mercoledì 2 luglio 2014

CAPITOLO 3 Laura Taverna Rischi Bancari


CAPITOLO 3
(Laura Taverna)
 
 
IL GRADO DI RISCHIOSITÀ DEGLI IMPIEGHI BANCARI:
 UN’ANALISI EMPIRICA
 
 
3.1. L’ANALISI DEI DATI.
 
Alla luce delle espressioni teoriche presentate nel capitolo precedente, risulta interessante condurre uno studio empirico volto a verificare statisticamente l’andamento del grado di rischio degli impieghi bancari e l’incidenza di date variabili sulla rischiosità stessa.
Quale variabile esprimente il grado di rischiosità del credito si utilizza il rapporto fra le sofferenze e gli impieghi bancari (in termini percentuali). Il tasso di rischio viene analizzato in funzione della stima dei tassi d’interesse per finanziamenti per cassa a breve, che esprimono il costo del denaro[1], dell’indice di “bancarizzazione” (numero di sportelli ogni 10000 abitanti) e di un indicatore dimensionale (piccole banche/totale banche).
Il livello della rischiosità risente, ovviamente, di svariati altri fenomeni che risulta difficile individuare e quantificare con un certo grado di precisione, pertanto, nell’analisi empirica qui svolta, tali elementi vengono inclusi in un termine di disturbo stocastico le cui proprietà statistiche sono fissate a priori.
L’analisi è di tipo cross-section condotta su dati provinciali, i quali consentono di mettere meglio (rispetto alla notoria suddivisione per aree geografiche usualmente proposta negli elaborati della Banca d’Italia) in evidenza le differenze esistenti fra le diverse aree del territorio nazionale con riferimento agli anni 2000, per verificare l’effetto immediato dell’entrata della moneta unica, e 2002, ultimo anno disponibile.
In termini formali, la relazione sottoposta a verifica empirica può essere così sintetizzata:
(1)                                                  SOFF=F(INT, BANC, DIM)
dove SOFF è il rapporto sofferenze/impieghi, INT il tasso d’interesse, BANC l’indice di bancarizzazione e DIM l’indice dimensionale.
Il segno atteso dei tassi d’interesse è positivo, mentre ci si attende che i segni dell’indice di bancarizzazione e dell’indice dimensionale siano negativi.
Il rapporto fra le sofferenze e gli impieghi e l’indicatore dimensionale sono calcolati sulla base dei dati pubblicati dalla Banca d’Italia sulla “Base Informativa Pubblica”. E dalla medesima pubblicazione sono tratti i dati relativi al numero di sportelli per provincia i quali sono rapportati alla popolazione residente nella provincia stessa (i cui dati sono forniti dall’ISTAT) per ottenere l’indice di bancarizzazione. I tassi d’interesse attivi per provincia sono stime effettuate dall’Istituto G. Tagliacarne[2].
Le variabili utilizzate sono riassunte nelle tabb.1 e 2 dove si illustrano, inoltre, i valori medi[3] di ogni variabile a livello nazionale e i differenziali fra Centro-Nord e Mezzogiorno per quanto riguarda, rispettivamente, il 2000 e il 2002:
 
Tab. 1 – Valori Medi – Anno 2000
VARIABILI 
Nazione
Centro-Nord
Mezzogiorno
Differenziale[4]
Sofferenze/impieghi
9,46
5,47
16,89
11,42
Tassi d'interesse
7,72
7,21
8,66
1,45
Indice di bancarizzazione
5,2
6,22
3,29
-2,93
Indice dimensionale
23,56
24,6
20,37
-4,23
 
Tab. 2 – Valori Medi – Anno 2002
VARIABILI
Nazione
Centro-Nord
Mezzogiorno
Differenziale
Sofferenze/impieghi
7,34
4,38
12,85
8,47
Tassi d'interesse
6,88
6,37
7,83
1,46
Indice di bancarizzazione
5,49
6,58
3,45
-3,13
Indice dimensionale
22,33
24,78
17,77
-7,01
 
