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domenica 1 giugno 2014

Un interdetto settecentesco a Racalmuto



 

 

 

 

 

L’eredità arcipretale del Lo Brutto tocca a Fabrizio Signorino: su di lui cade la tegola dell’interdetto. Senza ricorrere al Mongitore, sappiamo dai libri della matrice che:

 

 

 

eodem die 2 settembre 1713 VII ind. die 3 settembre 1713 VII Ind.Vigilia Sanctae Rosaliae hora vigesima fuit affixum interdictum generale locale in hac terra Racalmuti.

 

Si dovette affiggere la bolla episcopale di interdetto generale il 3 settembre 1713, nel giorno di Santa Rosalia: forse fu anche per questo che dopo meno di un secolo decadde a Racalmuto il culto di Santa Rosalia, prima egemone ed a carico della universitas. L’ordine è quello di approfittare della notte (hora vigesima, per aggirare e raggirare le autorità civili).

 

Le sepolture, dal giorno dopo, non possono farsi in chiesa, ma in un luogo a ciò “deputato” dal signor arciprete. Il primo a farne il piccolo di pochi mesi Santo Bordonaro, figlio del chierico coniugato con tale Ninfa:

 

 

 

4/9/1713 – SANCTUS  F. CL. CONIUG. STEFANI ET NINFAE BORDONARO;                          IN LOCO DEPUTATO A REV.DO ARCH.

 

L’esordio è duro e sembra che non si guardi in faccia a nessuno. Dopo, data la legge, trovato l’inganno: basta una bolla a pagamento di sovvenzione delle crociate per avere cristiana sepoltura in chiesa.

 

Certo, scatta ora il dramma della regolare somministrazione dell’estrema unzione: quest’atto ne lascia traccia:

 

5/9/1713 - AGOSTINA F. DI M° STEFANI ET CATARINAE        RIZZO di anni  11; sepolta IN UNA EX FOVEIS DEPUTATA A REV. ARCH. IN VIA S. GREGORII  - GRATIS PRO DEO -  ROBORATA ANTE OFFICIUM INTERDECTI.

 

La fanciulletta, undicenne, figlia di mastro Stefano e Caterina Rizzo, viene tumulata - con quale strazio, è facile intuire - nelle fosse comuni prescelte (e benedette) dall’arciprete Signorino, degradanti nella scoscese contrada di S. Gregorio (S. Grigoli). E’ povera ed il funerale è avvenuto gratis pro Deo; era stata “roborata” - confortata e temprata alla morte - secondo i sacri canoni, alcuni giorni prima, quando non era scattato l’ Officium interdecti.

 

Ma ora muore un notabile, un Romano: non può certo venire esposto all’inclemenza del clima e di altro:

 

7/9/1713 - SALVATORE ROMANO VIR JOSEPHAE ROMANO di anni 45; sepolto in MATRICE, PER PRIVILEGIUM BULLAE SANC. CRUCIATE e pure GRATIS PRO DEO.

 

Le note dell’atto funerario svelano parecchi aspetti religiosi ma anche sociali ed economici della Racalmuto del tempo. Il Romano muore a 45 anni, ad un’età che pur supera di molto l’età media della mortalità del secolo dei lumi in quel di Racalmuto. Appartiene ad una delle più prestigiose famiglie del luogo, ma è caduto in miseria e per i suoi funerali non può corrispondere i diritti ecclesiastici dei c.d. festuarii. Supplisce la carità dei preti, che il funerale lo fanno lo stesso, gratis pro Deo. Il settecento fu a Racalmuto, come altrove in Sicilia, misero, in crisi economica profonda, con punte di grande fame per tutti. A fine secolo, i sacerdoti racalmutesi ottengono l’autorizzazione dell’Ordinario ad impegnare gli arredi sacri per approvvigionare l’Universitas di grano per la pubblica fornitura del pane quotidiano. Lo studio del Valenti (cfr. Calogero Valenti - Ricchezza e povertà in Sicilia nel secondo settecento) può estendersi anche al primo settecento e le considerazione sulla povertà di Grotte si attagliano appieno pure a Racalmuto.

