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domenica 15 marzo 2015

Accutufatu ... che significa? Ci domanda provocatoriamente Piero Carbone. A me mi convince Samuele Schirò.

Palermo e i santi inventati

Come tutti ben sappiamo, la città di Palermo ha sempre avuto delle sante protettrici. L’attuale patrona, S. Rosalia, ha sostituito nel 1624 le antiche protettrici della città, ovvero S. Oliva, S. Agata, S. Cristina e S. Ninfa. Tuttavia, da tempi immemori e ancora oggi, ci sono dei santi inventati invocati dalla tradizione popolare che, sebbene non siano dei veri beati, aiutano in certe situazioni spinose oppure ad esprimere un concetto in modo inequivocabile.
Primo tra tutti è Santu Accutufatu, ovvero santo ammaccato o acciaccato. Questo è entrato a far parte della fantasia popolare come una sorta di santo da quattro soldi.
Simile a lui come nome, ma non come azioni miracolose, c’è Santu Scrutufatu, il santo protettore dei poltroni, conosciuto soprattutto su alcuni paesi dei monti Nebrodi, mentre poco si sa sulle origini del sicilianissimo San Virticchiu Apostolo.
Santu Sanu, il santo più ironico e pasticcione, è famoso per i suoi miracoli fatti alla rovescia, ovvero scontentando chi li richiede mentre Santu Latruni, sebbene non riconosciuto dalla chiesa, si riferisce probabilmente al ladrone “buono” crocifisso sul Golgota insieme a Gesù. Inutile dire che è invocato soprattutto dai ladri, tanto che la preghiera a lui rivolta recita: “Santu Latruni, cumpari semu, quantu pigghiamu nni lu spartemu”, ovvero Santo Ladrone, siamo “amici”, quello che prendiamo lo dividiamo.
A Palermo c’è anche un santo protettore delle correnti d’aria, il cosiddetto Santu Vintulinu, invocato da tutte le mamme che chiedono ai figli di coprirsi meglio prima di uscire, mentre chi può contare su un lavoro stipendiato, ogni 27 del mese festeggia Santu Paganino. Non tutti i santi, comunque, sono così misericordiosi, esiste infatti anche un Santu ca un sura (Santo che non suda), quindi duro d’orecchie e che difficilmente ti esaudisce, insomma il santo patrono delle cause perse.
Sebbene forse non sia strettamente un santo (ma d’altronde chi di questi lo è) il termine siciliano per indicare qualcosa fatta a casaccio e senza impegno è “alla Sanfasò” (o Sanfrasò da alcune parti), possibile che anche questa espressione invochi un “santo immaginario”, magari il protettore dei pasticcioni e dei disordinati.
Di certo in una terra così “religiosa”, non potevano mancare le beatitudini, per questo, data la costante ed ormai storica mancanza di posti di lavoro, è stata concepita anche la figura di un Beato Assunto, ammettendo che, se non è santo, è quantomeno molto fortunato. Ma in Sicilia la beata per eccellenza è la parola che ci ha resi famosi nel mondo, quella che esprime la sicilianità in sette lettere, la ben nota Beata Minchia, un ulteriore rafforzativo per indicare il nulla più assoluto.
Samuele Schirò

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