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sabato 4 marzo 2017




      Lillo Taverna ha condiviso il post di Dario Rossana.
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      -1:41
      Pubblicato da Dario Rossana
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      Dario Rossana
      21 gennaio
      Racalmuto 2005

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      Lillo Taverna un paese tanto parigino può essere (o essere mai stato) un miserevole borgo di povere case? Eppure qualcuno scrisse: "PAESE CON FIGURE. - Quando saremo lontani da questo piccolo paese in cui siamo nati e viviamo, quando finalmente ci sentiremo nascere dentro amore e nostalgia per le cose che oggi ci circondano e mortalmente ci annoiano - di queste povere case ammucchiate, di queste persone che ognn giorno incontriamo ......" [Leonardo Sciascia nel suo postumo e da lui non voluto IL FUOCO NEL MARE - PAG. 11 ANNO 1949] dIrei che mi redimo avendo scritto (nell'anonimo SOLDI TRUCCATI, pag. 37, ANNO 1980) " Racalmuto --- non è avvolto da nessun velo di onirica malinconia; umidiccio, con case disfatte, esso è disseminato lungo un declivio che si sperde tra calanchi e fiancate di colli minerari": Certo la ripresa aerea non mi rende giustizia, ma chi ben conosce il paese del sale dello zolfo e del caciummo sa che ho ragione.

    mercoledì 5 ottobre 2016

    Racalmuto, si dimette l'assessore Manto. Una scelta molto serena scaturita da motivi personali "sul mio operato giudicheranno i cittadini"

     Salvatore Manto lascia la carica di assessore al bilancio della giunta Messana. Stamane ha protocollato la lettera di dimissione irrevocabile indirizzata al sindaco e al consiglio comunale. "Una scelta molto serena scaturita da motivi personali - dichiara Manto - sono stati due anni di intenso lavoro, un'esperienza positiva dal punto di vista umano e professionale. La situazione finanziaria in questi anni è migliorata, l'ente pian piano sta uscendo dalla crisi, ma si dovrà ancora rispettare il piano di riequilibro.
    Ringrazio il sindaco, gli assessori, il consiglio, il segretario comunale e i dipendenti, auguro a tutti un buon lavoro dal punto di vista amministrativo. Sul mio operato giudicheranno i cittadini, al prossimo assessore auguro buon lavoro e di continuare il percorso  intrapreso in questi anni."  (regalpetra libera blog)

    giovedì 26 gennaio 2012

    " Piero Baiamonte: il pittore viola" di Calogero Taverna microstorico racalmutese

