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sabato 21 maggio 2016

I racalmutesi se lo mettano bene in testa: nessuna statua di marmo gaginesca o di scuola gaginiana è mai venuta dal mare a Racalmuto nel 1503. Quarant'anni dopo il vescovo Tagliavia parla di una certa "imago" che se si sa bene il latino significa "immagine" (insomma quadro pittura, per statua avrei usato il termine "simulacrum"): Il vescovo Tagliavia ci attesta inequivocabilmente che nessuna chiesetta di Santa Lucia c'+era o c'era stata in quel cocuzzolo del Monte a Racalm...uto. C'era stata da vecchia data la Chiesa di Maria Santissima del Monte come dimostrabile dalle Visite pastorali. Il santuario settecentesco di padre Signorini ha una sua storia non tutta commendevole, vi è persino puzzo di ravvedimento da lussuriosa convivenza in contrasto con il sacerdotale voto di castità. Cose da me studiate anche se non divulgate molto più e meglio del Nalbone. Pronto a tutte le sfide di questo mondo. I soloni dei miei stivali di Racalmuto han da cianciare quanto par loro: io attesto (e non contraddico) per tabulas, forte della mia mentalità ispettiva inculcatami dalla Banca d'Italia, mica dalle scuole serali, o dal precariato magistrale, o da qualche miracolo di padre Scimè S.J. (Calogero Taverna)
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Angelo Curto
Angelo Curto Ma infatti trattasi di leggenda e non di STORIA.
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Lillo Taverna
Lillo Taverna No, si tratta di più e di peggio; si tratta di un maledetto imbroglio, per ben tre volte riveduto e scorretto in questa epoca moderna, a scopo di lucro e di estorsione e per ottundimento della coscienza civica racalmutese. Iniziò nel Settecento il frat...Altro...
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Angelo Curto
Angelo Curto Ma come ben lei sa, il monachesimo in epoca medievale venne perseguitato proprio perché considerato come una sorta di loggia che aveva come unico obiettivo sfruttare la figura dei martiri per arricchirsi.... Basta chiedersi perché la riforma iconoclastica Bandì l'uso delle immagini divine per un semplice utilizzo della croce nelle chiese.
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Lillo Taverna
Lillo Taverna Sì, tutto questo lo so e forse qualche altra cosa. E allora? Ma che c'entra ciò cu la Beddra Matri di lu Munti? Credo di conoscere sufficientemente la faccenda dell'iconoclastia. Nulla a che fare con la sedicente statua marmorea che poi la si vuole gaginesca della Madonna del Monte. Insomma alta ignoranza dei nostri fratacchiuna del 'Seicento' et postea.
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No, si tratta di più e di peggio; si tratta di un maledetto imbroglio, per ben tre volte riveduto e scorretto in questa epoca moderna, a scopo di lucro e di estorsione e per ottundimento della coscienza civica racalmutese. Iniziò nel Settecento il frate di San Giuliano Catalanotto per legittimare l'espoliazione narese della contea dei Del Carretto, Più sottile quella  del francescano Caruselli  volta a rassodare la teocrazia del vescovo borbonico  Jacono  di Agrigento ; vi fu poi quella monarchica con corone regali degli anni Trenta di padre Petrone per un duplice scopo: santificare appunto in  fascismo senza offendere la casa Reale dei Savoia e giustificare l'eclissamento di tutti gli omaggi aurei o ex voto delle superbigotte racalmutesi nel corso di oltre tre secoli. Invero poeti e poetastri, falsi storici e maestri elementari si sono poi prodigati al fine di  consolidare l'infausto mito della Venuta della Beddra Matri di Lu Munti. Da ultimo interessi poetici e pittorci vogliono mitizzare il dileggio di una Vergine Maria che disdegna i peccatori di Castronovo per accasarsi irremovibilmente tra quelli (forse più perversi) della nostra sorniona Racalmuto.
Sì, in questo sono davvero contra omnia: molta autostima e poca stima verso certa boriosa intellighenzia paesana.
Arduo comprendere perché il prof. Carbone abbia voluto riesumare un suo giovanile parto per azzardare giudizi non proprio lusinghieri nei miei confronti: sarei "enfatico", inidoneo "contestatore di tutto e di tutti", bocciato all'esame dei sommi cattedratici che con matita rosso e blu, si possono permettere di citarmi fin dove conviene e tagliarmi là dove non... conviene a mia insaputa e senza possibilità di autogiustificazione. Insomma la mia sarebbe una caducabile "glossa polemica" che il docente può senza sforzo ridimensionare e rettificare. Supponenza, professore! Supponenza intollerabile. Se non allora ora rimando tutto al mittente e se vuole pronto a scorticarlo vivo in pubblico dibattito. Sì, in questo sono davvero contra omnia: molta autostima e poca stima verso certa boriosa intellighenzia paesana.
Pubblicato da C. Taverna a 15:46 Link a questo post
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venerdì 20 maggio 2016


