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giovedì 24 dicembre 2015

mercoledì 23 dicembre 2015

mercoledì 16 dicembre 2015

SCRIVEVO VARI ANNI FA, FORSE UN QUINQUENNIO FA ED ORA NON SO SE CONFERMARE RETTIFICARE RINNEGARE. INIZIO CON QUESTO PRIMO ASSAGGIO DI MERA COPIATURA DOPO SVOLGERO' IL TEMA (O TENTRO') tema: vigilanza bancaria e responsabità dei signori di palazzo Koch!
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Peccato che non ho confidenza alcuna con Umberto Eco, diversamente l’avrei pregato di spiegarmi la significatività di questo passo della nuova letteratura economica della Banca d’Italia:
«L’esigenza di recuperare margini reddituali ha indotto a perseguire strategie di varry sull’intero bilancio e di d’investimento a leva in titoli governativi italiani che hanno richiesto il reiterato dei limiti interni a determinato un’elevata esposizione  al rischio al asso di interesse.»
E perché ha saputo una cosa el genere la Tarantola deve andare in galera? Davvero è legittimato il Rizzo banchiere ad affermare che lui nulla aveva da dire: solo confermare la rappresentazione di fatti gravi che un ispettore BI aveva effettuato alla Tarantola?
Non conosco l’inglese, anzi lo odio: quindi ho preso un vecchio vocabolario e trovo ue significati alla voce CARRY, il primo non mi dice nulla, il secondo mi diverte: “portata di cannone , di fucile, di palla da gioco, di un fiome di un battello  - posizione del ‘peresent  arm’.
Ma questi del MPS che si sono messi a sparare cannoni e fucili cn la loro “politica di bilancio”. Vecchia faccenda quella della magistratura di Milano che nulla sapeno di bilancio pontificavano sul divieto di siffatta politica. Ed il buon ONIDA, reduce da una scuola che risaliva al buon Luca Pacioli, controbattevano che il bilancio “è una realtà pensata” e nessuno può fornirne la la formula matematica “come non si può dare la formula chimica dell’acqua sporca che corre  sula strada”.
Ai magistrati allora appariva mistificazione connivente. Alla Banca d’Italia vi fu una repentina conversione alle concezioni aliene di un bilancio che quotidianamente rappresenti la triplice verità bancaria “patrimoniale reddituale e di liquidità” e alla sottomissione anche degli enti pubblici economici alle ferree leggi del mercato, all’aziendalismo privatistico.
Solo che dopo anche per poter far fingere di “vigilare” “controllare” “prevenire” “punire” si inventò una evanescente “vigilanza prudenziale” di cui il buon dottore Vincenzo Cantarella (e crediamo anche il suo valente numero due) un perlucido esempio in questo rapportino tanto divulgato, tanto incriminante secondo l’attuale imperante vulgata.
Così si legge impunemente:
In un lettera pubblicata oggi dal «Giornale» Antonio Rizzo, ex manager Dresdner Bank - ora alla Bcc di Carate Brianza - e principale teste d'accusa nei confronti dei vertici Mps ascoltato ieri in Procura in merito alla banda del 5 per cento, ha cercato di ridimensionare il proprio ruolo nella vicenda: «ho denunciato il malaffare nel 2008 e il sistema per il quale lavoravo ha cercato in tutti i modi di farmela pagare», esordisce. Precisa anche che non è un martire perché per anni ha incassato lauti stipendi e bonus.
Nella sua lettera al quotidiano milanese Rizzo dice innanzitutto che ormai le leggi non riescono a disciplinare «in tempo reale» la materia dei prodotti finanziari, che si evolvono in modo veloce. Ma nonostante ciò boccia la proposta di Bersani della «commissione d'inchiesta sui derivati» bollando la vicenda Mps come «un chiaro caso di falso in bilancio, malversazione e probabilmente approvazione indebita ai danni degli azionisti grandi e piccoli».
Per arrivare a questo scarica barile:
«Non sono io il supertestimone ma la dottoressa Tarantola» - dice Rizzo -, l'ex vicedirettore generale della Banca d'Italia che nel novembre 2010 lesse la relazione dei propri ispettori su Mps non trovando nulla da eccepire. Di diverso avviso sembra essere la Procura di Trani, orientata all'archiviazione della posizione dell'attuale presidente Rai.
Rizzo attacca anche il ministro delle Finanze, Vittorio Grilli, per non avere saputo spiegare le responsabilità politiche e istituzionali sui buchi nei conti Mps. Riserva infine due siluri all'operazione Cassaforte - approvata dalla Vigilanza - e secondo lui volutamente tenuta sotto traccia, e ai Monti bonds, operazione di «trasferimento di ingenti capitali dall'economia reale e dallo Stato alle banche con la complicità dei loro amici» e il più grande derivato stipulato a danno del contribuente italiano.
La dottoressa Tarantola si doveva impressionare per il fatto che in MPS vi era stato “un investimento elevato in titoli governativi italiani”.
Che doveva fare il MPD investire in tioli governativi francesi o meglio tedeschi (così la Merkel era contenta) o di quei marpioni dei banchieri olandesi di rito scozzese?
L’ho detto mille volte e lo ripeto: la Tarantola non mi è simpatica, piace troppo a Bertone, Berlusconi e Tremonti. Solo così dalle filiali (sia pure anche dalla sede di Milano) è approdata a quel tritacarne che è la Banca d’Italia dell’Amministrazione Centrale romana. Ma aveva raggiunto un ruolo di massima immedesimazione organica nel settore della Vigilanza.
Verrà dalla Bocconi, ma non ha vissuto il melodramma della trasformazione della vigilanza tradizionale (triplice profilo: saldezza patrimoniale, equilibrio negli indici di liquidità e buona redditività) a quella c.d. “prudenziale” delizia dei tanti Basilea, pedina di lancio di tanti rampanti funzionari di palazzo Koch.

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