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giovedì 18 maggio 2017

Esigo dalla FISAC CGIL - in cui milito sotto il variare dei nome dal 1° febbraio 1960 - che si avanzino espostii-denunce
ai vari indirizzi delle autorità di Stato co,mpetenti. dal Consiglio Superiore della Magistratura, alle varie Procure, al Parlamento, ai Sindacati nazionali, all'Ordine dei Giornalisti, alla stessa CONSOB-
Diffamare Visco quale TRUFFATORE, CORRUTTORE, CONNIVENTE ed altro è crimine gravissimo, attentato alla economia nazionale, a prescindere dalla calunnia aggravata, diffamazione aggravata a mezzo stampa, litigiosità temeraria.
Diffamata risulta tutta la Banca d'Italia, tutti i LAVORATORI della Banca d'Italia, tutti coloro che come me ci siamo sacrifivati per una Vigilanza Creditizia avveduta, intemerata, persino eroica in un mondo di corrotti (VERI) e corruttori (VERI).
Calogero Taverna
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lunedì 15 maggio 2017
INDAGATO PER TRUFFA IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA: SOLO TRAVAGLIO ANNUNCIA LA NOTIZIA, RIMASTA “SEGRETATA” PER GIORNI. LE INDAGINI AVVIATE DALLA PROCURA DI SPOLETO
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“Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco indagato per truffa”
Lo “scoop” è del Fatto Quotidiano. Il quotidiano diretto da Marco Travaglio scrive oggi che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco sarebbe indagato, insieme ad altre persone, dalla Procura di Spoleto in un’inchiesta, per corruzione e truffa, sul commissariamento della Banca Popolare di Spoleto (Bps) e la successiva vendita a Banca Desio, avvenuta lo scorso anno.



L'encomiabile ispettore generale di PS Ettore Messana

Una preziosissima relazione coeva, originale, non pataccata, dell'Ispettore Generale di PS dr. Ettore Messana del 1946. Vi spicca l'ardua lotta alla mafia, al banditismo, ai nuclei armati, alle intese di "esponenti della mafia isolana con Ufficiali Americani qui di stanza".
 In proposito Casarrubea e Cernigoi hanno avuto accesso agli archivi americani che so sotto rigidissimo top secret?
C'era una rivolta armata allora in Sicilia e Messana vi rifulge per la sua repressione. E.V.I.S., C.R.I.S. grandi agrari alla Giuseppe Tasca di Lucio, bandito Giuliano che si finanzia con sequestri di persone, rapine, ecc, - Armi automatiche, munizioni cavalli, materiale chimico e sanitario, nascosto in grotte, abilmente simulate.
E lo scaltro "poliziotto" Messana avvalendosi anche di "notizie fiduciarie" può "affermare che la situazione va, man mano, migliorando".
Ecco perché signorina Cernigoi nel 1946 il suo dispregiato grande ufficiale Messana sta in Sicilia quale ISPETTORE GENERALE a sconfiggere la banda Giuliano, il C.R.I.S. (finanziato dagli americani quelli che con i faziosissimi titini cercarono di fare di ogni erba un fascio dei funzionari italiani operanti nella procincia di Lubiana inventando calunniose accuse che finirono cestinate nei tribunali internazionali).

Siamo nel 1946 e già Aldisio è sotto tiro da parte di comunisti socialisti e movimenti politici di sinistra. Messana è costretto a fare una scelta politica.
Qui scrive che "non trascura di seguire le correnti politiche che possono avere influenza sugli attuali movimenti".
Si attira l'odio dei comunisti Li Causi e Montalbano che cercano di stritolarlo con accuse infamanti, ma finite in un nulla di fatto nei vari tribunali.
Allora si trattò di comprensibile lotta politica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La riesumazione dei giorni nostri da parte di Cernigoi, Casarrubea, Luparelli ed altri fatta in dispregio di tutte le assoluzioni e in non luogo a procedere giudiziari è solo deprecabilissima diffamazione calunniosa, soprattutto antistorica.


