Profilo

sabato 5 ottobre 2013

Te lo dico qua di nascosto in un orecchio: intelligenza debordante? forse che sì forse che no, comunque sufficiente a capire che il quoziente di materia grigia il management di Racalmare (presenti esclusi ovviamnte) scende sotto lo 0-

Te lo dico qua di nascosto in un orecchio: intelligenza debordante? forse che sì forse che no, comunque sufficiente a capire che il quoziente di materia grigia il management di Racalmare (presenti esclusi ovviamnte) scende sotto lo 0- Che spettacolo e qualcuno sol perché conosce un qualche testo latino o meglio forse solo il termine "pantagruelico" sciorina minchiate credendo forse di fare alta letteratura. Non scrive male, ma basta? Sciascia chissà come soffre lassù visto che se ne ricorderà di questo pianeta. Ora poi fammi sapere se codesto evanescente e ruffianesco premio (Tanu, grande scrittore? ma non esageriamo. Buon giornalista sì) avesse preso una pièce teatrale di Rosso di San Secondo, quello su Proserpina ad esempio, e l'avesse premiato creando un casino nazionale,non era meglio? Ma che ne può sapere Tanu, che prende un pezzo rancido di Orio Vergani e ne fa un suo personale studio? Altra chicca: premiare Fuoco all'anima di Sciascia, il più bel libro di Sciascia sottratto dalla famiglia alla lettura pubblica. Ma già voi avete una giuria popolare da accontentare. Giuria popolare a Grotte. Grotte, ma tira avanti nelle grotte ci stanno i lupi (Sciascia). L'anno venturo il sindaco sarò io ( o chi dominerò) e vi farò causa e il premio Sciascia lo faccio a Racalmuto perché Sciascia è racalmutese e non grottese (Diu nni scansa e libbera).

venerdì 4 ottobre 2013

Io sono antiberlusconiano di ferro ma sono anche contro le nequizie, le ingiustizie

 
 
 
DOMANDA
mi sarebbe piaciuto sentire la tua opinione sui fatti che stanno accadendo in questi giorni, dalla fiducia di ieri , a Berlusconi finito, ai vari "statisti" che parlano per finire con la gente disperata che muore in mare. mah...spero di poter presto comunicare con te. buona serata

Calogero Taverna

Io sono antiberlusconiano di ferro ma sono anche contro le nequizie, le ingiustizie. Berlusconi stava rovinando la sua immagine di statista con quel improvvido scatto di buttare a mare il suo governo delle larghe intese per un puntiglio personale. Ma si è trattenuto o l'hanno trattenuto. Ti preciso che non è da ora che io sostengo che la grande evasione (o elusione) fiscale berlusconiana gli si può affibbiare solo riferendosi alla sua antica attività imprenditoriale. Di dividend washing e bare fiscali ne abbiamo parlato e contestato quando stavo al SECIT attorno al 1985. Avere dilatato una doverosa sentenza di 28 anni la dice lunga sulla vischiosità...
 
mi sarebbe piaciuto sentire la tua opinione sui fatti che stanno accadendo in questi giorni, dalla fiducia di ieri , a Berlusconi finito, ai vari "statisti" che parlano per finire con la gente disperata che muore in mare. mah...spero di poter presto comunicare con te. buona serata

Calogero Taverna

Io sono antiberlusconiano di ferro ma sono anche contro le nequizie, le ingiustizie. Berlusconi stava rovinando la sua immagine di statista con quel improvvido scatto di buttare a mare il suo governo delle larghe intese per un puntiglio personale. Ma si è trattenuto o l'hanno trattenuto. Ti preciso che non è da ora che io sostengo che la grande evasione (o elusione) fiscale berlusconiana gli si può affibbiare solo riferendosi alla sua antica attività imprenditoriale. Di dividend washing e bare fiscali ne abbiamo parlato e contestato quando stavo al SECIT attorno al 1985. Avere dilatato una doverosa sentenza di 28 anni la dice lunga sulla vischiosità... della giustizia italiana e non me la sento di scaricarla tutta su Berlusconi. L'ho scritto al momento delle elezioni: l'economia italiana, la finanza italiana, la bilancia dei pagamenti, l'approvvigionamento di captali sono la cifra della politica economica italiana, come dire tutta la politica. Occorrevano Bersani e Berlusconi, l'uno per dire all'America, ora basta; 'altro per consolidare la Merkel nel ripensamento che sta avendo, se non vuole andare a picco l'Ion l'Italia. I piani della Provvidenza sono contorti e siamo finiti dove siamo finiti. Che comunque non è poi quel gran male che si blatera. A me pare che Letta ed Alfano, come voci sonanti dei poteri forti, stanno bene reggendo il passaggio dal vecchio al nuovo. Sono spunti, provocazioni, non allineamento agli idola fori, idola theatri etc. Lo sviluppo un po' più ragionato nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO; in FB tutto finisce nei vortici del quotidiano sciacquone.

 
 


Silvana Palumbo rivive la Racalmuto storica, il castello del domicellus Chiaramonte, e la chiesa settecentesca della Confraternita di San Giuseppe.

Questo splendido squarcio di Racalmuto è stato mirabilmente ripreso dalla gentile pittrice la signora SILVANA PALUMBO di Racalmuto.

l'aavvocato Giovanni TAVERNA ..... in pantoloncini

 
L'avvocato Giovanni TAVERNA, principe del foro tra Schio e Thiene, le due cittadine del Veneto vicentino che si contendono persino una ACCA. Anche lui fu ovviamente ragazzotto, ma molto vivace, sardonico e talora irriverente come nelle migliori tradizioni di famiglia. Non sempre siamo stati sincroni ma ci vogliamo molto ma molto bene. Ciao Giu!

Il lungo inverno

martedì 11 giugno 2013

Esile il mandorlo, vigile l'ulivo ma aspro il roveto er il racalmutese Leonardo Sciscia del secolo scorso

UN VELO D'ACQUE

Un velo d'acque tiepido di sbocci
smemora ora la terra. Il lungo inverno
ha lasciato vigile l'ulivo, aspro il roveto,
e il mandorlo esile
tracciato contro il cielo luminoso.
E la linfa cerca il secco rancore,
scioglie nodi del gelido cruccio.
Musicalmente una pietà remota
accende sua figura: come una luce
di verde e di argento
che mi chiude nel cuore di uno specchio.
[Leonardo Sciascia, da Sicilia, il suo cuore].


Mi sforzo nell'ermeneutica di questi periodi dispari, mi si staglia contro uno Sciascia indecifrabile. Impaniato ancora nel suo latinorum rondista, alterna sapida lingua ad un dire paesano. Immagini raffinati sino all'incomprensibile su una sintasi ardita e talora tronca affiancano contadine visioni arboree. degli altifusti consueti nelle lande della Noce, a Racalmuto provincia di Agrigento. Contiamo: ulivo, roveto ed ovvio il mandorlo esile che tale in paese non è. Non so poi come Nanà potesse racchiudersi "nel cuore di uno speccho". Virtuosismo o sdrucciolevole caduta nel non onirico.


Salve Oriana

mercoledì 15 maggio 2013

Oriana l'artista delle donne dagli occhi tristi
Noi adoriamo un'artista romana: colta sensibilissima, piuttosto spinosa di carattere però. Autoflagellantesi oltre misura. Ne abbiamo annusato le grandi possibiità. Tecnica sopraffina, maestria assoluta, visioni del femmineo piuttosto desueta ma di ineffabile poesia, ha già tanto dipinto molto, autocensurato ma inevitabile l'esplosione del suo inconculcabile talento. Ne siamo certi: tra breve il suo capolavoro mozzafiato. Ha troppo compresso per non esplodere. Schiva com'è ci toglierà il saluto. Sarà per la terza volta. Ma non ci preoccupiamo più di tanto: sarà costretta a ridarcelo. Salve Oriana.
 

