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venerdì 9 gennaio 2015

Elegia di Garcia Lorca

ELEGIA
 
Come un turibolo pieno di desideri,
passi nella sera luminosa e chiara
con la carne scura di nardo appassito
e il sesso potente nel tuo sguardo.
 
Porti sulla bocca la tua malinconia
di purezza morta, e nelle dionisiaca
coppa del tuo ventre il ragno che tesse
il velo infecondo che copre i visceri
mai fioriti colle rose vive
frutto dei baci.
 
                       Tra le tue bianche mani
porti la matassa delle tue illusioni,
morte per sempre, e sopra la tua anima
la passione affamata di baci di fuoco
e il tuo amore di madre che sogna lontane
visioni di culle in ambienti tranquilli,
filando tra le labbra l'azzurro  della ninna-nanna.
 
Daresti come Cerere le tue spighe d'oro
se l'amore addormentato toccasse il tuo corpo,
e come la Vergine Maria potresti
far scaturire un'altra via lattea dai tuoi seni.
 
Appassirai come la magnolia.
Nessuno bacerà le tue cosce di brace.
Né sui tuoi capelli giungeranno le dita
che li tocchino come corde di un'arpa.
 
Oh donna potente d'ebano e di nardo!
il tuo respiro ha il candore dei finocchi.
Venne con la mantiglia di Manila che odora
del vino di Malaga e della chitarra.
 
Oh cigno bruno, hai loti di frecce
nel tuo lago, onde di arance
e spume di rossi garofani che effondono
profumi sui nidi appassiti sotto le tue ali!
 
Nessuno ti feconda. Martire andalusa,
i tuoi baci restano sotto le viti
pieni del silenzio notturno
e del ritmo torbido dell'acqua stagnante.
 
Ma le tue occhiaie si allargano
e i tuoi neri capelli s mutano in argento;
i tuoi seni profumati non son più duri
e iniziano a curvarsi le tue splendide spalle.
 
Oh donna snella, materna e ardente!
Vergine dolorosa, tu porti inchiodate
tutte le stelle del profondo cielo
nel tuo cuore ormai senza speranza.
 
Sei lo specchio di un'Andalusia
che soffre giganti passioni e tace,
passioni agitate da ventagli
e maniglie sulle gole
che hanno tremolii di sangue e di neve,
e grossi graffi fatti dagli sguardi.
 
Te ne vai nella nebbia dell'autunno,
vergine come Inés, Cecilia e la dolce Clara,
mente sei una baccante che avrebbe danzato
incoronata di verdi pampini e di vite.
 
La tristezza immensa fluttua nei tuoi occhi
ti rivela la tua vita spezzata e fallita,
la monotonia del tuo povero ambiente
dove vedi gente dalla tua finestra,
e ascolti la pioggia sull'amarezza
che ha la vecchia strada provinciale,
mentre risuonano lontano rintocchi
incerti e confusi di campane.
 
Ma invano hai ascoltato le voci dell'aria.
Non giunse mai ai tuoi orecchi la dolce serenata.
Dietro i tuoi vetri guardi in attesa ancora.
Che profonda tristezza hai dentro l'anima
se senti nel petto ormai spossato e stanco
la passione di una ragazza da poco innamorata!
 
Il tuo corpo scenderà nella tomba
intatto di emozioni.
Sulla terra scura
spunterà l'alba.
Di tuoi occhi sorgeranno due garofani sanguinanti
e dai tuoi seni rose bianche come neve.
Ma la tua grande tristezza se ne andrà con le stelle,
come un'altra stella degna di ferirle ed oscurarle.
 
[Granada, dicembre 1918 - Garcia Lorca]

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