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venerdì 5 settembre 2014

Ecco perché Santa Rosalia non poteva nascere a Racalmuto


Biografia[modifica sorgente]
(LA)
« Ego Rosalia Sinibaldi Quisquinae Et Rosarum Domini Filia Amore D.ni Mei Iesu Christi In Hoc Antro Habitari Decrevi » (IT)
« Io Rosalia di Sinibaldo, figlia del Signore della Quisquina e del Monte delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, ho deciso di abitare in questa grotta »
(Iscrizione rinvenuta nella grotta della Quisquina)
Rosalia Sinibaldi (o di Sinibaldo) nasce a Palermo intorno al 1128. La tradizione narra che mentre il conte Ruggero osservava il tramonto con sua moglie, la contessa Elvira, una figura gli apparve dicendogli: «Ruggero io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine», per questo motivo pare che, poco tempo dopo, quando nacque alla bambina venne assegnato il nome Rosalia. Esiste un'altra tradizione che vede spettatori della visione Guglielmo II e sua moglie Margherita, ma ciò non sarebbe possibile: il 1128, presunta data di nascita di Rosalia, non coincide col regno di Guglielmo, che va dalla morte del padre Guglielmo I nel 1166 alla propria nel 1189. Nel 1128, siamo a due anni dell'incoronazione di Ruggero II, la Sicilia è ancora una Contea e Palermo sta per diventare capitale del Regno Normano d'Italia meridionale.
Suo padre, il conte Sinibaldo, signore della Quisquina e del monte delle Rose (attuali territori di Santo Stefano Quisquina e Bivona, siti in provincia di Agrigento), faceva discendere la sua famiglia da Carlo Magno. Sua madre Maria Guiscardi era a sua volta di nobili origini e imparentata con la corte normanna. Da giovane visse in ricchezza presso la corte di re Ruggero, un giorno il conte Baldovino salvò il re Ruggero da un animale selvaggio che lo stava attaccando, il re volle ricambiarlo con un dono e Baldovino chiese in sposa Rosalia[1]. La ragazza, all'indomani dell'offerta si presentò alla corte con le bionde trecce tagliate declinando l'offerta preferendo abbracciare la fede.
Inizialmente la ragazza si rifugiò presso il monastero delle Basiliane a Palermo, ma ben presto anche quel luogo fu troppo stretto a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dal suo intento. Decise quindi di trovare rifugio presso una grotta nei possedimenti del padre, che aveva visitato da fanciulla, presso Bivona. La sua fama intanto si diffuse presto e la grotta divenne luogo di pellegrinaggio. Un giorno la grotta fu trovata vuota e successivamente si venne a sapere che aveva deciso di tornare a Palermo occupando una grotta sul Monte Pellegrino per sfuggire ai pellegrini e trovare un rifugio silenzioso. Ma anche lì ben presto la sua fama la rese celebre ed iniziarono i pellegrinaggi, il 4 settembre del 1165 venne trovata morta dai pellegrini[2][3][4][5].
Il culto[modifica sorgente]

Reliquiario di Santa Rosalia
Secondo la tradizione cattolica, nel 1624 salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, spodestando santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant'Agata. Mentre infuriava una terribile epidemia arrivata in città da alcune navi provenienti da Tunisi (antica "Barbaria"), la Santa apparve ad un povero 'saponaro', Vincenzo Bonelli (abitante dell'antico quartiere della "Panneria") che viveva barattando mobili vecchi, il quale avendo perso la propria giovane consorte a causa della peste nera, era salito sul Monte Pellegrino sul far della sera con l'intento di gettarsi giù dal precipizio prospiciente il mare (zona Addaura) per farla finita, causa la sua disperazione per l'immatura scomparsa della giovane moglie.