Si accennava poc’anzi che sono di seguito utilizzate le stime dei tassi d’interesse a breve termine, le quali sono costruite con una metodologia conclamata che fornisce una stima del dato medio provinciale il più vicino possibile ai reali valori che mediamente le banche di ciascuna provincia praticano alla loro clientela. Queste stime sono costruite utilizzando i dati relativi agli impieghi bancari (distribuzione per localizzazione – provincia – e comparti di attività economica dela clientela) e dei tassi attivi a breve termine sui finanziamenti per cassa (distribuzione per localizzazione – regione – e comparti di attività economica della clientela) pubblicati nei Bollettini Statistici della Banca d’Italia. Tale stima si basa sull’ipotesi che la media dei tassi di interesse provinciali, ponderati con il relativo ammontare degli impieghi per comparto di attività economica, sia pari al dato medio regionale pubblicato sul Bollettino Statistico della Banca d’Italia. A partire da questa ipotesi l’Istituto Tagliacarne[5] ha cercato di modificare i tassi di partenza (supposti uguali per ciascuna provincia al dato medio regionale) in modo che il calcolo della media aritmetica ponderata, a livello regionale, fornisse come risultato il dato ufficiale pubblicato dalla Banca d’Italia. La metodologia appena descritta è stata concretizzata con l’ausilio di un programma automatico di calcolo, che permettesse di ottenere, per ciascuna provincia, un insieme di tassi (uno per ogni comparto di attività) che rappresentasse la soluzione del sistema di incognite impostato come appena descritto.
I tassi d’interesse hanno subito un calo in tutto il territorio nazionale. Questi presentano, però, delle sensibili differenze fra le province. Preme, pertanto, precisare che nelle province più sviluppate tali tassi si attestano su valori più bassi rispetto alle province meno prosperose. Infatti, dalle tabb.3 e 4 si nota che sia nel 2000 sia nel 2002 la provincia con il tasso d’interesse più basso è Milano e le ultime 10 posizioni sono occupate da province del Centro-Nord, mentre le province con i tassi più elevati sono sempre quelle meridionali che vedono alternare al primo posto della graduatoria le province calabresi. Eppure appare interessante notare la posizione della provincia di Cagliari che nel 2002 con un tasso del 6,48% scavalca molte delle province più sviluppate del nostro Paese.
 
Tab. 3 – Stima dei tassi d’interesse per finanziamenti per cassa a breve – Anno 2000
 


Pos.          Province                             Tassi %                      Pos.               Province                          Tassi %


 


1
Cosenza
10.47
2
Reggio Calabria
10.24
3
Potenza
9.88
4
Matera
9.28
5
Catanzaro
9.21
6
Crotone
9.20
7
Campobasso
9.19
8
Cagliari
9.09
9
Nuoro
8.99
10
Sassari
8.88
11
Vibo Valentia
8.84
12
Salerno
8.81
13
Isernia
8.71
14
Caserta
8.63
15
Oristano
8.62
16
Avellino
8.60
17
Bari
8.53
18
Trapani
8.52
19
Ragusa
8.52
20
Agrigento
8.48
21
Messina
8.48
22
Lecce
8.48
23
Perugia
8.42
24
Benevento
8.41
25
Foggia
8.40
26
Caltanissetta
8.38
27
Terni
8.36
28
Catania
8.34
29
Taranto
8.31
30
Viterbo
8.28
31
Brindisi
8.24
32
L'aquila
8.23
33
Siracusa
8.22
34
Napoli
8.21
35
Imperia
8.12
36
Aosta
8.10
37
La Spezia
8.08
38
Latina
8.07
39
Enna
8.04
40
Savona
8.00
41
Palermo
7.99
42
Rovigo
7.98
43
Pescara
7.98
44
Rieti
7.94
45
Frosinone
7.91
46
Gorizia
7.90
47
Asti
7.90
48
Teramo
7.80
49
Chieti
7.73
50
Belluno
7.68
51
Vercelli
7.62
52
Cuneo
7.58
53
Padova
7.49
54
Massa Carrara
7.48
55
Grosseto
7,46
56
Livorno
7.45
57
Novara
7.44
58
Verbania Cusio Ossola
7.43
59
Alessandria
7.41
60
Udine
7.41
61
Verona
7.40
62
Pistoia
7.40
63
Pordenone
7.34
64
Siena
7.33
65
Arezzo
7.31
66
Trento
7.24
67
Vicenza
7.22
68
Pavia
7.17
69
Ferrara
7.14
70
Bolzano
7.12
71
Piacenza
7.09
72
Cremona
7.08
73
Ravenna
7.03
74
Venezia
7.03
75
Como
7.03
76
Varese
7.02
77
Pisa
7.02
78
Sondrio
7.01
79
Biella
6.96
80
Treviso
6.95
81
Mantova
6.92
82
Rimini
6.91
83
Lecco
6.89
84
Forli'
6.88
85
Lucca
6.87
86
Genova
6.86
87
Prato
6.82
88
Bergamo
6.80
89
Modena
6.79
90
Macerata
6.78
91
Ascoli Piceno
6.77
92
Roma
6.76
93
Reggio Emilia
6.72
94
Lodi
6.71
95
Trieste
6.70
96
Pesaro e Urbino
6.68
97
Parma
6.67
98
Brescia
6.50
99
Bologna
6.32
100
Firenze
6.22
101
Ancona
6.21
102
Torino
6.10
103
Milano
5.65




 
Tab. 4 – Stima dei tassi di interesse per finanziamenti per cassa a breve – Anno 2002
 
   Pos.      Province                                Tassi %                         Pos.     Province                                    Tassi %




