di serie A all’epoca in
notoria condizione di forma - si riduce, in ultima analisi, come documentato
dalle controdeduzioni della banca, in un qualche disguido con la Lega, non
pregiudizievole patrimonialmente;
*
quanto al pegno di azioni della Banca Popolare
dell’Irpinia - riguardante un finanziamento di appena 1,5 miliardi (0,9% c.s.)
alla “Casillo Grani snc” - l’anomalia non investe di certo l’operato della
Mediterranea, che semmai - come ben puntualizzato nelle controdeduzioni - è
stata l’incolpevole vittima.
Per quantità e per qualità, gli appunti ispettivi,
dunque, non sono tali da inficiare, nella globalità, l’assistenza creditizia al
Gruppo Casillo: se alla fine del 1993 ed a seguito di eventi straordinari,
imprevedibili e sostanzialmente estranei alla gestione imprenditoriale, non
fosse sopravvenuta la crisi, nessuna nota critica avrebbe avuto senso. Scattata
la crisi, il comportamento della Mediterranea è stato congruo e corretto.
Pertinente e convincente, risulta la relativa rappresentazione in bilancio. Inconsistenti,
limitati e marginali appaiono, in tale contesto, le note critiche degli
ispettori. Nessun rilievo extra-ispettivo vi si confà.
GRUPPO FISVI
Sotto l’impropria denominazione di “gruppo” vengono
dagli ispettori affastellate società, imprese ed enti economici del settore
cooperativistico e consortile del potentino. Troviamo aggrovigliati in un unico
coacervo azionarie, società cooperative a r.l., società a r.l., istituti
finanziari, unioni cooperativistiche, cooperative di produzioni e cooperative
alimentari, etc., i cui blandi legami fra loro non vengono neppure additati dal
gruppo ispettivo e non sempre è facile coglierli. Apoditticamente, venti nuclei
operativi cooperativistici vengono considerati in crisi economica, ma per due
di questi gli ispettori non riescono ad andare al di là di una generica
situazione di incaglio. Per l’esposizione di questi due affidati e di altri due
rapporti, gli ispettori non prevedono alcuna perdita.
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