Roma, 19
maggio 1994
Gentilissima
Signora,
mi affretto a
riscontrare la Sua lettera per rassicurarLa che giammai utilizzerò la nota
fotocopia, né pubblicamente né privatamente e neppure parzialmente. Ovviamente
ignoravo le disposizioni testamentarie, diversamente avrei evitato
accuratamente di avanzare richieste di autorizzazione per la pubblicazione del
documento.
Quanto ai
dettagli, mi preme francamente far presente che non ho capito in che cosa e
come dovrei 'correggere' i risultati delle mie ricerche d'archivio. Il
contrasto con la metafora del libro 'Occhio di capra' non inficia di certo quel
che dopo laboriosi scandagli ho rinvenuto nei registri parrocchiali (ed anche
comunali). Non pretendo certo d'immergermi nel mondo dei sentimenti verso
Racalmuto del grande Scomparso: viceversa, ho voglia di risalire la corrente
pluricentenaria di quella 'blasfema ironia' che Sciascia ritaglia per Racalmuto
(Kermesse, pag. 54 ), convinto che da quelle antiche propaggini si diparte
l'insondabile gene atto a far sbocciare il genio inquieto ed irridente dello
Scrittore racalmutese.
Appartengo a
una di quelle due chiese che tanto irritavano Suo Marito, quella marxista e ciò
mi obbliga all'assunto che vuole la verità sempre rivoluzionaria. Piccola o
grande che sia credo di averla sempre perseguita, piaccia o dispiaccia ad
amici, parenti, piccoli o grandi.
Voglia gradire
i sensi del mio ossequio.
Nessun commento:
Posta un commento