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venerdì 26 settembre 2014

parlo di Alfredo Sole. Parla Alfredo Sole


Io so benissimo che quando intraprendo una battaglia (politica, ispettiva, ragioneristica, di diritto costituzionale, etc) gli altri (se non mi conoscono) mi giudicano - diciamo - eccentrico. Quel che è certo è che non percorro vie scontate. Quanto ad Alfredo, basta leggere Racalmuto nei Millenni per rendersi conto che non sono di sicuro un tipo arrendevole (o compiacente). Leggete gli stralci che ho pubblicato per rendervi conto chi veramente è oggi Alfredo. Dice con acume psicanalitico: so bene chi ero, ma so bene anche chi sono. A suo tempo dissi basta! Ed ho chiuso con la spirale omicida. Ignazio mi redarguisce: cambia quanto vuoi. Per i regolamenti carcerari questo vale zero. Collabora ed avrai tanti benefici; se non collabori sei ostativo o non sei sufficientemente “resipiscente”. Tutto ciò in versione taverniana, s’intende.

Bene: credo nella gerarchia della legge ed al vertice vi sta la Costituzione. Nella mia lettera al Direttore mi rifaccio alla costituzione. Se vi cozza il regolamento carcerario, questo recede. E chi lo applica non rispetta la legge (cosa grave in un uomo di legge).

Se a Livorno si consente ad un ergastolano addirittura sotto regime 41 bis l’uso del Pc e qualcuno vi inizia e vi prosegue il racconto della sua vita (criminale, sì), il suo ravvedimento, il suo pianto per i morti in famiglia che nell’infernale faida mafiosa di Sicilia gli si addebitano, il suo straziante strappo da un figlio lasciato poppante, la sua rabbia, la sua frustrazione, il convergere delle analoghe storie di chi gli sta nella cella accanto, il suo divenire uomo maturo sempre chiuso nelle angustie di mura ostili, la sua eco al rapace che gracchia dietro le sue sbarre, etc. etc., mi si dica: che senso ha seppellire quel Pc in magazzino appena il “criminale” ostativo o non sufficientemente con scarso grado di “resipiscenza” viene trasferito ad Opera; perché menarlo per il naso con la sornioneria di un secondino in divisa pronto a dirgli sempre “stiamo provvedendo”.

Se a Livorno era legittimo tenere un Pc, come mai diventa illegittimo ad Opera, nonostante il passaggio dal 41bis per enormità di tempo punitivo a trattamenti penitenziari più miti (che più miti però non diventano giacché una magistratessa – devota cattolica con frequentazione quotidiana di messa con comunione, pur non avendo mai incontrato l’ergastolano – nel frattempo divenuto filosofo e raffinatissimo letterato – non so come creda di potere negare atteggiamenti propiziatori della redenzione carceraria voluta dalla costituzione).

Per i regolamenti carcerari tutto ciò sarebbe persino doveroso in quanto il soggetto non resipisce abbastanza o siccome forse è insolente con l’educatore per superiorità intellettuale e culturale va ascritto tra gli ostativi.

 

mente è oggi è Alfredo (di certo filosofo e raffinatissimo letterato). Io so chi sono oggi ma so chi sono stato e quello di oggi e quello di un tempo vivono in perenne conflitto. Nessun regolamento carcerare comprende questo dualismo esistenziale. Ma sopra il regolameno carcerario c'è la costituzione e non c'è barba di secondino che possa arrogarsi il diritto di fottersee della costituzione. Per questo scrivo nel giornale on-line articolo21 (della costituzione).

Ho Ho buttato giù di getto quello che cerco di dire su Alfredo; gli errori di battuta si sprecano, le amputazioni rendono talora incomprensibile il concetto, la logica formale va in tilt. A me premeva solo scrivere andando dietro al ribollire dei miei pensieri. Del resto credo che pochissimi vorranno seguirmi nelle mie contorsioni giustificative. Se qualcuno mi legge e si dovesse infastidire, mi perdoni. Lo dico da sempre che per me questa diavoleria di FB è una condanna del Signore.

Già, mica stiamo parlando dell’arcangelo Gabriele, mica si tratta di un perseguitato politico, candido nei fatti irrequieto nelle idee, mica per bonismo vogliamo mandare in giro, liberi, fior di assassini. Già

La ferocia di un tempo mi viene rinfacciata non più tardi di ieri da persona da me tanto stimata. Allora io non c'ero. Qualche ragazzo estraneo ed innocentissimo ci avrebbe rimesso un orecchio (e può dichiararsi fortunato). Sibilavano i proiettili; scappava la gente terrorizzata, bar si vuotavano ma qualcuno restava cadavere in pozze di sangue. Siamo tutti colpevoli? No,certo! Abbiamo il dovere di perdonare? E, perché? Dobbiamo dimenticare? Dove sta scritto?

 

Io non mi inchino dinanzi a chi furbescamente, non avendo null’altro da fare, si mette a leggere, a tradurre, a scribacchiare, a farneticare, a coglionare allocchi ed anime pietose. No, niente lassismo: le pene se meritate vanno scontate. Ma il sadismo di Stato non è perdonabile.

Da una delle mie scorribande in questo mondo informatico, traggo una pagina e la trascrivo (forse persino indebitamente perché non autorizzato).

Vi lascio alle parole di Alfredo Sole, che parlano da sole… che parlano anche di sessualità tra le sbarre, argomento tabù nel nostro paese…il diritto a scopare è dei potenti ormai.