 
Tutta una messinscena.
Secondo Dagospia la telefonata tra Renzi e il padre il cui contenuto è stato riportato nell’ultimo libro di Marco Lillo e pubblicato ieri dal Fatto Quotidiano sarebbe stata costruita a tavolino, visto che l’ex premier sapeva di avere il telefono sotto controllo.
Di seguito la “Dagonota”:

“Come mai Renzi Matteo parla in questo modo così plateale al padre quando sa benissimo che i telefonini sono controllati?
La telefonata intercettata fra Renzi padre e figlio è costruita appositamente a tavolino.
In soldoni, Renzi scarica il padre definitivamente e difende se stesso e Lotti (“Hai visto Romeo? Devi dire la verità”). Renzi Matteo sa benissimo che il telefono del padre è sotto controllo e così costruisce a tavolino una “prova” a favore (“Intercettazioni ribadiscono la mia serietà”).
La telefonata del figlio al padre viene fatta nella giornata del 2 marzo 2017 in cui il padre va a parlare con i magistrati: cosa c’è di più scontato che il telefono sia sotto controllo? Renzi è il solito genio della comunicazione.

Perché gente scafata come Lillo e Travaglio ci sono caduti?
Perché è pur sempre una notizia che in parte supporta comunque l’accusa Consip/Romeo nei confronti del padre.
Il padre non è né sarà più difendibile e quindi tanto vale buttarlo a mare. E la cosa va bene anche a Woodcock. L’appuntamento con Renzi Jr è solo rinviato”.
Cosa dice la telefonata tra Renzi e il padre?
Leggiamo sul Corriere della Sera:

“L’ex premier sa, scrive Lillo, «che rischia di essere intercettato». Ma fa trasparire ugualmente quella che il «Fatto» definisce la «sfiducia» nei confronti del padre, e l’esigenza che sulla vicenda venga fatta chiarezza, una volta per tutte. «Devi dire nomi e cognomi» ai magistrati, avrebbe detto l’ex premier, chiedendo poi esplicitamente: «È vero che hai fatto una cena con Romeo?».
La risposta di Tiziano Renzi, riportata dai carabinieri nel brogliaccio dell’intercettazione ottenuta da Lillo, è «sibillina: Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no». «Non me lo ricordo», aggiunge il padre di Renzi, per poi aggiungere «l’unico può essere stato…». Nel seguito della conversazione, Tiziano Renzi allude a a un incontro avvenuto al Four Seasons con esponenti del mondo delle imprese ai tempio delle primarie di fine 2012.
«Devi immaginarti cosa può pensare il magistrato: non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino», avrebbe detto l’ex premier al padre, di nuovo sottolineando l’esigenza di trasparenza su una vicenda «grave». «Se non me lo ricordo non posso farci nulla», la risposta del padre di Renzi. L’ex premier a quel punto, prima di chiudere la telefonata, torna a dire al padre di «dire la verità, in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca (Lotti) e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e riferire tutto quello che vi siete detti». «Andrai a processo, ci vorranno tre anni, e io lascerò le primarie», avrebbe detto Renzi al padre.”

mercoledì 17 maggio 2017

il padre è costruita a tavolino’





