...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
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sabato 22 ottobre 2016
SONDAGGI REFERENDUM COSTITUZIONALE 2016 (22 OTTOBRE) – NO IN VANTAGGIO
Dopo le intenzioni di voto di Demopolis, oggi i sondaggi elettorali di Lorien sul referendum confermativo del 4 dicembre 2016. In questo caso è il No a essere in vantaggio, di ben tre punti percentuali sul Sì. Tutto questo dopo che il Sì era in vantaggio, secondo le rilevazioni dello scorso 26 settembre.
Cosa è successo? Anche in questo caso, come con i sondaggi politici di Ixè, la crescita dell’affluenza favorisce il No alla riforma costituzionale. Aumentando di due punti percentuali e arrivando al 54%, la maggiore affluenza porta più voti nelle casse del No.
Il referendum costituzionale non ha quorum, quindi a questo giro Matteo Renzi non potrà cavarsela invitando gli italiani al non-voto, come già fatto per il referendum sulle trivelle del 17 aprile.
Sondaggi referendum costituzionale (22 ottobre 2016): cresce l’affluenza e cresce il No. Sorpasso sul Sì, staccato di tre punti
Mancano una quarantina di giorni al momento del voto e probabilmente vedremo continui sorpassi a vicenda fra il Sì e il No, con sondaggi spesso contrastanti fra di loro. Il Sì ha dalla sua degli endorsement pesanti da parte degli Stati Uniti e del mondo della finanza e dell’economia (Fmi, Jp Morgan, Confindustria, eccetera), nonché l’appoggio dei media, fra giornali e tv con la lingua sempre penzolante per il governo di turno.
Il No del resto ha dalla sua la quasi totalità delle forze politiche, visto che il Sì è sostenuto soltanto da parte del Pd e da partiti satellite di scarsa rilevanza elettorale: Matteo Renzi ha la maggioranza in Parlamento (per il momento), una maggioranza con cui ha imposto il passaggio della riforma costituzionale alla Camera e al Senato. Questa maggioranza però, messa insieme fra cambiacasacca e quel famigerato premio incostituzionale del Porcellum, non ha un vero corrispettivo elettorale, visto che non rappresenta in alcun modo il voto del 2013.
Il No vanta anche una folta schiera di illustri esponenti della società civile, fra professori, giornalisti e artisti.
Insomma, dalla parte del Sì ci sono economia, finanza, partiti di maggioranza e media, dalla parte del No c’è il popolo: vedremo se quest’ultimo ha davvero la sovranità o se si farà imbambolare dalle minacce e dalle promesse della propaganda.
Magri entra nel PCI negli anni cinquanta, dopo un'esperienza nella gioventù democristiana a Bergamo. Viene accolto nella segreteria del partito di Bergamo, poi nel direttivo regionale lombardo, e di là passa poi a Botteghe Oscure. Nel 1969, dopo lo shock dell'invasione sovietica della Cecoslovacchia durante la Primavera di Praga, in dissenso con la posizione del Pci, è tra gli animatori del gruppo (con Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina, e altri) che dà vita alla rivista "Il manifesto", da lui diretta, e che successivamente viene radiato dal partito. Nel 1971 partecipa insieme agli altri alla trasformazione della rivista nel quotidiano ancora esistente. Successivamente si distanzia dal gruppo, fondando nel 1974 il Partito di Unità Proletaria per il comunismo, di cui è segretario[1].
Nel 1976 conosce Marta Marzotto con cui ha una storia importante per dieci anni[2].
Confluisce successivamente con tutto il partito nel PCI nel 1984. Al momento della trasformazione del PCI in PDS nel 1991, decide di aderire al Partito della Rifondazione Comunista, fondando una corrente interna la cui struttura ricorda il gruppo dirigente del vecchio PdUP per il comunismo.
Il 14 giugno 1995 la sua corrente lascia il partito per costituire il Movimento dei Comunisti Unitari, su una posizione di appoggio del governo Dini.
Successivamente il Movimento appare tra le forze fondatrici dei Democratici di Sinistra, svolta alla quale Magri non aderisce, preferendo tornare a scrivere per Il manifesto.
