Per la Cernigoi v’è certezza assoluta: il Messana è
CRIMINALE di GUERRA. Il suo giudizio è inappellabile. Lei si arroga il diritto
di giudicare e condannare. Con quale autorità, con quali prove, con quale
istruttoria? Non ha titolo, non ha elementi, non può provare nulla. Per me
diffamare qualcuno a mezzo stampa quale criminale di guerra sapendo che giammai
costui era stato condannato per siffatto gravissimo crimine è materia da codice
penale. Io l’art. 595 u.c. C.P. ce lo vedrei tutto ma non sono né pubblico
ufficiale né magistrato, né istituzione pubblica (in questo caso il Viminale
quale parte offesa). La Cernigoi non poteva non sapere che all’Archivio
centrale di Stato vi sono faldoni e faldoni del SIS, seconda sezione ove il
caso è ben sviscerato e l’adamantino comportamento del Messana vi riluce
inconfutabile. Scrive la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa,
sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false
prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16
persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis.
Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del
15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura
di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei
Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per
onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative
all’attentato di Preserje. Nello specifico Messana ricevette come
riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro”. Ettore Messana fu anche segnalato con nota del 21/9/45 dall’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma al Prefetto di Trieste, che
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA [9]. Il risultato di questa
indagine è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa [10], dalla
quale citiamo alcuni passaggi. “… il Messana era preceduto da pessima fama per
le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella
città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei
mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle
rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.r.) che ordinava arresti di persone
facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di
conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi
avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che
prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di
denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio
in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a
Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del
famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm.
Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni
di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici (…)”. :::::::::::::::::: Ma al Ministero
degl’Interni, al SIS si sa bene che trattasi di tentativo titino di
criminalizzare l’intera Italia. Siamo nel 1945-46. Orde di ex partigiani titini
scendono persino col paracadute in Italia a tentare vendette, a commettere atti
di giustizia sommaria, a macchiarsi di infami delitti. Le carte del SIS sono
molteplici e inequivocabili. Non punge vaghezza alla Cernigoi di
contestualizzare le effervescenze punitive slave con questo clima terroristico
che disseminano in Italia? In Jugoslavia da parte dei Partigiani Titini si
confezionano reboanti capi di accusa contro i nostri concittadini rei soltanto
di esservi stati comandati in tempi di guerra magari con incarichi polizieschi;
si mandano granguignoleschi papielli accusatori. Ma sono le stesse commissioni
di guerra estere che rimettono, dopo una prima sbozzata, le accuse alle
competenti autorità italiane. E in Italia queste più ponderate carte arrivano e
queste carte si trovano a Roma, al SIS ed ora in ACS. Ebbene di tutta quella
paccottiglia della Cernigoi relativa al Messana, al Ministero giunge il
foglietto che noi pubblichiamo. Trattasi dello “STRALCIO RELAZIONE 12”:
L’accusa titina infierisce contro magistrati italiani, funzionari di P.S. e
soprattutto contro Grazioli che fu un personaggio non del tutto negativo stando
agli studi di Sala. Il MESSANA vi viene fatto entrare per il rotto della
cuffia: non c’è nulla di specifico contro di lui. Pretestuoso, prevenuto e
diffamatorio è volere a tutti i costi il questore come colui “che esortava
personalmente gli aguzzini ad infierire contro le proprie vittime”. Quali
prove? Nessuna, quali testimonianze? Nessuna, come si poteva affermare. e dalla
parte lesa, qualcosa del genere? Fandonia: un questore se ne sta nei suoi
uffici, non scende negli scantinati ad incitare scherani ai suoi ordini a
violentare innocenti vittime. Fantasie da menti malate o si vede che non si è
mai stati in questura a rispondere ad interrogatori sia pure serrati ma per la
cultura giuridica italiana sempre con il senso del limite. Tanto è vero che in
Italia il SIS neppure prende in considerazione questa calunniosa accusa titina
contro il Messana. Anzi il Messana viene inviato persino in Sicilia nell’aspra
lotta al banditismo filoamericano del fuori legge Giuliano di Montelepre. E il
Questore Ettore Messana viene promosso Ispettore generale di P.S., insignito di
onorificenze di altissimo livello e viene nominato Grande Ufficiale; e guarda
caso ottiene l’esclusiva commenda dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, roba
sabauda insomma. La ruggine slava, che si può comprendere ma giammai
condividere, è solo appiglio per postumi scoop giornalistici che francamente
sono disgustosi. La Cernigoi sa che il Messana neppure fu scalfito da quelle
infamanti farneticazioni slave. Non c’era materia alcuna. Eppure quando gli
slavi accennarono a fatti e vicende che potevano destare sospetto,
l’istruttoria scattò accurata, precisa, inflessibile. Le carte del SIS lo
dimostrano. Consultarle per credere. Singolare la chiusa degli accusatori
slavi: “secondo le istruzioni di GRAZIOLI operavano anche i suoi organi civili
e principalmente il questore di Lubiana Ettore Messana, uno dei maggiori
carnefici” Ma di grazia quale furono queste “carneficine del Messana? Nulla di
nulla. Vi fu l’esecuzione di Tone TOMISIC che invero mi lascia perplesso. Ma
quella nacque da una sentenza “del tribunale di guerra di Lubiana preseduto dal
dr. MACIS”. Il Sis fece, dopo, una accurata inchiesta. Al SIS si ebbe modo di
appurare quale fu il ruolo del Messana. Il Messana aveva minuziosamente
ragguagliato la magistratura su l’operato della questura di Libiana. All’ Acs
abbiamo trovato il fascicolo. Trattasi della denuncia del 4 aprile del 1942 n.