Tutta una messinscena.
Secondo Dagospia la telefonata tra Renzi e il padre il cui contenuto è stato riportato nell’ultimo libro di Marco Lillo e pubblicato ieri dal Fatto Quotidiano sarebbe stata costruita a tavolino, visto che l’ex premier sapeva di avere il telefono sotto controllo.
Di seguito la “Dagonota”:
“Come mai Renzi Matteo parla in questo modo così plateale al padre quando sa benissimo che i telefonini sono controllati?
La telefonata intercettata fra Renzi padre e figlio è costruita appositamente a tavolino.
In soldoni, Renzi scarica il padre definitivamente e difende se stesso e Lotti (“Hai visto Romeo? Devi dire la verità”). Renzi Matteo sa benissimo che il telefono del padre è sotto controllo e così costruisce a tavolino una “prova” a favore (“Intercettazioni ribadiscono la mia serietà”).
La telefonata del figlio al padre viene fatta nella giornata del 2 marzo 2017 in cui il padre va a parlare con i magistrati: cosa c’è di più scontato che il telefono sia sotto controllo? Renzi è il solito genio della comunicazione.
Perché gente scafata come Lillo e Travaglio ci sono caduti?
Perché è pur sempre una notizia che in parte supporta comunque l’accusa Consip/Romeo nei confronti del padre.
Il padre non è né sarà più difendibile e quindi tanto vale buttarlo a mare. E la cosa va bene anche a Woodcock. L’appuntamento con Renzi Jr è solo rinviato”.

Cosa dice la telefonata tra Renzi e il padre?


Leggiamo sul Corriere della Sera:
“L’ex premier sa, scrive Lillo, «che rischia di essere intercettato». Ma fa trasparire ugualmente quella che il «Fatto» definisce la «sfiducia» nei confronti del padre, e l’esigenza che sulla vicenda venga fatta chiarezza, una volta per tutte. «Devi dire nomi e cognomi» ai magistrati, avrebbe detto l’ex premier, chiedendo poi esplicitamente: «È vero che hai fatto una cena con Romeo?».
La risposta di Tiziano Renzi, riportata dai carabinieri nel brogliaccio dell’intercettazione ottenuta da Lillo, è «sibillina: Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no». «Non me lo ricordo», aggiunge il padre di Renzi, per poi aggiungere «l’unico può essere stato…». Nel seguito della conversazione, Tiziano Renzi allude a a un incontro avvenuto al Four Seasons con esponenti del mondo delle imprese ai tempio delle primarie di fine 2012.
«Devi immaginarti cosa può pensare il magistrato: non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino», avrebbe detto l’ex premier al padre, di nuovo sottolineando l’esigenza di trasparenza su una vicenda «grave». «Se non me lo ricordo non posso farci nulla», la risposta del padre di Renzi. L’ex premier a quel punto, prima di chiudere la telefonata, torna a dire al padre di «dire la verità, in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca (Lotti) e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e riferire tutto quello che vi siete detti». «Andrai a processo, ci vorranno tre anni, e io lascerò le primarie», avrebbe detto Renzi al padre.”
Durante la trasmissione Report, il conduttore Sig. Sigfrido Ranucci si è così espresso: “la trasmissione venne realizzata riportando quanto riferito da una fonte; precisiamo che non abbiamo elementi per affermare che l’avv. Mussari abbia mai messo piede nello IOR, abbia mai avuto conti all’estero, abbia mai percepito somme o compensi che non fossero frutto del suo lavoro. Questo è quanto era doveroso precisare”.
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Luigi Monaco e allura statti mutu bestia !
Cesare Barbieri E poi la Rai, cioé noi, dovrebbe pagare se ti querelano?
Lillo Taverna il che poi mi pare una gran bella conferma. Come poi si fa a dire di non avere mai messo piede nell'IOR? L'Istituto Opere di Religione è una astuta organizzazione bancaria e finanziaria. Non avrebbe sportelli. Ma a Roma ad esempio i conventi, specie quelli femminili, erano - ma ai miei tempi - provvidi sportelli bancari. Raccoglievano risparmi a breve ultra lucrosi. Del resto non erano soggetti a dir poco alla Riserva Obbligatoria. Diciamo che erano brillanremente in esenzione fiscale. Se un avvocato faceva una bella prestazione, non rilasciava quietanza, l'IOR non dichiarava alcunché. Non c'era bisogno di andare nel cortile del vaticano previa autorizazzione all'ingresso. Noi del Fisco battagliammo a non finire sottto il ministro Reviglio. Non riuscimmo a concludere granché. Calogero Taverna
Lillo Taverna Caro signor Cesare, non si preoccupi, nessuno querelerà nessuno. Verrebbe fuori la verità. Chi ha informato la RAI è bene informato. Basta e avanza questa manfrina della impacciata ritrattazione. La mia solidarietà assoluta al Ranucci, e se ha bisogno di testimone a discarico mi offro ben volentieri. La legge è fatta per far venire fuori la verità, non certo per affossarla, se somoda a qualche potente del momento. Calogero Taverna