Al momento di mettere in atto il suo triste intento, gli apparve innanzi una splendida figura di giovane donna pellegrina, bella e di grande splendore, che lo dissuase dal suo proposito, portandolo giù con sé al fine, disse, di mostrargli la sua grotta; infatti, lo condusse nei pressi della vecchia Chiesa di S. Rosolea, già allora esistente e dove la si venerava da antica data, nei pressi della famosa grotta che ella gli indica come la sua "cella pellegrina" e scendendo con lui dalla cosiddetta "valle del porco" verso la città, esortantandolo a pentirsi e convertirsi, lo invita più di venti volte a informare il cardinale Doria, Arcivescovo della città di Palermo, che le ossa già in precedenza rinvenute da un cacciatore in quella grotta incastonate nella roccia e che si presumeva potessero essere della Santa eremita - di cui si coltivava in quel luogo la memoria - ma delle quali non era certa l'origine e che erano già state raccolte e venivano custodite nella cappella personale del Cardinale, erano veramente sue; inoltre, che non si facessero più "dispute e dubii" e che, infine, venissero portate in processione per Palermo, poiché lei, Rosalia, aveva già ottenuto la certezza, dalla gloriosa Vergine Madre di Dio, che al passaggio delle sue ossa, al momento preciso del canto del Te Deum laudamus la peste si sarebbe fermata.
Rosalia gli disse inoltre: "E per segno della verità, tu in arrivare a Palermo, cascherai ammalato di questa infermità (la peste) e ne morrai, dopo aver riferito tutto ciò al Cardinale: da ciò egli trarrà fede a quanto gli riferirai". Tutto questo il povero "saponaro" Bonelli lo raccontò al padre Don Petru Lo Monaco, che glielo fece riferire subito al Cardinale di Palermo, il quale -constatando che realmente il Bonelli si era improvvisamente ammalato di peste e ne stava di lì a breve morendo- gli diede credito ed eseguì ciò che dallo stesso gli era stato fatto sapere, liberando immediatamente durante la processione delle sante reliquie di Rosalia la città di Palermo dalla peste[6].
Il culto della Santa è tuttavia attestato da documenti (Codice di Costanza d'Altavilla depositato presso la Biblioteca Regionale di Palermo e antica tavola lignea che la rappresenta in veste di monaca basiliana ed oggi custodita presso il Museo Diocesano di Palermo) a partire dal 1196 ed era diffuso già nel XIII secolo (antichissimo altare a lei dedicato nella vecchia cattedrale rogeriana). Essendo che la memoria della Santa palermitana nel 1600 lasciava ancora qualche residuo nelle litànie (si narra infatti che durante una delle processioni che invocavano i vari santi per liberare la città dal contagio, due diaconi pronunciassero il nome di Santa Rosalia contemporaneamente, segno che fece riaffiorare l'interesse in città per il suo culto "sòpito"), la riscoperta del suo corpo glorioso sul Monte Pellegrino incastonato in un involucro di roccia cristallina e la successiva rivelazione al Card. Doria del racconto del povero Bonelli, con la conseguente liberazione della città dall'epidemia, ne sancì il definitivo e popolare patrocinio, ratificato a Roma sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini.
Il culto è particolarmente vivo a Palermo, dove ogni anno, il 14 e il 15 luglio, si ripete il tradizionale "Festino" che culmina nello spettacolo pirotecnico del 14 notte e dalla processione in suo onore del 15. Il 4 settembre invece la tradizionale acchianata ("salita" in lingua siciliana) a Monte Pellegrino conduce i devoti al Santuario in circa un'ora di scalata a piedi. Nella provincia di Palermo il culto è presente a Campofelice di Roccella,in quanto importato dal principe palermitano fondatore dell'abitato attuale nel 1699, mentre in altri centri delle Madonie se ne trovano invece solo scarse tracce. A Bisacquino, feudo dell'arcivescovo di Monreale il culto deriva da una reliquia della santa donata nel 1626 dall'arcivescovo di Palermo.
In Sicilia il culto è attestato inoltre a Bivona e a Santo Stefano Quisquina, dove secondo la tradizione la santa visse per qualche tempo in eremitaggio e dove fu probabilmente introdotto dai Chiaramonte, signori feudali delle due località nella seconda metà del XIV secolo. A Bivona le prime notizie documentate della chiesa e della confraternita di Santa Rosalia risalgono al 1494. La santa era particolarmente invocata, insieme a San Rocco contro la peste: durante le epidemie del 1575 e del 1624 i bambini battezzati con i nomi dei due santi furono la quasi totalità dei nati, come risulta documentato nei registri di battesimo.
Inoltre in Sicilia è venerata ad'Alia (PA), Novara di Sicilia, [Mazara del Vallo] (TP), Capaci (PA) e quasi in tutta l'isola. Santa Rosalia è patrona anche di Santa Margherita Belice. Alessandro I Filangeri, signore di Santa Margherita, fece costruire la chiesa madre nella seconda metà del XVII secolo, dedicandola alla vergine Rosalia. Negli ultimi anni viene portato in processione, il 4 settembre, un busto della santa in argento con reliquiario, appartenente alla chiesa madre. Inoltre è Patrona di Delia (CL), Gravina di Catania, Santa Croce Camerina (AG), Rina di Savoca (ME).
