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mercoledì 23 dicembre 2015

Benvenuti a Milazzo

PRESENTAZIONE


Questo blog nasce sulla base di diverse pressioni e richieste pervenute allo scrivente, in verità piuttosto tardive visto che la stagione turistica è inoltrata. Ciò nonostante, mossi dall'amore per la Città, non ci siamo sottratti a questo ulteriore invito, che onoreremo periodicamente a titolo esclusivamente gratuito e con l'aggiunta di nuovi itinerari. Il blog è stato dunque ideato a supporto del sito internet del Comune di Milazzo e di quelli di associazioni ed enti turistici milazzesi.

venerdì 5 agosto 2011



ALLA SCOPERTA DI MILAZZO


Itinerario di visita n. 1
Vaccarella, Borgo, Castello, Marina Garibaldi

AVVERTENZA - Questa breve guida, lungi dall’essere esaustiva, offre soltanto brevi cenni introduttivi per la visita della città. Per informazioni più dettagliate si rimanda alla recente pubblicazione del dott. Franco Chillemi, intitolata «Milazzo, guida alla città perduta» (Ciofalo Editrice, Messina 2011) e disponibile anche in Biblioteca Comunale.


Testi a cura di Massimo Tricamo. Photos by Carmelo Fulco & Massimo Tricamo.

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IL PALAZZO DEI MARCHESI D’AMICO

L’itinerario si snoda tra la parte alta dell’abitato, il suo quartiere marinaro per antonomasia ed il suggestivo lungomare di levante. S’inizia con la visita alle lussuose sale del settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico, residenza di una delle famiglie milazzesi più facoltose, proprietaria sino alla metà del secolo scorso di alcune tonnare cittadine e di ubertosi vigneti destinati alla produzione del vino da taglio che Milazzo esportava in abbondanza anche verso i mercati d’Oltralpe.

Il palazzo, recentemente restaurato, ospita oggi la Biblioteca Comunale (al secondo piano, dove è possibile ammirare un cospicuo fondo librario arricchito, tra l’altro, da incunaboli e cinquecentine) ed è sede di frequenti convegni, esposizioni ed incontri culturali, che si svolgono perlopiù al primo piano (cosiddetto piano nobile), dove pavimentazioni settecentesche, affreschi - alcuni dei quali risalenti ai primi del Novecento - ed antiche carte da parati impreziosiscono gli interni di questa austera residenza, la cui facciata, realizzata nella prima metà del XVIII sec., è ingentilita da pregevoli decorazioni in pietra da taglio.

La facciata settecentesca del Palazzo dei Marchesi D’Amico

Nei locali del piano nobile, ben climatizzati, sono esposti alcuni cimeli risorgimentali, tra i quali spiccano lo scrittoio ed il letto utilizzati da Giuseppe Garibaldi nella vicina Merì alla vigilia della storica battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860. Interessanti anche un quadro di Menotti Bruno (1898) raffigurante il patriota sen. Domenico Piraino, un ritratto ottocentesco di Giuseppe Garibaldi recentemente restaurato ed un busto marmoreo di Umberto I, opera dello scultore milazzese Francesco Greco (1881).


Palazzo dei Marchesi D’Amico, affreschi del salone centrale del piano nobile

LA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA

Uscendo dal portale del Palazzo dei Marchesi D’Amico ed incamminandosi verso sinistra si giunge dopo appena dieci metri ad un vicolo in salita (vico Galletti) che conduce alla storica chiesa di S. Francesco di Paola, ben visibile sullo sfondo. Annessa all’attiguo convento, venne fondata dall’omonimo santo intorno al 1464, per poi essere rimaneggiata nei secoli successivi, da ultimo intorno alla metà del Settecento, quando venne dotata di un’elegante facciata impreziosita da decorazioni in pietra da taglio e di un ciclo di affreschi andato perduto e sostituito da quello eseguito nel 1914 da Raffaele Severino. Al 1914 risalgono altresì le artistiche vetrate realizzate da Salvatore Gregorietti. Tele e pale d’altare arricchiscono l’aula della chiesa: tra le altre, una firmata e datata da Letterio Paladino (1723). Tra le opere d’arte spiccano un coro ligneo, una statua marmorea della Madonna col Bambino di scuola gaginiana, recante alla base lo stemma dei Ventimiglia, ed il simulacro di San Francesco di Paola, presente in marmo (XVIII sec.) anche nella scalinata antistante la chiesa, scalinata recentemente ampliata con balaustre perfettamente analoghe a quelle originali situate vicino al portale d’ingresso del tempio.

I Milazzesi sono molto affezionati a questa chiesa per la profonda devozione al loro Santo più caro, patrono della gente di mare, la cui affollatissima processione (prima domenica di maggio) è seguita il martedì successivo dall’altra della “Berrettella” (custodita in reliquiario d’argento) che lo stesso San Francesco indossava in vita. Quest’ultima processione si svolge in parte sul mare e culmina con una breve cerimonia nello specchio d’acqua antistante la Marina Garibaldi.