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Lillo Taverna Ma a questa favoletta non ci crede più nessuno!

Elisabetta Silvia Valentina Beltrame È fanno male.....e storia non favoletta...informati

Lillo Taverna Mi sono informato, ho studiato, ho appurato, ho fatto in proposito una ispezione bancaria a Milano presso la Banca Cesare Ponti all'angolo di piazza Duomo. Mi dispiace io so e tu no! Altro che favoletta. Peggio. Stupida propaganda politica. Passando l'altro giorno dall'Hotel Raphael mi sono ricordato. Ecco, appunto.
Casa internazionale urgente! La Nato si prepara ad invadere il Venezuela per violazioni dei diritti umani...








Urgente! La Nato si prepara ad invadere il Venezuela per violazione dei diritti umani (+ video del comunicato)



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La Nato sembra essere pronta ad intervenire in Venezuela come segno di aiuto umanitario se l'OAS o l'ONU lo permette.


La situazione tesa in Venezuela, è stato un argomento di interesse per molti paesi e la partenza del Venezuela dal OAS, un genere che gli organismi internazionali ha cominciato a rispondere "con possibili soluzioni" per la crisi venezuelana.




In recenti dichiarazioni, la Nato ha fatto la sua dichiarazione ufficiale per offrire aiuti. A questo proposito, il padrino Lopez, ministro del potere popolare per la difesa del paese sudamericano, ha detto: "la questione del canale umanitario è una delle cose che l'opposizione ha chiesto," "e questi scenari esistono proprio per intervenire, quando gli Stati Uniti parlano e fanno la sua grande preoccupazione per la presunta crisi umanitaria in Venezuela, è in realtà uno scenario che il paese americano stesso ha creato per formulare i suoi piani."





Il Venezuela rimane alla ricerca della decisione presa dalle Nazioni Unite e dall'OAS, a favore della situazione che si sta vivendo.
Francesco D'Amico Beato lei, Lillo, che la prende con tanta tolleranza: io, pur ammettendo l'inevitabile processo di evoluzione di una lingua viva, ancora mi infervoro su strafalcioni che non concepisco e che purtroppo rintraccio anche in corrispondenza ufficiale... l'uso del pallino in apice accanto al numero romano per esprimere il concetto di ordinale, tanto per dire la prima che mi viene in mente.
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Lillo Taverna Lei che è uomo di eletto ingegno, perché poi non si deprime nel veder scrivere (e scrivere) rivoluzionando l'ortografia di padre Dante? Ma a prescindere: io sono tutt'altro che 'tollerante'. A dire il vero non tollero l'intolleranza rivesciata. A lei la escludo perché a mio avviso reo confesso (lei è di destra dichiarato e conservatore per professione); la mia intolleranza riguarda lo sfascismo di casa mia quella di sinistra tanto per intenderci. Calogero Taverna
un apostrofo al posto dell'accento o un accento al posto dell'apostrofo non si nega a nessuno. Orsù via! Del resto manco apostrofo si chiama in alcune fattispecie, ove ha nome proprio così astruso che manco riesco a ricordare. Invero, essendo io pessimo dattilografo ne combino tante in ortografia che mai troverò perdono in quei musoni della Crusca. E francamente non me ne importa nulla. La lingua italiana è cosa viva. Se io scrivessi come padre Dante, sai le risate. Ben altro è scrivere xchè per perché. E' atto imbecille che non si perdiona non per rispetto del futuro dell'attuale eloquio italico, ma per disgisto verso ogni gesto ebete.

martedì 16 maggio 2017

Le pur mie acide censure hanno solo valore e vigore tecnico-politico, giammai criminale. Questo festival penale di Spoleto mi fa proccupare sulle devianze di una magistratura senza saggezza. All'orizzonte condanne per lite temeraria?