Il culto a Bivona[modifica sorgente]

Il fercolo di Santa Rosalia a Bivona

La statua di Santa Rosalia a Bivona
« V.R. di grazia mi scriva alcuna cosa a ciò si accendano di più alla divozione di questa Santa
li cittadini nostri; alli quali viene scritto che nel tumolo dove si trovò la santa vi era scritto Rosalia Bivonesa »
(Lettera di Padre Lanfranchi, rettore del Collegio dei Gesuiti di Bivona, in seguito al rinvenimento delle reliquie della santa sul Monte Pellegrino, 1624)
Il culto più antico di cui si abbia traccia risale al 1375 (o addirittura per alcune fonti al 1348 o 1245, data probabilmente erronea).[senza fonte] In quel periodo in tutta la Sicilia - come in molti altri paesi europei - era scoppiata una grave pestilenza. Secondo tale culto santa Rosalia apparve ad una vergine di Bivona (o ad un uomo o a dei giurati) sopra un sasso, assicurando che se essi avessero costruito una chiesa in suo onore, proprio in quello stesso punto, la peste sarebbe miracolosamente cessata.
Secondo la tradizione, tuttavia, non si diede alcun credito all'evento e la peste continuava a mietere vittime. Fu solamente dopo la seconda apparizione, quella del 28 luglio 1246 (o 1349 o 1376), che la chiesa venne edificata. A Bivona la peste cessò non appena iniziarono i lavori per la costruzione dell'edificio sacro. Ma c'è anche un'altra tradizione: quella che ha inizio nel 1648, in seguito alle rivelazioni (e alle visioni) di suor Maria Roccaforte, bivonese, nata nel 1597 e morta nel 1648, raccolte dal gesuita Francesco Sparacino (autore di una biografia su santa Rosalia).
La suora raccontò che Santa Rosalia in persona le narrò la propria vita, arricchita di particolari "fantasiosi": per esempio, narrò che Rosalia, guardandosi allo specchio, vedeva il volto sofferente di Gesù Cristo. Secondo quest'ultima tradizione, la santa, a vent'anni, nel 1149, dopo aver trascorso sette anni di eremitaggio nella grotta della Quisquina, essendo stata scoperta da alcuni abitanti del posto, si trasferì a Bivona, poiché essa faceva parte dei possedimenti paterni (Sinibaldi domini Quisquinae et Rosarum, signore della Quisquina e del Monte delle Rose, il monte che sovrasta Bivona). Rosalia, "signora della Terra di Bivona", visse in paese per cinque anni presso una grotta inserita all'interno di un bosco di querce, attraversato dal fiume Alba, lo stesso che tuttora trascorre nel sottosuolo, davanti la Chiesa di Santa Rosalia.
Ma oggi di quel bosco è rimasto solo un ceppo della quercia dove la Santa era solita fermarsi per pregare e trovare rifugio: questo segno è visibile attraverso un'apertura con vetro posta vicino l'ingresso della Chiesa. In seguito venne trasportata, nuovamente dall'angelo, sul monte Pellegrino, a Palermo. Il culto crebbe negli anni, e nella successiva ondata di peste del 1575-1576 la santa venne invocata nuovamente, e la quasi totalità dei nati venne battezzata col suo nome. Il 4 settembre 1624, pochi giorni dopo il ritrovamento della grotta della Quisquina, santa Rosalia fu proclamata patrona di Bivona. E nel 1909 così scrisse il bivonese Giovan Battista Sedita:
« Che che se ne dica dei suoi natali a Palermo, della famiglia sua essere dei Sinibaldi da Palermo, pure Essa è gloria bivonese, che vale solamente a sorpassare ogni altro pregio di Bivona. Difatti Essa esplicò la sua vita d'anacoreta nelle montagne di Bivona, e più specialmente su quello della Quisquina allora appartenente a Bivona [...] »
Il fercolo o vara di Bivona[modifica sorgente]
Nel 1601 il sacerdote bivonese Ruggero Valenti, all'età di 80 anni, scolpì l'artistico fercolo che ancora oggi il 4 settembre viene portato in processione[7][8][9]. La "Vara" di Santa Rosalia, conservata nell'omonima Chiesa di Bivona, è un capolavoro di arte tardomanierista e di scultura lignea siciliana del Seicento.