L’elegante facciata della chiesa di S. Francesco di Paola

Nella chiesa si conservano i resti di S. Candida, una Martire delle catacombe di S. Ciriaca in Roma, traslata a Milazzo nel XVIII secolo, come attesta peraltro chiaramente un’antica certificazione di autenticità delle reliquie sottoscritta dal Vescovo di Porfiria nel 1784. Una Martire dei primi secoli della Chiesa di Roma, dunque, non la pia, devota ed omonima contemporanea milazzese del Santo di Paola, cui spesso vengono erroneamente associati questi resti custoditi entro teca in una cappelluccia ubicata dirimpetto alla Sacrestia, dove invece si può ammirare un pregevolissimo armadio ligneo.

Sotto la pavimentazione, recante iscrizioni sepolcrali di famiglie gentilizie, è custodita, ma al momento è inaccessibile, la cripta, dove in un cartiglio si legge la data 1770. All’esterno della chiesa, nella facciata laterale rivolta verso nord, una palla di cannone fa bella mostra di sé a ricordo della nota battaglia risorgimentale tra le truppe garibaldine e quelle borboniche (20 luglio 1860).
La chiesa custodisce tra le altre la tomba del patriota milazzese sen. Domenico Piraino, vissuto nell’Ottocento.


IL PALAZZO DEL GOVERNATORE
Uscendo dalla chiesa, si consiglia d’imboccare la via in salita intitolata alla memoria di Giuseppe D’Amico Rodriquez, aristocratico milazzese che abitava nel bel palazzo, purtroppo abbandonato al degrado, che un tempo fu dimora del governatore, la massima autorità militare di Milazzo.
La costruzione del palazzo, impropriamente denominato «dei Viceré», ebbe inizio nel 1612 in seguito all’adozione da parte degli amministratori comunali dell’epoca di una concessione edilizia, che autorizzava Francesco Baeli, primo proprietario dello storico edificio, ad innalzare il fabbricato, la cui facciata è impreziosita da stupende mensole figurate (i cosiddetti cagnoli).

Il portale principale del Palazzo del Governatore

L’edificio venne interessato nel tempo da diversi interventi di manutenzione: documentati quelli del 1724, 1787 e 1811. Gravemente danneggiato dal terremoto del 28 gennaio 1831, venne ricostruito nelle forme attuali da Giuseppe D’Amico Rodriquez, che avviò l’acquisizione delle quote di proprietà degli eredi Baeli.
Il Palazzo del Governatore, attualmente di proprietà dell’ente morale “Regina Margherita”, ebbe tra i suoi illustri ospiti Luigi Filippo d’Orleans, re di Francia nella prima metà dell’Ottocento.
La visita prosegue al più importante bene culturale cittadino, cui si giunge percorrendo la via Duomo antico, che si imbocca dopo essere passati di fronte alla chiesetta di S. Gaetano (o Madonna della Catena) ed alla settecentesca badia benedettina, che ospitò le monache dopo il loro abbandono della città murata.

IL CASTELLO (CITTA’ MURATA)
Cuore della città e sua principale ragion d’essere, il Castello di Milazzo sorge in uno dei pochi luoghi del Mediterraneo ininterrottamente abitati dall’uomo da almeno cinquemila anni. La possente rocca naturale, da cui prese nome la città greca, aveva già visto fiorire la civiltà del neolitico, del bronzo e del ferro, e continuò ad essere fortezza di primaria importanza per il controllo della costa settentrionale della Sicilia e del suo mare sotto i Greci, i Romani e i Bizantini, anche se la natura rocciosa del suolo, il suo declivio ed il suo sconvolgimento per la costruzione delle cinte bastionate non hanno lasciato traccia alcuna delle fortificazioni erette prima della conquista araba.

Planimetria della città murata (foto d’archivio)

Rimangono soltanto alcune preziose testimonianza di vita quotidiana: rinvenute casualmente entro il perimetro murario del maniero, attestano la presenza dell’uomo già in età classica. È il caso, ad esempio, della moneta mamertina rinvenuta nel 2005 nell’area antistante il monastero delle benedettine e raffigurante il Dio Adranos (III sec. a. C.) o di quella, risalente ad un secolo prima e coniata dalla zecca di Siracusa, che raffigura un ippocampo al diritto e la testa di Atena al rovescio. Testimonianze di notevole valore storico che, unitamente ai numerosi conci a vernice nera raccolti dal piano di calpestio, rendono ormai indifferibile l’esecuzione di nuove campagne di scavi da parte della Sovrintendenza.

 L'ippocampo nella moneta del IV sec. a. C. rinvenuta nella città murata.

Il Mastio, che sorge sul punto più alto dello sperone roccioso a strapiombo sul mare e chiude un’ampia ed ariosa corte, ha come suo nucleo più antico la torre detta “saracena” e come suo ambiente più pregevole l’elegante salone all’interno del quale si trova un possente camino. Iniziato forse sotto gli Arabi, ampliato dai Normanni, il Mastio assunse la sua struttura attuale (come rivelano le otto torri angolare e mediane) sotto Federico II di Svevia. Alcuni dei conci in pietra lavica che ornano le strutture murarie delle torri e del salone recano ancora oggi i marchi dei lapicidi, geometrici contrassegni che consentivano di riconoscere – e conseguentemente controllare e remunerare – il lavoro dei singoli maestri impegnati nel cantiere milazzese.