Nel 2009 ha pubblicato Il sarto di Ulm. Una possibile storia del PCI (il Saggiatore, Milano), un tentativo di ripercorrere la storia del Partito comunista in Italia e nel mondo nella seconda metà del Novecento, mettendo in evidenza i tanti punti di biforcazione che, se attraversati diversamente avrebbero potuto far approdare a un esito ben diverso dall'attuale movimento comunista italiano.
Nel novembre 2011, depresso per la scomparsa della moglie, si reca a Bellinzona in Svizzera dove pare che, nonostante la contrarietà degli amici, chieda a un medico amico di aiutarlo nella procedura di suicidio assistito chiudendo i suoi giorni all'età di 79 anni[3][4][5][6][7].
Il 3 dicembre 2011 viene tumulato a fianco della moglie Mara nel cimitero di Recanati. In quell'occasione Famiano Crucianelli legge l'ultima lettera di Magri[8].
Lo stato del movimento rivendicativo, la situazione politica, gli obiettivi immediati e di prospettiva della nostra lotta, Partito e Sindacato, in Istituto di studi comunisti, Il Partito, il sindacato e la politica dei redditi. Seminario, 18-22.7.1964, s.l., s.n., 1964.
Il valore e il limite delle esperienze frontiste, in "Critica marxista", luglio-agosto 1965.
Considerazioni sui fatti di maggio, Bari, De Donato, 1968.
Prefazione a Luciana Castellina, Che c'è in Amerika?, Verona, Bertani, 1973.
Una nuova opposizione, una nuova forza politica per rovesciare la crisi di sistema contro il sistema, con Rossana Rossanda e Luigi Pintor, Roma, Il manifesto, 1973.
Prefazione a Classe, consigli, partito, Roma, Alfani, 1974.
Qualità e dinamica della crisi, in Uscire dalla crisi dal capitalismo in crisi. Atti del convegno di Ariccia 8-9 febbraio 1975, Roma, Savelli, 1975.
Il sarto di Ulm. Una possibile storia del PCI, Milano, Il saggiatore, 2009. ISBN 978-88-428-1608-9.
Alla ricerca di un altro comunismo, Milano, Il saggiatore, 2012. ISBN 978-88-428-1861-8.
ricevo la tua ultima e molto
ho indugiato prima di scriverti quello che forse scriverò qui e forse no. Non
ne ho voglia. Temo di sfasciar tutto.
Ho il terrore che nello
scrivere il curriculum della tua defunta vita (come bene dici tu) tu abbia disegnato
un profilo che da filosofo ti stai inventando creando simulando dissimulando.
Ti capiranno? IL papa Cicciu
cosa mai capirà?
Io la conosco dall’esterno la
tua vita. Non sono Tanu Savatteri che nulla sapendo s’inventa patetici ragazzi
di regalpetra che poi sarebbero criminali appendici di inesistenti STIDDRARA in
lotta feroce con quel culo chiatto di mio zio Alfonso.
Tu che un mio nipote tuo coetaneo
ricorda come bambino “spregevole” per violenza cattiveria malizia. Lo so che tu
ora non sei più lui. Ma quale obiettività quale terzietà puoi avere nel descrivere
quel bambino delinquente in nuce.
Io lo so che tu eri coartato
deviato sobillato esaltato indiavolato deturpato da una che devesi pur sempre
chiamare “cultura”. Gi la sgangherata cultura mafiosa e non potevi che essere quello che sei stato quello
che tutti ricordano quello che alla fine ha traviato. Ma come? Davvero tu hai
ucciso? Grido no e poi no. Posso testimoniarlo. Ma ove? spero in un processo di
revisione.
Non è che scrivendo quel birichino
curriculum non è che sfogandoti con una AUTOBIOGRAFIA che poi è una eterobiografia
tu finisca con darti in pasto a giudici professionisti dell’antimafiacui non sembrerà vero di incrudelirsi ancor
di più. L’hai confessato tu, diranno.
Non continuo. Domani parto per
Racalmuto. Tornerò a Roma il sei Novembre, Ti abbraccio. C. Taverna