    Calogero Taverna
    di Calogero Taverna 

    Ombre fluttuanti che ai miei occhi appariste …. esordiva Goethe nel suo Faust. Quale giovinezza pretese Piero Baiamonte, varcato il semisecolare traguardo anagrafico, al concilio dei demoni per un ripristino della sua Vis nell’arte? non credo a Lucifero, forse a Baal, escludo Mammona … ma sicuro Eros. Allora eccoci a Michail  Bulgakov, al Maestro e Margherita, dunque. E mi leggo, per mio solo intendimento: «Ivan studiò la situazione. Tre vie gli si aprivano davanti. La prima: … gettarsi contro quelle lampade e quegli oggettini bizzarri, spaccare tutto ed esprimere così la sua protesta …[ma] la prima via gli sembrò dubbia: magari in loro si sarebbe radicata l’idea che lui era un pazzo furioso. … una seconda: cominciare subito a parlare del consulente e di Ponzio Pilato  però l’esperienza passata dimostrava che a quel racconto non prestavano fede, oppure lo interpretavano in modo svisato. Perciò Ivan rinunciò anche a questa via, e scelse la terza: chiudersi in un orgoglioso silenzio.» [O.C., Einaudi, 1967, pag. 83]. Ed a me davvero sembra che ad un tratto Pietro Baiamonte dette un taglio al passato.
    Piero Baiamonte
    Leggete le sue note biografiche e vi convincerete: «dopo un lungo percorso» ecco che «approda a un raffinato concetto di ¨nuovo figurativo¨» e cioè per «raggiungere un risultato inedito».
    Come dire che l’artista ha ora in serbo un “nuovo segreto”, quello sciasciano, quello che “ogni artista vero” profonde poi nella sua opera che “tanto più è segreta, esclusiva da scoprire come nell’intimità e continuità di un colloquio, quanto più appare aperta ed immediata.”  
    Se ne ha ora una testimonianza con la recente mostra nel racalmutesissimo Castello Chiaramontano. Diamone qui una panoramica per coglierne il senso. 
    La triade femminea, il riposo muliebre, l’evanescenza dopo il sogno e, nelle nostre foto, l’indistinto di quella che a me va di chiamare “efebeia gunaichea”.  Siamo nel raptus deliquescente per acquisire ancora il gioioso rinvigorire dell’altra. Ed è come una rincorsa ed una fuga, un seguire chi velocemente si allontana, salendo sui gradini di una chiesa, la vetusta ma non antichissima chiesa di San Giuseppe, come icasticamente la cinepresa di Baiamonte ci addita nel video proposto in F.B.
    Il demoniaco patto con Eros dunque, per il ritorno agli ardori giovanili? Perché no?
    Di questi tempi, dilettandomi di psicanalisi, ed invischiato nelle teoriche mediche e psico-mediche di Georg Groddech e riguardandomi a ritroso, ma parlo di un trentennio addietro, vedo un irrefrenabile aggancio alla vita,  una creatività che scaturisce da un’ambiguità esistenziale quando si comincia a temere la morte (mirate quella sincronia con dipinti e materie evocative di Thanatos - con Eros la diade  freudiana - cui Baiamonte troppo indulge nelle sue foto di F.B.); del tempo in cui ci si  ingorga nelle esplosioni gioiose, pittoriche, appunto; e dietro l’umana aggressività per un fomite liberatorio della pervadente sofferenza. Certo vi sono tanti istinti repressi che esplodono e diventano catarsi cromatica, ora persino raffigurativa, ora persino supplice, ora persino propiziatrice, ora persino sognante. E dietro ancora un’evanescente enfasi esistenziale che esplode in un rimembrato URLO che è poi l’EGO che censura l’ES; ma l’ES reagisce, si difende offendendo sprigionando mali fisici, psichici ed anche politici, sociali, culturali. Insomma l’eco di quanto sta avvenendo nella comunità racalmutese, mai così prospera come adesso, mai così culturalmente viva, mai così aliena dalle ancestrali accidie. Eppure tutti a cantare il de profundis, tanti, anche penne elette, prodighi nella denigrazione, nell’oscuramento di ogni attrattiva turistica. Ed i piccoli, gli insignificanti, i balbuzienti della più radicale incultura, i sorpassati, i beceri, gli ignoranti integrali che tutto credono di sapere insegnare, e via discorrendo; quelli insomma che salgono in cattedra, che propinano sentenze, che deridono i presunti eccessi linguistici quasi questi volessero trasformare le dialettali tribune locali in palliativi dell’accademia della Crusca. Ignari che la tranquilla coscienza (loro) è solo figlia di pessima memoria, e si atteggiano a superiori censori della piccole macule altrui, anche se loro cognati.