 Il Mastio col suggestivo sfondo dell'Etna innevata (foto by Marco Milazzo)

Successivamente, sotto gli Aragonesi, il Mastio normanno-svevo venne protetto dal tiro delle armi da fuoco attraverso la costruzione, alla fine del Quattrocento, della cinta bastionata che lo racchiude (cosiddetta cinta aragonese o "barrera artillera") coi suoi 5 torrioni semicilindrici. Infine, nel Cinquecento gli Spagnoli, per proteggere la città e la costa dai pirati barbareschi che avevano saccheggiato le Eolie e la Calabria e per avere un’imprendibile fortezza da cui controllare Messina, innalzarono la poderosa cinta muraria contraddistinta dalle numerose caditoie destinate alla difesa piombante.



 

 
La "barrera artillera" (cinta aragonese) costruita tra il 1496 ed il 1508 e progettata dall'ingegnere militare Baldiri Meteli. Recentemente è stata oggetto di studi da parte dell'arch. Alessandro Gaeta, che ha rinvenuto i documenti della sua costruzione all'Archivio di Stato di Palermo, curando inoltre eleganti simulazioni grafiche come quella raffigurata sopra assieme alla foto del portale d'ingresso e a qualche particolare interno ed esterno delle cannoniere munite di mirino a forma di croce e di fori entro cui scorrevano i perni dei portelloni lignei di chiusura della bocca delle stesse cannoniere, onde preservare le artiglierie da pioggia ed interperie.

Con la costruzione della cortina cinquecentesca (cosiddetta cinta spagnola) l’intero complesso fortificato assunse la fisionomia  di una vera e propria città murata, entro la quale erano ubicati i palazzi del potere, dalle sede municipale agli uffici giudiziari, cinque-sei edifici di culto, oltre alla chiesa madre innalzata alle soglie del Seicento, e le numerosissime abitazioni civili di coloro i quali dimoravano all’interno della stessa città murata. Un complesso di fabbricati pubblici e privati del quale oggi, se si eccettuano l’antico duomo e la secentesca badia benedettina, non rimangono altro che i perimetri murari di base, solo in parte affioranti in superficie.

Una suggestiva immagine della cinta spagnola (gentile concessione SiciliAntica Milazzo)

Imponente e suggestiva, la poderosa cinta spagnola, che comprende la cortina e i due bastioni ad essa affiancati (denominati rispettivamente «di Santa Maria» e «delle Isole»), è il risultato della progettazione di alcuni dei migliori ingegneri militari del tempo. Tra questi, il bergamasco Antonio Ferramolino, al quale si deve la realizzazione di uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi dell’intera città murata: la galleria di contromina del bastione delle Isole, un lungo e tenebroso cunicolo, ricavato nel perimetro murario dello stesso bastione, che aveva lo scopo di prevenire gli attacchi delle mine nemiche, ossia dei tunnel sotterranei realizzati dagli assedianti al fine di raggiungere la base delle fortificazioni onde collocarvi potenti cariche esplosive capaci di distruggerle. Proprio per prevenire tali attacchi il Ferramolino consigliò la realizzazione di una galleria di contromina, dove l’assediato avrebbe pazientemente vigilato ascoltando l’eventuale approssimarsi dei colpi di piccone della costruenda mina nemica, che, non appena intercettata, sarebbe stata prontamente neutralizzata.


Questo complesso sistema di fortificazioni non venne mai espugnato: non ci riuscirono neppure gli Spagnoli, che l’avevano eretto, quando tentarono da qui di riconquistare la Sicilia perduta. E lo stesso Garibaldi fermò la sua avanzata vittoriosa sotto le mura del Castello, finché l’esercito borbonico, per il collasso dello Stato napoletano, non si arrese.

Il Duomo antico con il mare di levante sullo sfondo

Cominciò allora il declino della città murata: il Duomo antico, eretto a partire dal 1607 - è caratterizzato da forti membrature di sapore michelangiolesco, da una facciata recante meridiana, zodiaco ed una scultura in marmo raffigurante S. Maria col Bambino, nonché da eleganti geometrie in pietra da taglio di Siracusa tanto all’interno quanto all’esterno, oltre che da altari arricchiti da stupende tarsie marmoree - fu abbandonato al vandalismo ed al degrado (la graduale distruzione venne inaugurata dai garibaldini, prima, e dalle truppe del giovane Regno d’Italia, dopo) mentre il Mastio diventava un carcere, rimanendo tale sino al 1960.

È solo da qualche decennio che la città ha cominciato a riappropriarsi di quello che un tempo era il suo cuore pulsante. In questi anni, la realizzazione di un teatro all’aperto, i restauri dell’antico Duomo (di cui ancora oggi non si conosce il nominativo del progettista, mentre si conosce quello dell’architetto nonché capomastro palermitano - Giuseppe Gasdia - che ne ha diretto il cantiere dal 1615 circa) e quelli parziali di diversi ambienti delle cinte murarie hanno rappresentato indubbiamente alcuni decisivi passi in avanti in direzione del recupero di una delle fortificazioni più importanti della Sicilia.

ANTICHI REPERTI IN MOSTRA - Entro la Sacrestia dell'antico Duomo è possibile ammirare la mostra permanente allestita nel 2005 dalla Società Milazzese di Storia Patria (in collaborazione col Comune di Milazzo e la Sovrintendenza ai BB. CC. e AA. di Messina) sui reperti rinvenuti all’interno del complesso fortificato: ben 232 antiche monete, bottoni di divise militari, pipe e fischietti in terracotta, medagliette devozionali, pietre focaie ed antichi proiettili, ditali, e, tra l’altro, la riproduzione dell’orribile “gabbia di Milazzo” rinvenuta nel 1928 ed oggi custodita presso il Museo Criminologico di Roma.