Per quanto riguarda il nuovo clima di “estrema sicurezza”, cinicamente sto sperando che esagerino ancora, in modo che anche i più “pacati” -che poi non si tratta di essere “pacati”, ma è la paura di essere trasferiti e di prendere rapporti- si diano una svegliata e capiscano che non si può stare 20 ore chiusi sempre in cella e che quella volta che esci per andare in doccia la guardia non può starti dietro, e, prima ancora che esci dalla doccia, hai già la cella aperta perché devi rientrare e se attendi un pò, ecco che la voce del padrone si fa dura. DEVI ENTRARE!


Ho fatto la proposta ai lavoranti, tra cui ero anche io, di chiuderci dal lavoro, creandogli così non pochi problemi. Ma a quanto pare nessuno è ancora pronto.. Mi sono chiuso dal lavoro solo io, ma l’ho fatto con la scusa che devo studiare. Non potevo stare fuori a lavorare. Prima che succedesse che cambiasse il loro modo di trattarci, il lavorante aveva la cella aperta dalle 9:00 di mattina fino alle 18:00 di sera. Tutto sommato era anche piacevole. Adesso rispettano gli orari..

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Regina Coeli

TI APRONO TRE ORE AL GIORNO DISTRIBUITE NELLA GIORNATA.

Per ciò significa che quando esci dalla cella è solo per fare un lavoro, ma poi devi rientrare subito.


Bene, io non ci sto, e visto che gli altri non vogliono venirmi dietro (per il momento), mi sono chiuso per motivi di studio. Se rimanessi a lavorare, rischierei di mandare a fare in culo qualcuno… Per adesso preferisco aspettare che i miei compagni si rendano conto che non è possibile farsi la galera in questo modo. Che non siamo in un carcere giudiziario, ma bensì in uno penale dove scontare una pena definitiva, e quello tra noi che deve scontare “meno galera” ha 30 anni di carcere; e tutti più o meno abbiamo scontato già almeno 20 anni di carcere.


Poco fa, dalla mia postazioni di studio, la mia cella, ho assistito a una “scaramuccia”. La guardia con la cella aperta di un detenuto e la chiave già inserita pronto a chiudere. Il detenuto che si ferma un attimo a parlare con un compagno e immancabilmente la guardia.. “deve rientrare, è mezzora che parla!”. Bhè, il mio compagno si è incazzato.. “Ora basta, state esagerando, va bene?!” Sono i primi segnali che a lungo porteranno a non far sopportare più questa situazione.

C’è un altro aspetto del carcere che voglio farti conoscere. E’ un aspetto da non sottovalutare, anche se, magari per vergogna, nessuno ne parla. Ma se viene analizzato, nella sua parte “scientifica”, allora si comprende che è qualcosa di importante. Ma putroppo in questo carcere ignorano l’importanza dello sfogo ormonale dei maschi. La notte non c’è detenuto in questo Paese che non si faccia uno zapping in tv per scovare qualche donnina nuda. Oppure, non c’è carcere che non ti permetta di acquistare riviste per adulti. TRANNE OPERA!

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Prima dell’avvento del digitale, era possibile la notte trovare in tv qualche programma del genere. Adesso non è più possibile. Così come non è possibile comprare riviste del genere. Anche questa privazione non può che portare a un nervosismo crescente. E’ scientificamente provato che la produzione di ormoni porta alla aggressività.. specialmente in carcere, dove non esiste il sesso, come in molti altri paesi che invece danno questa possibilità.


Il detenuto italiano sfoga questa mancanza con l’autoerotismo che diventa una necessità per controllare la propria aggressività. Ma, come ti ho detto, questo carcere è diretto da persone che pensano che la pena da scontare sia anche questo tipo di privazione. Nonostante ci siano sentenze di Cassazione che dimostrano il contrario. Ma, essendo un argomento delicato, loro fanno affidamento sul fatto che nessuno si ribelli per la vergogna che ne scaturirebbe. Ma quella aggressività di cui ti parlo, comincia a farsi strada. I detenuti sono più nervosi, e gran parte di questo nervosismo è proprio dovuto all’impossibilità di “deliziare la vista”. E’ risaputo che è la donna a usare l’immaginazione, l’uomo ha bisogno della vista. Qui a Opera ci hanno accecati.

http://baruda.files.wordpress.com/2011/01/n1606848852_129450_1734.jpg?w=600Vedi, caro Alfredo, questi sono argomenti di cui nessuno parla. Per molti, compresi la maggior parte dei miei compagni, sono tabù. Ma è un aspetto importante della carcerazione. Se in Italia non esiste il vis a vi come in Spagna la colpa è anche dei detenuti che ritengono questo argomento un vero tabù. Qualcosa di cui vergognarsi al solo pensarlo.
Quando un pò di anni fa qualche parlamentare accennò alla possibilità di fare entrare la sessualità in carcere, i primi a indignarsi furono i detenuti. Beh, una parte dei detenuti. Mi ricordo ciò che dicevano: “Ma stiamo scherzando? Io dovrei fare venire qui la mia donna e tutti sapranno che sto andando a fare quella cosa?”.

 

EMERITO TESTA DI CAZZO.. avrei voluto dirgli, quello che tu chiami “QUELLA COSA” è il motore del mondo. Sei stato condannato a perdere la libertà, ma non a cessare di essere uomo.
Poi non se ne parlò più. Tipico dell’Italia. Si fa una proposta, si danno delle speranze ai detenuti, e poi si accantona tutto nel dimenticatoio. Poi ti imbatti in un carcere come questo, e cercano di uccidere anche la tua fantasia… Ma come ti ho detto, io, nel mio cinismo, dico “bene!” Che tolgano sempre di più. Voglio che i miei compagni escano dal letargo, voglio che si sveglino più incazzati di prima che si addormentassero…

A voi giudicare; a me la condanna morale o quella di plagio! A ottant’anni me ne fotto!

Calogero Taverna

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