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venerdì 12 luglio 2013

Leonardo Sciascia legge il vangelo di S. Giovanni

"Nel Vangelo di Giovanni, quando Gesù disse di essere venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità, Pilato domanda: 'Che cosa è la verità?' 
E' l'eterna domanda che può trovare risposta soltanto nella verità, non in una spiegazione o definizione della verità. La verità è. 'Io sono colui che sono'. E così la verità è colei che è. Il potere ne vuole spiegazione allo stesso modo che della menzogna in cui si inscrive può darne. Pilato domanda. Gesù non risponde. [...] Giovanni, il più letterato degli evangelisti, forse sapeva che quel particolare [lo spostarsi di Pilato dal pretorio alla corte detta 'il lastricato'] sarebbe valso a dar verità a tutto l'insieme.
E in conclusione: alla domanda di Pilato - "Che cosa è la verità?" - si sarebbe tentati di rispondere che è la letteratura."

Apprendo, accetto, condivido la lezione sciasciana: la verità evangelica è la LETTERATURA. Vallo a far capire a preti, monache, credenti ed orsoline che la verità del Cristo - quel Cristo che aveva sancito IO SONO LA VERITA - è letteratura.
Sciascia, nelle vesti di "esegeta e critico" evangelico, annota morde ma pudicamente more solito si ritrae: per assolverlo, diciamo che aborre il dogma.
Solo che inopinatamente al dogma ricorre: il potere quale menzogna in cui si inscrive; il suo grande evangelo: potere uguale menzogna.
Menzogna, dunque, Sciascia maestro di buona politica, civile profeta, il cittadino impegnato. Da ultimo, nel piccolo, l'eterno galantuomo del Circolo Unione. Una giovanile proficua letterariamente frequentazione, ebbe a disertare il salone delle inutili ciarle serotine: parola di chi lesse e trascrisse uno per uno tutti i verbali del sodalizio di via Rapisardi che fu anche il mio. Ora transfughi ed estranei novelli dirigenti ne gestiscono questa piccola MENZOGNA SCIASCIANA.

Post scriptum: mi contraddico, Invero appare un verbale in cui si condona la morosità dei tempi di Sciascia morente.  

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