Il Castello normanno-svevo-aragonese visto dal fortino dei Castriciani


IL FORTINO DEI CASTRICIANI E LO SCARABEO

Abbandonata la città murata si consiglia una passeggiata lungo le mura esterne dell’antico maniero. Costeggiando il bastione di S. Maria ci si immette nel vicoletto che consente di raggiungere il panoramico fortino dei Castriciani con annesso piazzale, la cui denominazione trae origine dagli abitanti di Castroreale preposti qualche secolo fa alla custodia di questa fortificazione avanzata. Il fortino, purtroppo in avanzato stato di degrado, è postazione panoramica privilegiata che consente di gustare la vista mozzafiato delle isole Eolie nonché dell’antico Duomo e delle diverse fortificazioni della città murata che si innalzano sull’altura rocciosa e selvaggia. Ma soprattutto si può ammirare la porzione iniziale della penisola milazzese, che si protende sinuosa tra i due mari di levante e di ponente. E’ consigliata la visita al fortino durante il tramonto.

Scendendo giù, in direzione sud, si giunge al piazzale dove sorgono le chiese dell’Immacolata e di S. Rocco, con altri punti panoramici, dai quali si osserva meglio la città bassa. Tornando indietro (percorso consigliato) si prosegue invece verso le vie Trincera e Papa Giovanni XXIII, ossia lungo la cinta spagnola della città murata, la cui cortina - collocata tra i possenti bastioni di S. Maria e delle Isole e caratterizzata dalle numerose caditoie destinate alla difesa piombante – è fronteggiata dal rivellino avanzato di S. Giovanni, costruito nel 1646 e collegato un tempo alla cortina cinquecentesca o spagnola da un ponte levatoio, accennato nel corso dei recenti lavori di restauro.

La penisola milazzese tra i mari di levante e ponente vista dal fortino dei Castriciani

Superato il bastione delle Isole, un ampio piazzale panoramico consente infine di osservare il Tono, altro quartiere marinaro di Milazzo, sede un tempo dell’omonima tonnara, e soprattutto il misterioso “scarabeo”, realizzato lungo le mura di recinzione del Castello verisimilmente in età normanna. Si tratta di una sorta d'insetto costituito da conci parallelepipedi in pietra lavica, le cui ali pare abbiano avuto anticamente la funzione di quadranti solari. In tal senso una serie di studi approfonditi è stata recentemente condotta dallo studioso milazzese Carmelo Fulco, il quale sta provvedendo a rilevare sistematicamente e periodicamente le varie registrazioni astronomiche allo scopo di svelare quanto prima il mistero che si nasconde dietro questa suggestiva antica decorazione in pietra lavica, della quale già alle soglie del Settecento s'ignorava la funzione.

 Lo scarabeo (denominato anche «gli occhi di Milazzo»). Da notare l’ombra riflessa dalla semisfera
 dell’occhio destro sull’ellisse rialzata rispetto all’intonaco. Era un quadrante solare?


Chiesa del Rosario, particolare degli affreschi di Domenico Giordano (1789)

CHIESA DEL ROSARIO O S. DOMENICO

Percorrendo la via S. Giuseppe si giunge alla chiesa del Rosario, parte integrante del vasto convento di S. Domenico fondato, come la stessa chiesa, nel XVI sec. La semplice facciata del tempio fronteggia la scalinata che conduce all’ingresso principale della città murata. La chiesa, a tre navate separate da colonne, è sormontata da un elegante ciclo di affreschi firmato e datato (Domenico Giordano, 1789) e custodisce al proprio interno antiche e pregevoli opere pittoriche (qualcuna attribuita a Filippo Jannelli), tra le quali il quadro - un tempo nella chiesa dei Cappuccini - raffigurante la Madonna degli Abbandonati («Nuestra Senora de los desanparados de Valencia»), donata da alcuni cittadini spagnoli di Valenzia in servizio nella fortezza di Milazzo nel Seicento. Pregevole un paliotto ligneo dipinto in azzurro ed oro recante lo stemma della nobile famiglia Cumbo. L’aula della chiesa è impreziosita da lapidi marmoree sepolcrali munite di stemmi ed iscrizioni, da un coro ligneo e, tra l’altro, da un sarcofago marmoreo risalente al 1625. Si conserva altresì la statua della Madonna del Rosario, che ad ottobre viene condotta in processione: è stata realizzata dall’artista Luigi Guacci di Lecce nei primi decenni del Novecento.

Interessanti anche i locali, solo parzialmente recuperati, dell’annesso convento che ospita un elegante chiostro in corso di restauro. Piuttosto elegante il piccolo oratorio del Nome di Gesù, limitrofo alla chiesa ed arricchito da numerose opere d’arte.