    Già, l’ES racalmutese che vuole atterrire cautelarmene il superiore EGO racalmutese, quello cosciente di questo sublime movimento artistico all’Agnello, al Rizzo, all’Amato, e per noi soprattutto alla Baiamonte e ad altri, a tanti altri, anche in altri campi, dalla musica alla letteratura, dal giornalismo e persino, seppure osteggiata, alla imprenditorialità. L’URLO di MUNCH è quello di questi signori dell’autofragellazione  o è il mio? Credetemi, cari racalmutesi e cari amici di Racalmuto sparsi per il mondo, la mia ottuagenaria saggezza non può sbagliare: per il futuro di Racalmuto la dea ragione mi sorride. Pensate che Racalmuto non è più la Regalpetra sciasciana degli anni’50. Ora tutto è salubre; rispetto al resto d’Italia, il benessere non scema. Vi sono certo problemi, come in ogni parte del mondo, ma sono i problemi della crescita capitalistica (purtroppo per il mio credo politico, ma non sono masochista).  La mafia, la corruzione, la disoccupazione giovanile, chi non le vede? ma quanta enfatizzazione in un caso, quanta parva materia  nell’altro campo, quanto lavoro nero ove si stempera e si camuffa la disoccupazione. Problemi più di evasione fiscale, che altro. E la droga? Quello è un gran male. Ne facevo un’agghiacciante denunzia in una mia inchiesta televisiva di otto anni fa. Mi inquietavano certi murales (oh! l’estro pittorico racalmutese), ove si invocava protezione, protezione dallo “sballo”. Quegli stessi murales li ho ritrovati questa estate negli abbandonati, ma con porte ultra serrate, casamenti ex Mulè del Castello Chiaramontano. Come hanno fatto i giovani ad infilarsi in quei tetri alloggiamenti? Non ha vigilato nessuno? E qui davvero mi aspetto l’azione purificatrice della triade di Diomede!
    Ma torniamo alla pittura, alla ammaliante pittura della nouvelle vague  di Piero: Niente più echi di Fontana, Burri, Manzone. Forse secondo qualche erudito un richiamo a Matisse (e poi diremo perché). 
    Siamo nel figurativo pieno, quale si addice alla solarità di questa nostra iridescente terra, ove vi sono troppi accattivanti colori, troppa luce scintillante, ove talora anche i Nebrodi innevati ci traslano in decantate località ultramontane. Perché astrarsi. E poi noi racalmutesi, con il DNA dei Sicani, con le stimmate mirabilmente raffigurative dei Greci (dei Gheloi, per intenderci), con le malie museali dei bizantini (sempre grecofoni) amiamo le immagini, il figurativo, e ci sentiamo estranei alle arditezze simboliste, metafisiche, persino futuriste, e non siamo dadaisti. Ci piace sognare il vero, amiamo il riflesso del volto muliebre, se maschi, se donne – che pare a Racalmuto amano ora sposarsi spiritualmente, cattolicamente fra loro – non so, mi manca l’acre impetuosità dell’efebeia gunaichea per capirle. Ma questo sguardo tortuoso eppure limpido, questa corvinità della folta chioma, quel socchiudere le labbra tinte di carminio, quel naso camuso, quel non essere efebica, e quel poggiare il capo in un fondale viola, ha tanti tantissimi empiti della facies locale, racalmutese, genuinamente racalmutese. Il viola? Quest’autunno peregrinando per li Fiumeti, ai bordi della strada asfaltata, d’improvviso scorgo una “troffa” di splendidi fiori viola. Una colonia di Giaggioli cui i riverberi del sole autunnale racalmutese conferiva la magia cromatica della inimitabilità. E qui Baiamonte, non so quanto consapevolmente, quel colore tutto indigeno, tutto nostro, ancestralmente nostro, coglie e sa cogliere, per ridarcelo integro ed ammaliante in questo ammirevole ritratto femmineo.
    Mi sono allora chiesto, quanto di racalmutese c’è in Pietro Baiamonte? Mio padre, grande ammiratore della famiglia Baiamone, così svettante anche fisicamente sui racalmutesi, mi parlava spesso della loro provenienza da Catenanuova. Ma credo, si sbagliasse. Certo i Baiamonte, non li trovo né nel ‘500, né nel’600, né nel ‘700 tra le carte dell’archivio parrocchiale della Matrice (che io custodisco in 20 CD, ad onta degli attuali giansenismi preteschi). Trovo invece, dopo una superficiale e frettolosa ricerca, un GASPARE BAIAMONTE sposato con Calogera Zaffuto a cui i preti battezzano il figlio PIETRO il 3 marzo del 1888. Vi mostro il foglio del registro battesimale racalmutese:

     Miei cari concittadini, vi pare giusto che un patrimonio archivistico, di cui vi ho fornito un fotogramma tratto da quei 20 cd sopra citati, resti negletto ed abbandonato nelle mie mani, per finire ai miei eredi non tutti racalmutesi, e questo perché il sovrintendente alla cultura locale, per antico astio nei miei confronti, ha convinto l’autorità apicale a dichiarare  ECCLESIA inidonea a percepire un qualche contributo volto alla realizzazione di un archivio storico racalmutese, come si sa vulnerato dai moti rivoluzionari racalmutesi del 1862? Quando il Commissario mi propinò il rigetto della mia domanda, certamente non sussiegosamente pitocca, lo invitai ad assidersi tra i numero tre. Certo non basta un localetto ove depositare i CD, occorrono laboratori, programmi informatici, esperti in paleografia (quello che vedete è già arduo di per sé, figuratevi le altre carte del ‘500 e del ‘600  per non parlare della carte vaticane sempre in mio possesso che risalgono al semionciale del ‘300?. Ma ciò non dà pane, dicono gli imbecilli. Ciò non è priorità del difficile momento che stiamo attraversando, aggiungono con sussiego argomentativo. Sì trattasse di un salice piangente  alla Barona (che mi pare indebitamente tagliato da chi ora piange per ripiantarlo) allora sì che sarebbe una priorità (forse perché lo fornirebbe lui, a caro prezzo). E sapete la rabbia mia, perché, per la mia precorsa attività, so bene quanti fondi europei e regionali si potrebbero convogliare a Racalmuto e quanto lavoro per cooperative (serie) di giovani e di universitari ne scaturirebbe. Ma la Triade di Diomede uno sguardo a queste faccenduole assistenziali ce l’ha dato?
     Vi è una mirabile pagina di Sciascia (in Amici della Noce) in cui, in uno dei rarissimi scisti erotici del grande Scrittore, questi scrive e descrive il dirimpettaio casino dei Matrona e l’immaginario bivaccare di ignude matrone tizianesche per i prati antistanti. Son sicuro che se Sciascia avesse visto questo ritratto, questa nostrana Maja Vestida (a dire il vero non troppo) con questo inebriante rosso, vi avrebbe colto l’immagine di una di quelle ericine sognate, mirabili alla luce del sole occiduo della Noce. A me fa lo stesso effetto della  LUDOVICA ALBERTONI di GIAN LORENZO BERNINI quando vado, qui a Roma, nella chiesa di San Francesco a Ripa, nel cui convento un francescano, forse racalmutese, portò un testo del nostro Marco Antonio Alajmo  autografandolo. 
    Trascrivo da chi sa scrivere meglio di me e con competenza: Matisse nel  «ritratto con la linea verde [usa] colori “irrealistici” eppure funzionali, come dimostrano l’irreale linea verde che taglia in due il viso conferendogli rilievo (perché costituisce quasi un crinale divisorio, che sporgendo in avanti, modifica l’incidenza della luce sulle due parti dell’ovale) ed il risalto luminoso del viso stesso, determinato dall’accostamento dei suoi colori chiari  con quelli della veste, del fondo e, soprattutto, della massa dei capelli che lo incorniciano e degli occhi profondi … Il senso profondo di questa scelta pittorica è la volontà di tradurre la percezione emotiva della realtà, senza neppure l’elementare mediazione logica dei sensi; immediatamente, dunque, per potere così legare l’immagine allo stato  percettivo-emotivo nel momento stesso del primo impatto.»  [Piero Adorno-Adriana Mastrangelo, Segni d’arte 4, Messina-Firenze,  2007, pagg. 24-25] 
    Siamo i primi a dichiararlo: la cifra pittorica di Baiamonte è ben altra; ma nessuno può negare le affinità. Essere accostati a Matisse, poi, non credo che sia un affronto.
    Ma noi che pittori non siamo, che siamo anzi daltonici e i colori ce le facciamo dire da chi ci sta vicino, abbiamo, come si è visto, intenti ben diversi da  quelli della critica d’arte. Riguardiamo ad esempio il giallo dei ritratti di Baiamonte. Ci richiamano quella nostra scoperta di tanti anni fa, di un fiore giallo sbocciato in autunno sotto la grotta di fra Diego. Pensavo al crocus, ma fui corretto dal Linneo Racalmutese: mi disse il nome latino ed in un primo momento parlò di Zafferano falso. Trascrivo dal sogno taverniano che REGALPETRA LIBERA pubblicherà se potrà: 
    Ecco il suo vero nome:

    Sternbergia lutea (falso zafferano)

    L’avevo scambiato per crocus ed invece è pianta medicinale.


    N.B. Noi non siamo botanici. Ci siamo quindi rivolti al Linneo racalmutese che questa specifica ci aveva dato. Pare che ora, dicembre 2011, abbia cambiato idea. Da modesti navigatori abbiamo fatto i debiti riscontri e siamo arrivati alla convinzione che anche allora era tutto esatto. Persistiamo dunque nell’errore!

     Aggiungo: pensate cosa hanno fatto dello zafferano, per esempio, ad Aquila. Quello nostro, con quel giallo succhiato dalle falde solfifere racalmutesi, è unico e prezioso. Culture estensive darebbero pane e companatico. Ma l’accidia, quella sì, è tabe inguaribile in questo paese del sale e dello zolfo.  
    Pierino Baiamonte con la starnbergia lutea non c’azzecca proprio, direbbe qualcuno. Sarà, ma a me serve per dichiarare ed esaltare la racalmutesudine di Pietro Baiamone, pittore del luogo che viene da lontano ed andrà lontano, specie se Racalmuto smette di divorare i suoi figli migliori.
    Baiamonte racalmutese, dunque? Non del tutto. Il suo cognome – ignoto, come detto, nei secoli antecedenti l’Ottocento - suona normanno, direi angioino. Rientra nella schiera di quei seguaci di Carlo d’Angiò che sciamarono in Sicilia, dichiarandosi pari al re, suoi compagni, Comites, come dire Conti. Si appropriarono di terre e castelli, ma ebbero, dopo, vita grama sotto i signori dell’avava povertà di Catalogna per dirla con Dante e con Sciascia. Asserragliatisi nelle località con il DNA Siculo, sopraffattore del nostro DNA sicano, non furono molto stanziali. I Baiamonte, comunque, solo nell’Ottocento lasciarono la Piana di Catania per giungere sino a noi, qui a Racalmuto, in tempi di esplosione economica dovuta ai nuovi sistemi di sfruttamento dello zolfo, trovato in abbondanza sotto i superficiali strati subito esauritisi. I Baiamonte, comunque, a Racalmuto trovarono fedelissime mogli e da queste ebbero figli, che per via materna risalgono alle propaggini sicano-greche locali di cui siamo e dobbiamo essere orgogliosi. (Calogero Taverna)

    1 commento:

    1. Piero Baiamonte
      la Sua recensione più che un commento mi sembra un "uso" della mia attività (artistica) per esternare, con un proprio esercizio intellettuale, propri concetti e riflessioni con l'aggiunta di sue personali "situazioni" in merito alla mancata accettazione da parte del Comune di un non meglio precisato archivio in suo possesso - ma va bene così l'Arte come la pubblicazione giornalistica è libera.



      Calogero Taverna
      Mi ha molto sorpreso il suo rammarico. Guardi che ho cercato di contattarla per terra e per mare inutilmente o per carenza dei canali o per sordità di chi non voleva sdentire. Non ho bisogno di nessuno o di qualcosa per scoccare i miei aculei polemici. I miei intenti: più chiafro del mio commento in REGALéETRA LIBERA non potevo essere. Ed ancora di più se Sergio pubblica il secondo mio commento- Lei non sa che cosa sia il mio archivio: lo sa bene però il suo amkico Volpe, lasciando senza risposta una richiesta di Ecclesia mentre venivano erogate 500 euro dalle esauste casse, destinati a celebrare tra pochi avventori un sedicente scjultore. Non parlo poi dell'istanza relativa al museo ecclesiale al Chiaramontano, chiosata in esordia dai due capigruppo consiliari più rappresentativi (ma quersto forse le dà fastidio potendo affievolire il suo attuale effimero impero). Purtroppo la mia fuorviante critica l'ha lanciata in ambienti artistici d'alto prestigio a lei per ora occlusi. Gratitudine: guai a chi ne accansa il diritto, conquista solo un nemico. E quanto ad amicizie, lei non sa quanti fascisti attuali si paluderanno degli orpelli partigiani, fra qualche mese. Perchè, come scrivo in più luoghi, a maggio non si va a votare. La triade di Diomede saprà bene comportarsi, forse anche perché stuzzicata da me.
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  • martedì 10 gennaio 2012

