«Minuta M.I. del 4.8.1933: [Accenno
ai fatti di Parigi, ma dopo:] ‘questo Ministero prende atto delle favorevoli
informazioni fornite dal N.R. Console di Nizza e con provvedimento di pari data
dispone la di lui radiazione dal casellario di frontiera e dal novero dei
sovversivi.
«8.4.1939: Revoca iscrizione.
«21.12.1940: Picone Chiodo qui domiciliato
[Roma] da molti anni in via Compagnoni, 10 non dà luogo a rilievi e nei
confronti del Regime mantiene atteggiamento indifferente. Risulta di regolare
condotta morale. Esercita la professione di avvocato penale, versa in discrete
condizioni economiche.
«28.8.1942: Non dà luogo a
rilievi.»
* * *
Lo
schedato Edmondo Sacrdoti è un avvocato romano, palesemente ebreo, che con
Racalmuto ha in comune solo il fatto di esservi casualmente nato. Il padre -
ignoriamo il perché - era astretto alle locali carceri e la moglie, che lo
aveva seguito in questa sperduta cittadina dell’agrigentino diede alla luce
proprio qui a Racalmuto il piccolo Edmondo il 27 aprile 1888: questo dicono gli
atti dello stato civile che siamo andati a rintracciare. Il Sacerdoti non fu
poi un grosso antifascista: passa una notte in gattabuia, pensiamo per svista
della polizia. Lo stesso Mussolini si premura il giorno dopo di farlo mettere
in libertà. Ecco quanto annotato nello schedario (15):
«10 dicembre 1929 - Ministero Interno -
Polizia Politica: L’avv. Edmondo Sacerdoti, già iscritto nel partito socialista
e noto per le cariche che occupò nel partito stesso nella Capitale, si è
allontanato da qualsiasi movimento politico. [Scheda intestata a:] Sacerdoti
Edmondo di Cesare e fu Fogger Isabella, nato a Racalmuto (Agrigento) il
27.4.1888. Avvocato residente a Roma - Socialista.»
__-__________
*
* *
L’ultimo inquisito - anche in ordine di tempo - dalla
polizia fascista ha poco a che fare con
l’antifascismo: sembra un piccolo Sindona anzitempo
che cerca di truffare ebrei romani con
promesse di trasferimenti all’estero di capitali per
il tramite delle organizzazioni finanziarie
del Vaticano. In combutta con un console della
M.V.S.N., il racalmutese Everardo Messana,
trasferitosi a Roma nel 1928, dopo essere messo in
congedo dall’Arma dei Carabinieri Reali,
incappa in due ordini di confino politico per tre anni
ciascuno nel 1934 e nel 1939 (16).
Questo il profilo ricavabile dai vari rapporti di
polizia. Ecco quello che scrive la Regia
Questura di Roma
in data 10 febbraio 1934:«Messana Everardo fu Angelo e di Marchioni
[rectius: Mantione] Vincenza, nato a Racalmuto
(Agrigento) il 16.9.1902, abitante in Roma
Via Principe Eugenio n. 22 - Denunzia per il confino
di Polizia.«Questo Ufficio si è testè
interessato [...] della losca attività affaristica
svolta da alcuni individui nelle varie ambigue
categorie di tenutari di case di prostituzione, di
biscazzieri e di venditori di fumo. Tra questi è
emersa, in pieno, la figura del nominato MESSANA
Everardo. Prospettatasi la bbraio
1934:«Messana Everardo fu Angelo e di Marchioni
[rectius: Mantione] Vincenza, nato a
Racalmuto (Agrigento) il 16.9.1902, abitante in Roma
Via Principe Eugenio n. 22 - Denunzia
per il confino di Polizia.«Questo Ufficio si è testè
interessato [...] della losca attività affaristica
svolta da alcuni individui nelle varie ambigue
categorie di tenutari di case di prostituzione, di
biscazzieri e di venditori di fumo. Tra questi è
emersa, in pieno, la figura del nominato
MESSANA Everardo. Prospettatasi la possibilità di
giocare d’azzardo al noto circolo
Casanova della Capitale, il Messana si assunse la
garanzia del pacifico esercizio del giuoco,
a condizione che si fosse versato un premio ‘ai suoi
amici della Direzione Generale di P.S.’
di L. 200.000 ridotte poi a 150.000. Tale riduzione,
però, com’egli fece comprendere
costituiva per lui un grande sacrificio, in quanto ben
poco avrebbe avuto di tale somma. Nel
settembre scorso, essendogli stato parlato
dell’eventualità dell’istituzione in Acqui di una
casa dell’Interno. Esso Messana ne parlò al dott.
Guido Albergo, già confinato da codesta
On. Commissione, che gli aveva detto di far parte
dell’O.V.R.A. e di avere forti addentellati
presso la Direzione Generale della P.S. [..]«E’
agevole rilevare quanta speciosità vi sia nelle
dichiarazioni del Messana i cui rapporti coll’Albergo
costituiscono una riprova della sua
attività millantatrice, diffamando le Utorità Statali
e la Polizia in ispecie, con l’insinuare la
possibilità, se non la certezza, di poter corrompere
funzionari di ogni grado. [..]»Abbiamo,
poi, da un rapporto informativo della Legione
Territoriale de Carabinieri di Roma del 3 luglio
1939:«Messana Everardo fu Calogero e fu Mantione
Vincenza, nato a Racalmuto (Agrigento)
il 6 settembre 1902, vedovo senza prole. Dal 18 aprile
[1939] è associato alle locali carceri
giudiziarie. E’ di razza ariana e professa la
religione cattolica. Ha prestato servizio militare
nell’Arma dei CC.RR. dal 24 gennaio 1922 al 23 gennaio
1928, data sotto la quale fu inviato
in congedo dalla legione territoriale di Roma, col
grado di brigadiere. Il 12 febbraio 1934,
dalla commissione provinciale di Roma, fu assegnato al
confino politico, per la durata di anni
3, per avere in Acqui promesso di far ottenere licenza
per casa da giuoco, vantando
inesistenti aderenze ed assicurando di essere in grado
di corrompere funzionari. Il 10
gennaio 1937, dopo aver scontata la pena, rientrò dal
confino. In conseguenza di tale
precedente, con Decreto del Ministero della Guerra n.