IL QUARTIERE MARINARO DI VACCARELLA

Abbandonata la chiesa del Rosario e scendendo lungo l’attigua scalinata (Erta S. Domenico), si giunge alla pittoresca porzione del lungomare di levante adibita al ricovero delle numerose imbarcazioni da pesca di proprietà degli abitanti del rione Vaccarella, che recentemente si sono efficacemente riuniti in sodalizio (Associazione “Nino Salmeri”) allo scopo di rendere più ordinato e gradevole il litorale. La spiaggia dei pescatori si suddivide oggi in quattro settori, “S. Andrea”, dal nome dell’omonima chiesetta di cui restano soltanto i ruderi ed una statuita lignea custodita entro teca nella piazzola ubicata lungo il mare, “Padre Pio”, così è denominata la serie di aiuole ben curate che ospitano la statua del Santo di Pietralcina, “S. Francesco di Paola”, in prossimità della piccola fortificazione antiaerea costruita durante il secondo conflitto mondiale ed oggi abbellita da una bella raffigurazione pittorica del Patrono della gente di mare, e “Madonna della Neve”, quasi dirimpetto alla chiesa di S. Maria Maggiore.

Procedendo lungo il marciapiede con ringhiera che procede parallelamente alla spiaggia è possibile osservare il paziente lavoro quotidiano dei pescatori, alcuni dei quali intenti ad eseguire piccoli interventi di manutenzione alle proprie imbarcazioni, altri a stendere al sole le proprie reti o a prepararsi alla pesca notturna. Ma soprattutto è possibile gustare la variopinta ed affascinante flotta di grandi e piccole barche da pesca realizzate perlopiù nei cantieri di valenti carpentieri navali milazzesi, dai fratelli Providenti a Francesco, Ninài e Stefano Salmeri, oltre alle barche costruite dall’ancor vivente maestro Caizzone in contrada Grunda.

Tra le numerose barche da pesca, fanno bella mostra di sé gli antichi lavatoi impiegati sino alla metà del secolo scorso dalle moglie dei Vaccariddòti, i quali mantengono inalterato ancor oggi il loro profondo legame col mare e con la pesca. Passeggiando al mattino lungo la spiaggia, all’ombra dei profumatissimi eucalipti e gustandosi la brezza marina, s’incontrano numerosi banchi adibiti alla rivendita del pesce appena pescato, come ad esempio le lunghe spatole, catturate grazie all’ausilio del conzo, un mastello di plastica il cui bordo superiore ospita un cerchio ligneo a sua volta destinato ad accogliere centinaia di ami legati a decine e decine di metri di lenza. Il visitatore

I  colori di Vaccarella

Un pescatore  prepara la nassa.
attento non può non rimanere colpito dalla maestria dei pescatori-rivenditori intenti a pulire, con secchi e decisi tagli eseguiti cogli usuali coltellacci, le spatole acquistate dai clienti.

La passeggiata al lungomare di Vaccarella è resa ancor più gradevole da un susseguirsi di antichi fabbricati pubblici e privati, contraddistinti da settecentesche mensole figurate (“cagnoli”) e da eleganti portali in pietra da taglio, con facciate dipinte coi tradizionali colori cittadini, come il «rosino milazzese». Spiccano, tra gli altri, il palazzo Catanzaro, ubicato a pochi metri dal Palazzo dei Marchesi D’Amico, la casa Cumbo, la cui facciata si fonde con quella laterale della chiesa di S. Maria Maggiore, ed il diruto Asilo Infantile Calcagno, di proprietà comunale e terminato nel 1903 in stile neogotico.

 Croce di Mare

La passeggiata a Vaccarella non può non includere una capatina alla romantica spiaggetta della Croce di Mare, che ospita tra gli scogli un’edicola votiva posta dirimpetto alla graziosa residenza dei Caravello, la quale sembra vigilare la placida serenità del luogo, sormontato dal panoramico convento dei Cappuccini e dal monumento funerario del nipote del generale Zumjungen, comandante della piazza di Milazzo durante il tremendo assedio spagnolo subito da Milazzo nel biennio 1718/19.

Una visita merita infine la chiesa del rione, uno dei luoghi simbolo del Risorgimento milazzese.

La storica chiesa del rione Vaccarella: S. Maria Maggiore

CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE

La bella facciata in stile neoclassico, eseguita verisimilmente nella prima metà del XIX sec, contrasta con l’interno in stile rococò. Un pregevole ciclo d’affreschi eseguito da Scipio Manni nel 1762, raffigurante tra l’altro la “cacciata dei mercanti dal tempio”, impreziosisce l’aula, adornata da piacevoli stucchi ed i cui altari laterali recano invece modesti rivestimenti marmorei. Nella chiesa si venera la Madonna della Neve, della quale si conserva sull’altare maggiore un quadro del Settecento ed il cui culto negli ultimi anni è stato oggetto di crescente interesse da parte dei fedeli Milazzesi. Alcuni anni fa è stata commissionata ad un artista di Ortisei (prov. di Bolzano) un’artistica statua lignea della Madonna che riproduce fedelmente questo quadro del Settecento: intorno al 5 agosto di ogni anno viene condotta per le vie del quartiere in una suggestiva processione che in gran parte si svolge sul mare, accompagnata dalle barche dei pescatori del rione: un connubio ben riuscito di fede e folklore in piena stagione turistica.
L’esterno della chiesa – il suo campanile è stato parzialmente demolito in seguito al terremoto del 1908 - è attorniato da un bel sagrato semicircolare che ospitò il meritato riposo di Giuseppe Garibaldi dopo le fatiche della battaglia di Milazzo del 20 luglio 1860.

