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sabato 13 maggio 2017

I MESSANA nell'Ottocento racalmutese
Lo storico di famiglia Eugenio Napoleone Messana, chiude il suo excursus sul Settecento Racalmutese con un pruriginoso capitoletto su una Racalmuto in mano a feroci banditi. La sua fonte storica è un suo antenato alquanto bislacco - e chiarchiaresco a dire delle malelingue del Circolo Unione - don Serafino Messana.
Scrisse costui un 'romanzo storico', invero né l'uno né l'altro, e penso con forte fantasia sedimentata nella sua ormai famiglia di 'nobil lignaggio'; infanga personaggi del creduto basso popolino.
Solo che gli attuali rampolli sovrastano codesti galantuomini in declino della fine dell'Ottocento, ragion per cui, il lavoro storico di don Serafino è solo aggancio per apparizioni libresche di sapore mnemonico ma non in grado di elevarle ad un qualche grado di credibilità.
Sarebbero dunque feroci banditi un romantico Domenico Curto, ladro di passo per ordine della principessa Gajetani e Buglio, Giuliano Campanella che rubò 'un cavallo ad un certo Carbone di Racalmuto'. E a tal fine [la Giustizia] lo uccise.
"Il suo corpo, per superiore disposizione, fu dal carnefice diviso in quattro parti e infisso, fino alla completa putrefazione agli alberi ove commise i misfatti più atroci. Una di queste parti fu affissa a Cannatone e la località ne porta ancora il nome: lu quartu di Giulianu.".
A parte il massacro grammaticale, ci pare che la cosa sia inverosimile. Periodo borbonico sì, ma fu un periodo in cui la giustizia veniva amministrata sotto la sovrintendenza inglese. Una qualche ferocia c'era ma non sino a questo punto. Nell'unìca esecuzione di cui siamo certi, quella del brigante Nalbone, avvenuta a Lu Chianu Castieddru, il boia taglia capo e mani e consegna il tutto al pietoso prete che salmodiando ne porta le spoglie nella carnaria della Matrice.
I Messana non son nuovi a queste elefantiasi narrative e un certo spirito sbirresco ce l'hanno sempre avuto. Ma per fortuna il mio denigratore storico un tal suterino Difrancesco non ne sa nulla.
Per il 'civile' don Serafino, 'terribile masnadiero' fu Raffaele Grillo, inteso Ciciruni; che avrebbe 'ucciso il giudice Criminale di Racalmuto Giuseppe La Mandra'. 'E morì per condanna a morte'.
Parla della Banda Salvatore Nalbone e Ninu Macaluso, che usava andarsi a riparare 'nel granaio del villico Garlisi'.
Brigante storico fu certo Salvatore Nalbone, la cui infelice fine, è latinamente registrata negli archivi della Matrice.
Gli antenati del questore Messana scavalcano il passaggio dei due secoli e si affacciano importanti e rispettati nell'Ottocento. Lo speziale Calogero Messana espunge tutto il retaggio contadino e zolfataro del padre Luigi e nel 1820 è pacificamente annoverato tra i 'ricchi di Racalmuto'. Sempre lo storico di famiglia Messana ci racaconta: " ... giunse a Racalmuto la nuova della costituzione della Giunta di Palermo. I ricchi allora trovarono naturale sfogo, per garantirsi, nel fare lo stesso e sorse la Giunta provvisoria di Pubblica Sicurezza e Tranquillità". Emblematica la composizione. Francesco Pomo Presidente e deputati Gaetano Gambuto, Pietro Cavallaro, Giuseppe Salvatore Tulumello, Luigi Scibetta, Pietro Matrona, Calogero Messana, Luigi Salvo.
La nuova crestomazia c'è tutta. Ma sono appena otto famiglie veramente abbienti. Tra queste non manca come si vede lo speziale Messana.
"La ricchezza ereditata dal padre - sempre lo storico di famiglia - gli consentì [a don Calogero Messana, speziale] di sposare, con lauta dote, l'unica figlia Maria Angela al barone Giuseppe Tulumello".
Iniziano i matrimoni fra ricchi intorbidendosi in coniugi tra parenti stretti, persino fra primi cugini e i virgulti di siffatti nobili lombi sono quelli che sono, non risplendenti insomma.

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