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venerdì 12 luglio 2013

I falsi toscanismi della Beddra Matri di lu Munti di Racarmutu

Sbamba la festa, w la Beddra Matri di lu munti!!
 
  • Nicolò Vignanello ... e siamo in tre ad avere scritto la stessa cosa praticamente in contemporanea!
  • Cristian Alaimo ho atteso il 21°, orgoglio racalmutese
  • Nicolò Vignanello Noi abbiamo scritto sin dal primo!
  • Patrizia Melone W Maria!!!
  • Calogero Taverna Ho visto un magro carro cui impaiarono un paio di mansuete vacche portate da Castronovo. Solo che nel 1764 nell'unico testo originale oggi in possesso solo della famiglia Palermo (e di nessun altro) il p. F. EMMANUELLO MARIA CATALANOTTO molto prima di altri cantava" videndu lu divotu stu supuri,/ fici autri novi voi radduppiari,/ affinchì cu gran forza, e cu viguri/la statua putissiru purtari;/ ma ristau lu mischinu cu duluri,/ chi mancu iddi lu pottiru tirari/ /Chi permisi a la fini lu Signuri/ persi lu Simulacru, e li dinari./ Dunca la Statua si vosi ristari/ In RacalmutoTerra dotta e pia.
  • Calogero Taverna Dunque ben 11 buoi credo ben dotati, più del Cavallo Alato dell'avvocato Burruano. E poi, magari in dialetto non proprio nostrano, ma sempre meglio dell'ottocentesco toscaneggiare di un monaco di Lucca Sicula, sentirmi dire Racalmuto Terra dotta e pia mi torna graditissimo specie in un momento di diffusa autodenigrazione. Vogliamo tornare all'antico? Bene! Torniamo a questo agostiniano devoto di D. Raffaella Maria Gaetani e Buglio, duchessa Gaetani, e Contessa di Racalmuto. Supplicherò mia cognata Salvina a mettere a disposizione l'unica integrale pubblicazione del XVIII secolo esistente, magari per sbugiardare qualcuno che parla di chissà quale ingegnere, possessore di chissà quale volumetto settecentesco. Onorare la Beddra Matri di lu Munti con falsi toscanismi mi pare sacrilego, oltre che alquanto mistificatorio.

Leonardo Sciascia legge il vangelo di S. Giovanni

"Nel Vangelo di Giovanni, quando Gesù disse di essere venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità, Pilato domanda: 'Che cosa è la verità?' 
E' l'eterna domanda che può trovare risposta soltanto nella verità, non in una spiegazione o definizione della verità. La verità è. 'Io sono colui che sono'. E così la verità è colei che è. Il potere ne vuole spiegazione allo stesso modo che della menzogna in cui si inscrive può darne. Pilato domanda. Gesù non risponde. [...] Giovanni, il più letterato degli evangelisti, forse sapeva che quel particolare [lo spostarsi di Pilato dal pretorio alla corte detta 'il lastricato'] sarebbe valso a dar verità a tutto l'insieme.
E in conclusione: alla domanda di Pilato - "Che cosa è la verità?" - si sarebbe tentati di rispondere che è la letteratura."

Apprendo, accetto, condivido la lezione sciasciana: la verità evangelica è la LETTERATURA. Vallo a far capire a preti, monache, credenti ed orsoline che la verità del Cristo - quel Cristo che aveva sancito IO SONO LA VERITA - è letteratura.
Sciascia, nelle vesti di "esegeta e critico" evangelico, annota morde ma pudicamente more solito si ritrae: per assolverlo, diciamo che aborre il dogma.
Solo che inopinatamente al dogma ricorre: il potere quale menzogna in cui si inscrive; il suo grande evangelo: potere uguale menzogna.
Menzogna, dunque, Sciascia maestro di buona politica, civile profeta, il cittadino impegnato. Da ultimo, nel piccolo, l'eterno galantuomo del Circolo Unione. Una giovanile proficua letterariamente frequentazione, ebbe a disertare il salone delle inutili ciarle serotine: parola di chi lesse e trascrisse uno per uno tutti i verbali del sodalizio di via Rapisardi che fu anche il mio. Ora transfughi ed estranei novelli dirigenti ne gestiscono questa piccola MENZOGNA SCIASCIANA.

