venerdì 3 febbraio 2023

All'attenzione del grande studioso CALOGERO MESSANA di Montedoro ********************** Credo che non vi dovrebbero esserci dubbi: RACALMUTO quale Stazione di Chamut. l'emiro di Naro. Ciò per le ragioni dispiegate sotto. >>>>>>>>>>>>>>> Chamut il suo nome, qual si legge nel Malaterra e ben risponde alla voce che a nostro modo si trascrive Hammùd. Il quale si rannicchiò tra sue rupi inaccesse di Castrogiovanni, mentre la moglie e i figlioli soggiornavano in Girgenti, e i Normanni circondavano la città , batteano le mura con lor macchine; tanto che occuparonla a dì venticinque luglio del medesimo anno. Ruggiero v'acconciò fortissimo un castello, munito di torri, bastioni e fosso; lasciovvi buon presidio, e battendo la provincia, in breve ne ridusse undici castella: Platani, Muxaro, Guastanella, Sutera,[1]Rahl[1], (su tale toponimo [1]RAHL[1] abbiamo appuntato tutta la nostra attenzione ritenendo che potesse essere quello del nostro paese. AMARI riduce in RAHL un [1]RACEL[1] che trovavasi nel manoscritto malaterrano che fu trafugato dall'Italia dallo spagnolo ZURRITA e pubblicato a Saragozza nel 1578. Quel manoscritto è andato perduto. La pubblicazione che resta ancora l'edizione principe fu recepita nella colossale opera di Ludovico Antonio MURATORI, [1]RERUM ITALICARUM SCRIPTORES[1] nel vol. V con il sintetico titolo �HISTORIA SICULA, Gaufredi MALATERRAE[1]. Il Muratori dà la lezione [1]RACEL[1] e in calce annota [1]RASEL-BIFAR[1] ad indicazione di altre lezioni da lui tenute presenti. L'Amari non si produce in ulteriori ricerche paleografiche: distingue RACEL da BIFAR; per lui arabista, RACEL equivale a RAHL [casale]; si confessa incapace di individuare un RAHL nelle pertinenze agrigentine, che ne sono piene. Il PICONE segue la pista dell'AMARI e nelle sue MEMORIE (cfr. pag. 401) reputa incompleto il toponimo e segna [1]RAHAL...[1], distinguendolo comunque da [1]BIFAR[1], una località piuttosto nota tra Campobello di Licata e Licata. Si sa che la raccolta di 'scriptores rerum italicarum' è stata, a cavallo di secolo, oggetto di pregevolissime riedizioni con interventi di personalità della cultura del calibro del CARDUCCI. Il testo del �monaco benedettino dell'XI secolo ha avuto nel 1927 una diligentissima riedizione con una illuminante introduzione da parte di Ernesto [1]PONTIERI[1]. Questi venne in Sicilia; trovò altri codici (A=Cod. X. A 16 della Biblioteca Nazionale di Palermo; � B=Cod.II.F 12 della Società Siciliana per la storia patria; �C=Cod. 97 della Biblioteca universitaria di Catania e D=Cod. QqE 165 della Biblioteca comunale di Palermo) che, comunque, mutili e scorretti e pur sempre derivanti dalla fonte dell'edizione principe del 1578, non gli furono di molto aiuto. Il PONTIERI adottò la lezione [1]RASELFIFAR[1], legando insieme Racel e Bifar, e in nota fornì la versione della Biblioteca universitaria di Catania (C): [1]RACEL GIFAR[1]. Nel 1937, Carlo Alfonso NALLINO, nell’integrare le note della [1]STORIA DEI MUSULMANI DI SICILIA[1] di M. AMARI controbatteva al PONTIERI e reinterpretava il passo malaterrano con questa dissertazione [aggiunta a nota n. 1 di pag. 177 op. cit.]: In realtà i castelli sono 10 e non 11. L'ed. princeps del Malaterra (Saragozza 1578), e le prime cinque che la seguirono pedissequamente, hanno 'Ravel, Bifara', come se si trattasse di due luoghi diversi; ciò ingannò V.D'Amico, Diz. topogr. trad. Dimarzo (Palermo 1855-56, l'ed. latina è del 1757-1760), che nel vol. I, pag. 143-144 tratta di Bifara e nel II, p. 398 di RACEL (dal solo Malaterra), e quindi l'Amari. Nessuno dei due pose mente all'attenzione del Diz. stesso, I, p. 143, che Bifara 'dicesi anche RAGAL BIFARA' (evidentemente