21 in data 5 giugno 1935, venne
radiato dai ruoli dell’Arma ed assegnato come soldato
di fanteria in congedo del Distretto
Militare di Roma 1°. Il 19 agosto 1938, fu denunziato
________________
dal Commissariato di P.S. Celio,
per tentata truffa in danno di varie persone, per aver assicurato loro di
essere in grado inviarli in A.O.I. in qualità di autisti mediante compenso, ma
il relativo processo non è stato ancora discusso. [...] Recentemente ha svolto
illecita attività in materia valutaria ed infatti il comando del Nucleo di
Polizia Tributaria Investigativa di Milano, in seguito ad indagini eseguite in
quella sede, venne a conoscenza che sulla piazza di Roma, venivano offerti
ingenti quantitativi di valuta estera provenienti dallo Stato Città del
Vaticano, contro versamenti in lire italiane ad un cambio molto superiore a
quello ufficiale. [...]
«Sangalli Massimo dichiarò di aver
conosciuto casualmente verso la fine dell’anno scorso, certo Angeli Giulio, il
quale gli aveva comunicato che lo Stato Vaticano era in possesso di forte
quantitativo di divisa estera appartenente all’obolo di S. Pietro, che
desiderva convertire in lire italiane, ad un cambio maggiorato di circa 70%
rispetto a quello ufficiale. L’operazione di cambio in argomento era, secondo
l’affermazione dell’Angeli, completamente legale, perché il cambio veniva
eseguito non in Italia ma nello Stato Vaticano, mentre il passaggio della
valuta tra il Vaticano e l’Italia era perfettamente libero. Secondo l’Angeli le
lire italiane ricevute dal Vaticano in dipendenza di tale attività, sarebbero
state versate, sempre da tale Stato a quello italiano, in conto spese di Spagna
ed altro. [...]
«Il Sangalli stava quindi, per
porre in relazione il supposto procuratore della ditta ‘Lagomarsino’ (che altro
non era che il sottoufficiale del Nucleo di P.T.I. di Milano) con certo Messana
Everardo, giunto in quel momento accompagnato dall’Angeli, il quale avrebbe
dovuto procurare la divisa estera, costituita da sterline per un controvalore
di un milione di lire al cambio di 160. [...]
«Successivamente interrogato, il
Messana confermò la dichiarazione del Carrara ma precisò che non intendeva
eseguire alcuna illecita operazione valutaria in quanto agiva per conto del
console della M.V.S.N. sig. Panphili Entico. [...]
«Da quanto sopra è esposto, risulta
provato che il Messana Everardo ha esplicato una attività rilevante, diretta a
concludere operazioni valutarie per l’importo di un milione di lire italiane,
dichiarando ai contraenti cio quali era entrato in rapporto, che la divisa
estera doveva essergli fornita dallo Stato Città Vaticano. [..]»
* * *
Le
farragini della letteratura locale e le nostre ricerche
negli archivi (specie in quelli romani) forniscono un quadro che crediamo
interessante sullo squarcio di vita racalmutese agli esordi dell’avvento del
Regime: negare che almeno inizialmente vi sia stato qualche focolaio
antifascista evidentemente non si può. Ma esso fu pochissima cosa, riducibile
agli strascichi dell’attivismo di alcuni dirigenti locali del socialismo
rivoluzionario. Col 1926, però, tali rimasugli si dissolsero completamente. La
statura morale ed ideologica degli uomini del socialismo racalmutese non svetta
di certo. Qualche legame con il movimento comunista sembra esservi stato. Il
Messana vi si diffonde, ma con evidente enfasi di parte. Racalmuto, ancor prima
degli anni del consenso che secondo il De Felice abbracciano il periodo
1929-1936, fu fascista in modo entusiastico e radicale, Dal 1927 senza dubbio.
Sciascia ironizza sulla frase ‘fascista sino al midollo’: ma nel nostro caso
una qualche rispondenza al vero quel motto di Mussolini ce l’ha. Grande merito
di ciò è da attribuire alla figura del primo podestà Enrico Macaluso, esaltato
persino dallo stesso Sciascia, bistrattato dal Messana che, però, alquanto
contraddittoriamente, finisce col fornire un quadro di positività, almeno per
quanto attiene alle doti di onestà amministrativa del Macaluso. E non è poco,
come l’attuale rivolta morale contro tangentopoli ampiamente dimostra.
Prodromi, avvento ed affermazione del fascismo a
Racalmuto.
Risulta
alquanto singolare che il primo momento d’interesse per il fascismo si consumi,
a Racalmuto, nell’esclusivo e nobiliare circolo Unione. Era il sedici gennaio
1921. Nel sodalizio reso celebre da Sciascia nelle sue Parrocchie di Regalpetra
si volle l’abbonamento al giornale di Mussolini “Popolo d’Italia”. Quali movivi
vi sottendessero non è dato di sapere. Il verbale n. 4 recita testulamente:
«Abbonamento al giornale Popolo d’Italia:
Indi [il 16.1.1921] postoa in discussione l’abbonamento al giornale “Popolo
d’Italia”, esperitasi la votazione, riesce approvato a maggioranza di voti.