Il culto a Palermo[modifica sorgente]
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Festa di Santa Rosalia.

Statua della santa durante il Festino del 2007 a Palermo
La leggenda del ritrovamento miracoloso delle spoglie di Rosalia è una tipica storia edificante; al passaggio delle reliquie una pestilenza cessa miracolosamente, al che i palermitani per riconoscenza scelgono a Santuzza come protettrice della città, dedicandole u fistinu (il festino) che si celebra dall'11 al 15 luglio con un carro trionfale, introdotto nel 1686, e un corteo storico in costumi seicenteschi. I festeggiamenti sono aperti alla mattina presto da un'alborata. Il pittore Jean Houel nel 1776 nel descriverlo così lo definisce: «È un'arca di trionfo mobile che porta una grandissima quantità di musici e la cui base è come una conca, portata su quattro ruote. Nel mezzo il simulacro della giovane con splendido abito, sospesa su di una nuvola e circondata di raggi di gloria».
Nel 1896 Pitrè descrive la figura della santa coronata di rose su un carro a vascello «a candelora verticale» e ci ha lasciato nel suo volume Feste patronali questa bellissima descrizione dell'urna con le reliquie e i particolari della suggestiva processione:
« Già fin dal secolo scorso i viaggiatori più illustri ebbero a notare che in tre, quattro, cinque giorni di spettacoli in occasione delle onoranze a santa Rosalia, solo uno ve n'era religioso, l'ultimo. Ma il fatto non è unico né raro nella storia delle feste patronali dei paesi cattolici: e in quelle della patrona di Palermo v'è pure qualche cosa che la ricorda anche negli spettacoli che sono o paiono mondani, come oggi si dice, o pagani, come si diceva fino a ieri. Il carro stesso che cosa è se non l'apoteosi della Santa, la cui figura dal braccio disteso e della mano aperta in atteggiamento solenne di benevolenza accenna a difesa, a sostegno, a protezione della città? Tutto il giorno è un viavai di devoti al Duomo a rendere omaggi alla santa. Nelle ore meridiane però le Compagnie della Pace, della Carità, dei Bianchi e di Sant'Elena e Costantino (già di San Tommaso), una volta ciascuna per sé, ora tutte insieme, vanno pubblicamente ad offrire la cera di uso e gli ossequi delle loro confraternite; mentre nella cappella della santa si celebra per loro e dal loro cappellano la messa.
"La processione delle reliquie di S. Rosalia è l'ultima delle feste," e vi prendon parte le confraternite, il Capitolo, l'Arcivescovato, la giunta comunale quando non se l'abbia a disdoro, ed una volta anche le corporazioni religiose tutte. E dico tutte, perché era questo un dovere al quale nessuna poteva sottrarsi trattandosi della Patrona della città; mentre, secondo le consuetudini locali o generali, alle frequenti processioni d'un santo o d'una santa d'un ordine religioso o d'un altro, solo alcune comunità intervenivano o si facevan rappresentare da pochi frati. In mezzo a queste diverse comunità di tanto in tanto si conducevano ceri ed obelischi raffiguranti i più notevoli avvenimenti della vita di S. Rosalia, o fatti biblici allusivi alle virtù di Lei. E poiché si festeggia la Patrona, non devono mancare le bare con le immagini degli altri santi, "le eccelse superbe moli e macchine piramidali, che formano la meraviglia degli stranieri, le quali precedono l'urna della Santa o Santuzza, come antonomasticamente la si appella. Questa processione delle bare o barelle è uno spettacolo che chiama molto popolino" »

Dal 1972 per iniziativa del comune l'architetto Rodo Santoro ha riprodotto il carro settecentesco e la "Santuzza" continua – tra storia e leggenda – a raccogliere la devozione dei Palermitani e l'ammirazione dei turisti per la spettacolarità della festa. La sera del 14 luglio la processione parte dal Palazzo reale e si snoda lungo l'antico Cassaro fino a mare, fermandosi dinanzi la Cattedrale e ai Quattro Canti, punto in cui il sindaco della città sale sul carro e depone dei fiori ai piedi della santa, gridando: «Viva Palermo e Santa Rosalia». Non appena la processione arriva al Foro Italico hanno inizio i fuochi d'artificio che durano fino a tarda notte.