nell'uso locale siciliano). Il traduttore Dimarzo, I p. 144, n. � 1, osserva che Bifara ' è un sottocomune aggregato a Campobello di Licata , in provincia di Girgenti (Agrigento), circondario di Ravanusa'. Campobello dista 50 Km. da Girgenti (Agrigento) e 9 da Ravanusa. E. Pontieri, ultimo editore del Malaterra (1928), trovò nei mss. anche le varianti Raselbifar e Raselgifar e scelse a torto la prima nel testo (p. 88) e nell'indice (p. 153), mentre è certo che il primo componente e [1]rahl[1] (racel, racal, ragal), come ben vide l'A. [cfr. pag. 178 op. cit.] Quel che sorprende in entrambi quest'ultimi due studiosi è il fatto che con la loro lezione i casali conquistati da Ruggiero il Normanno diventano dieci in aperto contrasto con la premessa del MALATERRA che parla di ben undici castelli �agrigentini presi all'arabo CHAMUTH: una contraddizione che andava per lo meno giustificata. Come si vede un gran pasticcio e ci scusiamo se l'averlo qui accennato può essere apparso pedante e tedioso. Ma è l'unico proba‑bile appiglio ad una fonte storica delle origini del toponimo RACALMUTO. Alla fine della fatica, vien però da domandarsi se sia proprio importante trovare un antico toponimo da assegnare alla storia della nostra terra. [ed ora aggiungiamo che alla luce di atre nostre ricerche questa è una lezione che abbamo del tutto abbandonata. Noi ne siam certi, Racalmuto sorde e viene denominata alla fine dell’XII secolo. Invero il oponimo già esisteva. Era attribuito ad una località di Sottana , ad un locale convento di Basiliano). Che questi si siano insediatia nache a Racalmuto, magari presso i convento di an Benedetto e si siano partati dietro quel toponimo ben documentato dal Cusa? Noi pensiamo di s, ma esta nostra singola non autorevole congettura. Ai migliori di noi l’ardua sentenza). � Il Malaterra quindi completa l’elenco con Biifara, Micolufa, Naro, Caltanissetta, Licata, Ravaenusa. A completamento del discorso sui toponimi svolto prima, riportiamo il commento dell'AMARI nella sua STORIA (pag. 177, n. 1): I nomi delle castella prese nella provincia di Girgenti, sono tolti dal Malaterra, correggendo alcun evidente errore del testo. Rimane dubbio il suo [1]Racel[1], che ho trascritto sicuramente in Rahl (stazione), ma vi manca il nome che dee seguire per determinare quella appellazione generica, il qual nome io non saprei indovinare tra i moltissimi Rahl di quella provincia. Credo avere bene letto Ravanusa il Remise (variante Remunisse) del testo, poichè‚ MICOLUFA sorgea presso Ravanusa. Del resto Simone da Lentini, autore del XIV secolo, il quale copiò Malaterra nel suo libro 'La conquista di Sicilia' recentemente uscito alla �luce (Collezione d'opere inedite e rare, Bologna 1865, in -8),�dà otto soli nomi degli undici, dicendo non avere ritrovato gli altri ne' testi; ed un ms. della stessa opera, appartenente alla Bibliothéque de l'Arsenal in Parigi (Ital. N. 68) ne dà sette soltanto: Platani, Musan, Guastanella, Catalanixetta, Bosolbi, Mocofe, Ciaxo 'e li altri, aggiunge, non so chi si fusseru e non si canuxirianu, ect.). Intorno i nomi non si trovano nella lista odierna de' Comuni di Sicilia, vi vegga il Dizionario Topografico dell'Amico e l'Indice che io ho messo in fine della 'Carteomparée de la Sicile, [1859], Notice'. L’Amari così continua la sua storia dei Musulmani: Ruggero “talché occupava tutto il paese dalla foce del fiume Platani a quella del Salso ed a Caltanissetta, di che ei compose non guari dopo, con qualche aggiunta la Diocesi di Girgenti, ed or vi risponde tutt'intera la provincia di questo nome e parte della finitima di Caltanissetta. La moglie e i figlioli dell'Hammudita caduti in suo potere, tenne Ruggiero