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giovedì 19 giugno 2014

Onoriamo il dottor Grossi che ci ha lasciato la settimana scorsa.

sabato 7 giugno 2014
Grossi e la Banca d'Italia
Una istruttiva conferenza del commendatore dottore Salvatore Grossi, già altissimo dirigente della Banca d'Italia:
 L'argomento della nostra conversazione si presterebbe ad  una trattazione ampia e tale da consentire non una esposizione  quale quella che mi appresto a tenere, ma un corso di studi specifico.
 Consentitemi, perciò, di restringere il campo di indagine a quanto di più pertinente ad un discorso fra non addetti ai lavori che vogliano ottenere informazioni sulla disciplina che interessa le banche nel loro complesso ed il pubblico per un mantenimento di un settore (appunto il sistema bancario) finalizzato alla tutela dei nostri risparmi ed ai finanziamenti  delle iniziative familiari e delle intraprese commerciali ed industriali.
 Per intenderci sull'argomento della nostra conversazione, posti i limiti appena indicati,  mi sembra opportuno definire
 il significato di “sistema” e di “vigilanza”.
Poniamo mente al significato che la nostra lingua attribuisce al termine sistema. Uno sguardo al dizionario
 può soddisfare l'esigenza postaci.
 Il Devoto – Oli alla voce sistema recita:
“connessione di elementi in un tutto organico e funzionalmente unitario”.
Mi pare (ed è senza dubbio una mia deformazione professionale) che i citati italianisti abbiano appunto avuto presente il sistema bancario nel definire la parola interessata.
 L'Italia ha avuto il privilegio di annoverare da tempo fra le sue imprese commerciali l'esercizio del credito. Nei secoli scorsi furono infatti numerose le banche  che svolgevano la loro attività anche presso stati e potentati stranieri.
 Tuttavia la numerosa presenza di tale anche qualificata compagine di intraprendenti banchieri non portò ad una formazione che potesse essere considerata sistema.
 Lo stato italiano sorto nel 1861 annoverava una moltitudine
 di piccole aziende bancarie, nate spesso per iniziativa di facoltose famiglie, sorte quali comuni attività commerciali che non potevano dare (e non dettero) luogo ad alcun sistema coeso. La disciplina giuridica di tali esercizi era contenuta, appunto, nell'allora vigente codice di commercio.
 Lento fu, pertanto, il procedere verso una disciplina specifica che conducesse ad una situazione di maggiore coesione regolamentare.
 E' il caso di ricordare che, accanto a dette minori istituzioni, espletavano la loro attività anche banche che detenevano per concessione la facoltà di emettere moneta cartacea.
 Si imponeva pertanto un intervento che tendesse ad uniformare la disciplina di emissione, dal momento che varia era la distribuzione di tali privilegiati istituti nelle diverse parti della nazione appena evoluta in stato unitario.
 Vi era all'epoca:
 Al Nord la Banca di Genova e la Banca di Torino che fondendosi avevano dato luogo alla Banca Nazionale del Regno d'Italia;
 Al Centro La Banca Toscana  e la Banca Toscana di credito per le industrie ed il commercio;
 Al Sud il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia (entrambe enti pubblici);
 Alle dette Banche si aggiunse nel 1870 la Banca Romana.
  
 La concessione di emettere biglietti di banca costituiva privilegio per gli istituti autorizzati che ebbero in tal modo opportunità di integrare i depositi, all'epoca ancora non molto diffusi.
 Detti istituti certamente ebbero una liquidità considerevole che permise loro di finanziare l'economia, ma provocò pure degli squilibri dovuti alla speculazione.  Rammentiamo come esemplare negativo la speculazione edilizia che segnatamente si sviluppò in Roma divenuta Capitale del regno  e quindi bisognevole di sviluppo cittadino.
 Tralasciamo le diatribe politiche dell'epoca e le vicende giudiziarie che a queste si connettevano.
  Merita invece menzione la legge bancaria del 1893 che istituì la Banca d' Italia e decisamente riformò l'emissione di carta moneta, stabilendone un limite invalicabile e la copertura metallica di almeno il 40%.
 Gli istituti di emissione furono soltanto tre  essendosi proceduto a fondere nella Banca d' Italia  la Banca Nazionale e le due banche toscane.
