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venerdì 20 dicembre 2013

La Matrice di Racalmuto ricettacolo di preti fedifraghi, di vicari foranei truffatori di arcipreti finiti sotto scomunica. Nell'antichità due arcipreti non commendevoli un arciprete a nome Salvo Sintinella e un D'Averva il cui cognome molto dopo preti amanuensi non esperti mutarono in TAVERNA

Vedo che è di moda parlare della Matrice. L'ultimo dei preti che ne sapesse qualcosa fu padre Puma che bontà sua molto mi ascoltò. Aspetto di leggere tomi che pare colmeranno le mie cognizioni ecclesialogiche. Qualche spunto me lo dà qualche avverso blog. Che dire? Infarcito di errori e di incaute esaltazioni familiari. La storia della matrice è fatta anche di scomuniche a preti e ufficiali del Santo Ufficio che la tradizione ignora ma che le carte segrete spifferano per sommo mio diletto (anticlericale ed anticrestomantico). Tra l'altro hanno distrutto una tavola aureata di incommensurabile valore e in sintonia con il vero titolare dell'altare per consentire a qualche nobilotto di tacitare la propria coscienza che non si era fermata neppure dinanzi alla pavimentazione marmorea della nostra protettrice (anzi regina incoronata Maria Santissima del Monte). Si sappia che padre Agrò non fu mai arciprete e non ebbe mai possibilità di trattare per un transeunte e non commendevole arciprete cammaratisi di nome Traina. Basta leggere i miei libri per saperlo. Se se ne vuole prescindere, si accomodino pure: mi consentiranno i miei adusi sogghigni. Perché l'ho sempre detto, per me AMICUS PLATO SED MAGIS VERITAS.
Così tanto per svagarmi mi ripeto e chi ha orecchie da intendere forse intende e si corregge:

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Lillo Taverna
Sfido il più esperto dei validi MURIFABBRI di Racalmuto a dimostrarmi che le pareti di questa chiesetta di campagna siano di fattura secentesca. Anche il meno esperto mi direbbe che allora si costruivano gli edifici "monumentali" pazziando quelli che a Racalmuto si chiamavano PUNTONI. Erano in blocchi squadrati di pietre che si andavano a prendere nella cava di San Benedetto a lu Chiuppu. La documentazione notarile e i tanti rolli che il dottore Calogero Taverna ha scandagliato in lungo e in largo questo comprovano.
 Si noleggiavano persino coppie di buoni in quel di Licata per questa bisogna. Se occorrevano colonne (come in Matrice) o capitelli o trabeazioni varie, si scalpellavano là, sempre a lu Chiuppu. I puntoni venivano quindi chiusi con gesso e pietrame come appunto nelle tante belle fotografie che Semplicemente Racalmuto ci sta dispensando.
 Lu jssu si produceva in loco, in calcare approntate appositamente. Poi a colpi di mazza la bianca farina e l'ipasto subito a disposizione per ergere mura magari molto umidicci (in vecchiaia le artorisi erano feroci) ma resistenti, ma non certo per quattro secoli.
 Nei due ROLLI della fabbrica (FRABIC, testuale) della Matrice - che il sommo medico e storico ma anche uomo di chiesa, purtroppo, dottore Carmelo Rizzo ha pazientemente scannerizzato in tempi remoti e che bene avrebbe fatto Sciascia a consultare, evitandoci panzane storiche - questo processo edificatorio è diligentemente e passo passo registrato.

 Questa chiesetta prende il nome, ma non le veci, di una vera chiesetta che penso anteriore al '500. I buoni padri Carmelitani che se debbo credere ad una oliva di un quadro che si trova a Licata sarebbero stati a Racalmuto addirittura dai primi anni del Dugento l'avrebbero piazzata nelle terre soprastanti, direi all'incrocio delle stadette mulattiere che intersecavano la fiancata del vero Serrone quello della villa dei Petrone.
 Ai miei tempi erano importanti a Racalmuto questi fratelli Petrine. Il prete che è colui che incornò Maria SS. Del Monte viene così descritto nel LIBER in quo.. "n.° 473. Sac. D. Francesco Petrone - Mansionario della Communia ex Rettore del Santuario del Monte - nato il 21 - 11 - 1876 ad Amalfi ordinato il 19 - 3 - 1904 a Agrigento [correzione di Girgenti] morto il 23 - VIII - 1954". Due feratelli gestivano una tabaccheria in un dammuso ora non più esistente in corso Garigaldi nella parte adesso forse più nota come la drogeria di Danieli Ciciruni. Ma il maggior vanto fu quel giudice Petrone a cui Sciascia "aprì le porte della gloria perenne".

 In trent'anni di ricerca mi trovo questa chiesetta rurle di Maria SS. del Serrone (da un vescvo una volta segnata come Maria di Monserrato), nelle tante carte davvero secenteshe dei Savatteri alle prese con risse tetamntarie e con riparto
 successorio conteso.
 Il Nalbone ebbe ad assillarmi per collegare quella chiesetta con questa qui cui teneva in modo paricolare per mantenere alto il prestigio della sua antica e contraversa famiglia.
 Non avevo dati per accontentarlo. Non so se nel suo costosissimo ampio volume abbia sposato la tesi dela continuità. Stamani un fringuello tenta di contestarmi con le menorie del Nalbone. Che debbo dirgli? Vuol dare fede assoluta al Professre faccia pure ma avrà poco da alzar la voce. Oltretutto io sono vivo, pronto a rispondere e il professore dalla bella tomba a Santa Maria è condannato al silenzio eterno.

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