Il culto a Santo Stefano Quisquina[modifica sorgente]
Molto antico è il culto che lega Santa Rosalia alla cittadina di Santo Stefano Quisquina. In seguito alla morte di S. Rosalia avvenuta intorno al 1166 il monte Quisquina faceva parlare della Santa. Nelle vicinanze della grotta fu costruito un piccolo altare di pietra. Ogni anno, il martedì dopo Pasqua, gli stefanesi con i sacerdoti si recavano in pellegrinaggio alla Quisquina. Alle bambine stefanesi si dava il nome di Rosalia come risulta dai registri parrocchiali. Una preziosa testimonianza del culto antico di S. Rosalia lo rivela una tela del 1464 conservata nella Matrice di S. Stefano, e raffigura i tre santi protettori: S. Stefano, La Madonna della Catena e S. Rosalia con una rosa in mano e un diadema di rose sulla testa.
Santa Stefano Quisquina BW 2012-10-08 11-46-24.JPG
Il 15 luglio 1624 furono portate in processione le ossa di S. Rosalia ritrovate su Monte Pellegrino e Palermo fu liberata dalla Peste. La notizia si diffuse anche a S. Stefano dove due Muratori palermitani che lavoravano nella costruzione del convento di S. Domenico si recarono alla Quisquina e il 24 agosto 1624 scoprirono dentro una grotta l’epigrafe di S. Rosalia,che riporta in latino “Ego Rosalia Sinibaldi Quisquina Domini filia amore mei Iesu Cristi in hoc antro habitari decrevi” che significa “Io Rosalia figlia di Sinibaldi Signore della Quisquina e del Monte delle Rose per amore del mio signore Gesù Cristo ho deciso di abitare in questa grotta”.
Era il testamento spirituale della santa scolpito con le proprie mani. Gli stefanesi chiesero all’Arcivescovo di Palermo il Cardinale Doria, le reliquie della Santa che furono donate in uno splendido busto argenteo il 25 settembre 1625. Nel 1693 un ricco mercante genovese Francesco Scassi si ritira alla Quisquina e fonda la congregazione dei monaci devoti a S. Rosalia e fa costruire i primi ambienti del convento che poi verranno ampliati con i finanziamenti del Principe Ventimiglia Barone di S. Stefano. La Festa di S. Rosalia a Santo Stefano Quisquina si è sempre celebrata con impegno e dispendio di mezzi.
La patrona viene celebrata la prima domenica di Giugno e il martedì successivo, una processione che parte dalla chiesa Madre con il busto reliquiario di S. Rosalia raggiunge la Quisquina, attraverso un sentiero che si snoda tra campi e s’inerpica sulla montagna accompagnata dalla cavalcata e da persone a piedi nudi e con i bambini in braccio. Quando la Santa arriva all’Eremo di Santa Rosalia alla Quisquina viene celebrata la Messa Solenne. In serata le reliquie tornano in paese accompagnate da una grande folla. La Manifestazione si conclude in Chiesa Madre con i Giochi Pirotecnici.
Il culto a Centuripe[modifica sorgente]

Statua della santa venerata a Centuripe
Santa Rosalia è la prima patrona di Centuripe (Enna) dove, secondo quanto scrive lo storico locale Ansaldi, il culto venne introdotto dai padri Agostiniani riformati della congregazione centuripina, che nel 1681 richiesero una reliquia della vergine palermitana ed ottenutala la cominciarono ad esporre alla venerazione dei fedeli.
Ben presto nel popolo si accese una fervente devozione verso la santa così, dopo averne fatto scolpire un simulacro, lo iniziò a condurre, insieme alla reliquia, su di un sontuoso fercolo ligneo per le vie della nascente cittadina. Non contenti di ciò i centuripini scelsero Rosalia come loro patrona e protettrice. Il 23 aprile 1696, tre anni dopo il terribile terremoto che sconvolse e distrusse la Sicilia orientale, tramite il sig. Vincenzo Vallone della Compagnia di Gesù, giunse alla chiesa Madre della città una seconda reliquia di santa Rosalia.