 Mantennero la facoltà di emissione le due banche meridionali.
 Con la nascita della Banca d' Italia cominciò a delinearsi in qualche modo un sistema bancario che tuttavia, in concreto, trovò definita evidenza con la legge bancaria del 1936.
 Vi furono nel lungo periodo indicato anche altri provvedimenti legislativi volti a disciplinare le modalità operative di talune categorie di aziende di credito  e prevedere  in qualche modo un articolato controllo pubblico.
 Ma sopratutto vi fu un'opera costante della Banca d'Italia a privilegiare gli obbiettivi pubblici rispetto all'interesse privato degli azionisti.
 La Banca d'Italia, infatti, ebbe modo di esplicare tale “vocazione  pubblica”  favorendo la propria funzione di prestatore di ultima istanza; il che portò ad interventi anche sostanziosi per il superamento di situazioni di crisi.  Da tale funzione non poteva che derivare una effettiva centralità dell'istituto di emissione mentre cominciava a delinearsi
  l' esigenza di controllo sulle aziende di credito.
 Ma, come già detto, è con la legge bancaria del 1936 che si delineò con contorni definiti il “sistema bancario” .
Fin dall'articolo 1  veniva dichiarato che il risparmio fra il pubblico e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico.
 Affermazione ripresa dall'articolo 47 della nostra Costituzione  che espressamente recita:
“ La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”.
La legge bancaria del 1936 è datata in un periodo particolarmente sfavorevole per l'intera economia.
 Vi era stata la debacle della borsa di New York nel 1929.
  Vi era stata la crisi industriale; le maggiori banche italiane erano oberate dalla presenza nei propri portafogli di partecipazioni assunte.
  E' da dire che la legge bancaria del 1926 aveva svolto la funzione di arginare gli squilibri avvertiti dalle aziende di credito, ma si dimostrava impari alle situazioni che successivamente si verificarono.
 E' tuttavia da rappresentare positivamente che nel '26 fu affermata l'attribuzione della vigilanza  sulle aziende di credito alla Banca d'Italia, che rimase unico istituto di emissione.
 Va soggiunto che provvedimenti sostanziali erano stati adottati con la creazione dell'IRI, istituto rivolto propriamente alla ricostruzione del tessuto industriale mediante la gestione di partecipazioni statali; era sorto l' IMI che aveva il compito di assistere finanziariamente  l'economia industriale.
  Si imponeva però un sostanziale riordino dell'esercizio del credito con l'emanazione di regole cogenti che inducessero il mondo bancario ad una sana e prudente gestione.
  Veniamo a questo punto a definire il significato, anche fattuale del termine “vigilanza”. Non possiamo, infatti, ritenere la vigilanza come sinonimo di controllo; è da chiarire che la Vigilanza contiene nel suo esplicarsi l'azione di verifica  dell'adesione del comportamento alla norma, ma assume anche la cognizione utile alla determinazione dell'adeguamento della struttura esaminata, nel suo complesso organizzativo, regolamentare, funzionale, alle finalità sicuramente dirette alla nominata “sana e prudente gestione”.
Senza dubbio la legge bancaria favoriva un atteggiamento dirigistico (e il periodo storico lo consentiva), ma l'intento principale dell'organo di vigilanza era mantenere stabile la condizione del sistema ed in tal modo proteggere il risparmio.
 E' il caso di rammentare che la Banca d'Italia rappresentava e rappresenta anche un centro di studi dell'economia  e che il dialogo fra gli studiosi e gli addetti alla Vigilanza, sotto la accorta direzione del Direttorio, ha favorito la scelta opportuna  degli indirizzi  da suggerire (e talvolta imporre) alle banche  per il più favorevole decorso della congiuntura economica.
 La legge del 1936 aveva dato forma al sistema e suddiviso perentoriamente i compiti dei componenti il sistema stesso:
⁃ per la costituzione di nuove banche e l'apertura di nuovi sportelli è  richiesta l'autorizzazione della Banca d'Italia;
⁃ viene differenziata la competenza fra credito ordinario e credito speciale
⁃ inoltre:
⁃ sono confermati istituti di diritto pubblico il Banco di Sicilia , il Banco di Napoli, la BNL,   l'Istituto bancario S. Paolo di Torino e dichiarato tale il Monte dei Paschi di Siena.
