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venerdì 29 novembre 2013

Auguri Racalmuto, mia cara, diletta, indienticata RACALMUTO

Nella mia ormai eccessiva frequentazione di messaggi politici di ogni tipo, di ogni dimensione, delle più disparate formulazioni, mai mi era capitato di leggere una così assennata, limpida, scorrevole, quasi melanconica rassegnazione, come questa bella lettera al giornale di Sciascia di Carmelo Falco.
 
 Solo che scorrendola con  grande diletto intellettuale, mi andavo dicendo , ma questa remissiva affabulazione ha avuto il nihil obstat dell'irruento  frenetico impulsivo apocalittico Grillo? ricalca la cifra della irriducibile ribellione che mi pare animare ormai l'intero movimento pentastellare?
e a Racalmuto davvero quella ormai maggioritaria fascia elettorale ha questo sentire , mi sia consentito dirlo, di acquiescenza accidiosa? Ho voglia di pensare: no e poi no. E dico a me stesso: meno male. Racalmuto di tutto ha bisogno meno che di silenzio.

 
 Troppo silente è stato, E non parlo di quel silenzio che si chiama omertà anche perché a Racalmuto gli omertosi sono diventati loquaci e la quasi totalità dei laboriosi e onesti racalmutesi  se tace non tace per omertà. Racalmuto molto ha taciuto.
 
E' stato impigliato nel piccolo cabotaggio del clientelismo politico, partitico, dell'Angelino di qua del Michele di là ed ora persino di Capodicasa o di là dei novelli barbatelli cui potrei dare i nomi di Zambito o Jacono; a die il vero, Racalmuto  il sasso in bocca (politico) se l'è messo da sé. E mi sembra che anche la floricultura, arbustelli senza consistenza, che si denomina con i patronimici di tutte le famiglie racalmutesi, a prescindere dall'età, dalla religione, dalla tendenza partitica dei vari colori delle sotto marche delle tradizionali aggregazioni ideologiche, queste nuove efflorescenze nulla promettono di buono, si autorefenziano in nome di illusorie e diafane propensioni nella corsa alla cadrega comunale.
 
La corsa al pane quotidiano senza fatica insomma.
 
Gente tutta quieta, gente ultra normale,  molto equilibrata nel ricerca di una precaria sistemazione e cercarla per l'area familiare. Insomma per farla breve, l'elettorato racalmutese è stato, è e tende ad essere remissivamente silenzioso, remissivamente normale, remissivamente equilibrato. Mi pare che invece quello che occorre all'elettorato racalmutese è un uscire dalla gabbia del silenzio (ma quello politico, quello amministrativo, quello affaristico, piccolo affaristico a dire il vero), spezzare l'ignavia della normalità (a forza di essere normali, la densità abitativa scema inesorabilmente, si va verso la necrosi o il vivacchiamento di pochissime migliaia di residenti); inventarsi nuovi rivoluzionari equilibri sociali, economici, lavorativi, imprenditoriali, culturali e anche religiosi).
 