 
 
 

Ma lo sconcerto è durato poco: vuoi - mi son detto - che tanti prefetti, vice prefetti, alti dirigenti e funzionari prefettizi coadiuvati da frotte di questurini ed assimilati non abbiano provveduto. Sicuramente, sì. E sono tornato ai miei accidiosi sonni della mia vetusta età.

Or son quasi due anni (a dicembre invero) che allibimmo nel leggere quel che impunemente ("GECA") scrisse (v. sotto): 27 soggetti sotto processo per "costruzione abusiva" ( chi non l'ha fatto), "truffa" (se non ai danni dello Stato, faccenda privata), "abuso di ufficio" (qui la preoccupazione civica ci sta tutta; ma siamo sicuri che la triade di Diomede, il missus panormitasus e la cangiante triade che oggi ci governa hanno saputo bene indagare, punire, reprimere, allontanare, accertare e al di là delle responsabilità penali provvedere magari non premiando, non promuovendo. rimuovendo da doppi incarichi), "rivelazioni dei segreti di ufficio" (idem come sopra) e "distruzione di atti pubblici" (idem come sopra ma con qualche preoccupazione in più). Vivaddio sono calati da Agrigento, da Palermo e dal Viminale fior di prefetti, volete voi che non siano stati diligenti e severi più di quello che Dio comanda? Stiamo dunque tranquilli. Quanto ai "finanziamenti regionali illegittimi" a me me ne frega un fico secco. Avrei voglia di chiedere: specie a quei tempi là quali sono i finanziamenti senza se e senza ma? Infine, e qui la cosa mi turba molto: "nomine di dirigenti, secondo l'accusa, avvenute in maniera illegittima". Ma lo sconcerto è durato poco: vuoi - mi son detto - che tanti prefetti, vice prefetti, alti dirigenti e funzionari prefettizi coadiuvati da frotte di questurini ed assimilati non abbiano provveduto. Sicuramente, sì. E sono tornato ai miei accidiosi sonni della mia vetusta età.

giovedì 3 ottobre 2013

Calogero Taverna Mi vien da ridere nel leggere che una triade commissariale (ed una addirittura di recentissima nomina) avalli scelte e preferenze tanto varie quanto evanescenti in campo artistico

Foto: sabato 5 ottobre appuntamento con la giovane ARTE...
  • Calogero Taverna Mi vien da ridere nel leggere che una triade commissariale (ed una addirittura di recentissima nomina) avalli scelte e preferenze tanto varie quanto evanescenti in campo artistico mentre e finge di non sapere che una mostra molto impegnativa che associa Sciascia a Bruno, pur richiesta nel dicembre dell'anno scorso viene pretermessa magari con la promessa (da parte di chi?) che potrà forse avere ospitalità quando farà comodo, diciamo alle calende greche.

non è giusto riaffidare il Comune a gente locale che si adopererebbe a vanificare le accuse. Per fortuna ci sono io con le mie irriverenti scritte, missive ed altro che pare stia facendo perdere il sonno a lor signori commissari che non vedono l'ora di tagliar la corda. (così mi si dice, non me ne vanto, ma manco né mi vergogno né mi intimorisco: per me i prefetti son noccioline specie se in pensione.)

Calogero Taverna
 Carissimo Totò, leggo queste tue salaci "rampogne" con intima soddisfazione. Sono stato, sono e sarò sempre convinto che di infiltrazioni mafiose a Racalmuto da un ventennio a questa parte non ve e sono mai state. Mafia se mafia fu si concluse con l'eccidio di piazza castello, con gli ergastoli che qualcuno ancora sconta in crudele regime dell'ostatività ex art. 4bis e qualche altro non so dove e non so con quale munificenze statuali.

 Salvatore Petrotto
Non è il primo funzionario che il sig. ministro Alfano promuove per i favori che gli ha reso. Promuoveatur ut amoveatur...

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 Calogero Taverna
Certo non possiamo negare che di "mala gestio" a Racalmuto ve n'è stata tanta e andrebbe perseguita nelle appropriate sedi amministrative. Accanto, nessuno dovrebbe negare che vi è stata altresì una effervescente operosità, una provvidenziale attuazione degli ammortizzatori sociali a rischio e pericolo dei cosiddetti vituperati "politici" locali, una meritevole astuzia nell'aggirare i lacci e laccioli che un improvvido ordito di norme amministrative tessevano a soffocamento di una economia locale atavicamente miserevole.

 Calogero Taverna
Veniamo alle tue accuse a 'Ngilino. Che c'entra lui con il commissariamento? Ti sei dimesso tu (nessuno ti ha cacciato: ripeto, volontarie e non necessarie dimissioni) ed hanno mandato il missus panormitanus della cui latitante annuenza ho dato qualche testimonianza ed una triade alla diomede che c'era si diceva, dov'era chi lo sa, cosa era e non si sa. Venne una ministra (non era Alfano) imbottita di ciarle da nostre apprezzate penne e lodata dalla chioccia voce di una straniera piccola TV. La diffidai dall'andare a fare pipì al Circolo Unione che voleva circuirla per piccoli interessi di rampanti aspiranti giornalisti e la poverina non vi andò. Mandò però una terribile virago. Non so chi, ma certo di qui, riuscì a farla sbolognare. Venne un pacifico romano: la quiete dopo la tempesta ma il nulla forse si addice a Racalmuto o ad alcuni vociferanti racalmutesi. Scadeva il tempo delle more. Certo c'è da domandarsi, perché protrarre? E qui 'Ngilino può venire chiamato in causa. Qualcuno - davvero informato - qualche giorno fa mi dice che non è colpa di 'Ngilinu: la prefettura mandò istanza motivata. Motivata da che? Un gran numero di automezzi pesanti incendiati in equivoca sincronia e in località disparate. Già, ma questo che vuol dire? che siamo noi i mafiosi o così per fare un nome, Portoempedocle. E sia pure in tono sommesso, mi si dice che è partita o sta partendo una postulazione di gravissimi danni patrimoniali procurati da una infinità di gente locale. E non è giusto riaffidare il Comune a gente locale che si adopererebbe a vanificare le accuse. Per fortuna ci sono io con le mie irriverenti scritte, missive ed altro che pare stia facendo perdere il sonno a lor signori commissari che non vedono l'ora di tagliar la corda. (così mi si dice, non me ne vanto, ma manco né mi vergogno né mi intimorisco: per me i prefetti son noccioline specie se in pensione.)

mercoledì 2 ottobre 2013

Toh! chi si rivede! Il parco letterario di Leonardo Sciascia

Mi sorprende alquanto questa sortita della signora Salemi (che riscuote la mia massima stima). Proprio l'altro giorno parlavo con un ex sindaco che a fronte delle mie non nuove accuse contro lo sperpero dei tanti soldi piovuti in nome di Sciascia (già morto però) mi forniva ragguagli e precisazioni che francamente ignoravo. Cercai all'epoca di contrastare quella che ritenevo una triade blasfema con un contro parco letterario ispirato al mio Leonardo Sciascia. Sconfitto su tutta la linea. Non fa niente. A me sembra solo che a parte qualche birreria finita male a Racalmuto di quel parco residua un paio di labari nella sala sorda ed assordante del c.d. museo chiaramontano. Ma forse ha ragione l'ex sindaco. Comunque visto che certamente il nuovo sindaco sarò io contro tutte le camarille, gli accordi incestuosi, le manovre truffaldine, le aspirazioni economiche di sollievo dei disastri del proprio patrimonio, è certo che saprò fare affiorare la verità (da CGA) della fine dei fondi del Parco Letterario vincente.


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  • Calogero Taverna giovedì 3 ottobre 2013

    Che fine ha fatto il Parco Letterario Regalpetra?

    di Iolanda Salemi

    Non molti sanno cosa siano i Parchi Letterari, e pochissimi sanno che ne esiste uno a Racalmuto, intitolato a Leonardo sciascia, “ Il Parco letterario Regalpetra”.