in sicura e onorata custodia: pensando, così nota il Malaterra, che più agevolmente avrebbe tirato quel principe agli accordi, con �servare la sua famiglia illesa da tutt'oltraggio.” ( Cfr. Michele [1] AMARI[1] - STORIA DEI MUSULMANI DI SICILIA, Catania 1937, Vol. III, parte prima, pagg. 174, ss. Nel trascrivere il CHAMUTH del MALATERRA in HAMMUD, l'AMARI annota [nota 1 di pag. 175]: la [1]h[1], sesta lettera � dell'alfabeto arabico, fu resa per lo più, sino ad uno o due secoli addietro, con le lettere latine [1]ch[1]; e il [1]d[1], ottava lettera, più spesso con una [1]t[1] che con una [1]d[1]. L'anonimo ha HAMUS [cioè ANONIMO, presso Caruso, Bibl. Sic. pag. 855]. Sapendosi dalla storia che Chamuth, fatto cristiano con tutta la famiglia, rimase sotto il dominio del conquistatore, possiamo ben identificare il casato con quello di Ruggiero HAMUTUS, già proprietario di certi beni che Federico II concedea nel 1216 alla chiesa di Palermo (Diploma presso Pirro, Sicilia Sacra, p. 142) e dell'Ibn Hammud, ricchissimo signore che Ibn GUBAYR vide in Sicilia nel 1185. Questo nobil uomo poteva essere nipote o bisnipote del regolo di Castrogiovanni. Sapendosi ch'ei portasse il soprannome d'Abù al Qàsim, sembra anco il Bucassimus, celebre per brighe alla corte di Palermo, ne' primordi del regno di Guglielmo il Buono. Ancor oggi, alcune nobili famiglie siciliane vantano discendenze da quel ceppo Hammùdita. Trattasi dei nobili NICASIO di BURGIO. Impietoso l'Amari contro il libello di Nicasio Burgio, conte palatino XXIII intitolato “La�discendenza di Achmet” ultimo potente ammiraglio fra i Saraceni dominanti in Sicilia, rappresentato in questo medesimo luogo dalla chiarissima famiglia Burgio. pubblicato a Trapani nel 1786. Indulgente il NALLINO che nella stessa nota si dilunga accogliendo le precisazione di una nobildonna di quella famiglia. Costei segnala che i primogeniti della casata Burgio continuano a chiamarsi ACHMET, ( ad. es. ACHMET RUGIERO NICASIO BURGIO, principe di Aragona e di Villafiorita, di Palermo). Per quel che ci riguarda, un'ipotesi potrebbe avere qualche fondamento. Tra i beni del citato Ruggiero HAMUTUS poteva esserci qualche signoria sul diruto castello di Racalmuto, un tempo appartenuto al nonno, o bisnonno, CHAMUTO. Ma trattasi di congettura che lascia il tempo che trova [e che noi abbiamo del tutto abbandonato come una delle tante cervellotiche congetture che si continuano a contrabbandare per questo paese che essendo di Sciascia dovrebbe essere rigoroso nella ricostruzione delle proprie origini.] Il racconto del MALATERRA ([1]l*@4pD?3[1]l*@4H 3 Trascriviamo � qui per eventuali cultori delle fonti l'intero passo latino � della cronaca del Malaterra: ® Comes ergo Rogerius, omnes � potentiores Siciliae a se debellatos gaudens, et nemine, excepto � CHAMUTO, seper‑stite, ad hoc assidua deliberatione intendit, ut � ipso circumveniendo debellato, omnem sibi de caetero Sici‑liam � subdat. Unde, exercitu admoto, ipso apud Castrum-Joannis � immorante, uxorem eius ac liberos apud Agri‑gentinam urbem � obsessum vadit, anno Dominicae Incarnationis millesimo � octogesimo sexto [l'AMARI corregge in 1087], prima die Aprilis, � quam undique exercitu vallans, diutina oppressione lacessivit; � studioque machina‑mentis ad urbem capiendam apparatis, tandem � vicesimaquinta die Julii viribus exahusta, imminentibus hosti‑� bus, patuit: uxor Chamuthi, cum liberis, Comitis inventa est � captione. Comes itaque, pro libitu suo positus, uxorem Chamuti, � omni dehonestatione prohibita, suis custodiendam deliberata, � sciens Chamutum sibi facilius reconciliari, si eam absque � dehonestatione cognoverit tractari. - Urbem itaque pro velle suo � ordinans, castello firmissimo munit, vallo girat, turribus et � propugnaculis ad defensionem aptat, finitima castra � incursionibus lacessens ad deditionem cogit. Unde et usque ad � undecim aevo brevi subjugata sibi alligat, quorum ista sunt � nomina: Platonum, Missar, Guastaliella, Sutera, [1]Rasel[1], Bifar, � Muclofe, Naru, Calatenixet, quod, nostra lingua interpretatum, � resolvitur Castrum foeminarum, Licata, Remunisce.