Previa lettura e conferma il verbale si sottoscrive. Il presidente: Bartolotta;
I soci: G. Grillo e S.Messana - Il Segretario: Sciascia.»
Non
si raggiunge l’unanimità, come di solito. Si fa firmare il verbale,
inconsuetamente a due soci. Il presidente è Bartolotta, all’epoca potente
vicesindaco e notabile del luogo che l’opinione pubblica accreditava come
referente della mafia del territorio.
La
verbalizzazione del Circolo Unione - diversamente, ad esempio, da quella del
Muotuo Soccorso - è estrememante succinta ed è del tutto rituale: ciò
conferisce maggior risalto a questa nota sull’abbonamento al giornale di
Mussolini agli albori del fascismo. Pensiamo che quell’atto da parte dei
‘galantuomini’ racalmutesi si debba alla svolta, notatasi anche in paese,
dell’opinione pubblica, in accentuata fase di disaffezione verso il movimento
socialista, in auge nel biennio precedente. Un riscontro lo troviamo nella
verbalizzazione del cennato Mutuo Soccorso di Racalmuto. Citiamo da un lavoro
dattiloscritto disponibile presso quel circolo (17
:
« Il 18 aprile 1920, il Mutuo Soccorso aveva
avuto anche un momento di simpatie
socialiste. Ciò, per merito del Vice Presidente Giuseppe SCIASCIA. In una
seduta consiliare, sovraccarica di
lavoro ed alquanto disordinata, inopinatamente il sig. Sciascia Giuseppe di
Giuseppe propone di abbonare il circolo
all'«AVANTI!». Il Presidente (ricopriva allora quella carica il sig. Restivo Pantalone
Salvatore, un benpensante con nessuna simpatia socialista) «propone di
respingere la proposta avendo scopo di
sovvertimento della Società». Le
votazioni dànno, però, torto al Restivo Pantalone: «su nove aventi
diritto al voto, viene approvato l'abbonamento con voti sei contro tre». Non è comunque nelle
intenzioni dello Sciascia stravincere o dare troppo peso politico all'episodio.
Questi fa verbalizzare che «tiene a dichiarare che, contrariamente all'allusione fatta dal
Presidente nel ritenere che
l'abbonamento al giornale Avanti sia fatto nell'esclusivo interesse di
sovvertimento della nostra società, ha creduto <invece> sottoporre
all'approvazione del Consiglio l'abbonamento in parola per scopo soltanto istruttivo e per allargare le cognizioni culturali
della società.» Ancor più contrario a quel vezzo socialista il controllo Vincenzo Tinebra. Ma questi non
può votare. Si attacca allora all'espediente di rimettere la decisione
all'assemblea «trattandosi di un giornale con scopi rivoluzionari e
sovversivi». Ma il V. Presidente si oppone perché «ciò non è competenza dell'assemblea». Il consiglio è
d'accordo col V. Presidente. La faccenda ha un seguito: il Presidente Restivo
Pantalone è uomo d'onore e, quindi, si dimette dalla carica. Porta a scusa di essere stato trattato «con poca
cordialità dall'amministrazione».
Tante insistenze e la smentita per il tramite di una commissione non valsero a
farlo desistere da quelle dimissioni. Ciò agevola il Vice Giuseppe SCIASCIA,
che finisce col diventare il numero uno
del circolo. Segue il Restivo Pantalone nelle dimissioni anche il controllo
Vincenzo Tinebra, che peraltro gli era
'congiunto'. La vicepresidenza SCIASCIA dura, ad ogni buon conto, lo spazio di
un mattino. Non ci vien detto neppure perché: le sue dimissioni vengono
approvate all'unanimità il giorno 27 maggio 1920. In seconda convocazione,
annota il segretario Giuseppe Collura. Subentra nella presidenza Giovanni
FANTAUZZO. [...]
« L'anno 1921 si apre con una nuova
amministrazione, stavolta tutta conservatrice ed antisocialista. Vi sono tagli
persino dittatoriali. Ne è alfiere un personaggio insospettabile sotto tale
veste: IGNAZIO INFANTINO. Viene
strappata mezza pagina del libro dei verbali. La calligrafia si fa
rototondeggiante, linda, precisa. Lo stile è
curato. Col 31 gennaio 1921, inizia una nuova epoca al circolo. Contrassegna la restaurazione il
nuovo presidente Ignazio Infantino. La sua amministrazione era stata
eletta sulla base di una lista che, per
la prima volta, viene propagandata
su fogli dattiloscritti. Il Vice Presidente è la notoria figura di Baldassare Tinebra. Il
vecchio e antisocialista presidente
dimissionario Salvatore Restivo Pantalone accetta, ora, di retrocedere al grado
di cassiere, pur di essere presente
nell'opera di recupero conservatore del Mutuo Soccorso. Tra i consiglieri
notiamo personalità come Casuccio Salvatore di Calogero o Rosina Salvatore.
Calogero Volpe e Vincenzo Tinebra gradiscono la carica di 'controlli'. A
portabandiera vengono chiamati Giuseppe Fantauzzo ed Angelo Collura. La
verbalizzazione della prima seduta del nuovo corso val la pena di riportarla pressoché integralmente.