     1
  Vibo Valencia                     
           8,87
2
  Reggio Calabria
8,77
3
  Crotone
8,75
4
  Cosenza
8,56
5
  Catanzaro
8,54
6
  Caltanissetta
8,44
7
  Enna
8,4
8
  Agrigento
8,35
9
  Isernia
8,3
10
  Ragusa
8,3
11
  Campobasso
8,28
12
  Trapani
8,26
13
  Oristano
8,21
14
  Nuoro
8,12
15
  Messina
8,02
16
  Siracusa
7,97
17
  Benevento
7,96
18
  Salerno
7,93
   19
  Caserta
           7,91
20
  Avellino
7,86
   21
  Catania
           7,76
22
  Brindisi
7,64
23
  Lecce
7,6
24
  Taranto
7,6
25
  Foggia
7,59
26
  Imperia
7,51
27
  Napoli
7,46
28
  Palermo
7,4
29
  Gorizia
7,4
30
  Terni
7,34
31
  Savona
7,34
32
  La Spezia
7,28
33
  Bari
7,27
34
  Matera
7,23
35
  Grosseto
7,16
36
  Sassari
7,15
37
  Perugia
7,13
38
  L'aquila
7,09
39
  Rovigo
7,09
40
  Pescara
7,05
41
  Massa Carrara
7,05
42
  Teramo
7,05
43
  Chieti
7,02
44
  Pistoia
6,99
45
  Belluno
6,94
46
  Arezzo
6,92
47
  Livorno
6,92
48
  Potenza
6,85
49
  Asti
6,85
50
  Prato
6,81
51
  Siena
6,79
52
  Pordenone
6,77
53
  Pisa
6,75
54
  Trieste
6,75
55
  Vercelli
6,75
56
  Verona
6,68
57
  Verbania Cusio Ossola
6,68
58
  Lucca
6,67
59
  Viterbo
6,62
60
  Padova
6,61
61
  Alessandria
6,56
62
  Rieti
6,56
63
  Novara
6,56
64
  Venezia
6,56
65
  Udine
6,53
66
  Treviso
6,52
67
  Cuneo
6,52
68
  Vicenza
6,49
69
  Cagliari
6,48
70
  Latina
6,47
71
  Aosta
6,43
72
  Biella
6,42
73
  Genova
6,4
74
  Frosinone
6,39
75
  Macerata
6,31
76
  Ascoli Piceno
6,28
77
  Piacenza
6,16
78
  Ferrara
6,16
79
  Pesaro e Urbino
6,15
80
  Ravenna
6,08
81
  Rimini
6,04
82
  Firenze
6,03
83
  Trento
6,02
84
  Forlì
5,92
85
  Bolzano
5,91
86
  Pavia
5,84
87
  Cremona
5,83
88
  Reggio Emilia
5,83
89
  Parma
5,82
90
  Modena
5,78
91
  Sondrio
5,76
92
  Roma
5,74
93
  Varese
5,72
94
  Como
5,71
95
  Lodi
5,71
96  
Ma      Mantova
5,7
97
  Lecco
5,7
98
  Ancona
5,63
99
  Bergamo
5,58
100

Torino

5,57
10
 1 11 Bologna
5,45
10
2 Brescia
5,37
10
3 Milano
4,77


 
Nel 2002 si denota una riduzione del grado di rischiosità rispetto al 2000 in tutto il Paese; nonostante ciò, nel Mezzogiorno si registra un tasso quasi triplo rispetto al Centro-Nord. Inoltre, data l’esistenza di una relazione diretta fra il grado di rischio dei crediti e i tassi di interesse, è lecito attendersi che le province del Nord registrino tassi di rischio minori rispetto alle province del Mezzogiorno. Eppure bisogna notare che nel 2002 la provincia con il tasso di rischio più elevato è Frosinone, che strappa un primato (negativo) detenuto dalle province meridionali e, osservando accuratamente la tab. 6 si evince che anche le altre province laziali non presentano una situazione molto più felice[6].
 
Tab. 5 – Sofferenze su impieghi - Anno 2000
 
    Pos.   Province                                             Tassi  %                              Pos.    Province                              Tassi %