05698/1942 Gab, di Prot. Il Messana è esaustivo, preciso, formale. Ne
riportiamo qui sotto alcune fotocopie. Basta darvi uno sguardo per sbugiardare
la Cernigoi e i titini circa l’inventata accusa che il processo era stato
intentato “in base a false testimonianze del commissario di P.S. PELLEGRINI e
di altre persone al servizio di Grazioli”. No! Invero erano stati i tedeschi
che avevano scoperto il covo dei partigiani slavi e avevano costretto la
questura ad irruzioni, interrogatori ed arresti0. Noi pensiamo che la stessa
sentenza del MACIS sia stata imposta dalla Ghestapo. Ma qui il Messana non
c’entrava più. Anzi tutto lascia capire che il Messana fosse tanto poco gradito
ai tedeschi da giubilarlo subito dopo quella esecuzione che tantò impressionò;
le SS non furono certamente estranei allo sbolognamento del Questore. Appare
infatti non gradito ai falchi del Viminale per cui ritirarsi come in subordine
a Trieste. Il suo ruolo fu così defilato da fare poi scrivere ai suoi
denigratori che ”costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica
degne di particolare rilievo”. L’addebito dispregiativo negli intenti di
allora, oggi suona come epitaffio laudativo del Messana: questi non fu 0 quindi
per nulla complice delle famose Foibe che oggi si sono riesumate per doverose
condanne.
25 luglio 14.57.46
signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo
quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome
Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore
Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad
apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e
si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e
dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse
"uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere
aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E
redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre
voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era
suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio
niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff.
Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150
anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo
momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e
attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche
apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse
l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella
famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non
resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E
la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R
icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più
dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del
Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato
nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che
“gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti
dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato!
chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo
trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe
jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca
di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la
classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di
guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale
straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò
costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il
Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a
forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del
Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste,
se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data
del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato
dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale
sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva
essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il
più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”.
E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se
ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi
dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa avevamo scritto: Di tutta
questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa
storia. signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo quello che
leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano
Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana
che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad
apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e
si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e
dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse
"uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere
aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E
redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre
voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era
suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio
niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff.
Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150
anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo
momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e
attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche
apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse
l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella
famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non
resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E
la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti
al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura,
furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città
ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad
affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa
dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che militasse proprio il
Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto
”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i
precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha.
Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte
riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico
della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di
occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della
politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare
che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto
ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista. Ma
il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non
avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione
razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse
sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento
assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di
censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la
classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di
guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale
straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò
costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il
Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a
forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del
Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste,
se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data
del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato
dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale
sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere
perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più
tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della
“politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il
Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa
avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia.
25 luglio 18.19.12
Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo
Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha
pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì
al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai
tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo
"umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della
"provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che naturalmente
la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la Cernigoi si
avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale
credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari -
scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Altre
pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana -------------------------------
bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra/
Documenti sulla strage/Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO
MESSANA [rectius ETTORE] Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio
1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il
testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e
domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto,
bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo essere
nel 1956, n.d.r.] Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde: «Fui
mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel
maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia
disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in
tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità».
D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a
denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla
presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal
Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse
essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze
di costui» D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato
sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si
seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un
nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del
Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D.
R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato
un cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci
convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale
convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo
che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a
Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la
strage di Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era
avvenuto nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani
ed il Guarino avevano orientamento diverso». D. R. «Tale convincimento da parte
dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del
Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del
Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde:
«Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di
ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i
primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello
Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il rapporto n.
37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo
stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R. «Quasi
tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per
giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati». D. R.
«L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni
elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore». D.
R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui
tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo che Ferreri mi
abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di
Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello
Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo
dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato». D.
R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda
Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro
cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una
fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse
il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio,
fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto
partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R.
«Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di
avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello
di Faraci Giuseppe». Co0ntestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di
aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare
tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa
dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo
ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri
dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha
coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che
il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste
Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei
funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece
l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R.
«Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa».
A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al
Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa
essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo
dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi
inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se
ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano intorno
al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a noi si
mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo il
danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi
rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente-
senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri
iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso
la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del
Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la
opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò
direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto
d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii
parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma
ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri
facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia
dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R.
«Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi
Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da
esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R.
«Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto
in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo
potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo
il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia
stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli,
risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del
Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa
rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura
e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore
volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e
sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva
essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto
riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al
Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di
un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo
Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare,
risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi
risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca
avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per l’azione
di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il Presidente rinvia
la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951 ore 9,30. Calogero
Taverna a 21:57 Link a questo post