«Il presidente, visto il numero legale degli intervenuti, dichiara aperta la
seduta e delibera quanto appresso:
«1° La Presidenza con l'accordo unanime degli intervenuti, ritenuto che
il voto a Vice Segretario era attribuito al
signor Scimè Chiodo Giuseppe di Carmelo, perché egli era il candidato
proposto dalla lista di opposizione a quella
ufficiale, lo proclama a Vice Segretario di questo Sodalizio ad
unanimità. - 2° Il consiglio Direttivo ad unanimità, compresi i controlli aventi
diritto di voto, ritenuto che il giornale L'AVANTI non risponde alle esigenze delle istituzioni
costituzionali, che reggono il nostro Sodalizio, propone la soppressione di
detto giornale L'AVANTI, ed ad unanimità si delibera la soppressione, dando
mandato al Presidente di sopprimere detto giornale, scrivendo al Direttore di
detto giornale, di non più spedire il detto giornale ad onta di essere
pagato anticipatamente.
[..]»
« Nei primi anni del fascismo, la
vita del circolo scorre tranquilla e piuttosto anonima. [..] Qualche segno dell'avvento del regime
fascista si ha nel 1926. Il giorno 11 dicembre si verbalizza l'approvazione dell'abbonamento al giornale IL POPOLO
D'ITALIA dismettendo la compera del giornale SICILIA NUOVA. Durante la
discussione il Consigliere Luigi VELLA si allontana, intuibilmente per dissenso. [...] Si ha la forza per rifiutare
l'abbonamento al giornale
L'Aquila, nonostante la richiesta promani dalla casa dei Balilla di
Agrigento (5 novembre 1929). Ma per il matrimonio del principe di Piemonte, «ad unanimità il
consiglio stanzia la somma di lire trecento» (2 gennaio 1930). Il 10 maggio
1930 (anno VIII) «il presidente mette a voti segreti col sistema delle fagiole,
per il prelevamento della somma per pagare le tessere agli iscritti del circolo
all'O.N.D. oppure pagare personalmente l'iscritto. Visto il risultato ad
unanimità di voti, approva il prelevamento della somma dal fondo di cassa e
l'iscrizione a corpo.» L'omologazione fascista si è dunque consumata.
Presidente è Salvatore Mattina fu
Gaetano. Segretario: Collura Alfonso. Era
arrivata una circolare mandata dal Podestà, con cui si esigeva
l'iscrizione del circolo all'Opera nazionale Dopolavoro. I tempi della libertà di associazione erano
definitivamente tramontati. L'assenso era d'obbligo. [..] Le cariche sociali
cessano di essere affidate a libere elezioni. «Ritenuto che la nuova
amministrazione - viene verbalizzato, con contorta prosa, il 9 dicembre 1932 -
sarà approvata prima della fine del c.m.
per ordine del Commissario Comunale ddel'O.N.D. sig. Mattina prof. Giuseppe, ed
in esito alla circolare n. 8 dell'8 c.m.» al consiglio non rimane altro che procedere ad una commissione consultiva,
incaricata di segnalare nominativi graditi.»
Per
avere un’altra testimonianza della propensione del Circolo Unione verso il
fascismo dobbiamo, invece, attendere (18)
il 1932. E’ di risalto per la nostra ricerca questo verbale:
«Nomina a Soci Onorari: L’anno
millenovecentotrentadue il giorno 26 del mese di giugno alle ore 20,30 nella
solita sala delle adunanze si è riunita l’assemblea generale straordinaria dei
Signori Soci per discutere e deliberare sul seguente:/ Ordine del giorno/ Nomina
a Soci Onorari./ Il Presidente/
constatato il numero legale dei Soci presenti in n. 35 dichiara aperta la
seduta ed invita l’assemblea a procedere alla nomina a Socio Onorario del
concittadino Sansepolcrista Comm. avv. Giuseppe Pedalino.
«Il Socio Rag. Sciascia Vincenzo a
questo punto domanda la parola, ed avutone l’assenso dal Presidente dichiara
non solo di aderire toto corde alla proposta per la nomina del Comm. Pedalino a
Socio onorario di questo Sodalizio, ma di nominare anche, con lui, gli altri
nostri illustri concittadini, Generale Egidio Macaluso, il gesuita Padre
Francesco Paolo Nalbone, e il gesuita oratore insigne, Padre Antonio Parisi.
«L’assemblea per acclamazione
approva la proposta del Presidente e del Rag. Vincenzo Sciascia e dà incarico
al Presidente di comunicare tale deliberato agli illustri nuovi Soci onorari.
Dopo di che l’Assemblea si scioglie. Previa lettura e conferma il verbale è
approvato e sottoscritto. Il Segretario: Vinci. - Il Presidente: Mendola».
Il
Pedalino aveva nel 1930 brigato per farsi riconoscere ‘Sansepolcrista’. Nel
1929 v’era stata la celebrazione del decennale dell’adunata del 23 marzo 1919
di piazza S. Sepolcro. I giornali avevano pubblicato l’elenco dei
sansepolcristi desunto dal numero del “Popolo d’Italia” del 24 marzo 1919” ed
il Pedalino non c’era. (Cfr., ad esempio, L’Impero - quotidiano fascista della
sera, Sabato 23 marzo 1929 - VII). (19
) L’anno successivo, 56 milanesi - tra i quali il nostro Giuseppe Pedalino -
mostravano di avere vinto la loro piccola battaglia per il riconoscimento
ufficiale si sansepolcristi, come attesta questo telegramma:
«A S.E. Mussolini roma - ricevuto il 23 marzo
1930 ore 19,18 da Milano 89399 - Presenti alla seduta del 21 marzo partecipanti
all’adunata gloriosa del 23 marzo 1919 stop Esprimiamo cordiale devoto
ringraziamento pel Vostro pensiero benevolo verso di noi stop Avere posto la
vecchia guardia accanto autorità ci commuove ed esalta stop Noi chiediamo di
servirVi in ogni ora come nella primissima col giuramento con la fede con
l’opera con tutto noi stessi stop Pronti alla buona causa[seguono firme:
Giuseppe Pedalino è al quindicesimo posto].»