Tra i tradizionali appuntamenti della Parrocchia di S. Maria Maggiore, amorevolmente gestita dai Padri del convento di S. Francesco di Paola, conviene ricordare la suggestiva processione di Gesù Bambino per le vie del quartiere marinaro di Vaccarella (si svolge il giorno dell’Epifania alle 6,00 del mattino).

Non solo appuntamenti religiosi per i parrocchiani, che in estate, precisamente il sabato che precede la festa della Madonna della Neve, partecipano numerosi, unitamente ai turisti, alla “Sagra del Pesce”, organizzata dalla U.S. “Giovanni Cambria”.


 VACCARELLA ARCHEOLOGICA

Chissà com’era la vita a Milazzo duemila anni fa, senza traffico frenetico, i-pod, i-pad ed altre diavolerie di ultima generazione. Diversa, molto diversa, risponderemmo tutti. Eppure c’è un luogo in cui il tempo pare essersi fermato. E’ Vaccarella, il pittoresco rione marinaro dove da millenni si rinnova quotidianamente il rito a volte selvaggio della pesca.
Duemila anni fa qui la vita scorreva non molto diversamente da oggi. Come alla Mezzaluna, questa la denominazione della piazzetta in cui, a due passi dai ruderi dell’Asilo Calcagno, ci accomodiamo ai tavolini del bar per gustarci un buon gelato. Sotto quei tavolini nel 1998 la Sovrintendenza di Messina riportò alla luce alcune vasche impermeabilizzate in cui nel I sec. d. C. si eseguiva la lavorazione del pesce. Interessante il contenuto della vasca “numero 4”, piena zeppa di resti di tonno. Un po’ più in là, dirimpetto la porta del ristorante, precisamente davanti l’antica fontanella comunale costruita nel 1883, un altro eccezionale rinvenimento: un deposito di antichissime anfore romane (perlopiù Dressel 21/22), in cui venivano conservate fette di pesce salato o squisita salsa di pesce (“garum”), verisimilmente lavorate nelle limitrofe vasche impermeabilizzate. Oggi un nutrito campione di tali reperti è esposto nelle eleganti sale dell’Antiquarium Archeologico “Domenico Ryolo” di via Impallomeni.


 Gli scavi alla Mezzaluna: vertebre di tonno (Antiquarium archeologico "D. Ryolo")

Che Vaccarella fosse un borgo di pescatori già in età classica è testimoniato dalle recentissime indagini archeologiche eseguite nel palazzotto Lo Miglio (a due passi dalla chiesa di S. Maria Maggiore), dalle fondazione del quale sono emersi resti di pesce forse simili a quelli rinvenuti nel 2001 in uno scavo eseguito durante l’allestimento dell’hotel Garibaldi,dove inoltre è stata rinvenuta una stupenda iscrizione marmorea in latino risalente alla prima età imperiale romana. Chissà quali altre sorprese ci riserverà in futuro Vaccarella. 

LA MARINA GARIBALDI E VIA GIACOMO MEDICI

Lasciata la chiesa di S. Maria Maggiore ci si può immergere nella vastità del lungomare di levante, magari accomodandosi ad una delle numerosissime panchine della Marina, la passeggiata dei Milazzesi, contraddistinta dal Monumento ai Caduti del XX luglio 1860 inaugurato nel 1897 alla presenza di Francesco Crispi (è opera dello scultore milazzese Francesco Greco).

Una suggestiva veduta della Marina col Castello sullo sfondo

Nel tratto di Vaccarella il lungomare accoglie il pontile “S. Maria Maggiore”, adibito al ricovero di numerose imbarcazioni da diporto. Numerosi i palazzi e le dimore gentilizie che si affacciano sul lungomare, dal neogotico Palazzo Siracusa al già citato settecentesco Palazzo dei Marchesi D’Amico. La passeggiata in Marina può essere deviata nel salotto dei Milazzesi, la via Giacomo Medici, che si apre tra la chiesa di S. Giacomo ed il neoclassico palazzo dei Proto: accessibile solo ai pedoni, questa strada ospita tra gli altri il palazzo Catanzaro, quello dei Bonaccorsi-Merlo (già

Via Giacomo Medici, salotto di Milazzo





Il Palazzo Municipale, costruito a fine Ottocento su disegni dell’ing. Giuseppe Ryolo