 

Ciò nonostante il buon Romano ha sepoltura nella Matrice: aveva la bolla della santa crociata: un privilegio che scavalca il rigore dell’interdetto del Ramirez, comminato per la difesa dei beni materiali del ricco vescovo di Catania.

 

Desta pietà la fine di questa neonata racalmutese: muore a soli quindi giorni: una “gloria”; potrebbe trovarsi un cantuccio nelle carnaie delle chiese; ma è povera ed è illegittima: finisce - sia pure gratis pro Deo - nel nuovo pauroso cimitero all’aperto, che l’arciprete ha degnato dell’acqua benedetta:

 

11/9/1713 - ANTONINA F. JULIAE VIRTULINO INZIONE PATRE IGNOTO VIRTULINO 15 GIORNI - IN FOVEA NON BENEDICTA DEPUTATA A REV.DO ARCH. IN VIA S. GREGORII OB INTERDICTUM - GRATIS PRO DEO.

 

Frattanto la miseria genera violenza: mastro Stefano Savatteri viene folgorato dalla lupara all’età di 44 anni. E’ povero ed i funerali avvengono gratis pro Deo. Ma è anche mastro: appartiene alla confraternita del Tau. La su sepoltura deve avvenire nell’oratorio della confraternita - interdetto o non interdetto:

 

16/9/1713 - STEFANUS MAG. VIR PAULAE SAVATTERI - 44 - IN ORATORIO TAU ET SOLUM FUIT ROBBORATUS SACRO OLIO UNCTIONIS OB MORTEM VIOLENTAM GRATIS PRO DEO.

 

Quando a morire è un “galantuomo”, l’imbarazzo del cappellano detentore dei libri della Matrice è evidente; il suo latino si ingarbuglia, comunque la sepoltura avviene in chiesa, nonostante l’interdetto:

 

5/10/1713 – FRANCISCUS  DON  VIR MARIAE   PUMO -  45 IN ECCLESIA S. JOSEPH PER PRIVILEGIUM BULLAE SS.ME CRUCIATAE OB INTERDICTUM

 

Le annotazioni sparse qua e là nel libro dei morti contengono queste altre notizie:

 

A 28 AGOSTO 1713 - L'INTERDETTO IMPOSTO DELL'ILL.MO E REV.MO SIGNOR FRA D. FRANCESCO RAMIREZ ARCIVESCOVO E VESCOVO DI GIRGENTI - CON IL CONSENSO DELLA S. SEDE NELLA CHIESA CATTEDRALE DI GIRGENTI, ET IN TUTTA LA SUA DIOCESE - FU' RIMOSSO; E PROSCIOLTO DOMENICA - 27 AGOSTO 1719 AD HORAM 22 - DAL REV.MO SIGNOR DR. DON GIUSEPPE PANCUCCI CA. TES., E VIC. GENERALE APOSTOLICO CON L'ACTORITA' DELLA S. SEDE PER VIA DELLA SAC: CONGREGATIONE DELL'IMMUNITA' 

 

 

 

Li bro dei MORTI 1714-1724

 

A 28 AGOSTO 1713 - L'INTERDITTO FU IMPOSTO DELL'ILL.MO E REV.MO SIGNOR D. FRANCESCO REMIRENZ ARCIVESCOVO E VESCOVO DI GIRGENTI CON IL CONSENSO DELLA S. SEDE NELLA CHIESA CATTEDRALE DI GIRGENTI, ET IN TUTTA LA SUA DIOCESE

 

L’interdetto durò poco meno di sei anni e - forse anzi tempo - fu revocato il 27 agosto 1719, stando alle precisazioni dei libri parrocchiali:

 

FU' SCIOLTO DOMENICA  QUARTA D'AGOSTO  AL DI' 27 DELL'ORA VIGIGESIMA SECUNDA 1719 - DAL REV.MO SIGNOR DR. DON GIUSEPPE PANCUCCI CA. TES., E VIC. GENERALE APOSTOLICO CON L'ACTORITA' DELLA S. SEDE.

 


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