    Ma di cosa stiamo parlando? che cos'è questo parco letterario? Ve lo dico io: Il Parco letterario nasce da un'idea di Stanislao Nievo ( nipote di Ippolito Nievo) il quale è convinto che l'opera di ogni autore non può essere considerata al di fuori del suo contesto ambientale, ma è profondamente radicata nel territorio. Sia perchè l'autore nasce e si forma in un dato ambiente, sia perchè ambienta le sue opere in un dato luogo. In alcuni autori, più che in altri, questi luoghi sono reali e riconoscibili, pertanto possono essere valorizzati medianti itinerari e sfruttati turisticamente. In Sicilia ci sono sette Parchi intitolati a : Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Quasimodo, Verga, D'Arrigo, Vittorini e Sciascia.

    Le opere di Sciascia sono colme di riferimenti a luoghi reali, la Regalpetra di cui ci parla è un luogo geografico esistente, che non è solo Racalmuto ma un territorio ben più vasto che arriva fino alla provincia di Caltanissetta, che ha le stesse caratteristiche di vari paesi dell'entroterra siciliano, accomunati dal silenzio del paesaggio e dall'arsura. E' il mondo arido delle campagne, il mondo delle miniere, anche questo caldo e soffocante, dove si muovono minatori, con occhi asciutti che vedono nel buio, ed estraggono la vita dalle vene della terra, vita e morte, ricchezza e sofferenza. Lo zolfo è la rinascita per il paese ma anche la morte di tanti minatori.
    Il Parco Regalpetra si estende tra Racalmuto e Caltanissetta, la sede doveva essere la Fondazione e il Castello Chiaramontano, con i fondi di una sovvenzione globale era stato acquistato un elegante e studiato arredamento, funzionali espositori dovevano contenere elementi del mondo minerario, che fine hanno fatto? Al castello si doveva collocare una Biblioteca Tematica, incentrata sul territorio, sul mondo minerario e contadino, sull'antropologia culturale e le tradizioni popolari, sulle feste religiose... Alcuni libri erano già arrivati, io stessa li avevo registrati e catalogati. Scopo principale del Parco era quello di ricreare attraverso degli itinerari turistici, quelle atmosfere che hanno impregnato il testo letterario di Scascia. L'itinerario doveva essere una sorta di viaggio sentimentale, attraverso le pagine della letteratura e attraverso quei luoghi che diventano preziosi, perchè patrimonio culturale da valorizzare e proteggere. Il viaggio sentimentale è una rappresentazione fatta da attori o cantastorie, che recitano o narrano quei brani ambientati negli stessi luoghi descritti dall'autore. Ad esempio: riprodurre al Circolo Unione quell'atmosfera degli anni '50, come è descritta tra le pagine delle “Parrocchie”, e recitarvi brani attinenti, o recitare pezzi di “Morte dell'Inquisittore”, nelle Grotte di Frà Diego ecc...

    Infine il Parco doveva essere uno strumento capace di mettere in moto un percorso di crescita culturale, ed anche economica, perchè avrebbe sviluppato una serie di attività collaterali. Avrebbe portato alla conoscenza dei luoghi peculiari estranei ai circuiti turistici di massa. L'itinerario turistico doveva snodarsi tra la casa natale dello scrittore, il teatro, che tanto amava, il circolo, le chiese, le grotte di Frà Diego, il viaggio in treno per Caltanissetta, dove Sciascia trascorse la sua giovinezza e compì gli studi, il mondo delle zolfare e delle saline, delle campagne, delle masserie, dei borghi delle robbe, le feste religiose, da cui traggono spunto le sue riflessioni antropologiche; insomma un percorso attraverso Regalpetra. I prodotti del Parco dovevano essere quelli tipici della natura, i manufatti della cucina tradizionale, i prodotti artigianali, ciò avrebbe dato modo a molti operatori del settore di lavorare. Perhè è tutto svanito nel nulla? Anche se l'attività di questo Parco non si è mai sviluppata, per ragioni che non sto qui ad indagare, ciò non toglie che i concetti, le idee, gli obiettivi, siano ancora validi e realizzabili. I luoghi di Regalpetra meritano di essere conservati attrezzati e resi fruibili, è un modo per dimostrare che la cultura non è una roba sterile, fatta di letture solitarie, ma è una cosa che può contribuire allo sviluppo economico di questo paese. Una serie di progetti che ho proposto ad illumunati e lungimiranti amministratori, ammuffiscono nei miei cassetti.

    Spero che queste mie parole non cadano nel vuoto dell'oblio, e non vengano considerate una mera esercitazione, ma siano lo spunto per riflettere, progettare, proporre, e realizzare.

    Iolanda Salemi

Leonardo Sciascia scrisse nel 1950 per Bardi, le FAVOLE DELLA DITTATURA

I fratelli BRUNO se ne sono entrambi interessato: Agato ne trasse mirabili tavole; Peppe - che qui le legge - ammalianti commenti musicali.

https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=IIkFz2kNjAg


Geronziade

Il CONFITEOR di un banchiere incallito

Qual è il confiteor di un grande banchiere incallito, ormai però giunto all’occaso se non della vita - Cesare Geronzi a 77 anni avrà ancora decine e decine di anni per imperversare - certo degli affari?
E’ lui stesso a sentirsi peccatore. E le sue confessioni dovrebbero dissimulare quelle di Sant’Agostino o filosofeggiare come un moderno Rousseau.
Diciamo che noi ci attendiamo questo suo esplosivo libro da sei o sette mesi. Ora è uscito e ci troviamo a dovere centellinare ben 362 pagine di feltrinelliane confessioni, estorte a dire il vero da un non troppo benevolo Mucchetti.
E noi che per vecchia professione siamo portati a diffidare di tutti e di tutto, pensiamo che un danno enorme quel sapido testo l’ha già provocato. Uscito a ridosso di una importante seduta della Cassazione crediamo che abbia dato aire a giudici sgomenti dinanzi a tante protervie giuridiche per una “esemplare” condanna del pio Fazio, un tempo governatore a palazzo Koch. Non si poteva aspettare un paio di giorni? Perché tanta incontinenza?
Fuge rumores sospirava Baffi. Ma un pensiero pascaliano ebbe a soffiare nel cuore e nella mente del banchiere Geronzi: Sempre in balia dell'incertezza, spinto da un estremo all'altro, l'uomo sente la sua nullità, la sua disperazione, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua debolezza e salgono immediatamente dal profondo del suo cuore la noia, la melanconia, la tristezza, il cattivo umore, l'irritazione, la disperazione. (B. Pascal)
E volendo parodiare anche Rousseau soggiungiamo noi: Pur muovendo da impulsi disparati e con ragioni e scopi differenti, la maggior parte degli interpreti o seguaci di Rousseau hanno individuato nell’interesse per la politica la nota saliente della sua personalità: è lui [cioè Rousseau] stesso ad ammettere nelle sue Confessions che «tutto dipende radicalmente dalla politica» 11, in quanto un’organizzazione politica equa risolve il problema della teodicea, ridando così moralità alle azioni umane.
Bombardati dai giornali con i loro effetti annunci, ci siamo subito domandati a che tende il dottor Cesare Geronzi? Quale il suo obiettivo? Mughetti, pur nordico, è criptico: dopo si vedrà se vi sarà assonanza con il suo obiettivo: Non vi sarà mai, perché un giornalista è sempre colui che spiega bene agli altri quello che lui non sa, non comprende e spesso non vuol capire. Già, far luce su “trent’anni di potere, banche ed affari”. Ma è lui stesso a dirci che quella sua specifica (o speciosa) luce l’ha già irradiata con tre decenni di lavoro di giornalista.
Noi ci domandiamo: siffatti opposti obiettivi (Geronzi tenterà solo di assolversi o di condannare) stridono con le modeste nostre indagini? Le abbiamo fatte per incarico pubblico, le abbiamo sofferte per dissidenze etiche e politiche, le abbiamo propinate con la dissacrazione icastica che ci riviene dal piccolo borgo del sale e dello zolfo in cui siamo nati.
Sin d’ora noi lo sappiamo: giammai!
Abbiamo sbirciato il grosso volume. Ci colpisce innanzi tutto l’assenza di nomi eccellenti, di protagonisti sotto traccia, di citazioni giudiziarie, di risultanze ispettive, di provvedimenti amministrativi, di sentenze esemplari, di esiti giudiziari.
Qualche esempio: non troviamo Lucio Veneziani, non troviamo il dottor Somma, non troviamo esuli dalla consulenza legale della Banca d’Italia. La vicenda Sarcinelli viene sfiorata secondo le più consunte vulgatae. La storia del Banco di Sicilia, dell’Irfis, dell’Interfinanza sindoniana, tutto nelle brume di chi forse a ragione può dire: non ricordo, perché in effetti non protagonista. Il dottor Desario (scritto senza d minuscolo e senza aristocratica separazione) citato una sola vola. Dini non riusciamo a pescarlo neppure con la più dilatante lente di ingrandimento. E Gnudi? La Moscow Narodny London pare vi sia, ma sepolta chissà dove. Pare solo in una domanda dell’intervistatore.
In compenso, dilatate vicende forse più personali che emblematiche.
Divagazioni su pontefici, cardinali e in un punto su un papa in pectore, lasciano in ombra personalità quali il ministro Colombo.
Avrò di che pensare; avrò di che cercare di spiegarmi.
Quello che mi accora di più è che con questi rumores Fazio forse è definitivamente perduto alla cosa pubblica (ed è una grossa iattura). Geronzi che bene starebbe come ministro dell’economia subirà l’onta dileggiante che mi pare Repubblica anticipa. I reietti resteranno reietti ma i “correi” dell’odierno sbaraglio mediatico non avranno giustizia. Solo ulteriore motivo di gogna.
Calogero Taverna