La
retorica dei firmatari non era valsa ad impedire una poliziesca attenzione sul
loro conto. Viene annotato con matita
rossa:”tenere in evidenza tutti nomi”, e con matita nera: “Fatte copie per i
fasc. rispettivi di tutti i firmatari dell’accluso telegr. - 27.3.1930 VIII”.
* * *
Un
episodio del locale consiglio comunale desta l’ilare ironia di Leonardo
Sciascia e la corrusca pedanteria di Eugenio Napoleone Messana: l’attribuzione
della cittadinanza onoraria nel 1923 a S. E. Benito Mussolini. Annotata
Sciasca: (20 )
«Dopo il declino dei Lascuda [vale a dire dei
Tulumello, n.d.r.] si formarono due fazioni guidate da professionisti,
dominavano i medici, ché allora diversa era la professione del medico, a
Regalpetra [alias Racalmuto, n.d.r.] dico; [...] Le due fazioni elettorali non
si distinguevano tra loro né per colore politico né per programmi; l’unica
distinzione stava nel fatto che una fazione lottava senza la mafia el’altra
alla mafia si appoggiava, le possibilità di vittoria stavano dalla parte dei
mafiosi, ma un risultato imprevisto poteva avvenire che scattasse, sicché i
mafiosi non giuocavano aperto pur gettando tutto il loro peso su una parte. I
socialisti, come si dice delle puntate a cavallo nel baccarà, quando il banco né tira né paga, non facevano giouco;
l’avvocato [Vincenzo Vella, n.d.r] che al tempo dei Fasci Siciliani aveva
coraggio e speranza, mugugnava amarezza e delusione.
«Questa arcadia da cui ogni tanto
scappava fuori l’ammazzato prosperò fino al 1923, degnamente chiuse la sua vita
con questa deliberazione del Consiglio Cominale:
«”L’anno millenoventoventitre nel
giorno quattordici del mese di dicembre alle ore diciotto. Il Consiglio
Comunale di Regalpetra [Racalmuto, n.d.r.] in seguito ad avvisi di seconda
convocazione, diramati e consegnati ai sensi degli articoli 119, 120 e 125
della legge, si è riunito in adunanza straordinaria nella solita sala
municipale con l’intervento dei signori ..., ed all’appello nominale risultarono assenti gli altri diciannove
consiglieri di cui uno morto, ed essendo in numero legale per validità della
deliberazione ... PROPOSTA -
Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini - Il
presidente rammenta all’onorevole consesso la viva lotta che molti Comuni
Siciliani, compreso il nostro, hanno sostenuto presso i passati governi per la
soluzione dell’annoso problema idrico. Finalmente, soggiunge, solo il Governo
Fascista ha saputo sollecitamente e pienamente accontentare i voti di quanti di
quel dono della natura vanno privi. Di fronte a sì alto beneficio, questo
Consiglio Comunale, interprete dei sentimenti di tutto il popolo di Regalpetra,
non potrà diversamente esprimere la sua riconoscenza e devozione al Governo
Fascista che conferendo la cittadinanza onoraria al suo Capo Supremo S.E.
Benito Mussolini - IL CONSIGLIO - a voti unanimie con entusiastiche
acclamazioni, ripetute dal pubblico assistente, ha conferito la cittadinanza
onoraria a S.E. Benito Mussolini.”
«Così sollecitamente e pienamente
il governo fascista risolse il problema idrico che i tubi che dovevano portare
l’acqua a Regalpetra giunsero a questo scalo ferroviario nel 1938, furono
ammucchiati dietro i magazzini, da principio se ne interessarono i ragazzi, per
giuoco vi si inconigliavano dentro, poi l’erba li coprì, restarono dimenticati
nell’erba alta. L’acqua arrivò nel 1950, fu festa grande per il paese. In
quanto agli undici consiglieri che avevano deliberato per la cittadinanza a
Mussolini, un paio restarono nella rete di Mori, gli altri non si iscrissero
mai al fascio, masticarono amaro per vent’anni. In compenso furono fascisti
quei diciotto (facevano diciannove col morto) che risultarono assenti, e si
erano evidentemente assentati per protesta, il giorno della deliberazione.
«Il sindaco quella proposta aveva
fatto per guardarsi le spalle, così si illudeva; dopo il telegramma che
annunciava a Mussolini la deliberata cittadinanza onoraria, un altro ne fece
che denunciava il prefetto come protettore della delinquenza, voleva dire della
delinquenza dei fascisti non di quella della mafia: come un fulmine giunse
l’ordine di scioglimento del Consiglio comunale, fu nominato commissario il
capo dei fascisti regalpetresi. [...]