Ora ho sempre creduto che un movimento di rottura come quello pentastellare se molto abile è nel rompere gli equilibri della normalità  e dell'omertà, non mi sembra quello giusto per la positività, la creatività, il rilancio della densità anagrafica, delle occasioni moltiplicative della ricchezza, della spinta al nuovo, al bello, al giusto , alla tendenza egualitaria ma su crescenti livelli. Tutto ciò si sa è interconnesso, filosoficamente parlando è una monade, la monade del progresso, dello stare sempre meglio, creare spazi vitali adeguati. Racalmuto oggi è ad un bivio, per usare una parola frustra, ad una crisi epocale. O si acquieta in se stesa; produce meravigliosi intelletti per l'esportazione, si contrae , si avvita su se stessa ribalbettando cose buone tradizionali e diventa una vezzosa cittadina dormitorio come certi villaggi satelliti di una Milano industriosa, ad esempio, o spicca il salto e capendo che a livello nazionale e persino globale è iniziata una novella palingenesi, si mette in corsa creando infrastrutture  coassiali (mettiamo al circuito del commercio mondiale e appronta un aeroporto scalo merci  per il flusso mercantile cinese), ritornando alle sue vocazioni minerarie (possiede ricchezze impensabili con i suoi vastissimi giacimenti alabastrini), sfruttando su base industriale agricoltura, pastorizia, allevamento di bestiame, approntando strutture di servizi autarchici e auto alimentantisi tipo sfruttamento in proprio delle enormi falde acquifere, depurando e incenerendo nelle sue plaghe deserte rifiuti e simili e rigenerando, e pretendendo dalle multinazionali che hanno dissacrato il suo territorio la bonifica dei materiali di risulta che minacciosi restano ancora ammonticchiati nella corona collinare di Nord-est e ancor di più smaltendo i giacimenti secolari di rosticci pericolosi per la salute degli abitanti racalmutesi e esigendo lo smantellamento di quelle inutili rumorose spazzaturismo opere cementizie nella sua plaga più fertile e archeologicamente più valida che indico approssimativamente con il territorio dello Zaccanello.
 
E per tutto questo a che servono silenzi, normalità e annuente equilibrio? Ben altro ci vuole. 
 
Ci vuole tutto l'opposto. Non basta un giovincello d'azione cattolica che novello e quindi intemerato vada a fare il sindaco, non basta la vezzosa signora che prima o poi resta vittima delle sue paturnie di quarantenne, non basta il già consunto professionista locale angustiato dai suoi insuccessi professionali.
 
Occorrono quelli che io, per le mie deformazioni ideologiche, chiamo intellettuali collettivi, quei gruppi che di mente e di cuore avanzati, dovunque essi siano, tra gli stanziali bene, fra gli emigrati, meglio, quegli intellettuali collettivi che con lavori di gruppo sappiano rompere appunto il cerchio dell'omertosa normalità e mandino a quel diavolo gli equilibri tradizionali inventandosi i nuovi più avanzati equilibri, dannandosi l'anima per raggiungerli.
 
 
Auguri Racalmuto, mia cara diletta indimenticata RACALMUTO.
Nella mia ormai eccessiva frequentazione di messaggi politici di ogni tipo, di ogni dimensione, delle più disparate formulazioni, mai mi era capitato di leggere una così assennata, limpida, scorrevole, quasi melanconica rassegnazione, come questa bella lettera al giornale di Sciascia di Carmelo Falco.

 Solo che scorrendola con  grande diletto intellettuale, mi andavo dicendo , ma questa remissiva affabulazione ha avuto il nihil obstat dell'irruento  frenetico impulsivo apocalittico Grillo? ricalca la cifra della irriducibile ribellione che mi pare animare ormai l'intero movimento pentastellare? e a Racalmuto davvero quella ormai maggioritaria fascia elettorale ha questo sentire , mi sia consentito dirlo, di acquiescenza accidiosa? Ho voglia di pensare: no e poi no. E dico a me stesso: meno male. Racalmuto di tutto ha bisogno meno che di silenzio.

 Troppo silente è stato, E non parlo di quel silenzio che si chiama omertà anche perché a Racalmuto gli omertosi sono diventati loquaci e la quasi totalità dei laboriosi e onesti racalmutesi  se tace non tace per omertà. Racalmuto molto ha taciuto.

E' stato impigliato nel piccolo cabotaggio del clientelismo politico, partitico, dell'Angelino di qua del Michele di là ed ora persino di Capodicasa o di là dei novelli barbatelli cui potrei dare i nomi di Zambito o Jacono; a die il vero, Racalmuto  il sasso in bocca (politico) se l'è messo da sé. E mi sembra che anche la floricultura, arbustelli senza consistenza, che si denomina con i patronimici di tutte le famiglie racalmutesi, a prescindere dall'età, dalla religione, dalla tendenza partitica dei vari colori delle sotto marche delle tradizionali aggregazioni ideologiche, queste nuove efflorescenze nulla promettono di buono, si autorefenziano in nome di illusorie e diafane propensioni nella corsa alla cadrega comunale.