Post scriptum: mi contraddico, Invero appare un verbale in cui si condona la morosità dei tempi di Sciascia morente.  

viva la DONNA, firmato Calogero Taverna, misogeno.

 
Ape Maga
Calogero, A di Audacemente sono io.

Raramente mi capita di leggere pensieri divergenti che siano anche intelligenti, seppure irati... quindi, grazie a te per l'attenzione.
Serena notte.

.Calogero Taverna

Non credevo di essere in preda all'ira. Solo che questa faccenda dei maschi sempre colpevoli, flosci, insignificanti e le femminucce plurilustri sempre umiliate ed offese, usate senza contropartite, concupite soltanto per il frettoloso piacer nostro, mi torna un po' uggiosa. Par condicio, vivaddio!

Ape Maga
Viva l'anima, Calogero. Quella che non mente, non si nasconde, non tace. Maschio o femmina che sia.

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Ora ti lascio. La mia anima ha bisogno di silenzio e pace.

.Calogero Taverna

Quale anima secondo te (sono diventato romano e il tu da noi è d'obbligo) si mostra scoperta e schiii etta. Ma se noi mentiamo a noi stessi. Il subconscio e il superIo, l'Es e l'Ego non son poi frottole, anche se c'è molto falso nelle scuole di Vienna.
Ape Maga

Certo. Noi mentiamo persino a noi stessi. Ma ne abbiamo consapevolezza. E questo significa che conosciamo bene la nostra 'anima' e siamo capaci, sebbene raramente, di renderla schietta e 'nuda'.

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Calogero Taverna

Una donna, specie se bella donna, è meglio che la sua anima la tenga nascosta sotto gli avvenenti veli del suo diuturno truccarsi. Non sono bigotto, tutt'altro ma comprendo santa romana chiesa specie se considera quest'altra metà del cielo una sulfurea distesa di simiae diabuli, protese tutte - meno la dantesca vergine madre - a dannare noi ingenui figli di mamma- Oh! come sono stato felice quando qualcuna di codeste diaboliche scimmie (purché di bell'aspetto) ha deciso di indurmi al "peccato". Avrà dannato la mia anima ma ho reso beato il mio corpo.

Calogero Taverna

Un mio grande concittadino Leonardo Sciascia, divino nello scrivere, rimasto a mio avviso "rondista" anche dopo la sua dichiarata abiura, non sempre però stralucido nei concetti, ebbe a scrivere: "Comunque la donna possa dentro di sé e per sé cambiare in rapporto a quel che di nuovo e di diverso viene giustamente conquistandosi, mai arriverà a mutare nell'uomo, per l'uomo, il fatto di essere nell'amore, al vertice dell'amore, la porta del nulla. Questo farà sì che sempre sarà dall'uomo innalzata o degradata, innalzata e degradata: mai portata e tenuta come "compagna" abusatissima parola che mai è stata vera. Potrà soltanto, a tentare una definitiva liberazione, negarsi all'amore dell'uomo; come pare si indirizzi qualche esile ramo del femminismo. Ma negarsi non soltanto all'atto dell'amore (ché saremmo ad Aristofane), ma all'amore: facendo cioè in modo che nell'uomo si cancelli il pensiero dell'amore, e quindi l'istinto. Al che si può arrivare, per come siamo arrivati. Ma resta da vedere se con ciò non finirà con negare se stessa o con restare, come l'Orlando della Woolf, a un incompiuto, mai compiuto, poema." (da NERO su NERO)

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Calogero Taverna

Sciascia - non si può negare che grondi di cupa misogenia - è qui arduo quanto profondo, non ama la DONNA. Fu pervicacemente astretto alla moglie, tenero ed amabile con le due figlie, come Pirandello con Marta Abba, ecco un altro figlio dell'agrigentina terra che ha peccaminoso quanto casto trasporto per la Sellerio, e fotografi di corte lo ritraggono persino con occhio cupido verso l'appariscente retrobottega femminile. Misogeno quasi quanto me, quanto ogni buon racalmutese di antico lignaggio che giammai fa assurgere la moglie ad amante e si limita solo a concupire la moglie del vicino o dell'amico - e forse diviene persino audace - o si accontenta di sortite nicomedee nelle lontane terre vicine.