«Dopo il 23, il diagramma degli
omicidi si avalla; poi Mori, con metodi già noti, ramazzò mafiosi e
favoreggiatori, ma non si creda riuscisse ad estirparli definitivamente,
soltanto nella nostalgia per il fascismo si può credere una simile cosa. Per
quel che io ricorso, e più indietro i miei ricordi non vanno, negli anni più
euforici del fascismo c’era a Regalpetra, nelle campagne intorno, un latitante
cui per comodo tutti i furti e gli incendi di case di campagna, che in quel
tempo furono numerosissimi, venivano attribuiti. Fu messa una taglia sul bandito (che era un proveruomo che doveva scontare
una condanna per furto, e a costituirsi non si decideva; viveva con le magre
tassazioniche ai galantuomini imponeva); e per la taglia lo ammazzarono, gli
diedero alloggio e poi l’ammazzarono: e il fratello del bandito sparò poi, in piazza e a mezzogiorno,
all’uomo che quel servigio aveva reso alla società, nell’opinione dei
regalpetresi fece giusta vendetta. »
Il
Messana (21) spoglia del velo della fantasia
l’episodio ed il contesto storico della pagina sciasciana, e con il suo solito
approccio politicamente fin troppo scoperto, così ricostruisce la vicenda:
«Il Commendatore Bartolotta, ad un certo
punto, cominciò a sentirsi in pericolo personale e sentì bisogno di difesa. Era
lui il capo gruppo di maggioranza, l’uomo che aveva da tempo un seguito nel
paese e che era riuscito a conquistare il comune nel 1920. I capipopolo erano
il bersaglio preferito dei gregari del fascismo. Da ciò la persecuzione a
Racalmuto e lo sgomento del commendatore. C’era da cercare un pretesto per
allontanare l’occhio grifagno dei fascisti dalla compagine consiliare del
paese. L’occasione sembrò trovarsi allorchè Mussolini, già nelle sue qualità di
capo del Governo del regno d’Italia, s’interessò del problema idrico della
Sicilia. Prima del fascismo erano nati, noi l’abbiamo già visto per il paese
che trattiamo, molti consorzi fra comuni per l’approvvigionamento idrico delle
popolazioni. Tali consorzi però non avevano potuto iniziare la costruzione
degli acquedotti, se non tutti, parte di essi, per mancanza di anticipazione di
fondi della cassa Depositi e prestiti e per le remore burocratiche nella
approvazione dei progetti. A un certo punto Mussolini promosse una legge che
snelliva l’iter per lo sviluppo dei consorzi e ne semplificava le operazioni di
finanziamento e quindi di realizzazione delle opere. Siccome Racalmuto era un
paese già consorziato nelle ‘Tre Sorgenti’, venne ad essere beneficiato da tale
provvedimento legislativo. Il commendatore Bartolotta, prese la palla al balzo
e chiese al sindaco Scimè di conferire la cittadinanza onoraria del paese a
Benito Mussolini. Egli pensava che ciò avrebbe fatto desistere il prefetto dal
perseguitare il consiglio ed avrebbe anche allontanato le insidie che si
tendevano contro la sua persona. Il sindaco Scimè convocò il consiglio per il
13 dicembre 1923 alle ore 18 con un solo argomento all’ordine del giorno:
Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini per avere
risolto l’annoso problema idrico della Sicilia.
«Malgrado le pressioni e le
preghiere di Bartolotta, il 13 dicembre di quell’anno la seduta rimase deserta.
non si potè in modo assoluto raggiungere il numero legale di consiglieri
presente. Il 14 dicembre alla stessa ora ebbe luogo la seconda convocazione.
Non c’era più bisogno delle presenze della metà più uno dei consiglieri in
carica per essere valida l’adunanza, per cui ai sensi degli articoli 119,120,
125 della legge comunale allora vigente, essa ebbe luogo. Il commendatore
Bartolotta aveva personalmente pregato tutti i consiglieri di essere presenti,
molti avevano promesso di accontentarlo, ma all’appello risultarono presenti
solo dieci e precisamente, lui, che venne il primo, il sindaco Nicolò Scimè,
Giovanni Macaluso, Nestore Falletti, Salvatore Falcone, Carmelo Licata, Enrico
Grisafi, Calogero Scimè, Calogero Bellavia e Luigi Messana. Nelle more per
l’inizio della discussione si sguinzagliarono alla caccia di consiglieri tutti
gli amici di Bartolotta, non trovarono nessuno, solo Messana Pio, che faceva la
siesta a casa nella sua poltrona. Invano tentò di evitare con pretesti di
recarsi al consiglio, l’insistenza fi tale che dovette andarci. Quando giunse
in aula la votazione era già avvenuta, ma invitato dal Sindaco dovette
associarsi, sicché Mussolini diventò cittadino onorario di Racalmuto con undici
voti su undici consiglieri presenti e contro diciannove assenti. Le cose sono
andate poi in modo alquanto strano: gli undici che votarono sì per la
cittadinanza onoraria a Mussolini non divennero mai fascisti, anzi molti di
essi rimasero i depositari dell’antifascismo locale, i protestatari, i
nostalgici della libertà e furono definiti borbonici, si estraniarono
completamente dalla vita pubblica, rimasero a maledire e ad attendere la caduta
dell’avventuriero, rinunziando a possibili sistemazioni, non pochi dei diciannove
assenti invece si accodarono e scesero in piazza in “giummo” e stivali.
«Il problema idrico Mussolini lo
risolvette solo a parole, l’acqua delle Tre Sorgenti, ripetiamo, giunse in
paese ben sette anni dopo la caduta del suo governo e cinque anni dopo la sua
fucilazione. Non avrebbe potuto impiegare certamente di più se il suo avvento
al potere non ci fosse mai stato. Egli si limitò a mandare a Sciacca a spese
dei vari comuni S.E. Teruzzi, ministro del suo governo, nel 1925, per mettere
la prima pietra dei costruendi acquedotti, in parata tanto solenne che solo a
Racalmuto costò L. 1000 di allora. Dopo, vennero le lungaggini, le difficoltà
senza possibilità di ricorrere o di parlare.