Cumbo) recentemente ristrutturato (ospitò nel 1897 Francesco Crispi) e l’altro palazzo Bonaccorsi, tra i luoghi-simbolo della Milazzo garibaldina. Quest’ultimo edificio, che ospitò il generale Giacomo Medici, si affaccia con un bel loggiato al primo piano sulla via Francesco Crispi, dove sorge maestoso il Palazzo Municipale, eretto su progetto dell’ing. milazzese Giuseppe Ryolo negli anni Ottanta dell’Ottocento. Alle spalle del Municipio, nella piazza intitolata a Caio Duilio - protagonista della storica vittoria del 260 a. C. (la prima dei Romani in una battaglia navale) sulla flotta cartaginese nelle acque di Milazzo - l’ala occidentale del Convento dei Carmelitani, con bel portale in pietra da taglio sormontato dallo stemma dell’ordine, e l’attigua chiesa del Carmine, la cui elegante facciata ospita la statuina marmorea della Madonna del Carmelo, commissionata nel 1632 dal milazzese Baldassarre Valenti, la cui famiglia finanziava l'altare laterale dedicato alla titolare. La chiesa, innalzata nella seconda metà del Cinquecento, presenta oggi un aspetto settecentesco, a seguito delle distruzioni registratesi durante l'assedio spagnolo del 1718-19, anche se non manca l'impronta lasciata da interventi successivi, come l'abside eseguita nel 1886 in occasione dei lavori di costruzione del limitrofo palazzo municipale o il restauro risalente agli anni Quaranta del Novecento, subito dopo i danni provocati dai bombardamenti aerei anglo-americani del 1943. All'interno pale d'altare del Settecento o delle soglie dell'Ottocento (nessuna delle quali firmata, solo una reca l'anno 1805) si alternano a tale ovali settecentesche raffiguranti santi carmelitani, da S. Elia, restaurato di recente (primo a sinistra in prossimità del portale d'ingresso), al beato Angelo Agostino Mazzinghi (navata destra), riproposto nella consueta raffigurazione con rose e gigli che escono dalla sua bocca. Due ovali (i primi delle due navate) sfuggono alla precedente classificazione, tanto che quello a destra può considerarsi un ritaglio di una pala d'altare del Seicento (arredo della chiesa antecendente alle distruzioni dell'assedio spagnolo) raffigurante la Madonna dell'Itria, cui era dedicato uno dei 10 altari laterali dell'antica chiesa cinquecentesca, della quale sopravvive ancora il monumento funebre in marmo dei coniugi Gian Giacomo e Fimia Ciparo, innalzato nel 1583 in conformità alla disposizione testamentaria - dell'anno precedente - dello stesso Ciparo, il quale lo commissionò all'autorevole bottega messinese dei Calamech non senza indicare succintamente le modalità costruttive («ad architettura simplice secondo lo parire del signor Calamecca di Messina»).
Tornando alla Marina merita un cenno il monumento - finanziato negli anni Sessanta dalla Regione Siciliana - all’eroico ammiraglio Luigi Rizzo (1887-1951), il figlio più illustre di Milazzo, il marinaio più decorato d’Italia che il 10 giugno 1918 (in questo giorno si celebra ogni anno la festa della Marina Militare italiana) affondò nelle acque di Premuda col suo MAS la corazzata austro-ungarica Santo Stefano.

La Marina Garibaldi vista dalle alture del Borgo



Itinerario di visita n. 2
Duomo, piazza Roma, S. Papino e Tono

IL DUOMO DI S. STEFANO

E’ lungo la via Antonino Cumbo Borgia che sorge il nuovo Duomo della città, intitolato al Patrono S. Stefano ed innalzato negli anni Trenta del Novecento, anche se i lavori si sarebbero protratti sino alle soglie degli anni Cinquanta. Architettonicamente modesta, la matrice è impreziosita da una ricca quadreria, in parte proveniente dall’antico Duomo del Castello, come nel caso delle due tavole gemelle cinquecentesche - opera di Antonello De Saliba, nipote di Antonello da Messina - raffiguranti i SS. Pietro e Paolo, una delle quali presenta un cartiglio recante l’anno 1531 e la dicitura «Lu Mastru Antonellu Resaliba pinsit». Al De Saliba è attribuita anche una “Natività”, che raffigura il Bambino entro una madia, tra la Madonna e S. Giuseppe, un monaco inginocchiato ed un pastore, tutti sormontati da un Angelo che sorregge un cartiglio recante la dicitura «Gloria in excelsis Deo». 

 S. Nicola e storie della sua vita

Dall’antico Duomo proviene anche la pala d’altare, posta lungo la navata di sinistra, raffigurante i SS. Martiri Milazzesi: venne commissionata dagli amministratori comunali nel 1622 e raffigura una bella veduta della città. Dall’antica chiesa dell’Annunziata, della quale entro la città murata sopravvive soltanto l’abside con decorazioni in pietra da taglio, provengono invece una tavola quattrocentesca (Antonio Giuffrè, attr.) ed un gruppo marmoreo di scuola gaginiana raffiguranti “L’Annunciazione”. Dalla chiesa di S. Nicola, ubicata un tempo di fronte l’antico Duomo, giunge infine l’opera pittorica attribuita ad Antonio Giuffrè “San Nicola e storie della sua vita”, commissionata, come attesta lo stemma in basso, dall’aristocratica famiglia D’Amico-Anzalone. Completano la quadreria, tra l’altro, due pale d’altare del Settecento attribuite a Scipio Manni (“Annunciazione” e “Adorazione dei Magi”). L’opera d’arte maggiormente venerata dai Milazzesi rimane comunque la statua policroma del Santo Patrono S. Stefano, realizzata nella seconda metà del XVIII sec.  e portata in processione ai primi di settembre.

LA NECROPOLI TARDOROMANA E PROTOBIZANTINA

Uscendo dalla Matrice, dirimpetto la facciata principale, è possibile osservare i resti di una necropoli tardoromana e proto bizantina (V-VII sec. d. C.), dove intorno al 1995 sono state rinvenute alcune anfore commerciali, unitamente a preziosi braccialetti in osso lavorato, lucerne e ampolle in vetro. Tali corredi sono oggi custoditi presso l’Antiquarium archeologico di via Impallomeni. Quel che è possibile osservare, al di sotto della moderna copertura in vetro, è solo una piccola porzione della ben più vasta area archeologica riemersa dagli scavi, un vero e proprio cimitero monumentale (circa 90 sepolture) mai prima oggetto di esplorazione archeologica. Interessanti, in particolare, le anfore da trasporto rinvenute tra le sepolture e riutilizzate per l’inumazione dei bambini.