1
 Reggio Calabria
24,9
2
 Messina
24,57
3
 Cosenza
24,22
4
 Trapani
23,85
5
 Catania
23,13
6
 Frosinone
22,4
7
 Palermo
22,39
8
 Vibo Valentia
21,9
9
 Latina
20,86
10
 Potenza
20,34
11
 Foggia
19,32
12
 Agrigento
19,17
13
 Taranto
18,97
14
 Brindisi
18,53
15
 L'Aquila
18,14
16
 Crotone
17,84
17
 Sassari
17,82
18
 Ragusa
17,75
19
 Benevento
17,58
20
 Caltanissetta
17,52
21
 Viterbo
17,05
22
 Matera
16,98
23
 Catanzaro
16,78
24
 Enna
16,56
25
 Lecce
15,65
26
 Nuoro
15,56
27
 Avellino
15,5
28
 Salerno
15,3
29
 Oristano
14,89
30
 Bari
14,41
31
 Caserta
14,01
32
 Siracusa
12,92
33
 Campobasso
12,75
34
 Napoli
12,41
35
 Cagliari
12,05
36
 Rieti
11,13
37
 La Spezia
10,86
38
 Isernia
9,7
39
 Ascoli Piceno
9,24
40
 Pescara
8,79
41
 Massa Carrara
8,66
42
 Teramo
8,19
43
 Chieti
7,72
44
 Imperia
7,53
45
 Savona
7,21
46
 Pavia
7,17
47
 Piacenza
7,12
48
 Roma
6,86
49
 Verbania Cusio Ossola
6,79
50
 Sondrio
6,77
51
 Rovigo
6,7
52
 Vercelli
6,28
53
 Ferrara
6,24
54
 Perugina
5,88
55
 Terni
5,85
56
 Lecco
5,55
57
 Asti
5,46
58
 Aosta
5,44
59
 Como
5,29
60
 Genova
5,27
61
 Alessandria
5,18
62
 Cremona
5,12
63
 Pisa
5,03
64
 Macerata
4,94
65
 Lucca
4,89
66
 Pistoia
4,87
67
 Firenze
4,84
68
 Livorno
4,8
69
 Varese
4,79
70
 Padova
4,76
71
 Arezzo
4,71
72
 Grosseto
4,6
73
 Verona
4,57
74
 Gorizia
4,56
75
 Siena
4,55
76
 Biella
4,45
77
 Novara
4,45
78
 Belluno
4,35
79
 Pesaro e Urbino
4,28
80
 Parma
3,82
81
 Mantova
3,76
82
 Lodi
3,7
83
 Venezia
3,64
84
 Udine
3,5
85
 Cuneo
3,49
86
 Modena
3,48
87
 Ancona
3,22
88
 Vicenza
3,06
89
 Bergamo
3,03
90
 Prato
2,92
91
 Reggio Emilia
2,85
92
 Bologna
2,84
93
 Ravenna
2,81
94
 Trieste
2,69
95
 Pordenone
2,56
96
 Milano
2,55
97
 Rimini
2,54
98
 Treviso
2,44
99
 Trento
2,41
100
 Forlì
2,37
101
 Torino
2,1
102
 Bolzano
1,8
103
 Brescia
1,57


 
Tab. 6 – Sofferenze su impieghi – Anno 2002
 
    Pos.  Province                                   Tassi  %                          Pos.   Province                                  Tassi %




1

 Frosinone

22,38
2
 Cosenza
19,4
3
 Reggio Calabria
19,24
4
 Potenza
18,53
5
 Vibo Valentia
18,44
6
 Isernia
17,04
7
 Messina
16,85
8
 Latina
16,82
9
 Palermo
16,77
10
 Brindisi
16,18
11
 Viterbo
15,53
12
 Foggia
15,31
13
 Trapani
15,09
14
 Taranto
14,99
15
 Sassari
14,89
16
 Catania
13,8
17
 Nuoro
13,69
18
 Matera
13,64
19
 Catanzaro
13,44
20
 Oristano
13,39
21
 Crotone
13,22
22
 Bari
12,95
23
 Lecce
12,94
24
 Agrigento
12,84
25
 Caltanissetta
12,49
26
 Ragusa
12,09
27
 Benevento
11,74
28
 Caserta
10,62
29
 Salerno
10,34
30
 Campobasso
9,96
31
 Cagliari
9,86
32
 L'Aquila
9,49
33
 Enna
9,46
34
 Siracusa
9,24
35
 Rieti
8,59
36
 Napoli
8,32
37
 Imperia
7,79
38
 Avellino
7,74
39
 La Spezia
7,67
40
 Pescara
7,01
41
 Savona
6,9
42
 Pavia
6,41
43
 Chieti
5,85
44
 Ascoli Piceno
5,81
45
 Sondrio
5,81
46
 Teramo
5,77
47
 Verbania Cusio Ossola
5,67
48
 Terni
5,62
49
 Piacenza
5,59
50
 Lecco
5,5
51
 Perugina
5,2
52
 Massa Carrara
5,19
53
 Vercelli
5,18
54
 Asti
5,05
55
 Alessandria
4,87
56
 Rovigo
4,8
57
 Roma
4,79
58
 Como
4,5
59
 Varese
4,38
60
 Macerata
4,29
61
 Novara
4,17
62
 Cremona
3,93
63
 Bergamo
3,92
64
 Ferrara
3,86
65
 Arezzo
3,77
66
 Pistoia
3,65
67
 Genova
3,64
68
 Pesaro e Urbino
3,61
69
 Gorizia
3,46
70
 Pisa
3,37
71
 Aosta
3,23
72
 Mantova
3,23
73
 Verona
3,18
74
 Grosseto
3,15
75
 Firenze
3,11
76
 Biella
2,98
77
 Modena
2,92
78
 Padova
2,87
79
 Cuneo
2,78
80
 Rimini
2,77
81
 Livorno
2,73
82
 Lucca
2,68
83
 Udine
2,67
84
 Prato
2,65
85
 Belluno
2,58
86
 Parma
2,57
87
 Ancona
2,56
88
 Siena
2,51
89
 Bologna
2,44
90
 Trieste
2,31
91
 Torino
2,29
92
 Venezia
2,27
93
 Lodi
2,21
94
 Reggio Emilia
2,16
95
 Brescia
2,14
96
 Pordenone
2,1
97
 Forlì
1,99
98
 Treviso
1,91
99
 Vicenza
1,88
100
 Ravenna
1,87
101
 Milano
1,83
102
 Bolzano
1,65
103
 Trento
1,46
 