La corsa al pane quotidiano senza fatica insomma.

Gente tutta quieta, gente ultra normale,  molto equilibrata nel ricerca di una precaria sistemazione e cercarla per l'area familiare. Insomma per farla breve, l'elettorato racalmutese è stato, è e tende ad essere remissivamente silenzioso, remissivamente normale, remissivamente equilibrato. Mi pare che invece quello che occorre all'elettorato racalmutese è un uscire dalla gabbia del silenzio (ma quello politico, quello amministrativo, quello affaristico, piccolo affaristico a dire il vero), spezzare l'ignavia della normalità (a forza di essere normali, la densità abitativa scema inesorabilmente, si va verso la necrosi o il vivacchiamento di pochissime migliaia di residenti); inventarsi nuovi rivoluzionari equilibri sociali, economici, lavorativi, imprenditoriali, culturali e anche religiosi).

Ora ho sempre creduto che un movimento di rottura come quello pentastellare se molto abile è nel rompere gli equilibri della normalità  e dell'omertà, non mi sembra quello giusto per la positività, la creatività, il rilancio della densità anagrafica, delle occasioni moltiplicative della ricchezza, della spinta al nuovo, al bello, al giusto , alla tendenza egualitaria ma su crescenti livelli. Tutto ciò si sa è interconnesso, filosoficamente parlando è una monade, la monade del progresso, dello stare sempre meglio, creare spazi vitali adeguati. Racalmuto oggi è ad un bivio, per usare una parola frustra, ad una crisi epocale. O si acquieta in se stesa; produce meravigliosi intelletti per l'esportazione, si contrae , si avvita su se stessa ribalbettando cose buone tradizionali e diventa una vezzosa cittadina dormitorio come certi villaggi satelliti di una Milano industriosa, ad esempio, o spicca il salto e capendo che a livello nazionale e persino globale è iniziata una novella palingenesi, si mette in corsa creando infrastrutture  coassiali (mettiamo al circuito del commercio mondiale e appronta un aeroporto scalo merci  per il flusso mercantile cinese), ritornando alle sue vocazioni minerarie (possiede ricchezze impensabili con i suoi vastissimi giacimenti alabastrini), sfruttando su base industriale agricoltura, pastorizia, allevamento di bestiame, approntando strutture di servizi autarchici e auto alimentantisi tipo sfruttamento in proprio delle enormi falde acquifere, depurando e incenerendo nelle sue plaghe deserte rifiuti e simili e rigenerando, e pretendendo dalle multinazionali che hanno dissacrato il suo territorio la bonifica dei materiali di risulta che minacciosi restano ancora ammonticchiati nella corona collinare di Nord-est e ancor di più smaltendo i giacimenti secolari di rosticci pericolosi per la salute degli abitanti racalmutesi e esigendo lo smantellamento di quelle inutili rumorose spazzaturismo opere cementizie nella sua plaga più fertile e archeologicamente più valida che indico approssimativamente con il territorio dello Zaccanello.

E per tutto questo a che servono silenzi, normalità e annuente equilibrio? Ben altro ci vuole. 

Ci vuole tutto l'opposto. Non basta un giovincello d'azione cattolica che novello e quindi intemerato vada a fare il sindaco, non basta la vezzosa signora che prima o poi resta vittima delle sue paturnie di quarantenne, non basta il già consunto professionista locale angustiato dai suoi insuccessi professionali.

Occorrono quelli che io, per le mie deformazioni ideologiche, chiamo intellettuali collettivi, quei gruppi che di mente e di cuore avanzati, dovunque essi siano, tra gli stanziali bene, fra gli emigrati, meglio, quegli intellettuali collettivi che con lavori di gruppo sappiano rompere appunto il cerchio dell'omertosa normalità e mandino a quel diavolo gli equilibri tradizionali inventandosi i nuovi più avanzati equilibri, dannandosi l'anima per raggiungerli.

Auguri Racalmuto, mia cara diletta indimenticata RACALMUTO.  
 
 

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