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venerdì 30 maggio 2014

Controdiario di bordo

Plaudo - per deflettere dal mio vezzo accusatorio al neo sindaco Messana - a questo suo intento di ragguagliarci giorno per giorno della sua alacre incredibile operosità.
 
Compiacente l'ormai sicofante ex critico liberalregalpetrese possiamo ora leggere istante per istante la cronaca della prima o seconda giornata dell'infaticabile signor nuovo sindaco.
 
Io di solito non leggo, ma stavolta, blasfemando, quella cronachetta cristocentrica me la sono voluta tutta sciroppare.
 
Dunque la prima parte è per me altamente istruttiva. Vengo a sapere che a Racalmuto ha diritto di primogenitura un duo parasindacale di ardua lettura: ACUARINTO e sigla che credetti in primo tempo romana, S.P.A.R.
 
Un vecchio sospettoso e dispettoso come me vi sente già puzzo d'inferno. Reduce dallo scantazzo che un dirigente vassallifero agrigentino gli aveva procurato per una sia pur rientrata voglia di denuncia per diffusione di notizie false e tendenziose con in più l'atto antidoveroso di tentare di spargere indebito panico e tutto per la mia incauta temerarietà di rendere noto che mi era stato segnalato un terrore a Favara per una trentina di casi di scabbia, reduce di siffatto terrore naturalmente mi sono messo in testa che vorrò ben capire quanto ci sia di pecunioso in tutta questa faccenda di carità pelosa nei confronti di questo tragico olocausto dei nostri fratelli d'oltremare.
 
Tutte queste sigle, questi illeggibili acronimi cosa sottendono? Quali introiti arraffano? E perché mai il nostro poco diletto sindaco la prima cosa che fa qual è? un bell'inchino sussiegoso a questi signori della danarosa assistenza caritatevole.
 
Dico: visto che c'era, si è fatto chiarire da suo zio che cosa c'è di vero in quella strana retrocessione dei locali di Ferdinando Martini non al Comune ma - mi ha sussurrato - ad una vecchia settantenne?
 
Commuoversi alle storielle di tre immigrati può essere commendevole agli occhi delle tante visionarie di magiukovki convertitesi al pidiismo dopo che ha vinto, ma a me suscita ironico sorriso.
 
E poi quel correre a prendersi il "vogliamo tanto bene alla madre superiora" di scolaresche già sapientemente addestrate ha del comico, diciamolo francamente.
 
Ma comprendiamo: in attesa di cantare l'inno del serotino ringraziamento bisognava pure ammazzare il tempo. Ma ce lo doveva confessare?
 
Mi sono rifiutato di conoscere gli aulici grazie del neo sindaco alle Sei della Sera. Ho già visto immagini oleografiche di acuto familirismo: mamme che piangono, scatti di zii bancari molto abili, applausi di neo convertiti con le lagrime agli occhi. Abbracci di avversari repentiti. Faccende italiane insomma di rincorsa nel salire sul carro del vincitore. E Emilio il bell'eloquio lo domina tutto. L'estetica letteraria che esige Lilly la vagabonda l'avremo tutta, ritorna vittoriosa nel paese del calligrafo Sciascia. E i fatti? Auguriamoci che almeno non ritornino i misfatti.  

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