IL TEATRO TRIFILETTI

Procedendo in direzione nord, dopo aver costeggiato il sobrio fabbricato - innalzato negli anni Trenta - che ospita le scuole elementari intitolate allo storico cittadino Giuseppe Piaggia, si giunge al Teatro Trifiletti, fondato all’inizio del Novecento dall’omonimo imprenditore, facoltoso intermediario di vini da taglio prodotti nella Piana di Milazzo, importatore dalla Gran Bretagna di carboni rivenduti alle industrie del comprensorio e primo milazzese a credere nel turismo: fondò, tra l’altro, tre piccole strutture alberghiere.
I tre ordini di palchi del Teatro Trifiletti

Il teatro, contraddistinto da un’architettura semplice ed essenziale, venne progettato dall’ing. Letterio Savoja. E’ costituito da una platea e da tre ordini di palchi incastonati nella caratteristica pianta a ferro di cavallo. Nel foyer sono visibili i resti del ciclo di affreschi di Carlo Righetto, firmati e datati 1912, anno in cui il teatro venne inaugurato con la rappresentazione del Rigoletto di Verdi e con una sfavillante illuminazione elettrica, introdotta a Milazzo proprio in quel periodo.
Negli anni Ottanta la struttura teatrale, per lungo tempo adibita anche a cinematografo, è stata acquistata dal Comune di Milazzo, che recentemente l’ha ristrutturata e restituita alla pubblica fruizione.

I GIARDINI DI VILLA VACCARINO

A qualche metro dal Teatro Trifiletti ci si imbatte in due interessanti esempi di architettura risalenti ai primi decenni del Novecento, il villino Greco, elegante espressione del Liberty a Milazzo contraddistinto da un’alta torretta, e Villa Vaccarino, costruita alla fine degli anni Venti, su disegni dell’ing. Gaetano Bonanno, per l’omonimo industriale. La villa, oggi di proprietà comunale ed attorniata da una ricca ed elegante cancellata esterna, è adibita oggi a finalità culturali. Gli interni sono impreziositi da pregevoli decorazioni pittoriche (Michele Amoroso) e stucchi. 

 
  La Sicilia tra i fiori e le piante di Villa Vaccarino

Davvero suggestivo è il vasto parco annesso alla villa, dove è possibile accedere durante gli orari di apertura degli uffici giudiziari. Curiosa la vasca che ripropone la forma della Sicilia, tra piante e fiori di diverso tipo. Osservabili anche i resti delle fortificazioni annesse all’antico bastione di S. Gennaro, di cui entro il vasto giardino sopravvive una consistente porzione muraria. Negli anni Ottanta i giardini di Villa Vaccarino hanno ospitato gradevoli concerti di musica da camera.


LA CHIESETTA DI S. CATERINA

A pochi metri da Villa Vaccarino si apre piazza Roma, recentemente ripavimentata ed un tempo denominata “Piano di S. Caterina”, dall’omonima chiesetta che ospita l’antica statua marmorea di S. Caterina di Alessandria, scolpita verisimilmente nel 1560 da Giuseppe Bottone, capomastro del fabbrica del Duomo di Messina. La scultura, custodita in una nicchia attorniata da stucchi settecenteschi, rappresenta l’unica opera d’arte significativa della piccola chiesa, contraddistinta da un’architettura semplice e modesta. Il piccolo edificio - interamente ricostruito nel Settecento - è stato oggetto di recenti lavori di restauro che hanno riportato alla luce una cripta ed un’acquasantiera marmorea con l’immagine della titolare.

IL MONUMENTO  AI CADUTI

Al centro di piazza Roma sorge il Monumento ai Caduti della Grande Guerra, realizzato dallo scultore palermitano Nino Geraci nel 1926, vincitore di un concorso promosso dal Comune di Milazzo: il suo bozzetto, «Roma 18», riuscì a prevalere su altri 18 bozzetti giudicati da un’autorevole commissione esaminatrice composta dall’arch. Ernesto Basile, dal critico d’arte Ugo Fleres e dallo scultore Mario Rutelli. «Roma 18» prevedeva una coppia di colonne doriche in pietra bianca di Comiso, ciascuna delle quali sarebbe stata impreziosita da tre coppie di rostri bronzei e da una vittoria alata, anch’essa in bronzo, svettante alla sommità. Tra le due colonne si erge eroicamente il nudo Milite in bronzo, alto circa 3 metri e contraddistinto da eleganti riproposizioni anatomiche e muscolari, tipiche delle figure atletiche di cui il Geraci era specialista: egli stesso era un appassionato sportivo. Il Milite è raffigurato mentre afferra uno scudo col braccio sinistro ed il gladio, tipico dell’antica Roma dei gladiatori, con la mano destra. In bronzo sono state realizzate anche le laterali are fiammeggianti e le due palme con corona ed elmetto poste ai lati dell’iscrizione «Ai Milazzesi morti per la Patria».

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