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martedì 2 agosto 2016

Marco Terenzio Varrone

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Marco Terenzio Varrone
Varrocoin.jpg
Nome originaleMarcus Terentius Varro
Nascita116 a.C.
Rieti
Morte27 a.C.
Roma
GensTerentia
Questura78 a.C. in Illyricum
Propretura49 a.C. in spagna
Marco Terenzio Varrone, in latino Marcus Terentius Varro, (Rieti, 116 a.C.Roma, 27 a.C.) è stato un letterato, scrittore e militare romano.
« [...] il terzo gran lume Romano
che quando 'l miri più tanto più lume »
(Francesco Petrarca, Trionfo della Fama (III, 37-39))


Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Marco Terenzio Varrone nacque a Rieti (o in alta Sabina) nel 116 a.C.: per tale motivo è detto Reatino (attributo che lo distingue da Varrone Atacino, vissuto nello stesso periodo)[1].
Nato da una famiglia di nobili origini, aveva rilevanti proprietà terriere in Sabina, dove fu educato con disciplina e severità dai familiari, integrate dall'acquisto di lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e Cassino.
A Roma compì studi avanzati presso i migliori maestri del tempo: tra gli altri, studi di grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino, che lo fece appassionare anche agli studi etimologici e oratori, e di linguistica e filologia presso Lucio Accio, a cui dedicò la prima opera grammaticale De antiquitate litterarum.
Come molti giovani romani, compì un viaggio in Grecia fra l'84 a.C. e l'82 a.C., dove ascoltò filosofi accademici come Filone di Larissa e Antioco di Ascalona, da cui dedusse una posizione filosofica di tipo eclettico[1].
A differenza di molti altri eruditi del tempo non si ritirò dalla vita politica ma anzi vi prese parte attivamente accostandosi agli optimates, forse anche influenzato dall'estrazione sociale. Dopo aver percorso le prime tappe del cursus honorum (triumviro capitale nel 97 a.C., questore lo stesso anno, legato in Illiria nel 78 a.C.) fu vicino a Pompeo, per il quale ricoprì incarichi di grande importanza: fu legato e proquestore in Spagna fra il 76 a.C. e il 72 a.C. e combatté nella guerra contro i pirati difendendo la zona navale tra la Sicilia e Delo.[2]
Allo scoppio della guerra civile nel 49 a.C. fu propretore in Spagna: in una guerra che vedeva i romani contro i romani, tentò un'incerta difesa del suo territorio che si concluse in una resa che Gaio Giulio Cesare, nei Commentarii de bello civili definì poco gloriosa[3].
Dopo la disfatta dei pompeiani, si avvicinò a Cesare che apprezzò il Reatino soprattutto sul piano culturale, affidandogli la costituzione di due biblioteche, una di testi latini l'altra di testi greci, ma che, dopo le idi di Marzo, furono sospese.
Dopo la morte del dittatore, fu inserito nelle liste di proscrizione sia di Antonio che di Ottaviano, interessati più alle sue ricchezze che a punire i congiuranti, da cui si salvò grazie all'intervento di Fulvio Caleno per poi avvicinarsi a Ottaviano a cui dedicò il De gente populi Romani volto alla divinizzazione della figura di Giulio Cesare.[3]
Morì quasi novantenne nel 27 a.C. dopo aver scritto una produzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere[4].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Storia della letteratura latina (78 - 31 a.C.), De lingua Latina e De re rustica (Varrone).
Marco Terenzio Varrone
La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da San Gerolamo in un catalogo (incompleto, poiché sono elencati circa la metà degli scritti del reatino); in totale, le opere varroniane sono verosimilmente 74, suddivisi in 620 libri o volumi[4], sebbene Varrone stesso, in un momento della sua vita, abbia riferito di aver scritto 490 libri[5].
Le opere varroniane, secondo l'argomento, possono essere suddivise in vari gruppi, dalle opere di erudizione, filologia e storia a quelle giuridiche e burocratiche, dalle opere di filosofia e agricoltura alle opere di poesia e varie prose.
Di questa enorme produzione è pervenuta (quasi integra) solo un'opera, il De re rustica, mentre del De lingua Latina sono pervenuti solo 6 libri su 25.
Dell'attività filologica varroniana fa testimonianza il cosiddetto canone varroniano, elaborato a partire da due opere, le Quaestiones Plautinae e il De comoediis Plautinis, in cui Varrone ripartì il corpus plautino, che includeva 130 fabulae: di queste, 21 vengono definite autentiche, 19 di origine incerta, dette pseudo-varroniane e le restanti false.
Ancora, notevoli dovevano essere i Logistorici (dal greco “discorsi di storia”), un'opera in 76 libri, composta in forma di dialogo in prosa, di argomento letterario e antiquario, in cui ogni libro prendeva il nome di un personaggio storico e un tema di cui il personaggio costituiva un modello, come il Marius, de fortuna o il Cato, de liberis educandis.
All'interesse filosofico e divulgativo di Varrone riconducevano le Saturae Menippeae, che prendevano come modello Menippo di Gadara, esponente della filosofia cinica (da cui il nome). Esse, scritte tra l'80 a.C. e il 46 a.C., si componevano di 150 libri, in prosa e in versi, di cui però ci rimangono circa 600 frammenti e novanta titoli, di argomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei costumi, morale, con rimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione del presente.
Ciascuna satira recava un titolo, desunto da proverbi (Cave canem con allusione alla mordacità dei filosofi cinici) o dalla mitologia (Eumenides contro la tesi stoico-cinica per cui gli uomini sono folli, Trikàranos, il mostro a tre teste, con un mordace riferimento al primo triumvirato).

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