11 Confessions, IX, in Opere, p. 977.

mercoledì 15 maggio 2013

MPS BS BI CRVE INTERFINANZA DI MACALUSO-SINDONA E NTURALMENTE IO


A Racalmuto l'agguerrito ex sindaco si strappa le vesti per una vicenda (non centrale) del MPS. Quell'ex sindaco che poi è mio amicisimo ovviamente non mi legge. E fa bene. Non certo perché io scrivo "desueto" a dire di un meneghino targato nissa-racalmutese, Totò l'italiano lo insegna e me lo insegna. Certo quello che ora vi ripropongo è arte bancaria sopraffina, di difficilisima percezione, figuriamoci comprensione. Come faccio a dire a Totò che se il MPS è come è lo deve per avere ubbidito ai sotterranei impulsi della Banca Centrale Italiana on sede sociale in via Nazionale 91! E tra questi "impulsi" a quello che era il suo "banchiere occulto" il dottor Geronzi, vi rientra pure il salvataggio del dissennato Banco di Sicilia, spappolatosi - banco di emissione e di Stato sin dai tempi della celebre nostra virago Don Aldonza del Carretto - per avere dovuto salvare la politicamente disastrata Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. E scendi scendi arriviamo alla Interfinanza di Racalmuto del patetico e pingue Joe Macaluso, portaborsa di don Michele Sindona.
Come è piccolo il mondo direte: dalla senesità del Monte Paschi, targato pci-psi-pri alle piacevolezze (finanziarie) di tre realtà banco-finanziarie di Sicilia volte a polverizzare i fondi di solidarietà nazionale pilotati e dirottati da sommi statisti siciliani, ad uno dei quai hanno intestato persino una grande piazza qui a Roma vicino casa mia.
Purtroppo le cose della finanza non sono facilmente deglutibili: le volgarizzazioni alla Dagospia, Travaglio, Grillo, Rizzo, Stella delizieranno una ventina di milioni di elettori ma non scalfiscono neppure a scorza di un mondo i cui due canoni principali sono ferreo segreto bancario anche ex art. 10 L.B. e fuge rumores.


Un giornalista è riuscito ad approfittare di un momento di debolezza confessoria di Geronzi e qualche agghiacciante verità è trapelata. Si chiama MUCCHETTI; ora il PD l'ha acquartierato in Parlamento. Il silenzio è d'obbligo. Sarebbe comico ma tanto bello che lui traducesse alcune criptiche ma orriplanti pagine del suo Confiteor estorto (giornalisticamente parlando s'intende) al banchiere Geronzi per tramutarle in tambureggianti interrogazioni parlamentari. Ma se non lui, perché non altri?
Dal CONFITEOR all’EGO TE ABSOLVO

di Calogero Taverna


Il grande banchiere Geronzi (o meglio mefistofelico "cambista” diabolico regista di fusioni, fusioni per incorporazione, incorporazioni fondenti, acquisizione di attività e passività nette, dismisssioni et similia ma pessimo ragioniere e soprattutto ignaro di pandette codici e leggi sovranazionali) ci confessa a pag. 143-144 che sì per risanare la BNA la Banca di Roma vende Interbanca "e lascia il ricavato alla controllata", che il bischero che compra è il defunto Pontello (quello che viene dalla Banca Privata Finanziaria) "padre-padrone -- molto rispettato non solo nelle Tre Venezie" (chi ha da tremare, tremi). Pontello non si ferma: compra anche la BNA "per 1350 miliardi di lire". Il banchiere realizza "una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni”. Il povero mortale, quello che voi dite che non riesce a sbarcare il lunario, si fa il segno della croce (ammesso che abbia voglia di leggere queste cose di altissima finanza: ma quel Pontello lì i soldi li stampava? Ma quel banchiere come faceva a fare tutti quei marchingegni che manco Tanu Bamminu ci riusciva con le carte?

La Banca di Roma chiude in utile per 909 miliardi di lire. Certo si dirà con tutto quel ben di Dio! E no! Oltre 840 miliardi di lire discendono da una provvida legge modificativa di un principio contabile per cui le imposte di oggi si possono imputare domani. Il banchiere si stizzisce: “non dica effetto positivo: la legge consente il differimento, gli amministratori la devono applicare”. Non mi pare che possano chiudersi in attivo bilanci ope legis. Il rischio è sempre dell’imprenditore che può rinviare alle calende greche oneri abnormi solo se il quadro generale dell’impresa lo permette. Ma bazzecole. Sì c’è Basilea, BI ed altre superfetazioni del capitalismo odierno che vorrebbero addirittura –almeno per le banche – bilanci “prudenziali”. Ma ciò si sa è come non commettere atti impuri da parte di impuberi sani e forti e normali. Roba da preti insomma. Qui a Roma, una perdita –secondo rigidi revisori pagati come società di certificazione dei bilanci –sono costretti a dire che applicando questa legge qui, quella legge là si ovatta una perdita certa di “circa 1400 miliardi di lire” (cfr. pag. 144) con una ammiccante e distribuibile risultanza positiva di “909 miliardi di lire”atta ad esempio a frantumarmi il valore delle mie (solo dieci) azioni della Mediterranea.

Perché siffatto bailamme? Chiaro: per consentire lo SBARCO IN SICILIA (vedi pagg. 144-145 146 e 147 e risparmiami ad ottant’anni il pedante ed ozioso compito di far sintesi giornalistiche).