¯ [Le lezioni � dei nomi sono molte e spesso fortemente differenziate. Chi � volesse averne completa conoscenza, deve consultare l'edizione � del PONTIERI, varie volte citata, pag. 88 e ss. A parte RASEL, � che ovviamente abbiamo seguito con puntigliosa attenzione, per � il resto abbiamo scelto alquanto liberamente, intendendo � privilegiare le lezioni che maggiormente si avvicinassero ai � toponimi di Platani, Muxaro, Guastanella, Sutera, Racalmuto, � Bifara, [1]Milocca[1] (?!), Naro, Caltanissetta, Licata e Ravanusa.] .CW12 ?[1]4pDl*@)fornisce altri dettagli sulla sorte 3[1]P(p della � famiglia di CHAMUTO che credo non abbiano nulla a che spartire � con le vicende del nostro paese. Caduto in un tranello � dell'astuto Ruggeri, per salvare moglie e figli, si arrende e si � fa cristiano. ® Chamut - precisa Malaterra - enim cum uxore et � liberis christianus efficitur, hoc solo conventioni inperposito, � quod uxor sua, quae sibi quadam consanguinitatis linea conjunge‑� batur, in posterum sibi non interdicetur¯ . In altri termini, � CHAMUTO si fa cristiano con moglie e figli alla sola condizione � che non gli fosse tolta la moglie, alla quale peraltro era � legato da vincoli di parentela. Poi non gli resta che far � fagotto per MILETO in Calabria. Un indice di come quei rudi � normanni, guer‑rieri e bigotti, imponessero gi… la conversione � agli arabi vinti. E qui siano in presenza di quelli nobili. � Quelli ignobili e contadini - come dovettero essere i paesani � dei castelli agrigen‑tini conquistati, poterono forse � risparmiarsi l'onta di una abiura religiosa. Ma restando � musulmani furono ridotti ad una sorta di schiavit— , tartassata � ed angariata. E tale sorte pianse‑ro per secoli gli antenati � nostri di Racalmuto. ® DIMMA, GESIA [o GIZIA], AGOSTALE, ALIAMA, � ALGOZIRIO, JOCULARIA, ANGARIA, CABELLA, SECRETO, BAJULO, � CATAPANO, CENSO, TERRAGGIO, TERRAGGIOLO etc.¯ , sono termini che � sanno di tasse, soprusi, discriminazioni, anghe‑rie, iattanze, � arroganza del potere. Sono la lingua degli uomini del potere � che parlano forestiero ma si servono di disponibili figuri � locali, ammessi nella loro congrega. E si fanno da padrini nei � battesimi, da compari nei matrimoni, in certa familiarit… a � danno e scorno degli altri, degli esclusi, del popolino basso e � villano. Sono i nomi dell'impotenza, della rabbia e dello sfrut‑� tamento perduranti sino ai giorni nostri. E l'impareggiabile � Sciascia ne coglie gli umori e i malumori quali si aggrumavano � al CIRCOLO della CONCORDIA [rectius, UNIONE] negli anni � cinquanta. Chi non ha letto 'Le Parrocchie di Regalpetra'? (v. � p. 60 e 61 e per quel che riguarda l'argomento, la pag. 17). Il tremendo passaggio dalla libert… araba allo stato servile � alle dipendenze di vescovi esattori, santi per i fatti loro � eppure vessatori per il bene delle varie 'mense' della chiesa e � del canonicato agrigentino, lo si intuisce, lo si pu• � ricostruire ma non Š documentabile se non con le poche righe del � MALATERRA ([1]l*@4pD‑[1]3[1]l*@4H 3 Sul MALATERRA poche e scarne sono � le notizie. Goffredo MALATERRA fu dunque un cronista normanno � del esca. XI. Monaco benedettino a Sanie-Evreul-Ouche, pass• � nell'Italia meridionale e si stabil� in Sicilia. Qui fu � incaricato dal gran conte RUGGIERO