Lillo Taverna ha condiviso il suo post.
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foto di Lillo Taverna.
Lillo Taverna
47 minuti fa ·

La mia Racalmuto, schietta genuina ilare colta colma di sale cervello lucido e di zolfo micidiale ironico all'occorrenza letale. Racalmuto, toponimo arabo di un...o spazio vitale non arabo, ma così designato da monaci basiliani venuti da Petralia nel XIII secolo. Sparsi nei millenni precedenti presicani (settemila anni fa da oggi) sicani XVIII secolo secondo la tradizione tucidedea, greca sino al midollo, romana per umana sopportazione, bizantina e poi crolli e riesumazioni, giudei e saraceni, anime sante e monaci blasfemi. Calogero Taverna
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Sì, in questo sono davvero contra omnia: molta autostima e poca stima verso certa boriosa intellighenzia paesana.

Arduo comprendere perché il prof. Carbone abbia voluto riesumare un suo giovanile parto per azzardare giudizi non proprio lusinghieri nei miei confronti: sarei "enfatico", inidoneo "contestatore di tutto  e di tutti", bocciato all'esame dei sommi cattedratici   che con matita rosso e blu, si possono permettere di citarmi fin dove conviene e tagliarmi là dove non conviene a mia insaputa e senza possibilità di autogiustificazione. Insomma la mia sarebbe una caducabile "glossa polemica" che il docente può senza sforzo ridimensionare e rettificare. Supponenza, professore! Supponenza intollerabile. Se non allora ora rimando tutto al mittente e se vuole pronto a scorticarlo vivo in pubblico dibattito. Sì, in questo sono davvero contra omnia: molta autostima e poca stima verso certa boriosa intellighenzia paesana.

venerdì 20 maggio 2016

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Lillo Taverna
La mia Racalmuto, schietta genuina ilare colta colma di sale cervello lucido e di zolfo micidiale ironico all'occorrenza letale. Racalmuto, toponimo arabo di un...o spazio vitale non arabo, ma così designato da monaci basiliani venuti da Petralia nel XIII secolo. Sparsi nei millenni precedenti presicani (settemila anni fa da oggi) sicani XVIII secolo secondo la tradizione tucidedea, greca sino al midollo, romana per umana sopportazione, bizantina e poi crolli e riesumazioni, giudei e saraceni, anime sante e monaci blasfemi. Calogero Taverna
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Lillo Taverna Successe che poi la paternità del rinvenimento di quel libretto fu rapinata e in pubblicazioni a spese del Comune il merito passò dall'ing. Angelo Taverna all'ing, Angelo Cutaia. Invero il libretto fu - integro e genuino - nelle mie mani. Scrissi un fascicoletto illustrativo e lo consegnai al rettore del Monte Padre Mattina Giammeria. Sia come sia il mio testo fu requisito da un ricercatore locale che se ne appropriò per guadagnarsi una certa pagnotta presso il Comune di Racalmuto. Per altra via qualche astuto giovinetto della cultura locale ne ha fatto una sua pubblicazione omettendomi e omettendo mio fratello. Cose racalmutesi insomma!
La mia Racalmuto, schietta genuina ilare colta colma di sale cervello lucido e di zolfo micidiale ironico all'occorrenza letale. Racalmuto, toponimo arabo di uno spazio vitale non arabo, ma così designato da monaci basiliani venuti da Petralia nel XIII secolo. Sparsi nei millenni precedenti presicani (settemila anni fa da oggi) sicani XVIII secolo secondo la tradizione tucidedea, greca sino al midollo, romana per umana sopportazione, bizantina e poi crolli e riesumazioni, giudei e saraceni, anime sante e monaci blasfemi. Calogero Taverna