⁃ Sono qualificate di interesse nazionale  le banche di maggiore importanza aventi sedi operative in più di trenta province.
⁃  Con tale assetto si intendeva sottolineare il particolare interesse statuale alla operatività delle aziende esercenti il credito.
⁃ E' da soggiungere altresì che i criteri che hanno determinato le scelte contenute nella legge di cui ci stiamo occupando non potevano che trasfondersi nella applicazione pratica della funzione di vigilanza.
⁃ E, difatti, vi furono all'occorrenza provvedimenti volti a determinare con direttive  inopponibili anche scelte che avrebbero dovuto essere imprenditoriali.
⁃ Valga solo qualche esempio particolare, ma indicativo dell'assunto che andiamo esprimendo:
⁃ negli anni settanta, di fronte alle oscillazioni  ed alla svalutazione di taluni titoli, si accettò che nelle situazioni contabili delle aziende di credito non emergessero le svalutazioni degli stessi, ma bastasse evidenziare la presenza di tali valori in appostazioni   contrapposte di debitori e creditori diversi;
⁃ furono stabiliti vincoli amministrativi nella composizione degli investimenti in titoli, con ciò chiaramente indirizzando di fatto i finanziamenti verso prescelti settori economici;
 Dirigismo assoluto, quindi, ma rivolto alla tutela della stabilità economica interna.
 Purtroppo gli eventi talora addirittura delittuosi non consentono di evitare squilibri e dissesti, così come improprietà delle gestioni inducono a situazioni di precarietà o peggio in singole aziende.
 Dobbiamo però doverosamente constatare che mai le situazioni negative delle singole aziende hanno coinvolto gli interessi dei depositanti, grazie alla costante tenuta del sistema nel suo complesso.
 Vigilanza, dunque, nel duplice aspetto di controllo sulla osservanza delle norme (ed a tal fine interventi sanzionatori anche drastici), ma anche indirizzo per la migliore gestione aziendale e per la tutela dell'utenza bancaria.
 E' ordinaria, infatti, sia nelle fase ispettiva con sopralluoghi presso le aziende vigilate, sia nel corso dei frequenti colloqui che gli esponenti bancari intrattengono con gli uffici della Banca d'Italia, l'analisi della struttura aziendale al fine di acquisire informativa atta a delineare l'adeguatezza dell'apparato aziendale alle finalità proprie.
 Colloqui che sempre più si rendono necessari stanti le direttive emanate in sede europea per la tutela della funzione creditizia.
 Vale a tal proposito far cenno alla disciplina derivante dal Comitato di Basilea.
 Il Comitato di Basilea è un gruppo che riunisce le banche centrali dei 10 paesi più industrializzati  per trattare di argomenti inerenti la regolamentazione bancaria  che nasce  nel 1974. Non legifera  ma emette indicazioni che sono considerate “vincolanti” in circa 100 paesi.
 Nel 1998 ha stabilito i 25 principi fondamentali della supervisione bancaria con cui si introduce il concetto di “adeguatezza patrimoniale “, cioè di patrimonio  adeguato ai rischi assunti . Si stabilisce quindi una percentuale minima  di copertura tra patrimonio e rischio di credito.
 Nel 1999 la riforma si evolve (Basilea 2) creando un sistema più complesso per l'individuazione e la copertura dei rischi , che dovrà gradatamente trovare applicazione  attraverso grandi interventi decisionali  e organizzativi fino a culminare  nel 2005 – 2006 nell'entrata in funzione del sistema di regole.
 L'idea forte della nuova risoluzione del Comitato è colpire proprio il cuore delle imprese, facendo sì che esse debbano allineare l'adeguamento del capitale agli effettivi rischi assunti facendo attività bancaria.
 Sulla base di questa idea è stato stabilito di definire incentivi  al fine di migliorare le capacità di misurazione e gestione del rischio, senza dimenticare l'importanza di un sistema trasparente nei confronti del pubblico e, quindi, anche per questa strada garantire il contenimento del rischio, dal momento che una utenza più informata riduce i rischi di controversie; senza considerare il dovere morale di essere trasparenti.
 Da ciò la definizione di tre pilastri:
 1) Primo pilastro:
 2) richiesta di un capitale minimo  in funzione  del tipo di rischio.
