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venerdì 8 febbraio 2013

Vedo brutto il Paese !


Carissimo Totò,


Tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine; sempreché aggiungeva sardonicamente il nostro Leonardo Sciascia i pettini abbiano i denti. Queste storie di bilancio puntualmente ad ogni giro di boa (amministrativo) sono venuti al pettine …ma il pettine è stato sempre sdentato.
Fussi ca fussi ca sta’ vota fussi la vota bbona!- Mi sa di sì, e sai perché? Di contabilità e di bilanci dovrei intendermene. Dunque quest’anno, tra il 5 maggio e il 5 luglio il comunista (per le idee del ragazzolo che lo gestiva) ALBO PRETORIO DI RACALMUTO (all’epoca puntigliosamente riecheggiato dal blog di Scimé anche oltre i termini di scadenza)  ci segnalava 568 EVASORI CATASTALI che avrebbero dovuto versare nelle casse comunali (in parte in transito per quelle della tesoreria nazionale) qualcosa che ebbi a calcolare in 5 milioni di euro. Quanti di questi euro sono finiti nel bilancio de quo? E la competenza non si abbatte su questi signori supertecnici romani che hanno preso persino il tuo posto e che mi pare  continuano a farsi retribuire come se il paese avesse ancora oltre diecimila abitanti? Se non si iscrivono in bilancio siffatte manne chiamate sopravvenienze attive nella nomenclatura degli istituti di ragioneria, quante e quali sono le conseguenze? Faccio domande retoriche s’intende anche per eludere querele che pare che i signori venuti da Roma  abbiano facili, cosi dice almeno Malgrado Tutto, incopiabile web cittadino. Sia come sia un onere tributario sul cash flow smunto e macilento della comunità racalmutese  non poté non esserci. Hanno pagato solo i fessi? O è venuto dal cielo l’arciprete Casuccio, con suo gran dispitto incluso tra i reprobi della correttezza tributaria racalmutese, trent’anni dopo la sua morte? Se per questo ci sta anche la curia vescovile e alcune dipendenze della novella matrice senza arciprete.
Giunge dopo una grandinata per IMU al massimo: ma al massimo non poteva essere perché nel frattempo si erano concluse le arti del ripescato mare di evasori TARSU datati 2006. Calcolo: un milione di euro di altre SOPRAVVENIENZE ATTIVE. Dove stanno in bilancio? Altra omissione? Ma non basta questo perché non è più consentibile far figurare un rosso nello speciale conto economico del Comune per – come dicono – un milione di euro. Ma che vogliono la botte piena e la moglie ubriaca?  Corsi di finanza pubblica degli enti autonomi territoriali credo che quelli che la Cancellieri ci ha prodigato non ne abbiano mai fatti? La Cancellieri ha forse fatto dare lezioni dal figlio che può farsi trattare con tassazione separata e con riparto in tre anni una buonauscita quadrimilionaria (se la notizia che hai riportata risponde al vero) dopo appena undici, mesi o giù di lì, di permanenza effettiva in una società assicurativa di dimensioni multinazionali.
Quanto alla Tarsu del 2006, troppo ho scritto: vi faccio rinvio. Il guaio lì sai quale è: sì, è forse mala gestio dare appalti esosi; ma allora è cosa che solo riscontrate fattispecie bancarottiere o malversazioni di varia natura possono perseguire. Vi è poi il sovraccarico del personale (30 per cento utile, settanta per cento inutile e dannoso, se ho capito Marino; ed altre faccenduole varie). Risultato: per lo meno triplicato il già dispendioso costo di quando operava la privativa comunale. Per legge – tarsu come tariffa non superabile il costo del servizio – occorrerebbe uno stop giudiziario. Chi lo dovrebbe fare? Le forze politiche, i sindacati, le associazioni no-profit. Campa cavallo: meglio il contenzioso singolo: una bella torta. Qualche pellegrino già spillava un euro a pratica per mera adesione al suo non pregevole sodalizio.


Non riesco a Roma a far fare una interrogazione parlamentare (già pronta). I veti vengono da Racalmuto; la scusa è il parlamento chiuso. Ma il Parlamento tra breve apre. Allora forse al pettine spuntano i denti. Mi auguro di no perché gli imbroglietti, le compiacenze, i conflitti di interessi, le abulie amministrative, la bovina sottomissione agli ordini del partito etc. etc. tanti tantissimi coinvolgerebbero.  A Racalmuto c’è il vizietto di credere che le leggi colpiscano i nemici politici del banco accanto che in definitiva cercano di perseguire loro diritti, ed invece non varrebbero per i loro (non sempre leciti) interessi.
Intanto si raggruma – come qualche voce piangente mi rende edotto – la monnezza del 2012 a tariffa quasi tripla rispetto a quando la monnezza la gestiva in privativa assoluta il comune e come se non bastasse ora, ai primi di gennaio, ecco gli accertamenti per il 2011: tre anni di monnezza in un anno. Qualcosa è legittimo, il 2006 no, almeno per decorrenze dei termini come ho già scritto e argomentato. Insomma su un solo anno finanziario del povero racalmutese il Comune esige una tassazione  (IMU e MONNEZZA) di tremila euro a famiglia. Ogni famiglia in media spende già di suo oltre 12 mila euro l’anno , si e no ne incassa (in media) 6-7 mila; viene ora gravato ulteriormente di altri 3.500 euro per imposte ordinarie e tasse varie (bollo, assicurazioni etc.); così la frittata i signori amministratori (che tecnici se ne fregano) ce la ha ammaniscono di tutto punto.


Sono stato già lungo.
Solo una noticina conclusiva: le tue altre ire sanno di baruffe in famiglia. A noi  interessano sino ad un certo punto. Che dovrei dire io: mi basterebbe tirar fuori i file che elaboravo tempo fa all’AIMA per sollazzarci tutti. Ma non è tempo delle comiche. Una cosa mi impressiona:
Chi sa teme  .. chi non teme non sa. Vedo brutto il Paese!

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