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lunedì 11 marzo 2013

Odi et amo


Fammi fare dell’erudizione. Odi et amo di Catullo. C’è chi lo traduce così (mi piace di più); Odio e amo; vuoi sapere come mai? Non lo so, ma lo sento, e sono in croce. Si tratta di un distico che qualcuno ha definito. ‘Una passione in una miniatura’. E’ chiaro che noi non ci entriamo per nulla. Io, per l’età; tu – se ho ben capito – le miniature in amore le mandi al diavolo. Croce e delizia volgarizzava il parolaio di Verdi. Ma qui siamo sul banale. A me piace l’aragosta e il caviale ed anche il migliore champagne francese. E francamente non credo che a te piaccia l’untuoso e oleoso pollo alla diavola. Oh! qui non ti arrabbiare! Perché voi donne mai e poi mai tollerate l’ironia del maschio? Ne avete paura o tedio?

Tornando al latino, il confronto lo si fa tra Lucrezio e Catullo: «Entrambi opponevano alla civitas una ristretta cerchia  di uomini accomunati da un ideale che non coincideva più con quello della collettività. L’uomo di fronte al cosmo; è l’epicureo Lucrezio. L’uomo di fronte all’amore: è il neoterico Catullo. La voluptas atque horror  dell’uno  e l’odi et amo dell’altro convergono in un’esperienza profondamente vissuta  - fino ad identificarsi col senso stesso della vita - fuori dall’ambito e senza la mediazione della civitas.» E qui davvero hai cominciato ad odiarmi senza amor. Mi fermo. Anche perché siamo finiti in politica. Come vedi si tratta in tempo antico di qualcosa che io individuo in Berlusconi e Grillo. Ma questi sono frittura un po’ mefitica. Qualcosa ci richiama Vittorio Arfinengo e quel laureato messinese  che a non più giovane età va ancora in moto, potendosi rompere l‘osso del collo. Tutti e due fuggono dalla Civitas, dalla civiltà. Io mi tolgo perché la civitas mi piace tanto sia che sia Roma ma anche Bovo a Racalmuto o Santa Lucia di Fiamignano. Mi va di dire: beate voi donne che tutti ‘sti uzzoli della civitas, sì; civitas no, non li avete. O mi sbaglio?

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