 
 


 


Il numero di sportelli per abitanti, tra il 2000 e il 2002, ha registrato un lieve aumento in quasi tutte le province italiane. L’indice di bancarizzazione risulta più elevato nelle province maggiormente sviluppate, infatti all’apice della graduatoria (tab. 7) si posiziona la provincia di Trento con un numero di sportelli quasi doppio (sia nel 2000 che nel 2002) rispetto alla media nazionale e le province dotate di un maggiore numero di sportelli sono tutte allocate al Nord, mentre il Meridione gode mediamente di 3,29 sportelli ogni 10000 abitanti con in calce alla classifica le province calabresi.
 
Tab. 7  - Dotazione provinciale di sportelli per popolazione (10000 abitanti)
 
    Pos.    Province                            2000       2002                       Pos.  Province                                2000      2002




       1
Trento
   10,09    
   10,28
2
Belluno
8,43
8,72
        3
Bolzano
     8,6 
     8,63
        4
Udine
     8,11
     8,63
5
Ravenna
7,98
8,37
6
Rimini
7,17
8,35
7
Forlì
7,96
8,32
8
Cuneo
7,66
8,28
9
Mantova
7,79
8,06
10
Aosta
7,63
8
11
Bologna
7,19
7,73
12
Pesaro e Urbino
7,2
7,66
13
Parma
7,3
7,64
14
Reggio Emilia
7,43
7,61
15
Siena
7,12
7,58
16
Cremona
7,15
7,52
17
Piacenza
7,19
7,49
18
Pordenone
6,68
7,45
19
Treviso
7,03
7,4
20
Vercelli
7,08
7,33
21
Vicenza
6,76
7,25
22
Asti
6,79
7,17
23
Verona
6,71
7,1
24
Gorizia
6,41
6,96
25
Brescia
6,51
6,94
26
Sondrio
6,42
6,92
27
Modena
6,23
6,81
28
Rovigo
6,58
6,8
29
Ancona
6,16
6,76
30
Biella
6,55
6,72
31
Macerata
6,11
6,71
32
Lecco
6,26
6,58
33
Padova
6,27
6,53
34
Alessandria
6,17
6,45
35
Perugina
5,67
6,35
36
Firenze
5,95
6,34
37
Bergamo
6,01
6,33
38
Viterbo
6,06
6,31
39
Lucca
6,1
6,3
40
Lodi
6,03
6,29
41
Savona
6,01
6,19
42
Arezzo
5,78
6,14
43
Ferrara
5,67
6,09
44
Ascoli Piceno
5,58
6,07
45
Pisa
5,91
6,07
46
Como
5,77
6,06
47
Pavia
5,69
6,06
48
Milano
5,75
6,04
49
Grosseto
5,61
5,94
50
Pistoia
5,51
5,91
51
La Spezia
5,6
5,8
52
Trieste
5,52
5,72
53
Venezia
5,25
5,72
54
Novara
5,45
5,62
55
Prato
5,3
5,57
56
Genova
5,24
5,49
57
Oristano
5,23
5,4
58
Teramo
4,93
5,32
59
Livorno
5
5,28
60
Verbania Cusio Ossola
5,04
5,28
61
Rieti
5,09
5,22
62
Terni
4,8
5,15
63
Varese
4,92
5,09
64
Imperia
4,57
4,95
65
Massa Carrara
4,61
4,89
66
Pescara
4,44
4,79
67
L'Aquila
4,38
4,74
68
Torino
4,45
4,68
69
Roma
4,2
4,52
70
Campobasso
4,03
4,47
71
Nuoro
4,33
4,47
72
Sassari
4,16
4,27
73
Trapani
3,97
4,1
74
Matera
3,84
4,04
75
Chieti
3,69
4,01
76
Potenza
3,76
3,96
77
Agrigento
3,66
3,65
78
Enna
3,44
3,64
79
Ragusa
3,43
3,6
80
Isernia
3,5
3,53
81
Bari
3,32
3,5
82
Cagliari
3,32
3,49
83
Foggia
3,13
3,44
84
Messina
3,34
3,39
85
Frosinone
3,28
3,36
86
Caltanissetta
3,19
3,24
87
Catania
2,98
3,13
88
Palermo
3,06
3,13
89
Lecce
2,84
3,07
90
Salerno
2,89
3,06
91
Latina
2,86
3,02
92
Siracusa
2,76
2,97
93
Benevento
2,73
2,81
94
Avellino
2,75
2,8
95
Brindisi
2,6
2,74
96
Taranto
2,49
2,68
97
Catanzaro
2,49
2,64
98
Cosenza
2,3
2,52
99
Napoli
2,4
2,5
100
Reggio Calabria
2,32
2,4
101
Vibo Valentia
2,22
2,36
102
Crotone
2,31
2,27
103
Caserta
2,17
2,24