    Calogero Taverna commenta il post del consigliere del PD Salvatore Sardo

    Carissimo Sergio,
    leggo con grandissima soddisfazione personale la lettera del dottore (per me, compagno) Totò Sardo. Finalmente! Finalmente - mi son detto - un'accusa vetero-comunista come Lui ed io siamo! E' da tempo che bofonchio ciceroneamente: usque tandem abutere .... Ho abborracciato a caldo un commentino solo apparentemente gentile, ma è caduto nel vuoto, non per censura certo: conosciamo tutti le propensioni moderate del direttore di Regalpetra libera, sicuramente per mia imperizia. Vado ora a memoria.
    Caro presidente dottor Salvatore Sardo,
    d'accordo, anzi molto di più. Era ora di suonare le nostre trombe rosse. Ma di' un pò: una dimissione in massa dei consiglieri comunali non sventerebbe il pericolo di uno scioglimento per infiltrazioni mafiose? Non si fa per le poche centinaie di euro, che poi - a dispetto del mio amico Sergio Scimé - sono poca cosa rispetto ai tanti rischi, anche d'indole patrimoniale, cui vanno incontro ingenuamente ed incautamente i nostri signori Consiglieri Comunali? 
     (quanto agli Assessori presenti, passati e futuri, beati loro che a quanto pare dormono sonni beati). Si afferma che non vi sono contiguità tra mafia (locale) ed Amministrazione. D'accordo e posso dirlo dall'alto del mio ex backgroung di ex grancommis pubblico (il Commissario Petralia si informi): ma per le stesse ascendenze debbo ammonire i miei vari amici e parenti Consiglieri a stare attenti alle ricadute delle molteplici CULPAE IN VIGILANDO, e non voglio per carità di patria pensare a parentele - e non credo che ve ne siano - con locali balordi che certa disinvolta stampa accredita come mammesantissime di chissà quale cosca delinquenziale ed omicida (e credetemi stando qui a Roma devo diuturnamente lamentare i micidiali fendenti alla vocazione turistica racalmutese). Evitiamo di occluderci il FUTURO perché impigliati nella ricerca dei vetero furfabti. A prescindere dallì'evangelico monito a non scagliare la prima pietra, vogliamo fare un po' di autocritica? quella vetero comunista, appunto! Perché si nicchia contro la mia sommessa proposta di fare nel PD una conferenza di produzione, magari per rigettare la mia provocazione, ma supplendovi con altri più succosi intenti? Cosa si aspetta a lanciare le primarie? forse per rinviare alle calende greche, a quando - cioè - sarebbe troppo tardi e per ovviare diverrebbe possibile imporre qualche nominativo voluto da questo o quel gerarca? Nel mio piccolo, sto vigile e vorrei esplicare questa vigilanza democratica da qui, da Roma. Il sito di Sergio Scimé mi è molto di aiuto, e questo forse non gli aggrada troppo. Ma io gli dico: grazie Sergio! Continua.
    Calogero Taverna.

    8 commenti:

    1. Ma il sig. Taverna, non potrebbe esprimersi in una forma più comprensibile, invece di usare termini arcaici e desueti?
      Scrivere vuol dire farsi comprendere, farsi comprendere dalla maggior parte delle persone che leggono le nostre idee.
      Grazie,saluti
      Racalmutese fiero
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    2. le primarie vengono invocate da tutti in modo particolare dal PD e dal PDL a livello nazionale ma le segreterie locali fanno tutt'altro.
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    3. Dott. Calogero Tavernamartedì, 10 gennaio, 2012
      QUESTO ANONIMO CHE VUOL CAMBIARE I MIEI CONNOTATI (LETTERARI) MI FA SOLO RIDERE. SE LUI NON SA VADA A SCUOLA. IO CI SONO ANDATO PER OLTRE SETTANT'ANNI E ALL'ANONIMO RINTUZZO EVANGELICAMENTE:NOLITE PROJCERE MARGARITAS AD PORCOS
      DOTTOR CALOGERO TAVERNA
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    4. Gentile sig(anzi, dott Taverna),
      non è mia intenzione cambiare i connotati di nessuno(anche se letterari).Il mio voleva essere un gentile consiglio, visto che leggono il blog non esclusivamente persone con....oltre settant'anni di scuola.
      Mi permetto, infine, segnalare alla Sua cortese attenzione, che il "discorso della montagna", recita così:nolite dare sanctum canibus,neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte conculcent eas pedibus suis, et conversi dirumpant vos.
      La permalosità mal si accoppia alla Sua manifesta cultura ed indiscussa intelligenza.
      Saluti
      Racalmutese fiero
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    5. Grande stima e ammirazione per il Racalmutese fiero!!
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    6. Racalmutese fiero hai ragione!!
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    7. Dott. Calogero Tavernagiovedì, 12 gennaio, 2012
      Egregio signor (debbo scrivere dottore? Professore? Reverendo?) Racalmutese ferus ) con quello che ciò etimologicamente significa, crede i miei compaesani, genuinamente racalmutesi da più di quindici generazioni (almeno dal 1554, come documentabile in Matrice), degli sciocchi ignoranti, incapaci di intendere e volere? Se Lei confonde il dileggio con la permalosità, finisce con il creare problemi all’editore del sito (che merita tanto rispetto). Ad ogni modo non si dice “desueto” e non ci si slabbra con il quasi sinonimo “arcaico” se si vuol parlare social-proletario, alla Gramsci. Quanto alle massime evangeliche, guardi che già vent’anni fa avevo per maestro di latino sua eccellenza Riccardo Virgilio (e lui da parte sua continuava con il greco e l’ebraico, reduce dalle accademie clericali romane) ed ha cercato di ficcarmi in mente quel passo di Mattheus 7,6, ma io duro a continuare come più mi gradiva, rifiutandomi di pensare che Hieronymus, come voce di Dio, potesse volgarmente scrivere porcus e non magari sus. Quanta erudizione, vero? Ma questa politicamente è insulsa. La mia sottolineatura alla mirabile lettera di Sardo ha avuto insperati benefici effetti. Non volevo che il suo maldestro dileggio vanificasse i miei sforzi. Ha voglia di cimentarsi con me in erudizione? mi scriva. Allora non sarò per niente .... permaloso. Non so però, lei!
      Calogero Taverna
      RispondiElimina
    8. Questo ha scambiato il blog "REGALPETRA LIBERA " X L'ACCADEMIA DELLA CRUSCA !!
      Rispondi