a scrivere la cronaca delle � gesta del Normanno. Il racconto si estende per quattro libri. La � sua opera Š variamente intitolata. La riedizione del Pontieri � (Bologna 1927), sopra ricordata, titola: ® De rebus gestis � Rogerii ..... et Roberti Guiscardi¯ . [V. Enciclopedia � Treccani, o, per puntuali riferimenti, la prefazione dello � stesso E. PONTIERI]. A corto di notizie, TINEBRA MARTORANA ricorre alle imposture � dell'Abate VELLA - e SCIASCIA vi indulge con un benevolo sorriso � p+30 - e alle frottole di un signorotto della fine del secolo � scorso, Serafino MESSANA.[v.pag. 40 n.18] Son dunque fandonie � quelle di un governatore di RAHAL-ALMUT a nome AABD-ALUHAR, � servo dell'emi‑ro Elihir, diligente nel censimento del nostro � fantomatico Racal‑muto nell'anno 998; di una popolazione di 2095 � anime [si pensi che nella seconda met… del XIV il solerte � arcivescovo Du Mazel contava per la curia papale di Avignone non � più di seicento anime nel nostro paese, abitanti in gran parte � in case di paglia 'pale‑arum']; e tutte quelle altre amenit… del � capitolo III e dintorni. Non sapremo mai dove don Serafino � MESSANA abbia preso l'aire per le bubbole dei due giovani � saraceni messisi a strenua difesa di Racalmuto nell'aggressione � del gran conte Ruggeri, e del seguito che li vuole, dopo avere � inflitto gravi danni al nemico, notturni fuggitivi alla volta di � Licata. Ma invano, perchŠ furono l� rag‑giunti ed uccisi dallo � stesso gran conte, nel frattempo imposses‑satosi e divenuto � signore di Rahal-Maut [v. p. 40]. Nulla di storico in quelle � pagine del Tinebra-Martorana, salvo le spigola‑ture sulle tasse e � sulla 'dsimmi' prese dal lavoro dell'avvocato agrigentino � Picone.([1] Evidente il supino recepimento di � quanto PICONE scrive a pag. 405 e ss. sulla 'dsimma' e sulla � 'gezia'. I gravami, le violenze, le soggezioni, la morte, il pianto, la � paura, l'ignominia dell'invasione di Racalmuto nell'XI secolo vi � furono, ma solo l'immaginazione pu• ricostruire quelle scene di � panico e distruzione. I cronisti del tempo o ebbero il compito � di osannare il potente, come il Malaterra nei riguardi di � Ruggiero il Normanno, o erano poeti arabi di altri luoghi che � non ebbero occasione di tramandare echi, rimpianti o cenni sulla � devastata Racalmuto. Non abbiamo neppure il ricordo di quel nome � antico. Solo il [1]RACEL[1] del Malaterra, incerto e controverso. Eppure, furono giorni funesti: i normanni - cavalieri nordici, � possenti e biondi - erano famelici di vergini e di prede. La � Racalmuto contadina poco bottino potŠ farsi levare; ma le � vergini o le giovani mogli furono di certo ghermite da quei � predatori dagli occhi cerulei e dai capelli chiari. Ed il misto � di razze, di figli nerissimi e saraceni e di figli longilinei e � di vezzoso colore, ebbe da allora inizio per durare fino ai � nostri giorni, inevitabilmente. Michele AMARI non ebbe in simpatia il nostro CHAMUTH - quello a � cui ci sembra debba ascriversi il toponimo di Racalmuto - e lo � descrive come fellone, vile e rinnegato. Prende spunto dal Mala‑� terra, ma ne stravolge senso e giudizi: [1]l*@4pD® E veramente - scrive l'A. a pag. 178 della sua Storia dei � Mussulmani - [1]Ibn Hammud[1] si vedea chiuso d'ogni banda in � Castrogiovanni; occupata da' Cristiani tutta l'Isola, fuorch‚ � Noto e Butera; potersi differire, non evitar la caduta; n‚ egli � ambiva il martirio, n‚ i pericoli della guerra, n‚ pure i disagi � della gloriosa povert… . Ruggiero fattosi un giorno con cento � lance presso la r“ cca, lo invitava ad abboccamento; egli scendea � volentieri ed ascoltava senza raccapriccio i giri di parole che � conducevano a due proposte: rendere Castrogiovanni