 
Risulta interessante, infine, studiare in maniera più diretta l’incidenza del grado di sviluppo di ciascuna area sulla rischiosità degli impieghi. Si analizza, a tal fine, la relazione esistente fra il rapporto sofferenze/impieghi e il PIL pro capite, limitatamente al 2000[7]. Le stime del PIL pro capite provinciale sono state elaborate dall’Istituto G. Tagliacarne.
Da questa regressione ci si attende l’esistenza di una relazione negativa, poiché è immediato constare che le province con tasso di rischiosità più basso godono di un PIL più elevato.
 
 
3.2. L’EVIDENZA EMPIRICA.
 
Ai fini della stima econometrica, la relazione (1) sottoposta a verifica empirica può essere approssimata mediante una relazione lineare stocastica del tipo:
(2)                                                             con ~
dove i=1,2,…,103 e indica la i-esima provincia; k il numero di regressori.
I risultati del modello di regressione, i cui parametri sono stati stimati con il metodo OLS, per l’anno 2000 sono riassunti nella seguente tavola:
 
Tab. 8 – Coefficienti di regressione e variabilità spiegata – Anno 2000
 

Coefficienti

t student

Intercetta
-7,333131
-1,59
Tassi d'interesse
3,502457
7,36
Indice di bancarizzazione
-1,8384
-7,51
Indicatore dimensionale
-0,028753
-1,40
Bontà di adattamento
0,78
 
 
Per cui la retta stimata risulta essere:
che conferma le aspettative poste a priori. Ossia, l’esistenza di una relazione diretta fra il tasso di rischiosità degli impieghi e i tassi d’interesse attivi, e una relazione inversa con l’indice di bancarizzazione e con l’indice dimensionale.
La retta di regressione sembra abbastanza esplicativa del fenomeno poiché si registra un =78%. Sia i tassi d’interesse che l’indice di bancarizzzione risultano significativi, mentre l’indice dimensionale non e’ significativo[8] nello studio del tasso di rischio.
In proposito, è interessante calcolare l’incidenza percentuale di ciascuna variabile esplicativa sul divario fra il tasso di rischio nel Mezzogiorno e Centro-Nord, i cui risultati sono esposti nella tab. 9, qui di seguito riportata:
 
Tab. 9 – Composizione del divario fra il tasso di rischiosità nel Mezzogiorno e Centro-Nord[9] – Anno 2000
(Valori percentuali)

Tassi d'interesse

44,47
Indice di bancarizzazione
47,17
Indicatore dimensionale
1,07
         
Il differenziale del grado di rischio nelle due macroaree del Paese è, quindi, quasi interamente dovuto all’andamento del costo del denaro e alla concorrenza fra i diversi istituti creditizi.
La “non significatività” dell’indice dimensionale all’interno della regressione induce ad affermare che, nonostante gli sforzi della teoria economica (vedi §2.3.) di voler spiegare l’esistenza di un nesso fra la rischiosità e le dimensioni bancarie, empiricamente una tale relazione va rigettata.
Tali conclusioni sono pressochè interamente confermate dalla regressione elaborata sui dati del 2002, i cui risultati sono riassunti nella tab. 10:
 
Tab. 10 – Coefficienti di regressione e bontà di adattamento – 2002
 
  Coefficienti
t student
Termine noto
7,098144
1,67
Tassi d'interesse
1,495004
3,16
Indice di bancarizzazione
-1,68298
-7,26
Indicatore dimensionale[10]
-0,0365
-2,01
Bontà di adattamento
0,68
 
 
Rispetto alla regressione condotta sui dati del 2000, questa presenta una minore bontà di adattamento che, può essere, nonostante tutto, considerata soddisfacente e il contributo di ciascuna variabile esplicativa sulla spiegazione del differenziale fra il grado di rischio del Centro-Nord e del Mezzogiorno si è modificato (si confrontino i valori riportati nelle tabb. 9 e 11).
 