    martedì 10 gennaio 2012

    Calogero Taverna commenta il post del consigliere del PD Salvatore Sardo

    Carissimo Sergio,
    leggo con grandissima soddisfazione personale la lettera del dottore (per me, compagno) Totò Sardo. Finalmente! Finalmente - mi son detto - un'accusa vetero-comunista come Lui ed io siamo! E' da tempo che bofonchio ciceroneamente: usque tandem abutere .... Ho abborracciato a caldo un commentino solo apparentemente gentile, ma è caduto nel vuoto, non per censura certo: conosciamo tutti le propensioni moderate del direttore di Regalpetra libera, sicuramente per mia imperizia. Vado ora a memoria.
    Caro presidente dottor Salvatore Sardo,
    d'accordo, anzi molto di più. Era ora di suonare le nostre trombe rosse. Ma di' un pò: una dimissione in massa dei consiglieri comunali non sventerebbe il pericolo di uno scioglimento per infiltrazioni mafiose? Non si fa per le poche centinaie di euro, che poi - a dispetto del mio amico Sergio Scimé - sono poca cosa rispetto ai tanti rischi, anche d'indole patrimoniale, cui vanno incontro ingenuamente ed incautamente i nostri signori Consiglieri Comunali? 
     (quanto agli Assessori presenti, passati e futuri, beati loro che a quanto pare dormono sonni beati). Si afferma che non vi sono contiguità tra mafia (locale) ed Amministrazione. D'accordo e posso dirlo dall'alto del mio ex backgroung di ex grancommis pubblico (il Commissario Petralia si informi): ma per le stesse ascendenze debbo ammonire i miei vari amici e parenti Consiglieri a stare attenti alle ricadute delle molteplici CULPAE IN VIGILANDO, e non voglio per carità di patria pensare a parentele - e non credo che ve ne siano - con locali balordi che certa disinvolta stampa accredita come mammesantissime di chissà quale cosca delinquenziale ed omicida (e credetemi stando qui a Roma devo diuturnamente lamentare i micidiali fendenti alla vocazione turistica racalmutese). Evitiamo di occluderci il FUTURO perché impigliati nella ricerca dei vetero furfabti. A prescindere dallì'evangelico monito a non scagliare la prima pietra, vogliamo fare un po' di autocritica? quella vetero comunista, appunto! Perché si nicchia contro la mia sommessa proposta di fare nel PD una conferenza di produzione, magari per rigettare la mia provocazione, ma supplendovi con altri più succosi intenti? Cosa si aspetta a lanciare le primarie? forse per rinviare alle calende greche, a quando - cioè - sarebbe troppo tardi e per ovviare diverrebbe possibile imporre qualche nominativo voluto da questo o quel gerarca? Nel mio piccolo, sto vigile e vorrei esplicare questa vigilanza democratica da qui, da Roma. Il sito di Sergio Scimé mi è molto di aiuto, e questo forse non gli aggrada troppo. Ma io gli dico: grazie Sergio! Continua.
    Calogero Taverna.