.Calogero Taverna

 Non so se sortite così statisticamente erratiche possono avere ospitalità in riviste di patinata sublimità estetica ed etica quale A-di- AUDACEMENTE. L'audacia dei luoghi comuni è audacia? Mi piacerebbe, forse si accenderebbe un dibattito fra le nobili femmine d'oggidì che saprebbero ben fulminarmi. Alla mia età ne goderei sino al senile orgasmo.

giovedì 11 luglio 2013

Indietro va' straniero! Viva Racalmuto libera!


Ora basta,non è più possibile buttare fango su questo paese,sulla popolazione. Racalmuto ha bisogno di gente che costruisca,pacifichi,non di professionisti del fango..!!! E' finito un tempo dove si denigrava l'avversario in tutti i modi e con tutti i mezzi leciti ed illeciti. ...
  • Calogero Taverna Torno a ripetere che non è questione di fango, solo che tutti noi racalmutesi veraci all'unisono dovremmo gridare: indietro va straniero. Si tratti della Triade di Diomede, si tratti del petralesco missus panormitanus, si tratti di cancello di tramonti o di gens romana o di uomini di buda o di gente da galea, prefetti e non, ministri e non, sono tutti stranieri che adagiatisi in una pretesa dura durissima lex stanno portando un paese intelligente e magari sulfureo in un baratro economico (se non sociale) che potrebbe risultare una via senza ritorno. Si sa, i tecnocrati non hanno saggezza e prudenza politica: credono che si debba solo applicare la legge senza capire che si ha l'obbligo dell'equità, si crede dissennatamente che la legge del mercato abbia il dono del benessere , e si uccide la democrazia: la tecnocrazia è la tomba della democrazia, una lezione che risale a Gramsci. e non solo a Gramsci per non indispettire i fascisti della nuova ora.
  • Calogero Taverna Inoltre Racalmuto è un paradigmatico esempio di come si può morire di antimafia. Sciascia ben predicò e Borsellino lo costrinse ad una umiliante resa. Io sono con Sciascia e sono contro Borsellino. Me la vorranno far finire come Miccoli? Io non chiederò mai scusa a nessuno manco a Falcone che trattò Sciascia come raccontò alla Padovanì. Io ero e sono con Sciascia

Ma via, non è una cosa seria! Pubblicato solo ora a Racalmuto l'incarico di maggio per una eventualequerella di oltraggio ai signori inaccessibili commissari straordinari.

Mi sa che siam presenti ad una sceneggiata che finirà nel nulla e nel dimenticatoio. Troppo rumore per nulla, insomma. Quel che ora, quale racalmutese di cento generazioni cui si denega la residenza perché pare che la scienza giuridica locale equipara il riscontro delll'abitabilità in domicilio coatto permanente, ma anche quale racalmutese qui dimorante cui si triplica l'IMU, quel che ora vengo a sapere è che il 21 maggio scorso si è imbastito un atto amministrativo comunale per dare incarico pagato ad un legale di Palermo per vedere se si poteva o meno procedere contro due malcapitati cittadini racalmutesi forse solo un tantinello queruli. Dove come e quando costoro abbiano denigrato una triade venuta da lontano per gestire un comune ove si era infiltrata una evanescente mafia (il ministero venne invero poi condannato a spese legali per avere puntato il dito accusatore verso due illibati cittadini ex consiglieri), a me cittadino racalmutese non stanziale non è dato di sapere. Stranissimamente un provvedimento adottato il 21 maggio scorso, oltre due mesi fa, appare nell'Albo Pretorio solo un paio di giorni fa (se abbiamo capito bene). Ma non basterebbe questo per aggredire una pubblica amministrazione che pare abbia un concetto alquanto singolare della obbligatoria "operazione trasparenza"? Svelo qui una mia disavventura: la scorsa settimana, dopo una mia strillata, vengo ascoltato da uno di questi commissari. Gli sottopongo una mia richiesta di utilizzo della Pinacoteca Pietro d'Asaro nell'ex Chiesa di San Sebastiano. Trafelato nel frattempo si introduce un dirigente; credo il responsabile. Le locali autorità cascano dalle nuvole; non sanno neppure che vi è una siffatta ex chiesa a Racalmuto, mi chiedono di fare istanza formale per inoltrare richiesta formale al Ministero degli Interni Fondo Culto (o simile) che a loro avviso sarebbe ora il detentore di tutto il patrimonio ecclesiale racalmutese. Allibisco. So che prendono lucciole per lanterne. E intanto penso alla mia IMU triplicata che mi pare ora usata per perseguire un paio di miei concittadini che forse non professionalmente loquaci hanno sbagliato qualche aggettivo che la suscettibilità di lor signori ha scambiato per offese gravi. Ma via, non è una cosa seria.

martedì 9 luglio 2013

Non son tenero con lo sfascio del castello!