Tab. 11 – Composizione del divario fra il tasso di rischiosità nel Mezzogiorno e Centro-Nord – Anno 2002
(Valori percentuali)
Tassi d'interesse
25,86
Indice di bancarizzazione
62,08
Indice dimensionale
3.31
 
In considerazione del diverso grado di significatività esercitato da ciascuna variabile indipendente sul fenomeno osservato, si ritiene interessante analizzare il grado di rischiosità dei crediti in funzione di ognuna delle variabili maggiormente significative, prese singolarmente.
Prendendo in considerazione l’influenza dei tassi d’interesse sul rapporto sofferenze/impieghi[11] si ottengono i valori della regressione riportati nella tab.12.
 
Tab. 12 – Coefficienti di regressione e variabilità spiegata
 
  Coefficienti
t student
Termine noto
-36,7492
-10,59
Tassi d'interesse
5,9881992
13,41
Bontà di adattamento
0,64
 
 
Tra le variabili insiste una relazione di tipo lineare come di seguito rappresentata (graf.1):
 
Graf. 1 - Relazione tra la precentuale delle sofferenze in termini di

impieghi e i tassi d’interesse attivi – Anno 2000
 
 
Nel 2002 l’incidenza dei tassi d’interesse permane elevata (vedi tab. 11), ma l’elasticità dei tassi d’interesse sul rapporto sofferenze/impieghi è aumentata[12], com’è percepibile dal graf. 2 in cui sono raffigurate le rette di regressione:
(3)                         Y=-20,61 +4,06X      relativamente al 2000;
(4)                         Y=-36,75+5,99X       relativamente al 2002.
 



Graf. 2 – Relazione tra la precentuale delle sofferenze in termini di
impieghi e i tassi d’interesse attivi.


         
La relazione esistente fra il rapporto sofferenze/impieghi e l’indice di bancarizzazione può essere misurata considerando i risultati della regressione qui di seguito riportati:
 
Tab. 13 - Coefficienti di regressione e variabilità spiegata - 2000
 
Coefficienti
t student

Termine noto

25,510647
20,71

Indice di bancarizzazione

-3,087386
-13,77

Bontà di adattamento

0,6523248
 
 
Tab. 14 - Coefficienti di regressione e variabilità spiegata – 2002
 
Coefficienti
t student
Termine noto
19,80083
19,80
Indice di bancarizzazione
-2,27174
-13,17
Bontà di adattamento
0,631939
 
 
Dal confronto fra i due anni si denota un aumento dell’elasticità dell’indice di bancarizzazione sul tasso di rischiosità. Infatti, nonostante i processi di acquisizione/fusione in atto negli ultimi anni abbiano ridotto il numero di aziende di credito in tutto il Paese, il numero degli sportelli presente sul territorio nazionale è aumentato.
 



Graf. 3 – Relazione tra la precentuale delle sofferenze in termini di
impieghi e l’indice di bancarizzazione – Anno 2000
 
Si è ampiamente constatato, nell’ambito del presente studio, che le province del Centro-Nord godono di una posizione creditizia di gran lunga migliore di quella delle province meridionali. A sostegno di questa conclusione interviene le regressione effettuata mettendo in relazione il rapporto sofferenze/impieghi con l’indice[13] del PIL pro capite, i cui risultati sono riportati nella tab. 15.
 
Tab. 15 – Coefficienti di regressione e variabilità spiegata
 
Coefficienti
t student
Termine noto
32,513418
23,15
PIL pro capite
-0,239678
-16,93
Bontà di adattamento
0,7394188
 
  
Nelle province italiane dove il livello del PIL pro capite è più elevato la percentuale di sofferenze sul totale dei crediti erogati è più bassa come evidenzia la relazione inversa esistente tra le due variabili considerate (tab. 15 e graf. 4).
 
Graf. 4 – Relazione fra il rapporto sofferenze/impieghi e il numero indice del PIL pro capite - 2000
 



 
Poiché la regressione spiega circa il 74% della variabilità del grado di rischiosità è lecito asserire che il PIL pro capite esercita una forte influenza sul fenomeno. Ciò implica una conclusione interessante: fra le variabili reali e le variabili creditizie esistono forti interconnessioni pertanto i percorsi di crescita dell’economia reale non sono autonomi rispetto alle dinamiche dell’economia monetaria e creditizia, anzi, esiste un importante legame che dimostra la “non neutralità” del credito nello sviluppo delle economie locali.
 
