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mercoledì 4 ottobre 2017

Raduni a Racalmuto: Sindona Sciascia Tinebra vizzini ed io I SOLDI TRUCCATI
«Racalmuto è il paese di Sciascia, ma – diversamente da come lo scrittore ama presentarlo – non è avvolto da nessun velo di onirica malinconia; umidiccio, con case disfatte intonacate di bianco, esso è disseminato lungo un declivio che si sperde tra calanchi e fiancate di colli minerari.

«A Michele Sindona questo squallido scenario apparve, improvvisamente, all’uscita di un’ennesima curva davanti al muso del suo traballante “dodge”.

«Proveniva da Patti. Affari arditi spingevano il giovane nell’entroterra agrigentino: approvvigionarsi di frumento in tempi di proibizionismo granario, compiacente il governo militare alleato, l’Amgot, per poi rivenderlo, a prezzi lucrosi, alla stessa Amgot. Era il 1944.

«Se nella vita dei santi, i segni precorritori si colgono in tenera età, i segni precoci della valentia affaristica del futuro finanziere si hanno evidenti ed avvincenti fino dalla prima giovinezza. Giunto a Racalmuto, Sindona aveva un personaggio preciso da incontrare: Baldassare Tinebra. Costui era sindaco imposto nel 1943 dalle truppe americane, su segnalazione di don Calogero Vizzini.

«Don Calogero Vizzini, di Villalba, accreditato – fino dal fascismo – come capo carismatico della mafia, ebbe a ritirarsi a Racalmuto, dopo il 1926. Si associò al Tinebra nella gestione della miniera di zolfo, la “Gibillini”, al confine con Montedoro, il luogo natale dell’onorevole Calogero Volpe, altro rispettato “notabile”. Labbro enfiato e pendulo, sempre seduto al sole con neghittosità e trascuratezza, don Calogero Vizzini s’industriava ad apparire insignificante – almeno agli occhi dei racalmutesi.

«In realtà, don Calò godeva di molta considerazione negli ambienti italo-americani tanto da essere prescelto come interlocutore privilegiato, i primi giorni del luglio ’43, quando le truppe alleate iniziarono la loro conquista rapida ed indolore della Sicilia.,

«Dimostrazione affettuosa fu quella elargita al vecchio socio d’affari, il Tinebra. Il quale, grassoccio, piccolo e volgaruccio di parola, fu il primo sindaco di Racalmuto, scacciato il predecessore dell’epoca fascista che medievalmente s’indicava come “podestà”.

«Baldassare Tinebra – insediatosi al Comune – un compito lo svolse bene: quello di dare protezione agli affaristi locali e no, che commerciavano al mercato “nero” della principale risorsa del paese, il grano. Protezione non del tutto disinteressata, a dire dei malevoli. Vi fu atto di corruzione da parte del Sindona nei confronti del neo-sindaco degli “alleati”? Non può più chiedersi ad alcuno. Sindona è oggi esule negli Stati Uniti [eravamo nel gennaio del 1980, ndr.]. Il Tinebra è finito morto ammazzato, un anno dopo la vicenda che si narra [o forse pochi mesi, ndr], in pieno centro, fra la gente. Ne fu incolpato un tipo del paese, conosciuto con la”’ngiuria” (nomignolo) di “Centeddeci”. Indiziariamente, fu condannato. Il figlio lavorava presso la miniera “Gibillini” [pare però che solo vi cercasse lavoro, ndr,] che sappiamo essere stata di Tinebra e Vizzini. Cercò di far luce sul delitto, convinto dell’innocenza del padre. Finì in un forno “Gill”, liquefatto tra lo zolfo. “Disgrazia grande fu” – si disse in paese.»
Questa pagina è identica sia ne' La Donna Del Mossad che in Soldi Truccati. I Soldi Truccati vennero pubblicati nel 1980 (invero il manoscritto un mese prima fu da me consegnato), La Donna del Mossad, otto anni fa. Lombard mai e poi mai poteva scrivere di Racalmuto di Baldassaro Tinebra ... di 110. La saccentona che mi accusa di appropriazione indebita, se mistica come pare, vada a confessarsi. Ha peccato contro lo spirito santo. Non si spara sul prossimo se non si hanno elementi sicuri. Penso che dovrebbe scusarsi pubblicamente. Non lo farà mai. I cattolici son così. CALUNNIANO E NON SI PENTONO. (diciamo bah! quelle di paese). Da questo punto comincia la mia partecipazione alla stesura del libro Soldi Truccati e finisce prima delle conclusioni finali. Invero, ad un attento lettore non può sfuggire che vi sono tre tesi diverse sino al contrasto. Quella dell'introduzione, quella dell'ampio nucleo centrale e quella delle considerazioni finali. La prima e l'ultima hanno sapore giornalistico, intingono del brodo delle polemiche antidemocristiane dell'epoca. Più compassata quella di Romano Gattoni (doveva difendere il posto in Banca d'Italia; che la moglie non abbia mai saputo la verità delle cose è pur comprensibile: mica Romano gliele andava a raccontare; rischiava forte, da padre di famiglia doveva essere più prudente, ma allora era davvero rivoluzionario con tanto di barba. Poi dovette calmarsi. Comunque non ebbe guai giudiziari. Non così il sottoscritto che dovette vedersela con Imposimato e con Colombo.)-Molto ardita e spumeggiante quella di Deaglio. In fondo io dissentivo. La mia fonte ero io stesso. Io avevo fatto l'ispezione alla Banca Privata Finanziaria. Forse mi deciderò a rendere pubblico l'intero rapporto che del tutto incompreso sta agli atti giudiziari. Qualcosa ne ho già scritto in ARTICOLO 21. Cara saccente sagristanella mia critica, che ne sa di queste cose? Nulla! Ed allora perché ciancia tanto?

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