Sono sornione: lo ammetto. Ma qui ho voglia di chiedere spiegazioni all’illustre facoltà di economia dell’Università del tempo perso di Racalmuto. Perché mai quel putiferio? C’entra Racalmuto? Non ci fu a Racalmuto una INTERFINANZA ove allocchi depositarono centinaia di milioni di loro risparmi, sia per avere assurde ricompense reddituali ma sia anche per infiltrare propri virgulti di non eccelsa levatura almeno scolastica. Già, dopo finita la crisi della Baia dei Porci; pacificatisi America e Russia magari per il provvido intervento di Papa Giovanni (che grande papa quello ed io di sinistra l’adoro più di Bersani con buona pace dei moderni censori tutto sommato nati Grotte); squagliatasi l’iniziativa edilizia “amaricana”del pingue Joe racalmutese in quel di Lampedusa; racalmutesi (e non solo) corsero davvero il rischio di perdere soldi e i loro figli i posti che credevano bancari ma tali non erano. Sovvenne il Banco di Sicilia, La Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e“salvarono” i depositanti (ma qualcuno dopo dovette pagare: Geronzi, appunto). Sovvenne Di Prima Canicattinese ed altri persino di Castrofiippo e con tanti soldi (in tasca a loro) cedettero banche e banchette al MPS e BPL di Fiorani che quei “derelitti” tutti assorbirono. Ed alla fine pagammo tutti noi, anche quelli che non c’entravamo. Politicanti avveduti a Racalmuto che seppero bene pilotare ‘ste faccende ce ne furono. Io non li cito per non farmi querelare. Ma di grazia oggi non mi facciano la morale (politica). Mi arrabbio davvero.

mercoledì 18 settembre 2013

Vox clamantis in deserto.Mi ripeto. Forse qualcuno lo troverò che ha orecchie per intendere

mercoledì 15 maggio 2013

MPS BS BI CRVE INTERFINANZA DI MACALUSO-SINDONA E NTURALMENTE IO


A Racalmuto l'agguerrito ex sindaco si strappa le vesti per una vicenda (non centrale) del MPS. Quell'ex sindaco che poi è mio amicisimo ovviamente non mi legge. E fa bene. Non certo perché io scrivo "desueto" a dire di un meneghino targato nissa-racalmutese, Totò l'italiano lo insegna e me lo insegna. Certo quello che ora vi ripropongo è arte bancaria sopraffina, di difficilisima percezione, figuriamoci comprensione. Come faccio a dire a Totò che se il MPS è come è lo deve per avere ubbidito ai sotterranei impulsi della Banca Centrale Italiana on sede sociale in via Nazionale 91! E tra questi "impulsi" a quello che era il suo "banchiere occulto" il dottor Geronzi, vi rientra pure il salvataggio del dissennato Banco di Sicilia, spappolatosi - banco di emissione e di Stato sin dai tempi della celebre nostra virago Don Aldonza del Carretto - per avere dovuto salvare la politicamente disastrata Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. E scendi scendi arriviamo alla Interfinanza di Racalmuto del patetico e pingue Joe Macaluso, portaborsa di don Michele Sindona.
Come è piccolo il mondo direte: dalla senesità del Monte Paschi, targato pci-psi-pri alle piacevolezze (finanziarie) di tre realtà banco-finanziarie di Sicilia volte a polverizzare i fondi di solidarietà nazionale pilotati e dirottati da sommi statisti siciliani, ad uno dei quai hanno intestato persino una grande piazza qui a Roma vicino casa mia.
Purtroppo le cose della finanza non sono facilmente deglutibili: le volgarizzazioni alla Dagospia, Travaglio, Grillo, Rizzo, Stella delizieranno una ventina di milioni di elettori ma non scalfiscono neppure a scorza di un mondo i cui due canoni principali sono ferreo segreto bancario anche ex art. 10 L.B. e fuge rumores.


Un giornalista è riuscito ad approfittare di un momento di debolezza confessoria di Geronzi e qualche agghiacciante verità è trapelata. Si chiama MUCCHETTI; ora il PD l'ha acquartierato in Parlamento. Il silenzio è d'obbligo. Sarebbe comico ma tanto bello che lui traducesse alcune criptiche ma orriplanti pagine del suo Confiteor estorto (giornalisticamente parlando s'intende) al banchiere Geronzi per tramutarle in tambureggianti interrogazioni parlamentari. Ma se non lui, perché non altri?
Dal CONFITEOR all’EGO TE ABSOLVO

di Calogero Taverna


Il grande banchiere Geronzi (o meglio mefistofelico "cambista” diabolico regista di fusioni, fusioni per incorporazione, incorporazioni fondenti, acquisizione di attività e passività nette, dismisssioni et similia ma pessimo ragioniere e soprattutto ignaro di pandette codici e leggi sovranazionali) ci confessa a pag. 143-144 che sì per risanare la BNA la Banca di Roma vende Interbanca "e lascia il ricavato alla controllata", che il bischero che compra è il defunto Pontello (quello che viene dalla Banca Privata Finanziaria) "padre-padrone -- molto rispettato non solo nelle Tre Venezie" (chi ha da tremare, tremi). Pontello non si ferma: compra anche la BNA "per 1350 miliardi di lire". Il banchiere realizza "una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni”. Il povero mortale, quello che voi dite che non riesce a sbarcare il lunario, si fa il segno della croce (ammesso che abbia voglia di leggere queste cose di altissima finanza: ma quel Pontello lì i soldi li stampava? Ma quel banchiere come faceva a fare tutti quei marchingegni che manco Tanu Bamminu ci riusciva con le carte?

La Banca di Roma chiude in utile per 909 miliardi di lire. Certo si dirà con tutto quel ben di Dio! E no! Oltre 840 miliardi di lire discendono da una provvida legge modificativa di un principio contabile per cui le imposte di oggi si possono imputare domani. Il banchiere si stizzisce: “non dica effetto positivo: la legge consente il differimento, gli amministratori la devono applicare”. Non mi pare che possano chiudersi in attivo bilanci ope legis. Il rischio è sempre dell’imprenditore che può rinviare alle calende greche oneri abnormi solo se il quadro generale dell’impresa lo permette. Ma bazzecole. Sì c’è Basilea, BI ed altre superfetazioni del capitalismo odierno che vorrebbero addirittura –almeno per le banche – bilanci “prudenziali”. Ma ciò si sa è come non commettere atti impuri da parte di impuberi sani e forti e normali. Roba da preti insomma. Qui a Roma, una perdita –secondo rigidi revisori pagati come società di certificazione dei bilanci –sono costretti a dire che applicando questa legge qui, quella legge là si ovatta una perdita certa di “circa 1400 miliardi di lire” (cfr. pag. 144) con una ammiccante e distribuibile risultanza positiva di “909 miliardi di lire”atta ad esempio a frantumarmi il valore delle mie (solo dieci) azioni della Mediterranea.

Perché siffatto bailamme? Chiaro: per consentire lo SBARCO IN SICILIA (vedi pagg. 144-145 146 e 147 e risparmiami ad ottant’anni il pedante ed ozioso compito di far sintesi giornalistiche).

Sono sornione: lo ammetto. Ma qui ho voglia di chiedere spiegazioni all’illustre facoltà di economia dell’Università del tempo perso di Racalmuto. Perché mai quel putiferio? C’entra Racalmuto? Non ci fu a Racalmuto una INTERFINANZA ove allocchi depositarono centinaia di milioni di loro risparmi, sia per avere assurde ricompense reddituali ma sia anche per infiltrare propri virgulti di non eccelsa levatura almeno scolastica. Già, dopo finita la crisi della Baia dei Porci; pacificatisi America e Russia magari per il provvido intervento di Papa Giovanni (che grande papa quello ed io di sinistra l’adoro più di Bersani con buona pace dei moderni censori tutto sommato nati Grotte); squagliatasi l’iniziativa edilizia “amaricana”del pingue Joe racalmutese in quel di Lampedusa; racalmutesi (e non solo) corsero davvero il rischio di perdere soldi e i loro figli i posti che credevano bancari ma tali non erano. Sovvenne il Banco di Sicilia, La Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e“salvarono” i depositanti (ma qualcuno dopo dovette pagare: Geronzi, appunto). Sovvenne Di Prima Canicattinese ed altri persino di Castrofiippo e con tanti soldi (in tasca a loro) cedettero banche e banchette al MPS e BPL di Fiorani che quei “derelitti” tutti assorbirono. Ed alla fine pagammo tutti noi, anche quelli che non c’entravamo. Politicanti avveduti a Racalmuto che seppero bene pilotare ‘ste faccende ce ne furono. Io non li cito per non farmi querelare. Ma di grazia oggi non mi facciano la morale (politica). Mi arrabbio davvero.