«Il commendatore Bartolotta,
rassicurato dagli applausi dei fascisti presenti in aula allorchè si proclamò
in consiglio l’esito della votazione per il conferimento della cittadinanza a
Mussolini, tentò anche di costituire lui un fascio di combattimento, sperando
di abbattere i fascisti locali.
«Nello stesso tempo indusse il
Sindaco Scimè a ricorrere al Ministero contro il prefetto per certe
irregolarità commesse in provincia. L’esito di tale azione fu drastico. Il
consiglio comunale fu sciolto appena tre settimane dopo il conferimento della
cittadinanza al Capo del Governo. Il 7 gennaio si insediò il commissario
prefettizio ragionere [sic] Angelo Zambuto. Il commendatore finì in carcere la
sua attività politica.»
Tra
la versione dei fatti dello Sciascia e quella del Messana vi sono piccole
divergenze: certo Messana è più informato, ma la sua prosa e troppo barcollante
per effere più efficace. La realtà storica appare, però, più intricante di quella resa dai due
intellettuali antifascisti di Racalmuto. Gli archivi di Stato forniscono ai
volenterosi fonti informative puntuali e oltremodo precise. Le carte
dell’archivio centrale romano (22) , da
noi consultate, consentono questa ricostruzione:
«R. Prefettura di Girgenti - Gabinetto n.°
1266 del 19. 12. 1923. -
L’amministrazione comunale di Racalmuto sorta dalle elezioni generali del 1920
con carattere prettamente demosociale, per mancanza di una vigile ed attiva
opposizione, si abbandonò ben presto alla inerzia più assoluta, sicura di poter
vivere tranquillamente per le condizioni della politica locale e per la
protezione che alla stessa veniva accordata dagli esponenti della democrazia in
Provincia. Sindaco del Comune fu eletto il Dr. Scimè, ma anima
dell’Amministrazione è stato sempre il Dr. Bartolotta Giuseppe, che ha assunto
la carica di assessore anziano, e che rappresenta in Provincia uno dei campioni
più forti e fedeli della democrazia sociale.
«Con l’avvento del Fascismo al
potere cominciarono a muoversi delle timidi e lievi lagnanze contro la detta
amministrazione, ma finora ho creduto opportuno di soprassedere dall’adottare
alcun provvedimento, stimando doveroso procedere prima alla liquidazione delle
amministrazioni a carattere socialista ed anticostituzionale, che non
funzionavano o funzionavano male. Esaurito questo compito, credetti di
rivolgere il mio pensiero al Comune di Racalmuto e disposi un’inchiesta a
carico [.... E’ emerso:]
«- Scarsissima attività del
Consiglio: 15 sedute nel 1921; 10 nel 1922 e 7 nell’anno in cors;
«Quasi abbandonato l’ufficio di
polizia rurale, lasciando piena libertà alla maffia di scorazzare ed agire
impunemente per le campagne, perché le guardie rurali sono adibite ad altro.
[...]
«A tutto questo è da aggiungere che
la parte migliore della cittadinanza ed il Fascio locale ha sempre
intensificato la campagna contro l’attuale Amministrazione della quale sono
pure noti i rapporti sia pure indiretti con la maffia, la quale viene se non
protetta apertamente, certo lasciata indisturbata a compiere le sue gesta.
Tant’è vero che le guardie campestri, anzichè prestare servizio in campagna
come dovrebbero, vengono adibite a servizi interni. Trattandosi di un
importante comune, sarebbe opportuno che venisse designata come R. Commissario
persona capace ed energica, estranea all’ambiente locale [..] Il Prefetto:
Reale.
«10 gennaio 1924: Appunto per S.E.
il Ministro: Comune di Racalmuto.- Proposta scioglimento Consiglio comunale;
popolazione 15.000 - motivi della proposta: ragioni d’ordine pubblico per il
pericoloso malcontento della popolazione contro gli amministratori. Numerose
irregolarità e deficienze accertate da una recente inchiesta. Non risultano
interessamentei.
«Il Prefetto della Provincia di
Girgenti, veduto il R.D. 24 gennaio 1924 col quale venne sciolto il Consiglio
Comunale di Racalmuto [...] Ritenuto che il Commissario non ha potuto
completare la sistemazione della Finanza comunale e dei pubblici servizi e che
la situazione dei partiti locali non consente d’altro lato, d’indire subito le
elezioni [..] decreta: il termine per la ricostituzione del Consiglio Comunale
di Racalmuto è prorogato di tre mesi. Girgenti 16 maggio 1924. Per il Prefetto:
F.to Giordano.
« 19 marzo 1924: Indennità al Commissario straordinario: L. 50 - Il Cav.
Enrico Sindico, ex colonnello nel R. Esercito, si è appositamente trasferito da
Spezia a Racalmuto [...]
«Gazzetta Ufficiale del Regno
d’Italia n. 73 del 26 marzo 1924.