    • A Rita Grazia Mattina e Accursio Vinti piace questo elemento.

    • Calogero Taverna Salve onirica tenebrosa Racalmuto, ormai sparuti barbagli la tua luminaria. Ti hanno oscurato ed il tuo castrum che manco il tassaiolo arcidiacono Du Mazel poteva ancora vedere nella visita del 29 marzo del 1375, ora eccolo lì, pallidissima ombra tra impenetrabili tenebre notturne, vulnerato, mistificato, aggredito da famelica rapina di fondi pubblici: e il suo cuore religioso, la cappella palatina dei carretteschi ridotta a ricettacolo di trucidi vessilli della residua barbarie contadina locale. Ma dovrai pur sorgere da questo oblio storico ed archeologico; tanti aspettiamo verità e giustizia. La Racalmuto verace, immacolata come la statua che padre Cipolla pose a San Francesco, ci spera: magari per il sempiterno candore delle anime belle seppure non refrattari al callido imbroglio dei suoi uomini votati all'ingordo potere.

    • Calogero Taverna Caro mio vecchio castello chiaramontano come ti hanno ridotto! I tuoi vecchi affreschi che stanno nella tua gloriosa cappella palatina dei carretteschi impalliditi quasi ombre della notte come questa simbolica foto delle piccole ore senza luna ingegnosamente scattata da una veemente e, seppur pia travolgente, signora della antica prosapia dei Mattina, in arte ritrattistica Picipò.

    • Calogero Taverna Nel grembo di quella sacra cappella hanno deposto un inquieto sarcofago. Assemblaggio di due disparati reperti archeologici, torna ambiguo come ambigua è tutta la ristrutturazione del castello. Il nostro disperderci in studi e ricerche sul tardo romano sarcofago con coperchio palesemente bizantino qualche ragionata congettura ce la permette. Fu vandalo del castello padre Cipolla. A fin di bene quanto si voglia, ma il castello medievale divenne sequela di deformi stanzoni un tempo per signorine apprendiste di ricamo e sartoria femmile e poi nel dopoguerra di sconnesse aule scolastiche per assatanati alunni da scuola media. Tutto fa pensare che fu proprio padre Cipolla a rinverie i due importanti reperti aarcheologici e rinvenirli in luoghi separati. Tutto fa pensare che il rinvenimento sia stato nello scavare l'ambiente ipogeo del cortile. Abbiamo scoperto che in magazzeni privati adiacenti vi erano catoi ricolmi di matriale di risulta e a noi invero sembravano di epoca antica. Rinvenuti anche dai controllori della Soprintendenza si consentì ad una nuviddruneddra raccomandata di affermare senza tema di smentita che le rinvenute ceramiche policrome erano di origine saccense databili XV secolo. Nessun supporto scientifico se non esili conoscenze di quella moderna ceramica saccensa.

    • Calogero Taverna Rimaniamo noi convinti che in epoca romana e nella prima fase della egemonia bizantina a Racalmuto, sotto il castello vi era una necropoli per signori, per conductores delle miniere di zolfo dell'epoca tardo rimana di cui Racalmuto vanta importanti testimonianze assodate come le tabulae o tegulae mommseniane. Lo scempio - peraltro agrigentinamente autorizzato - di quella parte del castello ridotta o a deposito di carrozze ottocentesche allo sfascio o a ingenue ricostruzioni toponomastiche, vulnera forse per sempre gli occorrenti scavi stratigrafici.