e farsi � cristiano. Dubbi• solo intorno il modo di compiere il tradimento � e l'apostasia, senza rischio di lasciarci la pelle: alfine, � trovato rimedio a questo, accomiatossi dal Conte, il quale se ne � p33pP[1] tornava tutto lieto a Girgenti. N‚ and• guari che il � Normanno con fortissimo stuolo chetamente si avviava alla volta � di Castrogiovanni; nascondeasi in luogo appostato gi… con � musulmano; e questi fatti montar in sella i suoi cavalieri, � traendosi dietro su per i muli quanta altra gente potŠ , quasi a � tentar impresa di gran momento, usc� di Castrogiovanni, li men• � diritto all'agguato. E que' fur tutti presi; egli accolto a � braccia aperte. Allor muovono i Cristiani alla volta della � citt… ; la quale priva dei difensori pi— forti, si arrende a � parte, e Ruggiero vi pone a suo modo castello e presidio. Ibn � HAMMUD poi si battezz• , impetrato da' teologi del Conte di � ritenere la moglie ch'era sua parente, n‚ gradi permessi dal � Corano, vietati dalla disciplina cattolica. Ma non tenendosi � sicuro de' Mussulmani in Sicilia, n‚ volendo che Ruggiero pur � sospet‑tasse di lui in caso di cospirazioni e tumulti, il cauto e � vile 'Alida chiese di soggiornare in terra ferma; ebbe da � Ruggiero certi poderi presso Mileto e quivi lungamente visse � vita irreprensibile, dice lo storiogra‑fo normanno.¯ [1]4pDl*@ Di quei cento lancieri al seguito di Ruggiero per la consunzione � di una resa proditoria e vile, quanti erano stati prima a Racal‑� muto (la RACEL del Malaterra) a seminare terrore, violenza e � morte? A RACEL vi era certo un castello (o entrambi i due � castel‑li: il Castelluccio e quello di piazza Castello); vi era � una guarnigione di arabi sognatori e disattenti; non erano � eroici guerrieri e comunque erano pochi. Piombarono i cento � lancieri di Ruggiero da Girgenti, li soppressero e si sparsero � per il casale e per le campagne a razziare e violentare. I � lancieri erano soprattutto predoni. L'Amari Š aspro nei giudizi contro il capo degli arabi, CHAMUTH. � Ma costui aveva gi… moglie e figli in mano dei Cristiani a Gir‑� genti. Il Malaterra, monaco benedettino, intorbidisce ancor pi— � la sua non chiara prosa per mettere un velo pudico alle insane � voglie dei predatori suoi compaesani. Costa fatica al Conte Rug‑� gieri non far violare la sua eccellente prigioniera. E noi qual‑� che dubbio l'abbiamo sull'effettivo successo dell'iniziativa del � Normanno. I suoi sudditi erano irrefrenabili. Anche lui del � resto si era gi… macchiato di molte ignominie, specie in � giuvent— . Il suo biografo ufficiale che pure Š chiamato � all'osanna del suo committente, ne sente tante a corte da � inorridire, fors'anche per la sua mentalit… claustrale. Ed � allora la sua settaria cronaca si lascia andare a pesanti � giudizi morali contro i suoi. Quando, per• , si tratta di cose militari, il candido monaco � crede alle esagerazioni dei vecchi soldati del Conte. Le forze � del nemico - naturalmente sconfitte - si accrescono a dismisura; � quelle amiche e vittoriose si assottigliano contro ogni logica � ed attendibilit… . L'AMARI, tutto preso dalla simpatia per i � musulma‑ni, sbotta e sentenzia che nelle cronache del monaco � Malaterra, le cifre sulle forze musulmane vanno divise per otto � ed, invece, vanno moltiplicate per otto le cifre che riguardano � le forze normanne, quando vincono. Eppure il Malaterra resta sempre cronista piuttosto attendibile, � come dimostra il PONTIERI nell'opera citata. I tanti episodi � cruciali della conquista della Sicilia da parte delle orde nor‑� manne, tra i quali quelli relativi all'assalto della fortezza di � Racalmuto (o Racel), hanno una sola fonte storica che Š la � crona‑ca del