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martedì 26 settembre 2017


Ora il PD siciliano ha paura di Fava, mentre Renzi teme che nell’Isola inizi il suo tramonto

Dopo la presentazione dei simboli i dirigenti del PD – in Sicilia e a Roma – cominciano a realizzare che la presenza della lista di Claudio Fava gli farà perdere un sacco di voti. E la cosa li sta facendo letteralmente impazzire di paura. Temono una secca emorragia elettorale e il voto disgiunto in favore di Fava. Renzi non può non vedere che dalla Sicilia potrebbe iniziare il suo tramonto…
 Presentati i simboli, nella vecchia politica siciliana succede di tutto. Salvatore ‘Totò’ Cardinale, già democristiano, oggi renziano, dice che il centrosinistra siciliano vincerà con il 40%” (in effetti dopo aver governato così bene per cinque anni è il minimo…), Claudio Fava, candidato della sinistra alternativa al PD alla guida della Sicilia, dice che Giancarlo Cancelleri, candidato grillino alla presidenza della Regione, “è un democristiano”. Ma il più fantasioso di tutti è l’assessore all’Agricoltura uscente, Antonello Cracolici, che non solo è convinto – da neo renziano – di essere ancora di sinistra, ma pensa, addirittura, di aver amministrato bene!
“Io rivendico con orgoglio la mia storia di sinistra – dice Cracolici – e non mi faccio rappresentare da coloro che utilizzano il termine ‘sinistra’ solo come una parola, per poi diventare i migliori alleati di coloro che idealmente vorrebbero combattere”.
Forse la gestione dell’acqua rimasta nelle mani dei privati, in barba al referendum del 2011, con il quale gli italiani si sono pronunciati in massa per la gestione pubblica, è di sinistra?
Le parole di Cracolici sono la spia della grande paura dei dirigenti del PD siciliano: un conto, infatti, è tradire le aspettative dei propri elettori controllando tutta la Sicilia, dalla presidenza della Regione agli assessorati, fino all’ultima poltrona di sottogoverno, mentre altra e ben diversa cosa è presentarsi, adesso, al cospetto degli elettori siciliani.
Soprattutto con la presenza di una lista alternativa al PD. La verità è che Cracolici e compagni hanno capito quello che succederà: succederà che tanti militanti e, soprattutto, tanti tradizionali elettori del PD voteranno Fava presidente e le liste dello stesso Fava; e ce ne saranno tanti altri che, magari, voteranno per la lista del PD, per poi effettuare il voto disgiunto.
A questo si aggiunge la lista dei territori di Leoluca Orlando, che piaccia o no, farà perdere altri voti al PD.
E’ questa prospettiva che sta facendo letteralmente impazzire i dirigenti del PD siciliano, che non sanno come parare una ‘botta’ che si annuncia ‘dolorosissima’. Già un ‘antipasto’ l’hanno percepito alle elezioni comunali, ma adesso, alle elezioni regionali del 5 novembre, i ‘compagni’ del PD sanno che un ‘uragano’ elettorale si abbatterà su di loro.
Ma a differenza di quanto avviene con i veri uragani, dove la gente, bene o male, ha a disposizione dei rifugi, loro, i ‘capi’ e i dirigenti del PD siciliano non hanno a disposizione rifugi. sanno che la ‘botta’ in testa gli arriverà e non sanno cosa fare!
Da questa paura è nata la ‘lista civetta’: è la lista “Sinistra Siciliana” che dovrebbe far confondere gli elettori e, magari, raccogliere un po’ di voti in uscita dal PD. Insomma, dovrebbe far perdere un po’ di voti alla lista di Fava e Ottavio Navarra. Non a caso Fava potrebbe presentare ricorso.
Ma, al di là dei ricorsi, la presenza di una ‘lista civetta’ in chiave anti-Fava dà la misura del ‘terrore’ che oggi pervade il PD.
Dietro la lista di Fava si stagliano le ombre di Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, che stanno sperimentando in Sicilia una lista alternativa al renzismo che potrebbe essere riprodotta, a livello nazionale, alle prossime elezioni politiche.
Se la lista di Fava dovesse raggiungere il 10% a scapito del PD – cioè togliendo voti al Partito Democratico – per Renzi il colpo potrebbe essere mortale. Perché tale esperienza, riproposta a livello nazionale, lo taglierebbe matematicamente fuori dalla corsa per la Presidenza del Consiglio.
Sono queste, a conti fatti, le due grandi paure del PD: la paura, del PD siciliano, di registrare un crollo di voti nell’Isola; e la paura di Renzi che potrebbe vedere nei risultati elettorali della Sicilia l’inizio della sua fine politica.
Chi ha percepito prima e meglio degli altri quello che sta per succedere è il citato Cracolici. Il primo, ad esempio, contro gli esponenti del suo partito, che ha cercato di salvare l’esperienza del Governo di Rosario Crocetta.
Se nell’immaginario della stragrande maggioranza dei siciliani Crocetta è visto come colui il quale ha massacrato la Sicilia, tale visione non può piacere a Cracolici. Non tanto e non soltanto perché lo stesso Cracolici ha fatto parte del Governo, quanto perché delegittimando Crocetta si delegittima anche il PD.
Infatti, se ci fate caso, i dirigenti del PD che attaccavano Crocetta adesso stanno zitti. Tace il sottosegretario, Davide Faraone, prima sempre critico con Crocetta; e tacciono tutti gli altri. persino il segretario regionale, Fausto Raciti, ha difeso Crocetta. E la stessa cosa ha fatto il candidato alla presidenza della Regione del centrosinistra, Fabrizio Micari.
Ma tutti questi personaggi non difendono Crocetta: difendono se stessi. In ritardo – non sono stati bravi nemmeno in questo – hanno capito che criticare Crocetta è come tagliare i rami sui quali stanno seduti.
Solo che, ormai, i rimedi sembrano tardivi. Sia perché di danni, il Governo Crocetta, ne ha fatti veramente tanti, troppi; sia perché, adesso, le parole di circostanza dei dirigenti del PD non sono credibili.
E soprattutto perché gli elettori della sinistra siciliana che vanno a votare hanno a disposizione un’alternativa al PD…

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