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giovedì 8 novembre 2012

Bando per un concorso di pittura in onore di Leonardo Sciascia

Tempo fa avevo cercato di istituire un concorso nei termini sotto specificati.
Tutto andò a puttane per le ragioni che dirò dopo.
Bando per un concorso di pittura in onore di Leonardo Sciascia. In questa sede ed appena sorto ,il nostro blog , vuol cimentarsi subito in una sfida culturale non consueta: indire un concorso di pittura, possibilmente cromatica, per onorare Leonardo Sciascia e la sua opera  giovanile, ispirata dalla Racalmuto degli anni ’50.
L’opera prescelta è la raccolta di favole mordacemente localistiche quali sono le FAVOLE DELLA DITTATURA che possono gustarsi nell’originaria edizione numerata di Bardi (Roma 1950) oppure nella troppo compressa riedizione postuma del terzo volume edito da Bompiani o nei recenti tipi di Adelphi.
L’artista interessato potrà far pervenire entro il 31 dicembre 2012 una sua rivisitazione di una o due favole sciasciane in piena ed assoluta libertà di espressione ed a qualunque scuola pittorica si voglia ispirare. Ma verrà preferita la lettura più consona alle opzioni estetiche dello Sciascia di quell’epoca, quali si evincono dal profilo di Santo Marino, pubblicato da Sciascia per Salvatore Sciascia (il n. 60 dei quaderni di Galleria edito nel 1963).
A titolo orientativo si richiamano qui alcuni brani: “Il libro illustrato può anche essere bellissimo oggetto, spesso lo è … “ Dicendo questo non intendo dare giudizio di merito”. Ma occorre “…. Oltre che buon talento, una certa finezza di soluzioni, come ad esempio nel figurare … le similitudini” sciasciane.
E noi pensiamo a quel “questa volta non ho tempo da perdere”del lupo per il “balzo” sopra l’agnello per “lacerarlo”; alle scimmie predicatrici dell’ordine nuovo; alla gabbia del canarino il cui canto addolcisce - si fa per dire - la vecchia noia del predace gatto gabbato: alla“lumaca [nel] mastello d’acqua rovesciato tra le pietre”, durante l’ingannevole “notte diaccia”, e via discorrendo.Con ciò bando al calligrafismo figurativo; vanno invece colti gli umori, gli spasimi del gramo vivere, le rabbie per premature dipartite di persone carissime, i ghigni ed i sogghigni della coeva Racalmuto sussunta a Regalpetra parrocchiale, pullulante di pretini come allora li faceva sfilare il pennello scarno di Caffè.A noi pare che quei succhi gastrici sciasciani, estetiche d’avanguardia saprebbero meglio coglierli. Ma anche noi cadiamo solo con in un“nostro pregiudizio”. Libertà assoluta d’espressione, dunque: soltanto una lettura intelligente mentre si va dipingendo per tormenti pittorici magari chiari, magari aperti, magari immediati; eppure con un “segreto, come del resto l’opera di ogni artista vero, che tanto più anzi è segreta, esclusiva, come nell’intimità e continuità di un colloquio, quanto più appare aperta ed immediata.” Ognuno legga quelle auree paginette di “galleria” e poi dipinga come vuole, con lo stile che ha prescelto, con il limite se ha una scuola che lo disciplina.
Gli artisti dovranno segnare in cartigli di proprio gusto l’indicazione della favola prescelta con il solo numero della pagina dell’edizione Bardi 1950, astenendosi da citazioni più lunghe per non scalfire i diritti d’autore di cui a recenti vicende giudiziarie.
Una commissione di cui faranno parte Agato Bruno di Vicenza, Patrizia di Poce di Roma, uno scultore o un cattedratico di Racalmuto, un membro della famiglia Sciascia (si spera), ed autorevoli personalità della cultura, indipendenti e disinteressate, stabilirà la scala dei valori assegnando al più ragguardevole degli artisti partecipanti un riconoscimento simbolico di non più di mille euro, non ripartibili.
Gli artisti ritenuti rappresentativi vedranno esposti i loro lavori in una apposita mostra che verrà allestita nei prestigiosi locali del medievale Castello Chiaramontano. Gli Enti organizzatori potranno ricavarne immagini fotografiche per una pubblicazione con i profili degli artisti e con le note critiche di scrittori e giornalisti legati a Racalmuto ed a Sciascia. I quadri resteranno comunque di proprietà degli autori che ne disporranno in piena libertà (dopo il periodo della mostra), ricadendo ovviamente su di loro ogni rischio patrimoniale o peso assicurativo, se voluto.Allora mi sono convinto a far tentare al mio amico il grande pittore AGATO BRUNO di fare tutto lui ed “ricreare” le FAVOLE DELLA DITTATURA di Leonardo Sciascia. Sorge un problema come titolarle visto che Sciascia a suo tempo (nel 1950) non le titolò?
Ho scritto così a chi credevo che detenesse i diritti di autore.
Gentilissimi Signori,