In realtà la devozione del popolo centuripino nei confronti della vergine palermitana precede l'arrivo delle sue reliquie in città. Dagli archivi della Chiesa Madre infatti è recentemente emerso che tutte le bambine nate nel 1625, l'anno successivo al miracolo della peste a Palermo, furono battezzate col nome di Rosalia. Inizialmente la festa di santa Rosalia veniva celebrata il martedì di pasqua, oggi invece la santa patrona è onorata solennemente il 15 ed 16 settembre di ogni anno.
Il culto a Pegli[modifica sorgente]
Santa Rosalia è anche patrona di Pegli (Genova), dove nel 1656 alcune reliquie della Santa furono portate direttamente da Palermo per contrastare l'epidemia di peste che stava sconvolgendo, come il resto del paese, anche quel borgo di pescatori (a Pegli si contarono 334 vittime). Il miracolo avvenne anche lì, e da allora la Santa è venerata come patrona della cittadina. Ad autorizzare il trasferimento delle reliquie, ancora oggi custodite nella chiesa Parrocchiale di S. Martino e Benedetto di Pegli, fu il Vescovo di Palermo cardinale Giannettino Doria (1573-1642), figlio di Gianandrea Doria, proprietario della Villa in Pegli ed erede del grande ammiraglio Andrea Doria. Successivamente, sul finire del XIX secolo, la Santa è venerata con grande devozione dal pegliese papa Benedetto XV (1854-1922). Ancora oggi, il 4 settembre la Santa viene festeggiata a Pegli con solenne processione per le vie della cittadina.
Note[modifica sorgente]
1.^ La storia della patrona festedisicilia.it
2.^ La vita di santa Rosalia palermoweb.com
3.^ Santa Rosalia santibeati.it
4.^ Storia di Santa Rosalia palermoweb.com
5.^ La storia di Santa Rosalia patrona di Palermo siciliaonline.it
6.^ trascizione dall'"Originale dellj testimonij di Santa Rosalia" - Manoscritto 2 Qq - 89 della Biblioteca Comunale di Palermo, a cura di Rosalia Claudia Giordano
7.^ Santa Rosalia a Bivona
8.^ Santa Rosalia
9.^ culto di Santa Rosalia a bivona
Bibliografia[modifica sorgente]
Paolo Collura, Santa Rosalia nella storia e nell‘arte, Palermo, 1977
Santa Rosalia nelle arti decorative, a cura di Maria Concetta Di Natale; introduzione di Antonino Buttitta; con contributi di Paolo Collura e Maria Clara Ruggieri Tricoli, Palermo, 1991
Rosalia Sinibaldi da nobile a santa, a cura di Maria Concetta Di Natale, Palermo, 1994
Il Seicento e il primo Festino di Santa Rosalia, a cura di Eliana Calandra, Palermo, 1996
Sara Cabibbo, Santa Rosalia tra cielo e terra, Palermo, Sellerio Editore, 2004
Giancarlo Santi, “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura”, Edizioni La Zisa, Palermo 2009
Salvatore Tornatore, Il culto di Santa Rosalia a Bivona, la chiesa e il fercolo, Bivona 2009
Calogero Messina, Dove tutto parla di S. Rosalia - Spicilegio Quisquinese, Santo Stefano Quisquina 2011
Paolo Mira - Patrizia Morbidelli, Il nobile Francesco Magni e l’altare di Santa Rosalia nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano di Turbigo, Turbigo 2013
Ortensio Scammacca, La Rosalia. Tragedia sacra [1632], introduzione, edizione e commento di Davide Bellini, postfazione di Michela Sacco Messineo, Pisa, ETS, 2013
Voci correlate[modifica sorgente]
Benedetto il Moro
Genio di Palermo
Altri progetti[modifica sorgente]
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Collegamenti esterni[modifica sorgente]
Santa Rosalia in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it.
Lillo Taverna Non che questa sia una verità evangelica. Ma se ci arrampichiamo sulla Tradizione, ecco una tradizione che non è certo una cervellotica congettura. Secondo una versione accettata dalla Chiesa appare chiaro che se una Rosalia Sinibaldi è mai esistita questa visse nel XII secolo ed è stracerto che Racalmuto nel dodicesimo secolo non esisteva e giammai poteva esistere il palazzo di Don Illuminato Grillo. Quanto all'ultima (e per me sola chiesa che sia stata eretta n onore di Santa Rosalia a Racalmuto, credo che si possa tagliare la testa al toro recuperando i bei volumoni del nostro Catasto Capitario e sapremmo con precisione dov'era questa infelice chiesetta.

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