lunedì 13 maggio 2013

PICCOLA MISCELLANEA BJ


Se dovessi leggere questo post e lo dovessi trovare di un qualche interesse, ti prego: passa parola. Il testo si trova nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO

 

 

giovedì 6 dicembre 2012


Ecco quel che scrivevo 4 mesi fa su ARTICOLO 21. Tutto valido ancora? Purtroppo, no! A Fazio è stata inflitta una condanna dalla Cassazione che lo relega ad una malinconica solitudine, peggiore del carcere. Ormai per un decennio almeno non può sperare in un ritorno agli incarichi pubblici d'alto profilo. A mio avviso, difesa e consiglieri hanno troppo presunto, troppo sbagliato. Certo i fatti di fondo sono macigni smuovibili solo con difese a rettifica di inusitata intelligenza. Non forze fresche perché cultura e cultura giuridica non si hanno con slogan tipo "largo ai giovani" e in questo campo ad essere rottamati sono i giovani arroganti e loquaci. Quanto agli altri profili, ci sarebbe molto da dire. Per ora basta un mio solito REMEO.

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Irvap e Covip ed Angelo De Mattia

di Calogero Taverna

Lo confesso: a leggere la nota su MF del mio amico Angelo De Mattia su IRVAP e COVIP mi è venuto il capogiro. Pubblicata il 3 agosto, la recupero solo stamattina e un ribollire di cattivi pensieri si addensa nell’ultra mia canuta testa. Sono vecchio, lo so e sono desueto per lo meno da trent’anni, dopo certi miei Vaffa’ a Ciampi e Sarcinelli, a Somma e per converso a Pomicino ed anche a Cesare Geronzi se ci metto in mezzo la poco gloriosa Banca Mediterranea di irpinia memoria. Dovrei aggiungerci l’ingloriosa AIMA (sic!) di Via Palestro, 60.


Da trent’anni e più mi curo solo di microstoria racalmutese, magari per fare le bucce al defunto Leonardo Sciascia. Sono diventato un modestissimo, incolto, ignoto cittadinuzzo di questa gloriosa Repubblica a nome Italia. Se scrivo certe erratiche “lettere al direttore” né Belpietro né Ferrara mi degnano di un sia pure distrattissimo sguardo: eppure quando rifilavo veline e fotocopie – di per sé incomprensibili – nel settembre-novembre 1979 a Lotta Continua, cribbio se avevano successo persino in parlamento. Con quella foto del corrucciato La Malfa junior. E quando poi Feltrinelli incautamente mise in libreria Soldi Truccati – a firma Lombard, certo; ma al 70% tutto mio -, cribbio se ebbe successo quel volumaccio: in tre giorni esaurito. Dopo se ne persero le tracce e sarebbe piacevole sapere perché dopo quel primo gennaio 1980 la signora Feltrinelli censurò la pubblicazione, e dire che di soldi per finanziare Lotta Continua ne aveva dovuti sborsare tanti pur di editare lo sconcio pamphlet.

Sì, tutto questo è vero. E se mi mancano intelligenza e conoscenza per afferrare del tutto il senso recondito della stroncatura demattiana di questo malaccorto governo, la colpa è tutta mia. Ma come modestissimo cittadino di questa ancora repubblica democratica, ho diritto di capire persino cosa davvero significano Covip e Irvap e perché mai governo camera e senato giochino a farsi i dispetti e a quanto pare persino tra gli stessi membri del governo. A prima battuta, a me sembra che gira e rigira si tratti sempre del solito Tremonti che nella sua megamania dissolvente della Banca d’Italia del cattolicissimo governatore Antonio Fazio, volle far proliferare vacue superfetazioni istituzionali per sgraffignare tutto sotto l’egida del “suo” TESORO. Se ora Angelo De Mattia tira fuori i suoi esiziali aculei (istituzionali) e mette in imbarazzo Monti e Saccomanni tanto da spingerli ad incazzate quanto ingenue smentite, beh! gatta ci cova.

Lo dico da giorni: state attenti a quello lì. E’ giunta l’ora della sua (giustissima) vendetta. Ma a Berlusconi interessa tanto difendere l’operato del suo delfino (pro tempore)? A riparazione perché non impone una grande commissione di ex grand commis alla Antonio Fazio, all’Angelo De Mattia, a Mario Sarcinelli, a Cesare Geronzi (sì, proprio lui, perché dite quel che volete, fu abile falso speculatore agli ordini della Banca d’Italia nell' ingrato compito di fare vera ed efficace controspeculazione), a qualche silurato vice direttore generale, fatto anzitempo trasmigrare ai LINCEI, per citare solo quelli che conosco io, commissione atta a suggerire al parlamento una legge risanatrice di tutte le devastazioni, amputazioni, umiliazioni che Tremonti & C. hanno inferto alla più grande, prestigiosa, legalitaria tecnostruttura pubblica di cui può vantarsi l’Italia?

Tutta questa paccoltiglia di enti, entucoli, pubblici e semi pubblici, e ci metto anche consob e agenzie varie di controllo finanziario e creditizio, a che serve se non ad avere acconsentito a qualche bleso guru del passato regime di annidarvi propri famigli, che senza tecnostrutture consolidate in esperienze ormai più che secolari stanno solo lì per certe parate televisive, ove sbadigli e sonnecchianti pose si sprecano, a disdoro di tutti, e dovendo controllare ciò che ignorano, nulla controllano. E i danni nei fondi assicurativi, nelle ruberie previdenziali ed assicurative, negli arcani giochi di borsa (giochi speculativi sovranazionali che restano ovviamente incontrastati), nelle ciarlate a tutela della privacy, nei maneggi dei giochi di stato in uno con lotto, lotterie, cartoline ruba soldi e via discorrendo, e i danni – dicevamo – sono agli occhi di tutti.

E così potrei sperare che ritorni vivida e cogente la vecchia legge bancaria a tutela del risparmio, a sostegno dell’esercizio del credito, a moderazione di costosissimi sportelli bancari – pullulanti dappertutto, per procurarsi il favore di questo o quel piccolo satrapo -, che martelli il connotato di “pubblico interesse” in ogni aspetto dell’operare bancario italiano che deve esplicarsi in una insuperabile distinzione tra la vicenda creditizia a breve e quella a lungo, che deve sottostare ad un controllo “atipico” – né qualitativo né quantitativo, a disdoro della pasticcera di Milano – il cui apice tecnico è il Governatore ma il referente è un organo interministeriale di cui peraltro fa parte lo stesso governatore, cui intatta deve restare la sua funzione valutativa anche dei fatti aventi rilevanza penale (ex. Art. 10). E qui non smetterei, ma il resto ad altra occasione. Bando comunque a tanta ciarlataneria che sorge in quell’ottobre del 1974 quando il terrore corse sul filo ed investì soprattutto il direttorio di via nazionale 91, a seguito della furente contesa Carli-Occhiuto per la sconvolgente vicenda Sindona (di cui credo di saperne qualcosa di più degli altri, come si evince dal mio romanzetto LA DONNA DEL MOSSAD, apologo sul caso Sindona, che giustamente ha rarissimi lettori).
7 agosto 2012