L'ATTIVISTA A 5 STELLE
Le pur mie acide censure hanno solo valore e vigore tecnico-politico, giammai criminale. Questo festival penale di Spoleto mi fa proccupare sulle devianze di una magistratura senza saggezza. All'orizzonte condanne per lite temeraria?
L'ATTIVISTA A 5 STELLE

lunedì 15 maggio 2017


INDAGATO PER TRUFFA IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA: SOLO TRAVAGLIO ANNUNCIA LA NOTIZIA, RIMASTA “SEGRETATA” PER GIORNI. LE INDAGINI AVVIATE DALLA PROCURA DI SPOLETO

 
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“Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco indagato per truffa”

Lo “scoop” è del Fatto Quotidiano. Il quotidiano diretto da Marco Travaglio scrive oggi che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco sarebbe indagato, insieme ad altre persone, dalla Procura di Spoleto in un’inchiesta, per corruzione e truffa, sul commissariamento della Banca Popolare di Spoleto (Bps) e la successiva vendita a Banca Desio, avvenuta lo scorso anno.




Il commissariamento è stato poi annullato dal Consiglio di Stato. I soci di Pop Spoleto che erano contrari a quella operazione hanno presentato alla Procura un esposto firmato dall’avvocato Riziero Angeletti.


Il pm di Spoleto, Gennaro Iannarone, ha indagato oltre a Ignazio Visco i commissari nominati da Bankitalia (Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile), i componenti del comitato di Sorveglianza (Silvano Corbella, Giovanni Domenichini e Giuliana Scognamiglio) e l’attuale presidente di Bps, Stefano Lado, che è il vicepresidente di Banco Desio. Per capirne qualcosa di questa vicenda bisogna risalire al 2010: allora la Popolare di Spoleto era una banca locale con una raccolta di 2,5 miliardi, sofferenze contenute (152 milioni) e una capacità di reddito del 10,6%.
bene agli altri quello che per me non comprendo.