Questa gran bella foto di foglie e fiori di acanto, ovvio, non è mia: è corredo del suo bel blog "Fiori spontanei" di Maria Pia Calapà, già professoressa scientifica alla fine anche di Milazzo. Poteva sembrare che me ne fossi appropriato. Lungi da me siffatte manie cleptomani. Già non son calligrafico con la penna figurarsi con un moderno I/Pad, Mi servo solo di un volgaruccio cellulare per testimoniare l'aprica fioritura di acanti in foglia (allusiva) e in pianta longilinea (illusiva). E questo lungo il mio esclusivo vialetto dalla strada alla mia villetta Merycal, toponimo falsamente americano, solo nome e cognome dei coniugi Taverna, non stanziali in questa deformante Regalpetra. sibbene in quel di Roma; meglio nella caput mundi che sotto i sonni sindacali che un estraneo e sionico Ovadia dovrebbe diradare a fine maggio.
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Lillo Taverna Questa gran bella foto di foglie e fiori di acanto, ovvio, non è mia: è corredo del suo bel blog "Fiori spontanei" di Maria Pia Calapà, già professoressa scientifica alla fine anche di Milazzo. Poteva sembrare che me ne fossi appropriato. Lungi da me siffatte manie cleptomani. Già non son calligrafico con la penna figurarsi con un moderno I/Pad, Mi servo solo di un volgaruccio cellulare per testimoniare l'aprica fioritura di acanti in foglia (allusiva) e in pianta longilinea (illusiva). E questo lungo il mio esclusivo vialetto dalla strada alla mia villetta Merycal, toponimo falsamente americano, solo nome e cognome dei coniugi Taverna, non stanziali in questa deformante Regalpetra. sibbene in quel di Roma; meglio nella caput mundi che sotto i sonni sindacali che un estraneo e sionico Ovadia dovrebbe diradare a fine maggio.
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Lillo Taverna Il prof. Linneo di Racalmuto ebbe subito a redarguirmi: non è fiore autoctono. acanto, foglie d'acanto, tanta architettura greca vi si è ispirata. Ma i greci che tessero le basi di una superiore civiltà furono quelli di Sicilia della nostra Magna Grecia. E perché mai l'acanto non deve essere autoctono? E' il fiore nostro, siciliano, allusivo (quell'ampia foglia), illusivo (quel turgido stelo a cappella fiorita)! Già le nostre radici: né arabe né cristiane, né normanne né al limite romane: solo greche paganamente greche, evolutivamente della Magna Grecia. Ecco perché alligna nella scarpata del mio esclusivo viottolo che porta alla mia sorniona ma colta villetta che ho nomata VILLA MERYCAL.
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Lillo Taverna incorso in alcuni disguidi: sto provvedendo a dare a Cesare quel che è di Cesare e a Baccarecce quel che è di Baccarecce. Foto questa scattata dalle impagabile terrazza di mio suocero, un famoso personaggio, sor Costantino Benedetti. Di fronte il Velino corrusco e spesso innevato..


IL SOLE è TRAMONTATO DA POCO Là DIETRO la Montagna di fronte alla terrazza della mia Villa Merycal a Racalmuto. Tutto è tenero, giulivo. In fondo all'orizzonte il Monte Cammarata, ai piedi Piedi di Zichi, e il novello paese che brutto  proprio non è. Qui non si nota, ma c'è il Castelluccio a presidio un tempo del feudo chiaramontano di Gibillini, toponimo arabo cui incolti basano le loro stravaganti ricostruzioni microstoriche.