sabato 11 maggio 2013

A proposito di Assicurazioni

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Economia

Irvap e Covip ed Angelo De Mattia

mariomonti1Lo confesso: a leggere la nota su MF del mio amico Angelo De Mattia su IRVAP e COVIP mi è venuto il capogiro. Pubblicata il 3 agosto, la recupero solo stamattina e un ribollire di cattivi pensieri si addensa nell’ultra mia canuta testa. Sono vecchio, lo so e sono desueto per lo meno da trent’anni, dopo certi miei Vaffa’ a Ciampi e Sarcinelli, a Somma e per converso a Pomicino ed anche a Cesare Geronzi se ci metto in mezzo la poco gloriosa Banca Mediterranea di irpinia memoria. Dovrei aggiungerci l’ingloriosa AIMA (sic!) di Via Palestro, 60.
Da trent’anni e più mi curo solo di microstoria racalmutese, magari per fare le bucce al defunto Leonardo Sciascia. Sono diventato un modestissimo, incolto, ignoto cittadinuzzo di questa gloriosa Repubblica a nome Italia. Se scrivo certe erratiche “lettere al direttore” né Belpietro né Ferrara mi degnano di un sia pure distrattissimo sguardo: eppure quando rifilavo veline e fotocopie – di per sé incomprensibili – nel settembre-novembre 1979 a Lotta Continua, cribbio se avevano successo persino in parlamento. Con quella foto del corrucciato La Malfa junior. E quando poi Feltrinelli incautamente mise in libreria Soldi Truccati – a firma Lombard, certo; ma al 70% tutto mio -, cribbio se ebbe successo quel volumaccio: in tre giorni esaurito. Dopo se ne persero le tracce e sarebbe piacevole sapere perché dopo quel primo gennaio 1980 la signora Feltrinelli censurò la pubblicazione, e dire che di soldi per finanziare Lotta Continua ne aveva dovuti sborsare tanti pur di editare lo sconcio pamphlet.
Sì, tutto questo è vero. E se mi mancano intelligenza e conoscenza per afferrare del tutto il senso recondito della stroncatura demattiana di questo malaccorto governo, la colpa è tutta mia. Ma come modestissimo cittadino di questa ancora repubblica democratica, ho diritto di capire persino cosa davvero significano Covip e Ivarp e perché mai governo camera e senato giochino a farsi i dispetti e quanto pare persino tra gli stessi membri del governo. A prima battuta, a me sembra che gira e rigira si tratti sempre del solito Tremonti che nella sua megamania dissolvente della Banca d’Italia del cattolicissimo governatore Antonio Fazio, volle far proliferare vacue superfetazioni istituzionali per sgraffignare tutto sotto l’egida del “suo” TESORO. Se ora Angelo De Mattia tira fuori i suoi esiziali aculei (istituzionali) e mette in imbarazzo Monti e Saccomanni tanto da spingerli ad incazzate quanto ingenue smentite, beh! gatta ci cova.
Lo dico da giorni: state attenti a quello lì. E’ giunta l’ora della sua (giustissima) vendetta. Ma a Berlusconi interessa tanto difendere l’operato del suo bleso delfino (pro tempore)? A riparazione perché non impone una grande commissione di ex grand commis alla Antonio Fazio, all’Angelo De Mattia, a Mario Sarcinelli, a Cesare Geronzi (sì, proprio lui, perché dite quel che volete, fu abile falso speculatore agli ordine della banca d’italia nel ingrato compito di fare vera ed efficace controspeculazione), a qualche silurato vice direttore generale, fatto anzitempo trasmigrare ai LINCEI, per citare solo quelli che conosco io, commissione atta a suggergire al parlamento una legge risanatrice di tutte le devastazioni, amputazioni, umiliazioni che Tremonti & C. hanno inferto alla più grande, prestigiosa, legalitaria tecnostruttura pubblica di cui può vantarsi l’Italia?
Tutta questa paccoltiglia di enti, entucoli, pubblici e semi pubblici, e ci metto anche consob e agenzie varie di controllo finanziario e creditizio, a che serve se non ad avere acconsentito a qualche bleso guru del passato regime di annidarvi propri famigli, che senza tecnostrutture consolidate in esperienze ormai più che secolari stanno solo lì per certe parate televisive, ove sbadigli e sonnecchianti pose si sprecano, a disdoro di tutti, e dovendo controllare ciò che ignorano, nulla controllano. E i danni nei fondi assicurativi, nelle ruberie previdenziali ed assicurative, negli arcani giochi di borsa (giochi speculativi sovranazionali che restano ovviamente incontrastati), nelle ciarlate a tutela della privacy, nei maneggi dei giochi di stato in uno con lotto, lotterie, cartoline ruba soldi e via discorrendo, e i danni – dicevamo – sono agli occhi di tutti.
E così potrei sperare che ritorni vivida e cogente la vecchia legge bancaria a tutela del risparmio, a sostegno dell’esercizio del credito, a moderazione di costosissimi sportelli bancari – pullulanti dappertutto, per procurarsi il favore di questo o quello piccolo satrapo -, che martelli il connotato di “pubblico interesse” in ogni aspetto dell’operare bancario italiano che deve esplicarsi in una insuperabile distinzione tra la vicenda creditizia a breve e quella a lungo, che deve sottostare ad un controllo “atipico” – né qualitativo né quantitativo, a disdoro della pasticcera di Milano – il cui apice tecnico è il Governatore ma il referente è un organo interministeriale di cui peraltro fa parte lo stesso governatore, cui intatta deve restare la sua funzione valutativoa anche dei fatti aventi rilevanza penale (ex. Art. 10). E qui non smetterei, ma il resto ad altra occasione. Bando comunque a tanta ciarlataneria che sorge in quell’ottobre del 1974 quando il terrore corse sul filo ed investì soprattutto il direttorio di via nazionale 91, a seguito della furente contesa Carli-Occhiuto per la sconvolgente vicenda Sindona (di cui credo di saperne qualcosa di più degli altri, come si evince dal mio romanzetto LA DONNA DEL MOSSAD, apologo sul caso Sindona, che giustamente ha rarissimi lettori).
7 agosto 2012
 
 

domenica 10 marzo 2013

Un direttore di una rivista specializzato non ha inteso pubblicare questo muo commento, dicendo ch non ci aveva capito un cazzo!


Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando. Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda Italia.

Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano tanto più esiziali quanto più imprevisti.

Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti per inesperienze credono più al fascino delle arditezze speculative che a lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.

L’altra cultura si annida negli organi di controllo settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane. Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo: liquidità, redditività e patrimonio integro, a quella vaga e indefinibile cosiddetta“prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1 vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.

E come malefica cornice, ecco lo sbandamento anche per esemplari condanne - persino penali – della attuale congiuntura.

E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).

Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene investigate o rese conoscibili.

Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.

Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo confiteor ha incautamente esplicitato.

Da pag. 142 sino a pag. 145 vi è una sfilza tale di ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si confessa una“una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice background di grande goodwil : valore di mercato, enorme.

Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale. E arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB. Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma. Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi. Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: « L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un vero padre-padrone … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre Venezie. »

Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri per stare fuori accusa. Mi dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto. Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per 1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni.»

Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse alquanto disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita. Sia come sia: il revisore avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379 miliardi; più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400 miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la Consob).

Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella, Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.

L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui vorremmo parlare in positivo.

L’Anton-Veneta finisce in mani una volta straniere ora comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché la BI l’ha permesso?

Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.

L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo: affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o“imprudente” come più aggrada.

La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si tratterebbe di abbaglio.

La Merckel non vuole inflazionare i mercati per paura di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la Germania rifiuta.


Sciogliere la comunità europea ancora non si può.

Dico: quale soluzione allora?

Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.

Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni, decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.


Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni. Allora? Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare. Occorrono intese politiche specie a Sinistra anche per le vesti rosse della banca della Senesità. E tanta fortuna

 

venerdì 1 marzo 2013

Soluzione MPS? Occorre ingegneria finanziaria alla Carli. [Nuova edizione riveduta e corretta]


Pare che uno sbocco favorevole il MPS lo stia trovando. Un po’ ne dubito: Vogliono tutto risolvere con i MONTI BOND scaricati sul mercato in un momento di tensione e di crescente sfiducia verso l’azienda Italia.

Ho troppi ricordi per non credere che i tonfi diventano tanto più esiziali quanto più imprevisti.

