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sabato 25 luglio 2015

parole detti cicolani

Sono siciliano di centomila generazioni, refrattario ad ogni lingua foresta. Non mi sono mai convertito all'esteroglossomania figuriamo adesso ad 81 anni.
Eppure qui - che pur sarebbe un lembo estremo del Regno delle Due Sicilia, la terra cicolana altrice di briganti a ridosso dello Stato Pontificio - debbo per sopravvivenza anche coniugale tentar convivenza con dialetto stretto stretto ma non molto ostico.
Piluccando notizie storiche sulla famiglia di mia moglie vengo a scoprire che la nonna paterna proveniva da una famiglia di VATICALI, adattamento cicolano di VETTURALE ma aveva ben altre implicazioni in quel trambusto storico del secolo dei Lumi, e anche se Marat doveva ancora arrivare le classi abbienti si adoperavano per consolidamenti delle ricchezze accumulate con l'agricoltura e con il feroce sfruttamento dei cenciosi contadini. Gli Aniballi di Staffoli con grandi proprietà a Poggiopoponesco non si limitavano a far fruttare le loro terre ma espansero nelle iniziative dei trasporti e da "vaticali" ben impinguavano i loro peculi di famiglia. Una Aniballi, erede di tali vaticali fattisi "molto commodi" sposò il primogenito della famiglia Benedetti gravitante tra Pescorocchiano e Baccarecce; una sorella, uno dei Morelli di Nesce.
I Benedetti rinforzati da una paio di preti economicamente molto abili (Don Benedetto e don Cpstantino) alzarono a Baccarecce una abitazione vagamente consona con la villa rustica di cui scrive il Lugini, ove utilitas in spazi grandi e delectatio con civettuoli fregi confluivano in quello che genialmente il Lugini chiama praetorium: e da lì come un praetor il fattore ora gran nobilotto sia pur di campagna dominava le sottostanti vigne terrazzate e le frugifere 'piana'.
Mio suocero Costantino Benedetti ancora negli ultimi sussulti di quella civiltà contadina degli anni '50 aveva fisico mente e cipiglio da aurotevole praetor nella sua tipica villa rustica di concezione romana in quel di Baccarecce. E al tempo della mietitura appunto resisteva il rito dello 'sdiuno' da noi rammentato aliunde.
Il Lugini col suo colto trattato sulla villa rustica dei Morelli, certo modello per la minore corte caseggiata dei Benedetti di Baccarecce, ci spiega come a ridosso i poveri, i servi, i villici, le "anime" potessero trovare alloggi ed essere profittevoli appendici dei signorotti burberi ma all'occorrenza benefici, persino qualche volta munifici. Benedetto Di Matteo per Nesce sta dando alle stampe uno suo studio pregevole anche se affettuoso di codeste abitazioni tra l'indigente e il confortevole in quel di Nesce quali ancor oggi residuano.
Baccarecce ha forse struttura differenziata: colpisce come a fronte del solatio allinearsi di abitazioni signorili si aggrumino sottomesse casupole che aggirano un angusto cortiletto. Al cortiletto si eccede da un basso arco che comunque permette l'ingresso anche di grossi quadrupedi. E qui il termine che mi ha colpito. Ancor oggi quegli accessi singolari e inconfondibili li chiamano TRASCERNE. Eccolo qui in calce a terzo posto.

Infine Peppina di Baccarecce, oggi visitata da me e da mia moglie, antica testimone dei fasti dei Benedetti, sempre arzilla, loquace, espressiva, sentimentale, fiera di essere stata a servizio dei Benedetti, di cui conosce uomini e donne, zie e tardone, vizi e virtù, eccola uscirne con una espressione di indicibile espressività: "non me ne meno abbe" (non me ne faccio meraviglia). Ma cavolo se me ne faccio meraviglia io, quanto è meravigliosa questa arzillissima donna d'altri tempi che ancora espande fascino e ispira simpatia. Grande testimone di un mondo che pur non mi appartiene.
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vaticale - u sdiunu - trascerna - non me ne meno abbe (non me ne faccio meraviglia)

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