 
3.3 CONCLUSIONI
 
Nonostante gli indubbi progressi di cui ha beneficiato tutto il sistema economico meridionale negli anni più recenti, il percorso di recupero del sistema bancario non si può considerare esaurito. Quest’ultimo presenta ancora forti problematiche che impediscono al meridione di poter raggiungere il livello economico delle altre aree del paese. Detto sistema viene tutt’oggi accusato di concedere poco credito alle imprese meridionali e di far pagare loro, sulle risorse finanziarie messe a disposizione, tassi di interesse eccessivamente elevati.
Dall’accurato studio fin qui condotto si evince una miglioramento delle condizioni della rischiosità sia a livello nazionale sia con riferimento al Mezzogiorno d’Italia. L’incidenza delle sofferenze sul totale dei crediti a livello di sistema risulta ancora molto elevato; occorre pertanto verificare quali iniziative possano essere adottate per fronteggiare il problema nel suo complesso, ma soprattutto quello costituito dalla indiscutibile maggiore “rischiosità” della clientela meridionale. L’elevato peso delle sofferenze e delle partite incagliate costituisce un vincolo forte al recupero di efficienza delle banche e alla loro capacità di svolgere una funzione propulsiva ai fini dello sviluppo dell’economia meridionale.
In sostanza se si assume che tale rischiosità costituisce un dato strutturale dell’economia meridionale, va considerata la possibilità che si generi un circolo vizioso innescato dal fatto che il maggiore rischio del credito si traduce in tassi d’interesse più elevati, che a loro volta determinano più consistenti oneri finanziari per le imprese, e conseguentemente maggiore rischiosità del credito. La gestione e la riduzione dell’ingente stock dei crediti in sofferenza accumulato dalle banche del Mezzogiorno vanno, quindi, affrontate al fine di prospettare soluzioni quanto più realistiche possibile ed ancorate a logiche di mercato.
La soluzione, esogena al mercato, finora utilizzata delle “cartolarizzazioni” riduce le sofferenze delle aziende di credito, ma queste continuano ad esistere nelle società finanziarie. Pertanto, bisogna trovare soluzioni che eliminino effettivamente le sofferenze bancarie, cercando di minimizzare il grado di rischiosità degli impieghi presenti nel sistema.
Le regole e l’azione di vigilanza, sebbene non possano entrare nel merito delle scelte di gestione adottate dalle singole aziende di credito, possono stimolare le banche ad un’analisi più attenta del merito di credito della clientela al fine di prevenire precocemente le situazioni di crisi; quindi un’alternativa, sempre esterna ai meccanismi di mercato, praticabile per arginare la problematica della rischiosità del credito potrebbe consistere nell’intensificare l’attività di vigilanza condotta sugli istituti creditizi del Mezzogiorno e non. Ovviamente non si può pretendere che tale attività pervenga esclusivamente dalla Banca d’Italia, che ad oggi è l’unica istituzione che esercita una forma di controllo sulle banche[14], ma sarebbe auspicabile istituire enti atti al controllo a latere della Banca d’Italia e in posizione subalterna alla Banca Centrale.
 


 




[1] Ovviamente i tassi a breve non sono gli unici indici del costo del denaro, esistendo sul mercato anche i tassi a medio e a lungo termine. Si utilizzano qui i tassi a breve perché rappresentano attualmente una buona quota del mercato del credito e sono, dunque, estremamente rappresentativi del costo dei finanziamenti concessi dalle banche.
[2] In quanto su questi la Banca d’Italia fornisce informazioni a livello regionale e non a livello provinciale.
[3] Si tratta di medie aritmetiche semplici.
[4] I valori del differenziale sono ottenuti per differenza fra la media nel Mezzogiorno e la media del Centro-Nord (rispettivamente colonna 2 e colonna 1 della tabella medesima).
[5] Ente che ha redatto la stima.
[6] Latina riporta, infatti, un tasso pari al 16,82% e a Viterbo il 15,53% del totale degli impieghi è costituito da crediti in sofferenza.
[7] Le stime del PIL pro capite provinciale non sono ancora disponibili.
[8] Le variabili si ritengono significative al 95%.
[9] I valori contenuti nella tabella sono calcolati applicando al differenziale delle variabili i coefficienti stimati nella regressione.
[10] Al 95% questa variabile risulta significativa eppure visto il basso valore che assume la t, l’incidenza di tale variabile risulta comunque marginale nella spiegazione del fenomeno in esame (a conferma del quale intervengono i dati riportati nella tab. 11).
[11] Dati relativi all’anno 2000.
[12] Per ridurre il tasso di rischiosità di una unità è necessario ridurre i tassi d’interesse in misura maggiore di quanto era necessario nel 2000.
[13] Italia=100.
[14] Ai sensi dell’art. 53 del TULB la Banca d’Italia può emanare, in conformità delle deliberazioni del CIRC, disposizioni in materia di contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni.  

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