Malaterra. Questo monaco non sempre Š stato � testimone oculare. Ormai avanti negli anni, Š onorato ospite � della corte di p73 Ruggiero il quale ormai si ammanta dei fregi � regali, anche se non dismette il suo nomadismo ereditato dagli � avi vichinghi. Ascolta le fanfaronate dei decrepiti Veterani del � Conte. Vantano ora i galloni di generali, si fanno chiamare � baroni, si sono arricchi‑ti, hanno possedimenti in Sicilia, ma � restano i rudi vandali, incolti ed immorali della loro � avventuriera giovinezza. Il Malaterra ode nefandezze che gli mettono il disagio morale. � E' fervente cristiano, di buona cultura ecclesiastica. Scrive, � esalta il Conte; indulge, per• , al suo moralismo ed ama moraleg‑� giare chiosando gli eventi con citazioni bibliche e religiose. Abbiamo visto l'AMARI irridere a CHAMUTH. Lo ha fatto alla luce � degli incisi moraleggianti del Malaterra. Il giudizio sul padre � del toponimo - almeno secondo noi - di Racalmuto va corretto � leggendo pi— spassionatamente la cronaca del benedettino. Questi dice che il Conte Ruggiero aveva gi… debellato tutti i � potenti di Sicilia, eccetto Chamuto. La voglia di annientarlo � era tanta ma l'impresa non era agevole e ci• costituiva un � cruccio per il Normanno. Ruggiero ne fa un suo pensiero fisso; � sa per• che non Š sul campo che pu• avere ragione del musulmano. � Pensa, quindi, a batterlo con l'astuzia e l'inganno. L'ablativo � assoluto adoperato dal Malaterra Š efficace: ® ipso � circumveniendo debella‑to¯ . Lo si pu• debellare solo circuendolo. � Chamuth allora non Š l'imbelle che ama descrivere M. Amari. Per � vincere il Saraceno, il conte Ruggiero assalta l'impreparata � Girgenti ove sa che dimorano moglie e figli di Chamuth. Prende � la citt… , la fortifi‑ca. Principalmente si preoccupa della sorte � della moglie di Chamuth. Questa viene sottratta da ogni � ® dehonestatione¯ e viene messa sotto diretta tutela del conte � normanno, il quale Š consa‑pevole che in tal modo il Saraceno pu• � venire ricattato ed essere facile preda del nemico. Il conte � Ruggiero Š proprio ® sciens Chamutum sibi facilius reconciliari¯ , � afferma il Malaterra; ci• equivale a dire che cos� sarebbe stato � più facilmente soggiogabi‑le. Per fare terra bruciata attorno al nostro Chamuto, tocca ad 11 � castelli l'ignominia delle scorribande dei lancieri di Ruggieri. � Alla nostra Racalmuto Š dato assaggiare le moleste attenzioni � dei normanni, come ai citati e sicuri Platani, Naro, � Guastanella, Sutera, Bifara, Caltanissetta e Licata o agli � incerti Missar, Muclofe e Remise. Se poi il Chamuto si arrese, non ci sembra proprio che tutto sia � da imputare al suo essere un flaccido uomo d'armi. E se anche � fosse stato, questo non ci pare un grande demerito. Lo stesso Amari nella nota di pag. 179 della sua Storia dei 13 � Musulmani in Sicilia integra, e corregge, le sue impressioni � (33[1]l*@4H 3 L'Amari cita prima le fonti: ® Malaterra, lib. � IV, cap. 6; Anomimo, presso Caruso, Biblioteca Siciliana, p. � 855.¯ e quindi aggiunge: ® Secondo fra Corrado, op. cit., pag. � 48, Castrogiovanni e Girgenti furono occu‑pate nello stesso anno. � Ma ci• non Š detto precisamente dal Malaterra; n‚ citato l'anno � dell'avvenimento, il quale, secondo la serie dei fatti narrati � dallo stesso cronista, tornerebbe al 1087, ovvero ai primi mesi � del 1088. Gli ARABI pongono la resa di Castrogiovanni nel 484, � tre anni dopo quella di Girgenti (1088-89) e le fecero cedere � entrambe agli orrori della fame: [1]Ibn al-ATIR, Ab– al-FIDA, � an-NUWAYRI e Ibn AbŒ DINAR,[1] nella 'Biblioteca Araba-Sicula', � pag. 278, 414, 448, 534 [trad. I, 499, e II, 99, 145, 287

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