lunedì 8 luglio 2013

Sciascia, Casuccio e padre Arrigo

Racalmuto nel 1956 era paese meschinello assai. Oggi è tutt'altra cosa ma i paesani stanno a buttare jastimi contro questo o quel politico del presente o del passato prossimo come l'artefice dell'inesistente disastro comunale. Vecchio vizio. Basta leggere Le Parrocchie di Regalpetra, che Sciascia pubblicò appunto nel 1956, per convincersene.
Dicevamo che in quel tempo Mons. Casuccio non era tra le massime repulse anticlericali del giovane Sciascia. Erano i preti nuovi che lo infastidivano. E tra questi, o meglio tra quelli di Racalmuto, era il prete nuovo, che tanto nuovo non era, don Giovanni Arrigo all'apice del suo sardonico dispetto.
"Di preti 'nuovi' - celia Sciascia ne LE PARROCCJIE - ce ne sono anche a Regalpetra, agitati e maneggioni, insofferenti di quel po' di autorità che l'arciprete conserva su di loro, qualcuno va dicendo corna dell'arciprete, la 'leyenda negra' dell'arciprete si arricchisce così di importanti contributi."
A prescindere dal fatto che in quel tempo non c'erano veri preti 'nuovi' a Racalmuto, la nostra memoria ci orienta verso il quarantaseienne  padre Arrigo come l'unico sacerdote che corrispondesse (e quasi su misura) con il rampante prete descritto da Sciascia.
Ma ritorniamo all'arciprete di allora, visto da un acidulo Leonardo Sciascia. "I preti nuovi sono la croce di monsignore: attivi e trafelati come se gestissero imprese commerciali, pipistrelli che svolazzano negli uffici regionali e nelle anticamere degli uomini politici [ ...]  e quando, oltre ad essere così attivi, sono belli come il don Gastone di Parise, i guai si fanno grossi, e l'arciprete ci perde il sonno."
Anche qui noi siamo disorientati: di preti belli non ce n'erano a Racalmuto, almeno di preti belli che fecero scandalo. Il prete cui dopo accenna Sciascia non me la sento di definirlo né nuovobello; fu storia d'amore e sta avendo un epilogo questo sì  bello. Non ho difficoltà ad ammettere che fu proprio il mio partito, il PCI, ma il PCI del nuovo arrivato E.N. Messana a sporcare per speculazione politica una normale vicenda di innamoramento  tra giovani, anche se uno portava ancora la veste talare.

Non ci sembra perspicuo Sciascia quando spettegola come una rivista rosa e ci parla di boccaccesca vicenda fiorita all'ombra del confessionale e della colpa di un giovane prete che cede alla tentazione e della ragazza che cede al prete. Dopo, a maggior maturità raggiunta, Sciascia si sarebbe tenuto lontano da siffatte espressioni da bottega di vino. Si redime in un certo qual senso censurando i regalpetresi pronti a scaricare "la colpa su monsignore (naturalmente, Casuccio) ---"quel poveruomo che in tutta la sua lunga vita mai da un sospetto boccaccesco è stato sfiorato". Elogio ambiguo, ma sempre nota di rispetto per il solito monsignor Casuccio quale si coglie nel  giovane scrittore, propenso ad un anticlericalismo non misericordioso.
Aggiunge Sciascia: "Monsignore ha vasta parentela, ha mobilitato tutti i suoi parenti nella DC e lui si è tirato in disparte, al di fuori di quel che compete per i decreti del Santo Offizio  e per le lettere pastorali del vescovo, non mostra di essere in preda a quel ballo di San Vito della politica cui tanti preti si abbandonano; del resto la miglior politica che può fare a vantaggio della DC è quella di non mostrarsi, ché farebbe deserta la piazza; e poi i parenti ci sanno fare, fanno un così compatto e attivo clan che nessuno riuscirebbe a scalfire. Questa sorta di nepotismo alimenta avversione contro monsignore, ma la verità è che in Sicilia la politica sempre diventa affare di tribù, e il membro più autorevole o rappresentativo di solito si tira dietro tutta la tribù, fino agli affini e ai famigli; e un partito politico diventa come una gabella di latifondo."
Qui Sciascia  supera se stesso: tratteggia una pagina di storia locale in modo magistrale e in certi punti persino profetica. A Racalmuto la famiglia Casuccio, già nell'oblio da circa trent'anni, con la morte appunto dell'arciprete ha celebrato la sua ultima esequie quest'anno con il decesso del rinomato professore Clemente Casuccio. Altri clan - tutti familiari- altre tribù si sono affermate: la musica sempre quella: ciarla politica a non finire, moralismo alla Savonarola, ma al momento del voto comunale tutti serrati a difesa della tribù che però ora non sempre sceglie come suo rappresentate il più autorevole o il più rappresentativo, anzi si preferisce l'appartenente più innocuo così gli affari di famiglia non danno all'occhio. Tutto in sordina. Il risultato? Come prima, peggio di prima.