ho avuto tra le mani l'edizione Bardi del 1950 delle Favole della Dittatura di Leonardo Sciascia. Ho cercato di farle rivisitare da pittori affermati. Un pittore mio amico del Veneto ha quasi finito questa singolare illustrazione come forse riuscirò a farvi vedere dagi allegati. Certo le favole non hanno titolo e qundi è molto arduo farvi riferimento. So, per vie traverse, che i diritti d’autore dopo una certa contesa giudiziaria vi spettano appieno. Le favore risultano pubblicate da Voi al n. 400 di un vostro catalogo. Non voglio assolutamente ledere i vostri diritti. Potreste però indicarmi modi e tempi per concordare una qualche legittima intesa. La mia e-mail è qui già indicata.
Ringrazio per la cortesia he vorrete concedermi e porgo distinti saluti
Stamani mi viene risposto per filo dal responsabile dell’Adelphi; gentilmente, con professionalità. Capisco però che Adelphi ha solo la concessione a pubblicare le Favole ma la proprietà rimane alla famiglia. Mi si chiede una e-mail per chiedere agli eredi il permesso. Io e gli eredi è da tempo che non colloquiamo. La e-mail la mando ma in questi termini:
Gentilissimi Signori,
ho molto apprezzato la signorilità, la professionalità, la schiettezza con le quali avete prontamente risposto per filo alla mia precedente e-mail. Ma ho l'impressione di non essermi adeguatamente spiegato. Avevo cercato di sollecitare l'iniziativa di un concorso tra pittori delle diverse scuole per "rivisitare" le favole della dittatura di Leonardo Sciascia.
Intenti, obiettivi, significato, valere dell’iniziativa credo che siano sufficientemente esplicati nel testo del “concorso” da me redatto e qui sotto riportato. Non se ne fece niente per le più svariate ragioni. Un provincialismo, un certa grettezza culturale, una visione miope e campanilistica credo siano gli elementi ostativi. Ma, quando ho cercato di avere – tramite terzi – una qualche compiacenza degli attuali eredi di Sciascia, lo sbarramento è stato totale. Tra gli eredi (specie la vedova) di Sciascia e il sottoscritto non è mai corso buon sangue. Naturalmente il tutto nella massima ipocrisia del corretto galateo. Sia chiaro, per età, interessi, ambizioni non vi dovrebbe essere alcuna prevenzione nei miei confronti. Certo non le mando a dire quando a mio avviso con la scusa di tutelare la memoria del grande mio compaesano Sciascia, si perseguono piccolissimi interessi di bottega. A me alle volte mi pare che si commetta una sorta di simonia laica. Avere boicottato e fatto sparire FUOCO ALL’ANIMA un toccantissimo testamento spirituale e culturale di Sciascia – mirabilmente chiosato da Manuel Vàzquez Montalban: LO SCRIBA SEDUTO (editore Frassinelli) – a me pare pura follia (salvo altro). Diciamolo francamente, le favole della dittatura non dovevano più essere pubblicate, per divieto testamentario dell’A.
 L’averle poi pubblicate – e non è colpa vostra – così raggrumate, così opposte agli scarni suadenti tipi di Baldi e riportare (autorizzati?) lo scritto pasoliniano del 1951 (più lungo delle stesse favole, non so quanto consenziente Leonardo Sciascia) qualche problema etico lo pone.
Mi si chiederà: ma lei chi è da arrogarsi tanto diritto di critica. Non sono un uomo di lettere, né un pubblicista, né un giornalista. Sono un vetero, veterissimo pensionato, noto a pochissimi ma non alla Milano bancaria per la storiella di una mia ispezione al Sindona della Banca Privata Finanziaria. Diciamo che qualcosa di diritto e di finanza e di fiscalità (ho fatto anche il superispettore del SECIT d Reviglio, per non confonderlo con quelle superfetazioni in decomposizione fino all’atto di morte firmato Tremonti). Invero quello di cui mi vanto di essere: il più grande microstorico della mia Racalmuto (nulla a che fare con la Regalpetra sciasciana), diciamo che non ne son digiuno.
Le favole della dittatura mi servono per il contrappunto della Racalmuto uscita dalla guerra. Nulla di sincero in Sciascia. In controluce però a me dicono molto come può arguirsi dalle prime note di un piccolo saggio che sto scrivendo e che hanno già ospitalità nel mio blog Contra  Omnia  Racalmuto.
Cacciato dalla porta sono rientrato dalla finestra. Il mio amico pittore (un grande pittore) AGATO BRUNO operante nel Veneto, ma grande conoscitore di Racalmuto ed ammaliato da questo splendido paese dell’agrigentino, sta ricreando (non copiando, non plagiando) le favole sciasciane (non antifasciste, non anti dittature; semplice riflesso di un paese malconcio uscito da poco da una strana guerra). Certo abbiamo persino l’imbarazzo di titolarle mancando di titolo quelle pubblicate da Bardi.
Vi ho mandato l’e-mail più per notizia ed eventualmente venire accortamente diffidato. Non intendiamo vulnerare i diritti di nessuno. Naturalmente non sono tipo da subire sopraffazione alcuna. E non sono uno sprovveduto (se non altro per quarantennale professionalità d’alto bordo).
Voi forse potreste avere un qualche interesse, per acquisire Voi lo sbocco dell’iniziativa. E’ certo che nessuna richiesta economica avreste da me e neppure dal pittore mio amico.
Ringrazio e distintamente Saluto
Dottor Calogero Taverna

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