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domenica 16 giugno 2013

Di Grado non mi ama

Il professor Di Grado buttando quel suo grosso macigno in uno stagno della cultura economico-politica mi ha costretto a pensare ed a ripensare. Con un certo sconcerto. S’intende come può riaffiorare ad ottant’anni quando inevitabilmente si è cinici per ragioni di sopravvivenza. Sciascia diede del cinico ad Andreotti ma finirono con l’apprezzarsi vicendevolmente appena furono in consuetudine parlamentare, quando si ritrovarono entrambi a modo loro in veste di manager.

Capitani di industria …. Banchieri di stato, vediamo un po’. Si piccano di essere al top del management Rammento quando questo bruttissimo termine sbaragliò il tetro parterre di palazzo Kock a Roma con la mania del "privato è bello" e solo e soltanto, le banche, dovevano operare con i parametri aziendalistici. Risultato? Ecco oggi MPS.

Gianni Agnelli, da una parte … Carli dall’altra abbandonarono gli arcigni frak di un tempo, la primavera francese faceva la seconda rivoluzione culturale, Marcuse spalleggiava movimenti di sfrenata irrequietezza. Non più padroni, non più capitani, da una parte; non più parsimoniosi governatori della moneta alla Einaudi, alla Menichella dall’altra … ma manager dall’una e dall’altra parte. Poi non più I Valletta di turno, semmai gli scialbi Romiti ed anche Elkan; ma ecco Sergio Marchionne: grande manager. Sconsiglierei il Prof. Di Grado di tentare di dargli un pugno sul viso … non foss’altro per stazza fisica. L’altro versante, quello di via Nazionale 91 (ai miei tempi strillavo nelle adunate sindacali: ricordatevi che il capitale – quello di Karl Marx - ha in Italia la sua sede sociale in via Nazionale 91), dopo, l’illuminato Principe , il manager Carli, l’impallinamento da parte di Andreotti del futuro grande manager Sarcinelli e quindi il declino dei tempi dei mediocri manager di Stato Baffi, Ciampi, Fazio e l’americanino Draghi. Glieli darei a questi il pugno in viso del prof. Di Grado? Francamente, sì ( se ne avessi però la stazza fisica). Oggi però comincio a ben sperare con il compagno Ignazio Visco.

In questa accolta di alti ingegni mi piacerebbe che il dibattito fosse meno epidermico. Si pensi – tanto per continuare nella celia – che per un biennio (1966-1958) frequentai lo spagnoleggiante caffè Hirrera in quel di Messina, dovevo ancora vigilare sui fondi per la ricostruzione del Terremoto del 1908 e mi pare che ancor oggi si continua; dovevo trimestralmente relazionare a Roma sulla costruzione del ponte di Messina (e mi pare che ancor oggi si continua); dovevo vigilare su una banca, una delle due banche con sede sociale in Messina, la Banca di Messina, ma oggi nessuno più la vigila perché non c’è più, e neanche l’altra. Difetto di manager e di management, forse il tiaso di dieci preti intelligenti (Sciascia disse che nella sua vita aveva incontrato solo un prete intelligente, Mons. Ficarra che guarda caso fu defenestrato da Patti) ed una ex colf del Nord, non è bastevole. Forse necessitano manager.

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