venerdì 23 dicembre 2016

Circolo del MUTUO SOCCORSO di Racalmuto

Perché richiamo questo link socialcuturale sulla FRATELLANZA di Favara? per dire quekcosa di non stantio sull'attuole Circolo del Mutuo Soccorso di Racalmuto.
Il simpatico Pippo con qualche venatura di atavica arroganza crede di suggellare la veridica vicenda storica di questo sodalizio - ove vi fu iscritto mio padre credo per oltre settant'anni - con una ventina di righe battute con una vecchia Olivetti 24; bisluccicano le macchioline di lettere ribattute a correzione su altre lettere. Come chiosa finale ecco apoditticamente la senile affermazione che quelle patetiche venti righe sarebero "la vera storia del 'MUTUO SOCCORSO' di Racalmuto."
Più sapido fulminntee subdolo era stato Sciascia che nelle sue PARROCCHIE vorrebbe il circolo di mio padre nient'altro che una bisca:"i ricchi si trovano nel 'circolo del mutuo soccorso', una società operaia che è venuta trasformandosi, ora ci sono commercianti e industriali del sale ....i galantuomin giocano poco ... Nell'altro circolo invece, nel gioco della zecchinetta che ora i galantuomini disdegnano, corrono milioni."
Note queste che m hanno sempre indispettito. In quest'altro circolo vi sto scritto da mezo secolo e giammai vi ho giocato. Ma il sodalizio ex operaio non bada al sottile e una foto gigante dello scrittore paesano vi domina accanto a San Giusppe con la sua eterna lampada elettrica accesa e l'immagine coreografica di Garibaldi che si crede davvero essere stato in quel tubolento scorcio del 6 Agosto 1873 presidente 'operaio' a Racalmuto.
Noi ne abbiamo scritto su questo nostriìo affezionato circolo che da un secolo non ha nulla di assistenziale e che ebbe a cambiare veste e strati sociali in questo dpoguerra dopo l'infelice costrizione fascista allorchè dovette passare per le forche claudine del dopolavoro in camicia nera.
Non vogliamo, però, qui gigionare oltre a notra gloria letteraria. Ci è capitato in questi giorni di incombenze rievocative del Mutuo Soccorso di reimbatterci con la folta prosa di Eugenio Napoleone Messana. Con nostro scorno ci siamo accorti - tardivamente - che Genio è davvro pregevole nel rievocarne la cronaca.
Ve l'ammassiamo in masterizzazione qui sotto esspimendo il nostro sorpreso plauso.
Il Circolo all'origine fu invero più un luogo di rissa tra i due ceppi egemoni di Racalmuto, nessuno pregevole, e mi riferisco ai Matrona contrapposti ai Tulumello. Ma come puntigliosaente andava annotando il Delegato di P.S. Macaluso faceva da sponda alla "maffia" di Grotte che molto aveva d simile con la FRATELLANZA di Favara. Sfruttamento invero usuraio dei dissennati che scialacquavano i pochi risparmi familiari alla ricerca del nuovo oro giallo, qugli scisti solfiferi sotterra che più o meno sparsi si rinvevano in tutta la plaga a tramontana del paese.
Di tanto mi riservo trattare in altre occasioni.
Calogero Taverna
Fratellanza di Favara
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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La Fratellanza di Favara era una cosca mafiosa operante a Favara, in provincia di Agrigento, e nelle zone limitrofe, che si pensa abbia operato fino al 1883.
Indice
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•1 Storia
•2 L'attenzione della stampa
•3 Note
•4 Voci correlate
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1883, grazie all'opera del funzionario di polizia Ermanno Sangiorgi, vennero arrestate più di 200 persone nella zona di Favara per alcuni efferati omicidi compiuti da una misteriosa "setta" chiamata la "Fratellanza". Uno dei capi della "Fratellanza" venne arrestato nell'atto di affiliare due "fratelli" incappucciati e gli fu trovata una copia dei regolamenti dell'associazione. Ne seguì il ritrovamento di decine di scheletri di vittime della "Fratellanza" nascosti in luoghi isolati come grotte, pozzi prosciugati, zolfare dismesse e altre confessioni di alcuni affiliati consentirono il recupero di ulteriori varianti al regolamento della setta, nonché al suo organigramma[1]: uno o più capi-testa comandavano più capidecina, ognuno dei quali aveva sotto di sé non più di dieci affiliati; il rituale di iniziazione avveniva pungendo l'indice dei nuovi membri per poi tingere con il sangue un'immagine sacra, che veniva bruciata mentre l'iniziato recitava una formula di giuramento[2]: tale cerimonia di affiliazione era tipica delle cosche di Palermo, a cui numerosi membri della "Fratellanza" erano stati affiliati nel 1879, durante la prigionia con mafiosi palermitani nel carcere di Ustica[3].
L'attenzione della stampa[modifica | modifica wikitesto]
"Il Secolo", giornale di Milano, il 30 aprile 1883 parlava "della più alta espressione di criminalità organizzata", riferendosi appunto alla Fratellanza. Nel 1885 gli affiliati finirono tutti sotto processo ad Agrigento, ma molti negarono le loro confessioni, sostenendo che avevano confessato sotto tortura, ma alla fine furono tutti condannati ed incarcerati