Ci troviamo di fronte a due grandi inculture: quella degli investitori istituzionali italiani che fragili per possidenze e incauti per inesperienze  credono più al fascino delle arditezze speculative che  a lungimiranze negli investimenti su basi però di prudenze e saggezze selettive.

L’altra cultura si annida negli organi di controllo settoriali, dalla consob alla stessa banca d’Italia. Scolastiche e esterofile mode concettuali e speculative non hanno agganci alla praxis, alle peculiarità autoctone, alle evoluzioni ondivaghe del nostro essere tipicamente italiane. Guardare alle dissennatezze delle varie Basilee e sopratutto alla terza Basilea, al repentino passaggio dalla vigilanza volta ad un triplice profilo: liquidità, redditività e patrimonio integro,  a quella vaga e indefinibile cosiddetta “prudenziale”, dal dirigismo oculato all’abbandonnarsi a forme di dilagante liberismo, dalla banca vincolata all’interesse pubblico (art. 1 vecchia legge bancaria) all’aziendalismo mercantile.

E come malefica cornice, ecco lo sbandamento  anche per esemplari condanne  - persino penali – della attuale congiuntura.

E tutto ciò è sotto gli occhi di tutti per dilungarvisi, (ma ove occorresse, si potrebbero ostendere addirittura volumi).

Vi sono oggi esplosioni diverse, forse non tutte bene investigate o rese conoscibili.

Limitiamoci all’MPS, ma all'orizzonte c’è di peggio.

Gli addetti ai lavori sapevano; ma Geronzi con il suo confiteor ha incautamente esplicitato.

Da pag. 142 sino a pag. 145  vi è una sfilza tale di ingenue confessioni e di astute domande a cui è da fare totale rinvio. Si confessa una “una trama di relazioni” con l’Antonveneta. Noi conosciamo per professione l’antica Banca Antoniana del dottor Gianfranco Rossi. Era banca del Santo, prospera, molto liquida, bene inserita in un nugolo di province contigue tra le più ricche d’Italia. Quanto alla parallela Banca Veneta, di meglio e di più. Pensare che i salti miracolosi siano frutto dell’indubbia genialità del Pontello dell’Anton-Veneta è mistificazione. Oltre a Sindona, vi venne dirottata anche la Banca nazionale dell’Agricoltura di dell’Armenise, ricca di potentissime entrature oltre-tevere. Qualche marachella, qualche dissolutezza ma un triplice background  di grande goodwil : valore di mercato, enorme.

Banca di Roma, Interbanca e BNA “quale credito finanziario” subentrano per certe politiche creditizie di via Nazionale.  E arriviamo al “bisogno di capitali”. Questo “vendere per lasciare il ricavato alla controllata” è mera confessione di vilipendio all’allora imperante TULB. Perché BI permette? Veramente se leggiamo le relazioni annuali, censura. Ma è censura alquanto gesuitica. Non bisogna far sapere. Segreto bancario insomma. Si volatizzano 617 miliardi di vecchie lire che per allora erano tantissimi. Perché la rimodellata Anton-Veneta compra? Mi fa ridere il passo che recita: « L’acquirente è l’Antonveneta che aveva nel suo presidente, Silvano Pontello, un vero padre-padrone  … Pontello era molto rispettato, e non solo nelle Tre Venezie. »

Precisiamo noi: Pontello ebbi a conoscerlo ispezionando la Privata Finanziaria di Sindona. E’ morto credo da dieci anni e non può più reagire. Altrimenti metterebbe le cose a posto. Diabolicamente abile, si mise in tasca Ambrosoli. Passò sotto Rossi e subito lo fece fuori. Non era padre di banche, la proprietà bancaria la lasciava agli altri  per stare fuori accusa. Mi dispiace per il Confesso: ma se lo metteva in tasca quanto a valentia affaristica. Se prima sborsa un’abnorme somma (617 miliardi di lire) e poi pur non essendo la stampa del Tuscolano altri 1.350 miliardi quale diavoleria vi fu? Io onestamene dichiaro la mia ignoranza ma non dissolvo il mio sospetto. Geronzi scrive (o chi per lui): «.. a Pontello poi cediamo la stessa BNA per 1.350 miliardi di lire e realizziamo una plusvalenza di mille miliardi. In meno di quattro anni.»

Ci dovremmo dilungare tra questo insinuare dell’intervistatore che sa e l’intervistato che sogghigna, forse  alquanto disorientato tra il dedalo di leggi che pur cita.  Sia come sia: il revisore avverte che il 1999 doveva chiudere con una perdita di esercizio pari a 379 miliardi;  più altri 107 miliardi più altro ancora per “una perdita di 1.400 miliardi”. Il banchiere (o chi per lui) tergiversa, finge di non capire e si dilunga nelle disgrazie di Sicilia. L’intervistatore è cattivello e dà lui la vera chiave del sovvertimento del risultato di bilancio (avrebbe un termine preciso nelle condotte antidoverose e come società quotate c’entrava pure la Consob).

Insomma per farla breve si trattava del maneggio per lo SBARCO IN SICILIA (insomma Vincenzo De Sario in Parlamento era stato di lucida memoria: in effetti si trattava della Sicilia di Graci, Greco, Farinella, Inzerillo, Spatola, Gambino, Sansoni, Costanzo, Cassina o i cd. “Cavalieri del Lavoro di Catania” – vedi pag. 144.

L’abbiamo fatta lunga qua perché non si tratta di cose storiche passate in giudicato, ma il riverbero torna a galla con l’MPS di cui vorremmo parlare in positivo.

L’Anton-Veneta finisce  in mani una volta straniere ora comunitarie ma non nazionali. Sia chiaro per quello che abbiamo detto prima codesti potentati acquistano a mio avviso a meno di un terzo del vero valore di mercato e dopo undici mesi vendono al MPS per il 50% in più del costo. Perché la BI l’ha permesso?

Oggi la BI ha altra pelle , altra cultura, altri uomini egemoni. Quello che non ha è la chiave di lettura di codesti fatti. Brancola.

L’MPS finito sotto la mannaia della giustizia che Berlusconi definirebbe “rossa” incappa in un flop di cassa. Tutto fermo: affari, prestiti. Anche per una errata politica bancaria; oggi tutte le banche sono state private degli afflussi liquidi dei risparmi monetari e sono sbilanciate in un attivo immobilizzato o incagliato o “imprudente” come più aggrada.

La privatizzazione si è dovuta inventare codesti mostri giuridici che si chiamano Fondazioni. Quella dell’MPS detiene il 52% del capitale (se siamo bene informati). Occorrerebbe una svalutazione del capitale ed una immediata reintegrazione. La fondazione non ha fondi. Si sta aggirando il tutto con siffatti titoli obbligazionari dal nome presidenziale, ma si tratterebbe di abbaglio.

La Merckel non vuole inflazionare i  mercati per paura di una inflazione dell’euro con costi per la Germania che giustamente la Germania rifiuta.

 Sciogliere la comunità europea ancora non si può.

Dico: quale soluzione allora?

Non ne vedo altre. Una finanziaria con capitali extracomunitari vestita potrebbe acquisire una consistente aliquota di capitali MPS dalla Fondazione. Cifre e ragguagli tecnico-giuridici in altra sede.

Occorrerebbero autorizzazioni, legittimazioni, decisioni tecniche ma anche assensi politici ed i politici non credo molto duttili e capaci di capire. Vorrebbero il guiderdone. E chi glielo darebbe? E poi oggi con questo trambusto elettorale non è facile districarsi.

Ma la soluzione del problema non ammette dilazioni. Allora?  Occorrono convergenze tra forze e competenze diverse. Necessitano innanzitutto i canali giusti per il convogliamento di capitali extracomunitari magari italiani extra-comunitari vestiti. Occorre il tramite con la Banca d’Italia e vi sono uomini saggi ed accreditati che questo saprebbero ben fare. Occorrono intese politiche specie  a Sinistra anche per le vesti rosse della banca della Senesità. E tanta fortuna