 3) Secondo pilastro:
 4) supervisione.
 5) Terzo pilastro:
 6) Trasparenza informativa.
 Meno sinteticamente è da osservare che:
⁃ per gli adempimenti di cui al primo pilastro spetta all'organo di vigilanza di ciascuno stato (per noi alla Banca d'Italia) stabilire – in via generale e/o per singole aziende – stabilire un livello minimo di copertura dei rischi.
⁃ Per soddisfare le direttive del secondo pilastro la banca deve disporre di un procedimento di determinazione del capitale, adeguato ai rischi assunti, e una strategia per il controllo  includendo il monitoraggio da parte del Consiglio di amministrazione  e dell'Alta Direzione , la misurazione  adeguata e continua nel tempo, l'informativa e la revisione dei controlli interni.  Il  supervisore controllerà e valuterà la capacità di conseguimento  e mantenimento dei requisiti prescritti, adottando, se del caso provvedimenti adeguati.
⁃ Per il terzo pilastro occorre assicurare la trasparenza nelle informazioni emesse  a favore del pubblico, disponendo di una politica della trasparenza approvata dal Consiglio di amministrazione, nella quale venga evidenziato l'obbiettivo e la strategia della banca riguardo alle informative da rendere pubbliche.
 Ritengo evidente che le direttive di Basilea inducono alla presenza di adeguati controlli interni alle aziende e ne individuano principalmente nel Consiglio di amministrazione il responsabile .
 Da qui l'attenzione dell'Organo di vigilanza appunto sulle diverse funzioni di controllo di cui le aziende di credito devono ormai essere dotate. Del resto è funzione primaria della vigilanza espletare  la propria attività  sugli organismi interni preposti alle varie tipologie ed ai diversi livelli di  controllo svolti in seno alle organizzazioni aziendali.
  Per pura informativa soggiungo che ulteriori direttive del Comitato (Basilea 3) aggiungono ulteriori requisiti volti a tutelare ancor più dai rischi dell'attività bancaria il patrimonio aziendale.
  Sugli adempimenti conseguenti occorre ovviamente invigilare, anche intervenendo con professionale competenza per indicare modalità e mezzi per adempiere a quanto previsto dalle direttive.
 Da quanto anche per ultimo detto emerge chiaro che il sistema bancario da osservare  è , allo stato, sebbene manchi un più completo amalgama amministrativo e giuridico, non più quello attinente solo al nostro paese, ma quello che investe  l'Europa che va formandosi, e anche oltre, se si tiene presente che gli indirizzi di Basilea interessano ben 100 paesi.
 Solo pochi mesi fa la Cancelliera tedesca trionfalmente dichiarava come prossima l'unificazione della Vigilanza europea , attribuendone la funzione alla BCE. E' però da osservare che recenti ripensamenti rinviano, per ora, tale provvedimento.
 A questo punto la conversazione dovrebbe aver termine. Consentitemi, tuttavia, di rubare pochi secondi al vostro tempo per dimostrare con un esempio il comportamento della vigilanza nell'esporre le proprie considerazioni alle aziende oggetto di osservazione.
 Ho qui con me un rapporto ispettivo riguardante una  banca giudicata favorevolmente.
 Ma il positivo giudizio non la esenta da (sia pur non aspre) critiche volte a possibili miglioramenti nella gestione aziendale. Miglioramenti che garantiscano la solidità patrimoniale e, quindi, il presidio degli interessi dei depositanti.
   Si ha in questo caso particolare riguardo alla funzione di controllo interno (settore sul quale sempre l'attenzione di verifica si appunta), che, seppur ritenuto sostanzialmente adeguato, viene sottoposto a critiche per taluni aspetti particolari.
 Non mancano altresì raccomandazioni per una sempre  attenta cura di altri settori che in maniera più diretta interessano la clientela (trasparenza, usura) o la reputazione aziendale per cause attinenti a non corretto comportamento di clienti (antiriciclaggio).
  In breve, l'esperienza acquisita dagli addetti alla vigilanza è costantemente posta a disposizione dei vigilati, in un rapporto di collaborazione che è parte doverosa ed essenziale dell'espletamento della supervisione bancaria.
 

 Pubblicato da  Calogero Taverna     a  15:23   

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