Provocazione
Alfa
A Piero Carbone
Questa vuol essere una
provocazione solo per te, bella e buona. Attendo risposta (pubblica) e che sia
sapida, sincera, salace.
Una volta tu parlavi del “tuo
Sciascia”, metafora non so di che. Altra volta avesti a redarguirmi sul carcere
del vernacolo Veneziano.
Ora leggo e stralcio da «Giacinto
Spagnoletti – Storia della letteratura italiana del Novecento – grandi tascabili
economici Newton, pag. 737.»
«Sciascia … da scrittore
problematico, che desidera certezze da fatti controversi .. si impegna a
costruire figure esprimenti la “sicilianità”, che assume carattere talvolta di “sicilitudine”,
come sinonimo di solitudine. Il gioco è davvero vertiginoso in certi personaggi
evocati. Di uno di essi, Antonio
Veneziano, in un racconto di venticinque pagine, ci viene narrata la vita d’avventuriero,
sulla scorta di documenti non tutti sicuri: scialbo rimatore petrarchista in lingua,
ma focoso poeta in vernacolo, vissuto nella seconda metà del Cinquecento, amatore
intrepido e difensore di cause patrimoniali sempre in piedi nella sua natia
Monreale, il Veneziano passò dalla Compagnia di Gesù a turbinosi viaggi che lo
ridussero ad Algeri, prigioniero dei corsari, compagno di sventura di Cervantes,
prima di perire in un incendio che avvolse le carceri di Palermo dominate da
don Luis de Paramo, grande Inquisitore della Sicilia. Una vicenda paragonabile
, sul piano umano, a quella del Cellini o di Casanova (autore del resto caro a Sciascia)
ove tutta la ‘sicilianità’ esulta nell’amore della donna e nei puntigli
personali di famiglia e di ‘cosca’.»
Sul Veneziano credevo o possedere io solo una
chicca: l’avevo trovata sfurniciandomi di tradurre il latino medico del nostro Marco
Antonio Alajmo: ecco nel bel mezzo del testo scientifico due quartine del
Veneziano con lemmi inconsueti. Le ripeto ancora una vola qui:
«Lio si ripeté i versi del Veneziano che quello strambo di
suo paesano, il medico Marco Antonio Alaimo, dimentico delle sue frequentazioni
con il padre La Nuza, il santo gesuita nato da fedifraga copula, include
maliziosamente nel suo medico trattato:
Per la quartana, ch'è sua malatia
Si cuverna di signi lu Liuni,
E per lu mal suttili, ed Ethicia
Cimici vivi s'agghiuttinu alcuni;
Lu mentri lu bisognu mi primia
Per longu spatiu di tridici Luni
Contra l'humuri miu gustai di tia
Cimicia in modi, e Signa alli fazzuni.
Lio, nel suo
animo, ebbe talmente a vomitare di donne e di sesso con donne, che da quel dì non si congiunse più con femmina alcuna, sino
alla sua morte violenta. Non violentò più donne, … fu violentato da donna?
E qui rientro
nei panni di improvvisato e letterario detective.»
(da la Donna del
Mossad di Calogero Taverna)
Ed oggi è per me domenica di
svaghi letterari. Stralcio da un mio posi.
«Dice Pasolini: “queste favole hanno
la chiusura di brevi liriche, e richiamiamoci pure al quadretto di genere
alessandrino, alla maiolica orientale, o alla lirica popolare (e magari proprio
siciliana), tanto per dare al lettore un’idea di questo linguaggio”. “Troppo garante
di non volgare attualità è questa lingua così ferma e tersa”. Comunque “questi
improvvisi bagliori, queste gocce di sangue rappreso, sono assorbiti nel
contesto di questo linguaggio, così puro che il lettore si chiede se per caso
il suo stesso contenuto, la dittatura, non sia stata una favola”.
L’alato scrivere è fuori
discussione, ma il concetto non dovette essere “tenace” duraturo, se Sciascia a
quasi un decennio dopo sente il bisogno di puntualizzare, gradire eppure
contrapporsi, specificare in un commento al suo riuscitissimo pamphlet “ La Parrocchie di Regalpetra” e scrivere note
come queste: “debbo confessare che proprio sugli scrittori ‘rondisti’ - Savarese, Cecchi, Barilli – ho imparato a
scrivere”; “tengo a dichiarare che avendo cominciato a pubblicare dopo i
trent’anni, cioè dopo avere scontato in privato tutti i possibili latinucci che
si imponevano a quelli della mia generazione, da allora non ho avuto problemi
di espressione, di forma se non subordinati all’esigenza di ordinare
razionalmente il conosciuto più che il conoscibile e di documentare e raccontare
con buona tecnica”. Lode a Pasolini dunque ma per sola buona educazione (e i
malevoli direbbero per convenienza) ma Sciascia non poteva accettare stilemi non
congeniali; non accettabile, dunque, che “la sua ricerca documentaria e
addirittura la sua denuncia”, potessero concretarsi “ in forme ipotattiche,
- a dire di Pier Paolo – sia pure
semplici e lucide: forme che non soltanto ordinano il conoscibile razionalmente
(e fino a questo punto la richiesta marxistad el nazional-popolare è osservata)
ma anche squisitamente: sopravvivendo in tale saggismo il tipo stilistico della
prosa d’arte, del capitolo”. In questo tirar di fioretto tra due antitetici
“intelletti” quel che di sicuro emerge è che Sciascia non era ”marxista”, v’è
persino stizza in lui ed i sofismi tra il conoscibile (che è poi fantasia) e il
conosciuto (la galassia della memoria)
sfumano nel “saper raccontare con buona tecnica”. Con sapiente sintesi,
con brevità, canoni cui mi pare Leonardo Sciascia si adedeguò con crescente e
mirabile puntiglio.»
A dire il vero questa storia del
rondismo di Sciascia non mi convince tanto: chi l’ha studiata? Eccoti allora la
seconda provocazione che poi è il seguito della prima: ma perché non
trasformare la Fondazione da museo delle ceneri (anche di qualche matrimonio)
in scuola d’alta specializzazione letteraria? Per me vi siete quattro nuove
belle penne (ed anche Angelo Campanella comincia a piacermi). Parlo di Piero
Carbone (sopra tutti) di Gaetano Savatteri, di Felice Cavallaro e di Macaluso.
Che apporti di originalità saprebbero dare? Come potrebbero e dovrebbero far da
fucina di intelletti anche con vezzo scrittorio, quale attestato di prestigio
(atto a far titolo in concorso per cattedre, in assunzioni presso TV, giornali,
stampa e via discorrendo)?. Dicono che a Racalmuto non c’è lavoro. Ma se non si
crea (dal basso) non vi sarà mai. E prima o poi dovremmo scordarcelo di sgraffignare
sistemazioni plurifamiliari presso LSU e CO.CO,CO comunali.
Non fuggo dalla risposta. La rinvio solo un po'. Intanto ringrazio per gli apprezzamenti, che mi fanno arrossire.
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