«”Relazione di S.E. il Ministro
Segretario di Stato per gli affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei
Ministri, a S.M. il Re, in udienza del 24 gennaio 1924, sul decreto che
scioglie il Consiglio comunale di Racalmuto, in provincia di Girgenti, MAESTA’,
sul funzionamento dell’amministrazione comunale di Racalmuto, sorta dalle
elezioni generali del 1920, è stata recentemente eseguita un’inchiesta che ha
accertato numerose irregolarità. L’Ufficio comunale è disorganizzato, privo
d’inventario e con scritture contabili deficienti, la situazione finanziaria
non è esattamente accertabile, per la trascurata esecuzione delle verifiche di
cassa, e per il mancato esame dei conti, non è stato effettuato il passaggio
dei fondi dal cessato al nuovo tesoriere. Le tasse, applicate con criteri
partigiani, danno un gettito notevolmente inferiore alle previsioni del
bilancio, mentre le spese vengono erogate in eccedenza agli stanziamenti e
talora senz’alcuna autorizzazione; il dazio è concesso in appalto a condizioni
onerose, è stato omesso il reimpiego di somme provenienti da alienazione di
patrimonio; lavori e forniture sono state eseguite irregolarmente in economia
ed in esse hanno spesso avuto interesse gli stessi amministratori.
«Tra i pubblici servizi sono assai
trascurati la nettezza urbana, la pubblica illuminazione, la vigilanza
annonaria e la polizia rurale. La disordinata gestione della civica azienda ha
provocato nella popolazione un vivissimo malcontento e l’eccitazione degli
animi è tale da far temere turbamenti per la pubblica quiete.
«Anche ragioni di ordine pubblico,
oltre che la necessità di provvedere senza indugio al riordinamento
amministrativo e finanziario della civica azienda, rendono quindi
indispensabile lo scioglimento del Consiglio comunale con la conseguente nomina
di un Regio commissario, ed a ciò provvede lo schema di decreto che ho l’onore
di sottoporre all’Augusta firma della Maestà Vostra.
«Vitt. Emanuele III [..] visti gli
articoli 323 e 324 del t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con
R. d. 4.2.1915 n. 148, nonchè il R.d. 24.9.1923, n. 2074: il consiglio è
sciolto [...] il sig. cav. Enrico Sindico è nominato Commissario straordinario
con i poteri del R. d. 24.9.1923, n. 2074. Dato a Roma il 24.3.1924. V.E. III
re d’Italia- Mussoluni.»
Il colonnello Sindico non diede buona prova:
nel dicembre di quell’anno veniva destituito:
«26.12.1924, risposta a 26.11.1924. -
Prefettura di Girgenti n. 600 Gab. - [...] dimissioni presentate dal Colonnello
Enrico Sindico [..] la relazione non rappresenta nulla di notevole, anzi [..]
non ha provveduto alla formazione del bilancio [..] Giudizio: mediocre.»
15 ) Archivio Centrale dello Stato - C.P.C. (Casellario Politico Centrale) - Busta 4521.
16
) Archivio Centrale dello Stato - Ministero Interno - P.S. - Confino - 1926-43
- Busta 662.
17 ) Cfr.:
Calogero Taverna - Il ‘Mutuo Soccorso’
fra storia e cronaca di Racalmuto - ds 1990.
18
) Il Circolo Unione di Racalmuto ed i suoi folkloristici soci del primo
dopo-guerra passano alla storia (letteraria) per l’ironica attenzione che vi
rivolse Leonardo Sciascia. Abbiamo citato già le Parrocchie di Regalpetra. Lo
scrittore racalmutese non si limitò però a quelle note. “Galleria” - la rivista
di Caltanissetta che dirigeva - ospitò
Paese con figure (Galleria, I - 1949, 1, pp. 21-24) e Arrivano i nostri (Galleria, anno XIII, n.° 1 - gennaio-febbraio
1963, pag. 8 e segg.: “don Giuseppe
Savatteri .. imbecille detestabile”;
“don Ignazio Grillo .. col suo bastone .. vibrante come una bacchetta di
rabdomante ad ogni sotterranea malignità”; il signor Munisteri con una voce
“che la mancanza di denti rende come ovattata”; il barone Trupia che “muove le
mani leggere come farfalle, a foggiare nell’aria un gran corpo di donna”, sono i
galantuomini del Circolo Unione, appena appena velati da nomi di fantasia, ma
non tali da non consentire ai più anziani del paese di fornirne ancor oggi i
veri dati anagrafici. La beffa di Arrivano
i nostri - una manipolazione radiofonica per una falsa notia sulla
conquista dell’Italia da parte dei bolscevichi a fine anni ‘50 - è una vicenda
realmente accaduta sempre al Circolo dei galantuomini. Il Circolo Unione ha una
storia di quasi due secoli. Il suo statutorisale al 1839 come può leggersi nel Notamento dei Così detti Caffè e luoghi di
riunione esistente nei vari Comuni di questa Provincia .., Girgenti, 26 agosto
1839, in Archivio di Stato di Palermo, Segreteria di Stato presso il
Luogotenente generale, Polizia, vol. 412 (Cfr. Carmelo Vetro - L’associazionismo
borghese dell’800: le case di compagnie, in Il Risorgimento - rivista di
storia del Risorgimento e di storia contemporanea - Anno XLVI n. 2-3 -
Milano 1994 - pag. 301)
19
) Archivio Centrale dello Stato - Segreteria particolare del Duce “Carteggio
Riservato” - Busta n.° 36 - fascicolo 242/r
20 ) Leonardo Sciascia - Le parrocchie di Regapetra - in Opere vol I Bompiani Editore, Milano, IV Edizione giugno 1990, pag. 29 e segg.
21 ) Eugenio Napoleone Messana - Racalmuto nella storia della
Sicilia - Canicattì 1969, pag. 364 e segg.
22
) Archivio Centrale dello Stato - Ministero Interno - Amministrazione Civile -
Comuni - - Busta n.° 2069.
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