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mercoledì 18 marzo 2015

Matrice

 
 
Ho avuto oggi modo di provare interesse per questa vetusta immagine dell'interno della Matrice, della Chiesa Madre del mio paese natio: Racalmuto.
 [continua]
L'ha meritevolmente proposta il blog Racalmuto Ieri Domani. 
La vecchia cartolina parla di "cattedrale". Non esageriamo. Anche se invero in uno stallo sopraelevato di ammirevole fattura lignea, una sorta di cattedra c'era per l'arciprete e di fonte per il Vicario Foraneo.
Nei miei exursus laici nella locale Historia Terrae Ecclesiae Racalmuti - ovvio negletta da preti, gesuiti, canonici e abati a giusto titolo ma alquanto impudentemente da novelli moralisti con fomiti di storica narrazione - ho molto detto e scritto e criticato e insinuato su arcipreti  vicari foranei cappellani monaci e chierici che nei secoli hanno dato talora lustro talora scandalo in questa gande casa del Signore.
Parto da un dato, dal nostro Tinebra Martorana. "Questa chiesa - pontifica il massimo dei microstorici racalmutesi - fu migliorata notevolmente da Francesco Lebrotti e l'architettura è notevole per soverchia profusione oro. E' molto trascurata per proverbiale indifferenza dei sagrestani fannulloni e per mancanza di fondi. In ogni luogo  è polvere e ragnatela, né vi manca l'untume che fa assai ribrezzo. L'arciprete e il clero dovrebbero prenderne cura e non permettere tanto disordine".
Per incidens, sbaglia il Tinebra a credere che quella chiesa fu fatta bella da Fancesco Librotti (invero quell'aromatico si chiamava LoBrutto). Cade nell'errore tipografico del Pirri.
Ma ora a vedere quest'interno, che pensiamo sia degli anni trenta del secolo scorso, non ammiriamo di certo la conclamata ricchezza d'oro ma  tutto è pulito e lindo e persino civettuolo.
All'estetica della Matrice ci pensarono l'arciprete Genco dopo una non esemplare storia di lasciti riparatori di un certo padre Matrona (sì della famiglia dei Matrona) e (a parte la dissipazione del sovrabbondante oro) l'arciprete Giovanni Casuccio solerte e disinteressato, che vi profuse i soldi anche se aiutato da facoltose orsoline e  signore di chiesa.
Faccenda questa ignota e non commemorata  per scarsa consuetudine presso gli archivi della Matrice, quando erano ottimamente tenuti anche dal defunto arciprete padre Puma.
Mio nipote Giuseppe Taverna ne parlò delle opere di rifacimento dalla facciata di questa nostra Matrice. Ne scrisse in uno studio che versò nella locale Biblioteca Comunale, ne fece uno stralcio per il nostro QR che mi premuro di riprodurre qui a indubitabile prova di quanto vado affermando, temendo che la novella gens historica racalmutese proceda a  dichiarare  plagiario il plagiato. Mio nipote ne scrisse e pubblicò il documento di ricerca già  prima del 2001, come dire quattordici anni fa. Si sa che l'odierno alto dirigente ministeriale dottor Giuseppe Taverna fu studente precoce e molto brillante.

Ma veniamo a me. Mi va qui di riprodurre carte mie scarse sulla Matrice di Racalmuto.
     
 
Ha tutta l’aria di essere il primo arciprete d’origine racalmutese. Insediatosi attorno al 1579, succede a don Gerlando d’Averna. Muore il  28 luglio 1597, prossimo al suo ventennio di arcipretura. Ebbe forse ad acquisire un discreto patrimonio, fatto sta che il vescovo Horozco intenta una lite al conte del Carretto per rivendicare i beni successori del defunto arciprete Romano. Il Vescovo ne fa cenno in una sua difesa inviata al Vaticano, ove fra l’altro si legge:
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